RECUPERO, Giuseppe
RECUPERO, Giuseppe. – Di nobile casata, nacque a San Giovanni la Punta il 19 aprile 1720, fratello di Giacinto, magistrato a Catania, e Gaspare, giureconsulto.
Diversamente da quanto riportato nella Biografia universale (1828, pp. 168 s.), compilata in Francia, fu zio, e non fratello, di Alessandro, barone di Aliminusa, noto numismatico e antiquario, di cui Giuseppe, sopraggiunta la morte del padre Giacinto, divenne precettore.
Ordinato sacerdote, monsignor Salvatore Ventimiglia lo volle canonico nella cattedrale di S. Agata a Catania. Si dedicò inizialmente agli studi ecclesiastici, occupandosi altresì di numismatica, antiquaria e diplomazia.
Le ricerche compiute in questo periodo lo condussero alla stesura di un Trattato di istituzioni canoniche, in latino, una Vita di Sant’Agata e un breve saggio sull’obelisco egizio della fontana dell’Elefante, realizzata poco prima da Giovanni Battista Vaccarini e collocata in piazza Duomo a Catania. I tre manoscritti giovanili restarono, tuttavia, inediti.
Si avvicinò alle scienze geomineralogiche accidentalmente. Cominciò, infatti, a interessarsi allo studio dei fenomeni vulcanici nel 1755, quando il governo borbonico incaricò l’abate Vito Maria Amico, regio storiografo, di osservare e stilare un resoconto dettagliato delle colate di fango (oggi lahars), mai descritte e ancora poco comprese, che avevano accompagnato l’abbondante eruzione etnea di marzo. Queste avevano invaso la Valle del Bove e diverse contrade sul versante orientale dell’edificio vulcanico. Le cattive condizioni di salute indussero tuttavia l’abate Amico, degente a Monreale, a delegare Recupero. Nell’aprile del 1755 questi intraprese differenti ascensioni sull’Etna, esplorando a più riprese la Valle del Bove e i luoghi interessati dalle colate di fango. La minuziosa relazione che ne emerse fu letta alla patria Accademia degli Etnei e quindi pubblicata quello stesso anno (Discorso storico sopra l’acque vomitate da Mongibello e i suoi ultimi fuochi avvenuti nel mese di marzo del corrente anno MDCCLV, Catania 1755).
Nel Discorso sulle colate del Mongibello (nome con cui talora si chiamava l’Etna), Recupero formulava l’ipotesi secondo cui i lahars non fossero scaturiti dalla cima del vulcano, ma fossero stati prodotti da una ‘grande alluvione’ che aveva interessato il versante orientale. Contrariamente alle teorie della terra di matrice diluvialista, piuttosto diffuse, riteneva che le acque responsabili delle colate ‘limacciose’ non fossero sgorgate dalle viscere della montagna, alimentate da cavità sotterranee o assorbite dalle vicine acque marine, ma derivassero dalle piogge copiose che le tensioni elettriche, indotte dalle esplosioni ignee, avevano generato nella zona del cratere vulcanico.
Indipendentemente dalle interpretazioni suggerite, le successive e numerose esplorazioni sui rilievi dell’Etna, oltre a consentire una descrizione più accurata e sistematica delle formazioni vulcaniche, orientarono definitivamente gli interessi di Recupero verso le scienze della Terra e in particolare verso lo studio del vulcanesimo. Lo scritto sulle colate del Mongibello, tradotto in diverse lingue, godette di ampia diffusione, riscuotendo un esteso interesse anche presso la comunità dei naturalisti europei, accrescendo così la notorietà del canonico al di fuori del Regno di Napoli.
L’eco che ricevette la memoria del 1755 e l’attività di corrispondenza epistolare iniziata con numerosi savants e letterati europei, fecero di Recupero un punto di riferimento indiscusso per lo studio e l’osservazione dell’Etna. Divenne così consigliere e guida nelle esplorazioni etnee di diversi scienziati e intellettuali viaggiatori settecenteschi.
Tra questi vi furono personalità di spicco, come lo scozzese Patrick Brydone, autore di A tour through Sicily and Malta, in a series of letters to William Beckford, Esq. of Somerly in Suffolk (I-II, Londra 1773); il barone e diplomatico tedesco Johann Hermann von Riedesel; l’abate parigino Jean-Claude Richard de Saint-Non; l’incisore e architetto francese Jean-Pierre Louis Laurent Houël, anch’egli autore del Voyage pittoresque des isles de Sicile, de Malte et de Lipari (I-IV, Parigi 1782-1787); e William Hamilton, diplomatico britannico, particolarmente noto per gli studi vulcanologici sul Vesuvio (An account of the eruption of Mount Vesuvius, in 1767, in Philosophical transactions of the Royal Society of London, 1768, vol. 58, pp. 1-14; Supplement to the Campi Phlegraei, being an account of the great eruption of Mount Vesuvius in the month of August 1779, Napoli 1779).
Anche lo scienziato ginevrino Horace-Bénédict de Saussure visitò, nel giugno del 1773, il gabinetto mineralogico di Recupero a Catania, entrando in seguito in polemica con il canonico sia sul processo di orogenesi del vulcano sia sulle cause responsabili delle eruzioni. Recupero, infatti, riteneva l’Etna di natura prevalentemente scistosa e, quindi, preesistente all’attività vulcanica che, a parer suo, non aveva alcuna correlazione con il sollevamento orogenetico. In conformità alla tradizione, giudicava altresì la fermentazione della pirite come responsabile del vulcanismo. L’interesse e l’esperienza che negli anni maturò nello studio dei fenomeni magmatici lo indussero a progettare la stesura di una storia naturale dell’Etna (Storia naturale e generale dell’Etna, Catania 1815).
Lo scritto, in due volumi, fu l’esito tanto di un’accurata ricerca bibliografica di fonti storiche, quanto di una minuziosa indagine sul campo, fondata su lunghe e ripetute esplorazioni del complesso etneo: un’attività che lo occupò per più di un ventennio. Oltre alla descrizione di tutti i fenomeni eruttivi di cui si aveva memoria storica, il testo conteneva un’analisi sistematica degli aspetti naturalistici e geomineralogici (litologia, stratigrafia, mineralogia, flora, fauna e idrologia) dell’Etna, nonché delle contrade e dei territori circostanti. Lo stesso Hamilton riconobbe l’importanza e il valore dell’indagine che Recupero stava svolgendo, a tal punto da trarne ispirazione nella compilazione delle ricerche sul Vesuvio e sui Campi Flegrei. L’opera, pressoché già ultimata nel 1770, restò tuttavia inedita fino al 1815, quando, per volontà del nipote prevosto Agatino Recupero, che ne curò introduzione, aggiornamenti e annotazioni, fu pubblicata postuma.
La Storia naturale e generale dell’Etna non solo conteneva una descrizione sistematica delle caratteristiche geomineralogiche e naturalistiche del vulcano, di cui si ricostruiva altresì l’esatta cronologia delle eruzioni in tempi storici, ma consegnava al lettore anche una dettagliata carta orittografica della regione. L’opera, divisa sostanzialmente in tre parti, esaminava innanzitutto grandezze e altimetrie di regioni e contrade che costituivano l’intero complesso vulcanico, compreso il cratere. La seconda parte ripercorreva la serie storica delle eruzioni, chiudendosi inizialmente nel 1766 e, di seguito, nella stesura curata da Agatino, con l’attività eruttiva dell’ottobre del 1811. La sezione conclusiva considerava invece le proprietà fisiche dell’Etna, formulando alcune ipotesi sulla natura e sull’origine dell’edificio vulcanico. Avendo infatti individuato l’esistenza di antichi crateri, ormai ricoperti dalla vegetazione, Recupero giudicava l’Etna molto più antico di quanto comunemente creduto, suggerendo di conseguenza l’ipotesi di eruzioni precedenti a quelle registrate in tempi storici. Per di più, identificava alla base del vulcano non meno di sette strati successivi di colate laviche. In ognuno di essi, secondo le sue analisi, ci sarebbero voluti più di 2000 anni affinché fosse consentita la completa formazione delle condizioni pedologiche necessarie alla crescita della vegetazione. La sezione delle formazioni laviche implicava pertanto un’età di almeno 14.000 anni: datazione di gran lunga superiore alla scala cronologica della Bibbia, sulla base della quale si stimava la Terra potesse avere un’età di circa 6000 anni. Brydone, nel resoconto del suo viaggio in Sicilia e a Malta, rilevava come Recupero ritenesse plausibile l’ipotesi secondo cui la prima eruzione dell’Etna avesse potuto manifestarsi circa 12.000 anni prima di Cristo. Riferiva anche di come il canonico, ortodosso, si sentisse a disagio per un’idea contraria e inconciliabile con la storia mosaica della Genesi (A tour through Sicily and Malta, I, 1773, pp. 141-143). Tuttavia, secondo quanto riportato nella Biografia universale (1828, p. 168), sarebbe stata del tutto infondata la diceria secondo cui il canonico fosse stato incarcerato per aver sostenuto una simile opinione.
La Storia naturale e generale dell’Etna, tradotta in francese e tedesco, ottenne ampia diffusione in Europa, riscuotendo altresì il consenso sia dei deisti, che sostenevano l’eternità della Terra, sia dei teisti, che diversamente si opponevano a un’interpretazione letterale della Genesi. Le considerazioni sull’antichità dell’Etna attirarono anche le attenzioni di Georges-Louis Leclerc, conte di Buffon, che, secondo quanto affermato da Agatino nell’introduzione alla Storia naturale e generale dell’Etna, citò il lavoro di Recupero in diversi passaggi del supplemento alla sua teoria della Terra (Introduzione dell’annotatore, in Storia generale e naturale dell’Etna, I, 1815, p. XIII; Buffon, Histoire naturelle générale et particulière, Supplement, t. V, Des époques de la nature, Parigi 1778, pp. 396, 403, 405).
La notorietà ormai acquisita in ambito vulcanologico convinse il governo borbonico ad affidargli la cattedra di storia naturale presso la Regia Università di Catania, ruolo che tuttavia non ricoprì poiché la morte lo colse prematuramente.
Morì a Catania il 4 agosto 1778 all’età di 58 anni.
Fu segretario dell’Accademia de’ pastori etnei, socio de’ Colombari di Firenze e membro dell’Accademia degli Antiquari di Londra.
Fonti e Bibl.: Elogio di D. G. R., canonico della cattedrale di Catania in Sicilia, socio dell’Accademia de’ Colombarj di Firenze, e degli Antiquarj di Londra, in Antologia romana, V (1779), pp. 173 s.; Biografia universale antica e moderna, ossia storia per alfabeto della vita pubblica e privata di tutte le persone che si distinsero per opere, azioni, talenti, virtù e delitti. Opera affatto nuova compilata in Francia da una società di dotti. Ed ora per la prima volta recata in italiano con aggiunte e correzioni, XLVII, Venezia 1828, pp. 168 s.; A. Longo, G. R., in Giornale del gabinetto letterario dell’accademia Gioenia, II (1834), pp. 214-222; G. Recupero, Alessandro Recupero, in Giornale di scienze, lettere e arti per la Sicilia, XLVII (1834), pp. 158-163; A. Longo, R. G., in Biografia degli italiani illustri nelle scienze, lettere ed arti del secolo XVIII, e de’ contemporanei, a cura di E. De Tipaldo, VI, Venezia 1838, pp. 348-350; A.V. Carozzi, Manuscripts and publications of Horace-Bénédict de Saussure on the origin of basalt (1772-1797), Carouge-Geneve 2000, pp. 65 s., 103 s.; M.J.S. Rudwick, Bursting the limits of time. The reconstruction of geohistory in the age of revolution, Chicago-London 2005, pp. 120-126; A. Candela, Biblical deluge and creationism in eighteenth century Italy: an overview of the geological theory of Ermenegildo Pini (1739-1825), in INHIGEO annual record, a cura di W. Mayer, Canberra 2014, pp. 67-72.