PONZIO, Giuseppe
PONZIO, Giuseppe. – Nacque a Milano il 20 maggio 1853 in una famiglia di modeste condizioni economiche, figlio unico, da Carlo, sarto, e da Teresa Padovani.
Per le promettenti capacità, Giuseppe fu avviato agli studi classici che compì brillantemente al liceo-ginnasio Cesare Beccaria di Milano. Si iscrisse poi al biennio preparatorio fisico-matematico presso l’Università di Pavia. Durante gli studi, per supplire alle limitate risorse della famiglia, impartì lezioni di matematica e fisica. Frequentò, quindi, il triennio applicativo presso il Regio istituto tecnico superiore di Milano (Politecnico), conseguendo nel 1875 la laurea in ingegneria industriale. Terminati gli studi fu chiamato dal suo maestro Giuseppe Colombo – ingegnere e professore di meccanica al Politecnico – a ricoprire il ruolo di assistente ai corsi di costruzione delle macchine e disegno delle macchine. In questi anni si legò di duratura amicizia al collega Cesare Saldini, di alcuni anni più anziano (e titolare, dal 1876, dell’insegnamento di tecnologie meccaniche), con il quale avrebbe poi condiviso, oltre a molte esperienze professionali, anche l’impegno politico e ampie responsabilità amministrative presso il Comune di Milano.
Molto apprezzato nella didattica, Ponzio coniugava l’inquadramento teorico dei problemi con l’applicazione pratica: degne di nota furono le sue lezioni sui regolatori, sulla teoria delle molle, sulla resistenza dei cassetti di distribuzione delle macchine a vapore. Nel 1893, recatosi con Saldini negli Stati Uniti per l’Esposizione universale di Chicago, visitò alcune università americane rimanendo colpito dall’approccio pragmatico della didattica statunitense e dall’organizzazione dei laboratori di meccanica. Una volta rientrato a Milano, volle realizzare al Politecnico – ove nel frattempo, conseguita la libera docenza, era stato nominato professore straordinario di costruzione di macchine – un laboratorio di meccanica plasmato sul modello americano. Non potendo contare su finanziamenti pubblici si prodigò per ottenere da industriali ed ex allievi che avevano raggiunto brillanti posizioni, macchinari e finanziamenti riuscendo ad avviare quel Laboratorio di meccanica che diresse sino alla morte.
La sua azione al Politecnico di Milano, dove divenne docente ordinario nel 1906, costituì un esempio per l’istituzione di altri laboratori e scuole speciali – finanziati da industriali e da contributi della Cassa di risparmio di Milano e della Società Umanitaria – come quelli di elettrotecnica, di elettrochimica, della carta, delle fibre tessili, delle materie grasse, della resistenza dei materiali.
Ponzio si impegnò anche nell’attività professionale progettando numerosi impianti nei settori più diversi. Le sue consulenze spesso comportavano l’ideazione di nuove macchine, sicché divenne uno dei professionisti più stimati in Lombardia e nell’intero Paese. La sua prima esperienza, da venticinquenne, riguardò la riorganizzazione dell’industria dei bottoni di corno, settore nel quale la lavorazione tradizionale comportava un eccessivo spreco di materia prima. Ponzio, su incarico della ditta Robbiati di Como, rivide il processo produttivo ideando nuove macchine capaci di ridurre considerevolmente i costi di produzione. Avrebbe poi sposato la figlia del titolare, Carolina, dal matrimonio con la quale nacque un’unica figlia.
Nel 1895, intanto, era stato eletto nel Consiglio comunale milanese, rimanendovi sino alla morte. La formazione tecnico-scientifica lo induceva ad affrontare i problemi amministrativi più sotto il profilo pratico-empirico che sotto quello ideologico. Può essere considerato uno dei maggiori protagonisti dell’intervento pubblico in Italia perché il suo operato fu all’origine di quelle che, prima delle nazionalizzazioni, furono le due maggiori imprese pubbliche italiane nel campo dei trasporti (Azienda tranviaria municipale) e in quello elettrico (Azienda elettrica municipale).
Il suo pensiero in tema di servizi pubblici locali è emblematico dell’evoluzione delle idee municipalizzatrici di stampo liberale in Italia tra fine Ottocento e primo Novecento.
A Milano, ove dall’inizio degli anni Ottanta dell’Ottocento si era avviato un intenso sviluppo economico, le amministrazioni rette dal moderato Giuseppe Vigoni (1892-98) intrapresero una politica di adeguamento dei servizi pubblici allo sviluppo demografico e urbanistico della città anche grazie alla presenza al loro interno di alcuni homines novi provenienti dall’ambiente tecnico-scientifico del Politecnico e legati alla nascente grande industria.
Divenuto assessore ai Lavori pubblici nel 1895, Ponzio, di fronte a un progetto di elettrificazione della rete tramviaria proposto dalla Società Edison decise di abbandonare il tradizionale regime delle concessioni, che mortificava l’interesse pubblico, per innovare profondamente il campo dei pubblici servizi attuando una sorta di «semimunicipalizzazione».
Si trattava di una soluzione che contemperava le prime istanze municipalizzatrici con i dettami del liberismo classico: si tutelava il carattere pubblico del trasporto urbano riservando al Comune le scelte circa struttura e organizzazione del servizio (nonché la proprietà dei binari); si lasciava al gerente solo l’organizzazione tecnica (materiale rotabile, fornitura energia, personale), evitando al Comune l’onere della gestione diretta del servizio stesso e l’eccessivo incremento degli organici. Alla scadenza (1917) la gestione fu interamente municipalizzata, ma già dal 1897 il Comune aveva istituito per l’organizzazione del servizio, l’Ufficio tramviario che avrebbe costituito l’organo gestionale della futura Azienda tramviaria municipale.
Altre rilevanti realizzazioni dell’assessore Ponzio, che diedero assetto definitivo ad annosi problemi, furono il nuovo piano generale delle fognature e il piano dell’approvvigionamento di acqua potabile.
Caduta nel 1899 la giunta Vigoni in seguito agli avvenimenti di fine secolo, le nuove elezioni videro la vittoria dell’alleanza tra radicali, repubblicani e socialisti, guidata da Giuseppe Mussi. Il tema della municipalizzazione elettrica per i servizi comunali e per la distribuzione ai privati – necessaria per le tariffe di monopolio praticate dalla Società Edison – originò nette divisioni nella maggioranza come nella minoranza. Ne nacque una nuova Giunta guidata dal radicale Giovanni Battista Barinetti che nel 1903 approvò la municipalizzazione elettrica con la costruzione di una centrale termoelettrica in Milano.
Ponzio fu, con Saldini, tra quei tecnici che con il loro prestigio – e con l’appoggio del Corriere della sera – propugnarono da posizioni liberali la municipalizzazione dei servizi elettrici.
In consiglio comunale con spiccato pragmatismo affermò: «In fatto di municipalizzazioni io non seguo principi generali, ma distinguo caso per caso e accerto se la cosa sia di interesse delle finanze del Comune, o dei cittadini o meglio di ambedue, o se non convenga. Credo che abbiano ugualmente torto tanto coloro che vorrebbero tutto municipalizzare quanto gli altri che sono sistematicamente contrari alla municipalizzazione. Nel caso attuale credo che la municipalizzazione sia conveniente e la dimostrazione è fatta dall’Ufficio Tecnico nella sua relazione. Si intende che per ora sia limitata all’energia a vapore, quella idraulica verrà in seguito, sempre che si tratti di energia portata in casa [da altre imprese], perché escludo che il Comune debba assumersi la responsabilità di impianti idraulici e del loro esercizio» (AMM, 1903-04, 28. XII.1903, pp. 85 s.).
Le sue riflessioni in tema di municipalizzazioni andarono precisandosi in stretta connessione con le trasformazioni del sistema economico: infatti colui che avrebbe legato il proprio nome alla costruzione diretta da parte del Comune degli impianti idroelettrici valtellinesi (1906-10), appena tre anni prima escludeva la possibilità che il municipio producesse energia idroelettrica in proprio, riservando la funzione calmieratrice alla sola fase distributiva. Caduta l’amministrazione Barinetti, nel 1905 Ponzio – che dal 1904 alla morte fu anche presidente del Collegio degli ingegneri e architetti di Milano – assunse l’assessorato ai Lavori pubblici nella nuova amministrazione liberale guidata da Ettore Ponti, circondatosi di tecnici legati al mondo produttivo, e nella quale Saldini era assessore al Piano regolatore. Ponzio sapeva che la municipalizzazione elettrica avrebbe svolto appieno il suo effetto antimonopolistico e costituito un cespite per il bilancio comunale solo quando il municipio avesse potuto disporre di fonti di energia idraulica. Risultate vane le ipotesi di acquisto di energia da terzi, all’inizio del 1906 Ponzio acquisì per il Comune di Milano un complesso di derivazioni sull’alto Adda tra Tirano e Bormio per una potenza di 25.000 kW. Per giungere rapidamente al completamento dei lavori la Giunta comunale, sotto la sua regìa e con il pieno consenso della minoranza, si tenne accuratamente fuori dal complicato iter previsto dalla legge sulle municipalizzazioni. La centrale di Grosotto – poi intitolata a Giuseppe Ponzio – fu realizzata direttamente dal Comune con gestione «ad economia» in pochi anni (1907-10) superando numerose difficoltà tecniche e burocratiche, senza ricorrere a un’azienda speciale che fu costituita soltanto a impianti ultimati. Tuttavia Ponzio non sarebbe riuscito a vedere finita l’opera che aveva assorbito gli ultimi anni della sua vita.
Morì infatti a Milano il 6 luglio 1908 per un male incurabile che, da qualche tempo, insidiava la sua salute.
Fonti e Bibl.: Documentazione sul percorso formativo si conserva presso l’Archivio storico del Politecnico di Milano: Fondo SEG, Personale. Personale cessato, P. G. AG 691; Fondo REP, Registri studenti. Registri RITS, Allievi dal 1874-75 al 1878-79; ibid., Registri lauree, Registro delle lauree 1865-1911. Per l’attività di consigliere comunale e assessore ai Lavori pubblici (1895-99 e 1905-09) si vedano gli Atti del Municipio di Milano (AMM), a stampa, contenenti i verbali delle sedute consiliari (1895-1908).
Il Collegio degli ingegneri e degli architetti di Milano in memoria del suo compianto presidente Prof. Ing. G. P., Milano 1908; G. Motta, G. P., in Atti dell’Associazione elettrotecnica italiana, (X) 1908, 4, pp. 517 s.; A. Galbani - A. Silvestri, Foto di gruppo 1865-1939, Milano 2005, p. 207; C. Pavese, Un fiume di luce. Cento anni di storia dell’AEM, Milano 2011, pp. 36-52, 61-63, 74-88; S. Morosini, G. P., ibid., p. 284.