Pelli, Giuseppe
Erudito (Firenze 1729 - ivi 1808). Compilò le Memorie per servire alla vita di D. e alla storia della sua famiglia, che uscirono per la prima volta a corredare l'edizione Zatta della Commedia (Venezia 1757-1758), e a parte nel '59. Fu un primo tentativo di ricostruire la biografia di D. con " miglior critica ", diceva l'autore, di quella delle precedenti che badavano più all'eloquenza che all'esattezza delle notizie; e in quanto tale riscosse l'approvazione di eruditi come il Lami e il Tiraboschi.
Ma il P. proseguì un lavoro di raccolta di nuovi elementi e in parte di rettifica che si protrasse tutta la vita e doveva metter capo a una seconda edizione, che tuttavia già nel 1886 (lettera al Dionisi in Sette lettere, citata in bibl.) egli diffidava di poter mai condurre a termine. Effettivamente la seconda edizione uscì postuma (Firenze 1823) a cura dell'editore Piatti, che la raffazzonò sulla base delle correzioni e delle postille eseguite dal P. su di un esemplare della prima.
Nel complesso le Memorie risultarono una vasta raccolta di notizie che l'autore, nonostante il suo proposito, non riuscì a dominare criticamente. Esse comprendono una storia della famiglia di D., dalle leggendarie origini romane, che il P. rifiuta, all'ultimo discendente maschile, Francesco, del sec. XVI; una biografia del poeta; notizie sulle opere e sull'iconografia. Sue fonti sono in parte le antiche biografie, tra le quali mostra di accreditare ben oltre il merito quella di G.M. Filelfo, dalla quale deduce tra l'altro la notizia che D. avrebbe avuto sette figli e che avrebbe eseguito ben quattordici ambascerie, prima dell'esilio, in nome del comune; ma contro di lui rivendica a Iacopo figlio di D. il compendio in terzine del poema, che il Filelfo attribuiva a un omonimo figlio di Pietro. Respinge del Boccaccio notizie evidentemente favolose, come il sogno profetico della madre di D., ma pure ne accetta altre di carattere aneddotico, e tuttavia non meno arbitrarie, come quella dell'alpigiana gozzuta del Casentino, e in genere sui vari amori attribuiti al poeta.
Esplora altresì diligentemente, specie in preparazione alla seconda edizione, le fonti erudite sulle antichità di Firenze e della Toscana, come le Deliciae eruditorum di Giovanni Lami, donde trae i documenti delle due condanne di D., e dalle cui " Novelle letterarie " del '67 prenderà quello dell'ambasceria al vescovo di Luni a nome di Franceschino Malaspina; le Notizie istoriche delle chiese fiorentine del P. Richa, da cui ricava il testamento di Folco Portinari, comprovante l'esistenza di sua figlia Bice, alla quale, nemico degli allegorismi a oltranza, aveva sempre creduto; la Descrizione del Mugello di D. Brocchi, donde mise in evidenza il documento di San Godenzo, pure accettando la data del 1307, poi corretta dal Fraticelli: tutti documenti che, sebbene già apparsi in altre opere, egli ebbe il merito di raccogliere e inserire in un discorso organico. Ma altri ne segnalò per conto suo, come lo strumento notarile di casa Papafava, dal quale dedusse una dimora di D. a Padova nel 1306 e che ulteriori indagini dimostrarono riferirsi a un altro personaggio (Dantino degli Alighieri); o quello, conosciuto per comunicazione di L. Galletti, del 1189 relativo ai due figli di Cacciaguida, Alighiero e Preitenitto; o ancora quello del 1277 relativo ai figli di Bello Alighieri, tra i quali Geri (cfr. If XXIX 27), ritrovato nello Zibaldone, codice Magliabechiano di F. Del Migliore, da cui pure ricavò che Bellincione e non Bello fu l'avo di Dante.
Tenacemente sostenne che D. conoscesse il greco e, almeno nelle Memorie, si dichiarò convinto che la Commedia, iniziata prima dell'esilio, secondo la tradizione dei sette canti, fosse conclusa prima della venuta di Enrico VII, risolvendo ogni difficoltà con l'ipotesi di ulteriori ritocchi (ma una qualche perplessità traspare sulla difficoltà di stabilire qualcosa di sicuro sulla fine della Commedia in una lettera al Dionisi del 15 novembre 1788). Dubitoso resta circa l'autenticità della Quaestio e, nelle Memorie, anche del De vulg. Eloq., circa il quale però nella lettera al Dionisi (1882) sembra aver mutato opinione; al contrario è abbastanza convinto, sull'autorità del Quadrio, dell'autenticità della versione dei Sette Salmi e del cosiddetto Credo. Il vasto materiale raccolto, nonostante la debolezza critica di molte argomentazioni, fu tuttavia utilizzato in parte dal Tiraboschi e dagli studiosi dell'Ottocento tra i quali il Fraticelli, che sui documenti illustrati dal P. parzialmente compilò la sua Storia della vita di Dante. Oggi la sua opera testimonia lo zelo erudito col quale nel Settecento s'iniziò anche lo studio critico della biografia del poeta.
Opere del P.: G.P., Memorie per servire alla vita di D. ed alla storia della sua famiglia, Venezia 1759 (Firenze 1823²); Sette lettere di G. Pelli a G.I. Dionisi, con premessa e a c. di P. Sgulmero, in " Il Propugnatore " XVI (1883).
Bibl. - E. De Tipaldo, Biografie degli Italiani illustri, VI, Venezia 1834, 236. Per i contributi agli studi danteschi: G. Gasperoni, Gli studi danteschi a Verona nella seconda metà del Settecento, in D. e Verona, Verona 1921; A. Vallone, La critica dantesca nel Settecento, Firenze 1961; L. Martinelli, D., Storia della critica, Palermo 1966, 153-154.