PELLEGRINI, Giuseppe
PELLEGRINI, Giuseppe. – Nacque a Loreto, in provincia di Ancona, l’11 marzo 1866, da Andrea, possidente, e da Cleofe Montanari.
Conseguita la laurea dottorale in lettere a Bologna il 20 giugno 1889, relatore Edoardo Brizio, sul finire dello stesso anno vinse il concorso per un triennio di perfezionamento presso la Scuola italiana di archeologia (sedi di Roma, Napoli e Atene), terminato il quale entrò nell’Amministrazione delle antichità e belle arti del Regno con il grado di adiutore (1° dicembre 1892), ottenendo come prima destinazione il Museo archeologico di Bologna. Il 1° dicembre 1894 transitò nei ruoli del Museo centrale della civiltà etrusca di Firenze alle dipendenze di Luigi Adriano Milani, allora impegnato nel nuovo allestimento su base topografica dei materiali conservati nella sede di palazzo della Crocetta. Nominato vice ispettore nei Musei, Gallerie e Scavi di antichità (1° settembre 1895), divenne ispettore due anni più tardi (22 aprile 1897) e, con quel grado, nella primavera del 1902, fu trasferito presso il Museo Nazionale di Napoli. Qui restò solo pochi mesi, giusto il tempo di dirigere fruttuosi scavi nella necropoli greco-sannita di Cuma, perché l’anno seguente prese di nuovo servizio a Firenze, per poi passare a Bologna (1904) ed essere successivamente designato alla direzione del Museo archeologico delle Marche ad Ancona (1906). Intanto, il 19 dicembre 1904, aveva sposato a Firenze Gilda Fontana, da cui ebbe due figli: Marcello ed Edoardo.
Nel 1907, già in possesso (dal 20 giugno 1900) della libera docenza con effetti legali in archeologia presso l’ateneo felsineo, ebbe la cattedra della medesima materia nella Regia Università di Padova in sostituzione di Gherardo Ghirardini, e con essa l’ufficio di soprintendente ai Musei e agli Scavi di antichità del Veneto (con giurisdizione sul vicino Friuli), mantenuto sino alla fine dei suoi giorni. Durante questo periodo attese al riordino delle collezioni dei Musei archeologici di Este (Padova) e Venezia (di cui illustrò la sezione classica), promosse un’ampia attività catalografica delle raccolte antiquarie – municipali, provinciali e governative – sottoposte alla sua giurisdizione territoriale e avviò un ordinato programma di indagini archeologiche su base regionale, malamente troncato dalla sua prematura scomparsa.
Morì cinquantaduenne a Este il 2 dicembre 1918, vittima della febbre tifoide contratta nel corso di attività esplorative nella Bassa pianura veronese.
I primi suoi studi d’indole topografico-archeologica, condotti parallelamente all’attività di funzionario ispettivo presso il Museo archeologico di Firenze (ottobre 1894 - marzo 1902) e pubblicati su alcune delle principali riviste scientifiche dell’epoca, consistettero in cronache e resoconti di scavi e scoperte avvenuti in vari luoghi dell’Etruria centrale e meridionale, con la descrizione e l’interpretazione critica di contesti e materiali (soprattutto prodotti ceramici ed epigrafici) improntate a criteri di lucida esposizione e serrata analisi dei dati disponibili (un elenco dettagliato in Bianchin Citton, 2012, pp. 613 s.).
Tra queste documentate note, spiccano per originalità e approfondimento critico quelle in cui esaminò il problema della localizzazione dell’antica città di Statonia, ancora oggi stimolo di discussione e fonte di approfondimento (E.A. Stanco, La localizzazione di Statonia: nuove considerazioni in base alle antiche fonti, in Mélanges de l’École française de Rome. Antiquité, 106, 1, 1994, pp. 247-258; G. Bartoloni, Staties/Statonia, in Settlement and economy in Italy, 1500 BC to AD 1500, a cura di N. Christie, Oxford 1995, pp. 477-482). Rimontano a questa fase anche lavori di più ampio respiro, quali la dissertazione sulla piccola plastica etrusca in terracotta (nella quale riconobbe un’«impronta genuina», pur nell’evidente dipendenza dall’arte greca) e l’edizione delle eterogenee «serie monumentali» che costituivano il cosiddetto Museo Chigi di Siena.
Poco più che trentenne (1900) curò l’edizione del Catalogo dei vasi antichi dipinti delle collezioni Palagi e Universitaria, il primo approntato in Italia sul modello di analoghe opere illustranti le collezioni vascolari di importanti musei europei (British, Louvre, Vienna).
Nel 1912 diede alle stampe un secondo Catalogo, ancor più rilevante del primo, relativo agli splendidi vasi greci dipinti delle necropoli felsinee Arnoaldi, De Luca, Certosa e Giardini Margherita conservati anche questi nel Museo Civico di Bologna. Esso comprende un insieme omogeneo di fittili di fabbrica attica recuperati in tombe etrusche per il tramite degli empori di Adria e Spina, dei quali studiò particolarità tecniche, soggetti e stili, seguendone con rara competenza lo sviluppo dalla fine del VI ai primi decenni del IV secolo a.C.
Durante il periodo trascorso nella terra natia per ragioni d’ufficio (1906-07), abbandonò gradualmente l’etruscologia per occuparsi della civiltà picena nei suoi rapporti con la cultura greca: interessi ispiratigli dalle ricerche progettate e personalmente condotte nel centro preromano e romano di Ancona e nelle necropoli arcaiche di Fermo e Numana.
L’epilogo della sua attività scientifica coincise con i decennali incarichi accademici e istituzionali nel Veneto. In quest’ambito stilò dettagliate relazioni di scavo concernenti vestigia d’abitati sparsi e di sepolcreti primitivi, classici e barbarici della regione euganea, atestina e vicentina, non mancando tuttavia di dedicarsi, con rinnovato interesse rispetto agli anni giovanili, anche all’epigrafia italica, attraverso la schedatura e l’interpretazione di inedite iscrizioni retiche e paleovenete, a completamento delle sillogi compilate da Federico Cordenons e da Carl Eugen Pauli.
Tutti gli scritti di Pellegrini rendono testimonianza della sua vasta cultura storica e della sua notevole competenza in quella che nei decenni a cavallo tra Ottocento e Novecento veniva definita, soprattutto in ambito germanico, «archeologia dell’arte», intesa come approccio critico estetico (e non filologico, come quello fin lì invalso) allo studio delle testimonianze materiali dell’antichità classica. Citato da Marcello Barbanera come uno dei più validi archeologi italiani del Novecento, Pellegrini va altresì ricordato, oltre che per i suoi larghi interessi culturali in campi di ricerca affini, per il suo inesauribile impegno nella tutela e nella salvaguardia del patrimonio archeologico e monumentale veneto nel corso della Grande Guerra.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale Istruzione Superiore (1897-1910), Liberi docenti, b. 34, f. P. G.; ibid., Direzione Generale Antichità e Belle Arti, Divisione I, b. 955, f. 316. Necr. e commemorazioni: F. Barnabei, in Notizie degli scavi, s. V, XV (1918), pp. 207-209; A. Taramelli, in Atene e Roma, XXI (1918), n. 238-240, col. 224; V. Lazzarini, in Atti del R. Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, LXXVIII, 1 (1918-19), pp. 8-10 (= V. Lazzarini - L. Lazzarini, Maestri, scolari, amici. Commemorazioni e profili di storici e letterati a Padova e nel Veneto alla fine dell’Ottocento e nel Novecento, a cura di G. Ronconi - P. Sambin, Trieste 1999, pp. 103-110); P. Rasi, in Atti e Memorie della R. Accademia di scienze, lettere ed arti in Padova, n.s., XXXV (1918-19), pp. 3-5; G. Ghirardini, in Atti e Memorie della R. Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, s. IV, IX, (1919), 1-3, pp. 99-118; A. Segarizzi, in Nuovo archivio veneto, n.s., XXI (1919), p. 201; L. Pigorini, in Bullettino di paletnologia italiana, XLIII (1923), 1, pp. 113-114.
P. Ducati, in Enciclopedia Italiana, XXVI, Roma 1935, p. 625; P.E. Arias - M. Paoletti - N. Taddei, Le Notizie degli Scavi ed i Monumenti Antichi dalle origini ad oggi, in La pubblicazione delle scoperte archeologiche in Italia. Atti della Tavola rotonda, Roma 11 dicembre 1997, Roma 1998, p. 32; M. Barbanera, L’archeologia degli italiani, Roma 1998, p. 107; E. Bianchin Citton, in Dizionario biografico dei soprintendenti archeologi (1904-1974), a cura di J. Papadopoulos - S. Bruni, Bologna 2012, pp. 610-615.