Pontiggia, Giuseppe
Scrittore, nato a Como il 25 settembre 1934 e morto a Milano il 27 giugno 2003. In seguito alla morte del padre, ucciso da ignoti partigiani nel 1943, la famiglia, che risiedeva a Erba, dopo vari spostamenti si trasferì a Milano, dove P., terminato il liceo classico a diciassette anni, cominciò a lavorare come impiegato di banca. A questa precoce esperienza si ispira il suo primo breve romanzo, La morte in banca, pubblicato nel 1959, insieme con cinque racconti, nei Quaderni della rivista Il Verri, di cui P. fu redattore dal 1956 al 1961. Laureatosi in lettere nel 1959 con una tesi sulla tecnica narrativa di I. Svevo, e lasciato l'impiego nel 1961, fino al 1978 lavorò come insegnante dei corsi serali, dedicandosi intanto alla scrittura e dando avvio alla sua principale attività, quella di consulente editoriale per la casa editrice Adelphi e poi per la Mondadori. Tra i curatori, fin dal primo numero, dell'Almanacco dello Specchio, ebbe scambi fecondi con l'ambiente intellettuale milanese, di cui faceva parte anche suo fratello, il poeta Giampiero, in arte Giampiero Neri (n. 1927); tenne corsi sulla scrittura, collaborò al Corriere della sera e dal 1997 curò una rubrica mensile di varie riflessioni (Album) sul supplemento culturale di Il Sole 24 Ore. Critico severo di sé stesso, poco incline a velleitari avanguardismi, tornò spesso sulle proprie opere, mirando a una scrittura di classica chiarezza, a misura della tensione etica e conoscitiva che ne era il principale presupposto, come nella migliore tradizione lombarda.
Dopo La morte in banca (2a ed. corretta e arricchita di altri sei racconti, 1979; 3a ed. con ulteriori correzioni e l'aggiunta di cinque racconti, 1991), libro non privo di suggestioni sveviane sulla crisi di un giovane intellettuale avviato a una mortifera carriera impiegatizia, la seconda opera di P., L'arte della fuga (1968; 2a ed. riveduta e ampliata, 1990), è un lavoro che risente della temperie sperimentale propria degli anni Sessanta, privo di una trama riconoscibile e ricco di molteplici livelli di lettura: una sorta di antiromanzo in chiave fenomenologica che, nonostante l'alto valore letterario, non ottenne i riconoscimenti sperati. Ottima accoglienza ottenne invece Il giocatore invisibile (1978), nel quale, traendo spunto da una polemica tra due studiosi, P. inventa una storia ambientata in un mondo accademico dove l'ipocrisia regna sovrana, proprio a partire dal violento attacco anonimo che un professore subisce sulle pagine di una rivista per l'erronea etimologia da lui fornita del termine ipocrita: ricco di colpi di scena, di illuminanti dialoghi e di magistrali caratterizzazioni, il libro ironicamente dimostra quanto l'essere prigionieri delle proprie certezze possa impedire di cogliere nell'enigmatico gioco del destino la lezione di verità che sola permetterebbe di affrontarlo. Da un episodio reale - l'arresto dei membri di un'organizzazione clandestina durante il fascismo, dovuto all'ambiguo comportamento di un infiltrato - prende le mosse anche Il raggio d'ombra (1983; 2a ed. riveduta e ampliata, 1988), romanzo che, pur con alcuni difetti strutturali, ha pagine bellissime, per es. sulla smodata passione per i libri (noto bibliofilo era lo stesso P.). Dopo l'incerta accoglienza riservata a La grande sera (1989; 2a ed. riveduta, 1995), romanzo dalla scrittura densamente aforistica, tutto centrato sul motivo dell'improvvisa scomparsa di un uomo e sulle reazioni che ne derivano con risvolti in chiave poliziesca, unanime consenso suscitarono le due ultime opere narrative: la prima, antifrasticamente intitolata Vite di uomini non illustri (1993), è una raccolta di diciotto profili biografici, storie di ordinarie esistenze ricostruite nei passaggi cruciali dalla nascita alla morte, in cui l'autore mette a frutto tutte le risorse di uno stile prosastico maturo, preciso e duttilissimo; la seconda, Nati due volte (2000), affronta il tema, direttamente autobiografico, del rapporto con un figlio disabile, traendone un racconto di straordinaria vivacità e ricchezza di toni, dall'ironia allo sdegno alla tenerezza, senza mai cedere a patetismi o a propositi dimostrativi. A integrare il profilo intellettuale di P. stanno le molte pagine della sua produzione saggistica, sempre felici per lucidità, ironia e civile consapevolezza, e per il vivace gusto dell'ossimoro e dell'aforisma: Il giardino delle Esperidi (1984); Le sabbie immobili (1991); L'isola volante (1996); I contemporanei del futuro (1998); Prima persona (2002), che riprende testi apparsi su Il Sole 24 Ore. Postumo è apparso il volume Il residence delle ombre cinesi (2004), comprendente racconti, articoli e saggi già pubblicati in varie sedi.
bibliografia
D. Marcheschi, La letteratura in "prima persona" di Giuseppe Pontiggia, in G. Pontiggia, Opere, a cura e con un saggio introduttivo di D. Marcheschi, Milano 2004, pp. ix-lxv, con ampia bibl. di e sull'autore.