RICCIARDI, Giuseppe
RICCIARDI, Giuseppe. – Nacque a Napoli il 19 luglio 1808 da Francesco e da Luisa Granito dei marchesi di Castellabate.
Il padre, avvocato originario della Capitanata, aveva fatto fortuna nella capitale con cause legate ai diritti feudali per poi diventare, durante il decennio francese, dapprima consigliere di Stato e poi ministro di Giustizia e Culto; la madre era donna di vasta cultura che si era esposta in prima persona nella difesa dei ‘rei di Stato’ nel 1799.
Giuseppe nacque durante ‘l’interregno’ fra Giuseppe Bonaparte e Giacchino Murat; trascorse dunque la sua infanzia a stretto contatto con la corte, fra un’educazione accurata e molteplici occasioni mondane; al ritorno dei Borbone, i figli del ministro – divenuto nel 1814 conte dei Camaldoli – restarono nascosti, in via cautelare, in un convento di monache indossando abiti femminili.
La sera del 22 novembre 1817, uscendo dal teatro San Carlo, Giuseppe fu colto da improvvisi dolori all’inguine, inizio di una coxalgia (probabilmente una poliomielite, non ancora conosciuta all’epoca) destinata non solo a ridurlo in una condizione di quasi immobilità per circa sei anni, ma a procurargli una lieve zoppia che lo avrebbe accompagnato per il resto della vita. Vista la forzata immobilità, riconsiderò il proprio atteggiamento nei confronti dello studio fino ad allora guardato con fastidio.
Con le letture, arrivò anche l’impegno politico: Ricciardi vide con estremo favore l’ottimestre costituzionale del 1820-21, di cui il padre fu protagonista (moderato) come ministro della Giustizia, degli Affari ecclesiastici e della Polizia generale, e, complici anche i racconti materni sui ‘martiri del 1799’, assunse posizioni esplicitamente repubblicane e democratiche. Visse dunque con estremo disagio il ritorno dei Borbone che, riportati all’assolutismo da soldati austriaci, richiamarono l’ultrareazionario Antonio Capece Minutolo, principe di Canosa, a guidare la repressione politica.
Nel 1827, per sfuggire alla pressione esercitata dalla polizia borbonica, Francesco Ricciardi condusse la propria famiglia in un lungo viaggio destinato a toccare Roma, l’Umbria, la Romagna, Ferrara, Padova, Venezia, Milano, Torino e Genova: Giuseppe ebbe quindi modo di accrescere le proprie esperienze e di incontrare sia letterati come Alessandro Manzoni, Vincenzo Monti e Giacomo Leopardi, sia esuli politici napoletani come i fratelli Domenico e Gabriele Abatemarco. Una volta tornato a Napoli, il giovane intellettuale si dedicò alla lettura dei capisaldi del radicalismo politico: Claude-Henri de Rouvroy de Saint-Simon, Robert Owen, François-Marie-Charles Fourier e, soprattutto, François-Noël Babeuf, mentre nel 1830 restò affascinato dalle insurrezioni scoppiate in Francia, nell’Italia centrale e in Polonia. Lo stato di esaltazione indotto nel ventiduenne Ricciardi fu tale che i suoi comportamenti ne provocarono l’arresto per ‘lesa maestà’ e la detenzione per un periodo di otto mesi.
Nel marzo del 1832 fondò a Napoli Il Progresso delle scienze, delle lettere e delle arti, rivista a cadenza quadrimestrale che aveva l’ambizione di raccogliere il testimone dell’Antologia di Giovan Pietro Viesseux, che proprio in quei mesi aveva cessato le pubblicazioni e che, grazie alla caratura di coloro che vi collaborarono, divenne in breve tempo una sorta di «organo del romanticismo napoletano» (Petrusewicz, 1999, p. 237).
Fin dai primi numeri, la rivista ebbe un seguito e un credito ben superiori a quelli di cui godeva il direttore, del quale del resto il foglio non rispecchiava interamente le convinzioni, preferendo aprirsi a un dibattito non settario che coinvolgeva l’intero mondo della politica e della cultura liberali. La caratura di firme come Luigi Blanch, Luca de Samuele Cagnazzi, Saverio Baldacchini contribuì a far dimenticare la fama di ‘estremista’ ed ‘esaltato’ del giovane Ricciardi e a rendere la rivista accettabile agli occhi della parte più moderata del pubblico.
La morte di Luisa Granito, avvenuta il 17 marzo 1832, tuttavia arrivò a sconvolgere la vita del direttore, profondamente legato alla madre. Decise allora di partire per un lungo viaggio che lo avrebbe condotto di nuovo nel Nord della penisola e poi in Francia, Svizzera, Belgio, Prussia e Inghilterra, seguendo a distanza i lavori del Progresso.
A riportarlo a Napoli non furono le necessità della rivista, bensì l’incontro, avvenuto a Ginevra nel 1833, con Giuseppe Mazzini: l’esule genovese convinse Ricciardi dell’imminenza di un’insurrezione nella capitale del Regno delle Due Sicilie, e dunque dell’opportunità di rientrare immediatamente per parteciparvi. Queste informazioni si rivelarono quantomeno ottimiste, se non decisamente esagerate, poiché all’arrivo di Ricciardi i nuclei cospirativi erano stati quasi completamente smantellati dalla polizia.
Ricciardi fu arrestato una seconda volta nel 1834 perdendo la guida del Progresso che il nuovo direttore, Saverio Bianchini, forse sentendo su di sé gli occhi del ministro della Polizia, trasformò in una rivista di natura più accademica.
Scarcerato brevemente nel 1835 per essere arrestato di nuovo pochi giorni dopo, Ricciardi decise di lasciare volontariamente il Regno e, quando fu definitivamente liberato l’anno successivo, partì per un esilio volontario destinato, salvo la breve parentesi quarantottesca, a durare per venticinque anni. Il lungo errare lo condusse dapprima in Francia, successivamente in Svizzera, in Inghilterra e poi nuovamente in Francia.
In quel periodo si dedicò prevalentemente all’attività letteraria e pubblicistica, con numerose e roventi polemiche sui giornali francesi, e qualche sfida a duello anche per ragioni futili. Ebbe altresì contatti politici con i maggiori esponenti del liberalismo rivoluzionario e del populismo europeo come, per esempio, Lajos Kossuth e Aleksandr Ivanovič Herzen.
Il 17 febbraio 1840 sposò, senza il consenso paterno, la francese Clorinda Not, con la quale ebbe due figlie: Luisa, nata il 31 dicembre 1840, ed Elisabetta, nata il 2 novembre 1846. Al matrimonio furono suoi testimoni, accanto all’amatissima sorella Irene, Achille Murat, figlio di Gioacchino, Federico Confalonieri, Pietro Leopardi e Terenzio Mamiani della Rovere.
Amico dei fratelli Attilio ed Emilio Bandiera, per i quali scrisse e pubblicò un epicedio in italiano e in francese (Alla santa memoria di Attilio ed Emilio Bandiera..., 1844), fornì loro alcune informazioni per la pianificazione della loro sfortunata spedizione. Pervaso di entusiasmo per le rivoluzioni del 1848, Ricciardi tornò nella Napoli costituzionale nel marzo di quell’anno ed eletto deputato della Capitanata, provincia di cui il padre era originario, si diede a organizzare l’ala democratica del movimento liberale. Dopo il 15 maggio, chiese al Parlamento di votare la resistenza a oltranza e l’istituzione di un comitato di salute pubblica con poteri speciali; la sua proposta, tuttavia, venne messa in minoranza.
Condannato a morte in contumacia ‘con terzo grado di pubblico esempio’, insieme a sei compagni si rifugiò in Calabria, regione che non conosceva e di cui aveva una visione romanticamente mitizzata, per continuare la resistenza contro le forze della reazione. Stabilì un comitato di salute pubblica a Cosenza e incitò le popolazioni locali a sollevarsi; ma, da un lato, le scarse adesioni e, dall’altro, l’indisciplina e la volontà di saccheggio degli adepti racimolati lo convinsero dell’impossibilità di continuare la lotta. Nel luglio del 1848 raggiunse clandestinamente Corfù, poi Malta, Roma, la Toscana (da cui venne espulso) e, infine, la Francia, riprendendo la vita del fuoriuscito. Fu in contatto con Felice Orsini e forse incoscientemente coinvolto nel suo progetto di attentato; non poté invece partecipare all’impresa dei Mille perché una malattia lo colse subito prima della partenza.
Tornò in Italia solo dopo l’Unità, rifiutò l’incarico di governatore della Capitanata offertogli da Giuseppe Garibaldi ed entrò come deputato nel nuovo Parlamento nazionale; anche questa esperienza si rivelò tuttavia ben presto una delusione poiché un personaggio come lui, che aveva accettato di servire la monarchia solo vista l’eccezionalità delle circostanze e rimanendo in gran parte fedele ai suoi ideali di gioventù, era ormai non solo emarginato, ma perfino ridicolizzato dai colleghi. Tentò comunque, senza successo, di far sì che Napoli fosse scelta come capitale provvisoria e, collaborando anche con Matilde Serao, di ottenere una legge sul divorzio.
Oltre alle vicende parlamentari, a deluderlo amaramente furono le modalità di annessione del Regno delle Due Sicilie, più simili a una conquista che a un’unificazione; nel 1863 diede le dimissioni da deputato e da consigliere comunale di Napoli, in aperta rottura con il governo della Destra storica, responsabile di aver coperto le malversazioni dei propri agenti in Sicilia, ma fu rieletto sia nella IX sia nella X legislatura.
Da sempre fieramente anticlericale, nel 1869, avuta la notizia dell’apertura del concilio Vaticano I indetto da Pio IX, decise di organizzare a Napoli un anticoncilio, ovvero una riunione planetaria dei liberi pensatori da contrapporre in nome del progresso a quella di Roma. Pur avendo ricevuto il sostegno di autorevoli personalità internazionali fra i quali Garibaldi e Victor Hugo, Ricciardi dovette affrontare l’indifferenza e il sabotaggio tanto degli amici politici quanto della massoneria italiana. Alla fine, malgrado gli attestati di stima, la progettata riunione non poté avere luogo.
Scrittore prolifico fin quasi a rasentare la grafomania, fra il 1867 e il 1870 pubblicò a Napoli a sue spese presso la Stamperia del Vaglio le sue opere principali riunite in otto volumi (Opere scelte di Giuseppe Ricciardi); nel 1873 diede alle stampe a Milano per Natale Battezzati la seconda edizione della prima parte della sua autobiografia Memorie autografe d’un ribelle, ovvero prolegomeni del fuoriuscito, mentre la seconda (Il fuoriuscito) e la terza parte (Il tribuno), composte come la prima alternando la narrazione ai testi redatti nei decenni precedenti, erano destinate a rimanere inedite. La prima edizione era apparsa a Parigi nel 1857. Nel 1874 completò il ciclo pubblicando, a Milano, le Memorie di un vecchio.
Morì a Napoli il 1° giugno 1882, quasi completamente dimenticato dal mondo politico.
Dietro di sé lasciò la fama di uomo certamente irreprensibile e al di sopra di qualsiasi sospetto di compromesso politico, ma inadatto a gestire realisticamente la cosa pubblica: perfino Enrichetta Capecelatro Carafa d’Andria, imparentata con la famiglia Ricciardi, lo avrebbe ricordato come «repubblicano fiero ed onesto, cuor d’oro e mente bislacca» (Carafa Capecelatro, 1926, p. 15).
Opere. Oltre ai testi citati, si segnalano: Discorso intorno alle norme da seguitarsi dagl’Italiani nel procacciare l’indipendenza, l’unità e la libertà della patria, Parigi 1843; Alla santa memoria di Attilio ed Emilio Bandiera, Domenico Moro, Nicolo Ricciotti, Anacarsi Nardi, Francesco Berti, Jacopo Venerucci, Jacopo Rocca e Domenico Lupatelli, morti per la libertà italiana in Cosenza a 25 luglio del 1844. Epicedio di G. R., Parigi 1844; Conforti all’Italia, ovvero preparamenti all’insurrezione, Parigi 1846; Gloria e sventura. Canti repubblicani, Parigi 1839; Poesie di G. R., per la prima volta riunite, con aggiunta di varie inedite, Parigi 1844; Lettera di G. R. agli elettori di Capitanata, Bastia 1848; Agli abitanti del Napoletano. Discorso d’un repubblicano, Parigi 1848; Histoire de la Révolution d’Italie en 1848, suivie d’un aperçu sur les évènements des six premiers mois de 1849, Parigi 1849; Drammi storici, Parigi 1855; Profili biografici di contemporanei, Nizza 1859; Martirologio italiano dal 1792 al 1847. Libri dieci di G. R., Firenze 1860; Discorsi profferiti nel Parlamento italiano nel primo periodo della sessione del 1861, Napoli 1861; Histoire de l’Italie et de ses rapports avec l’Autriche depuis 1815 jusqu’à nos jours, illustrazioni di C. Mettais, Parigi 1861; Napoli capitale. Pensieri, Napoli 1864; L’Anticoncilio di Napoli, promosso e descritto da G. R., Napoli 1870; Schizzi fotografici dei deputati del 1. 2. e 3. Parlamento italiano, Napoli 1870; La Repubblica di S. Marino e l’Italia, studio storico-critico, Napoli 1871; Una pagina del 1848, ovvero Storia documentata della sollevazione delle Calabrie, Napoli 1873; Da Quarto a Caprera, dai 5 maggio ai 9 novembre del 1860. Storia dei mille narrata al popolo da G. R., susseguita da documenti, e da una scena lirica sullo stesso argomento, Napoli 1875; Guerra alla povertà. Cenni sulla quistione sociale, Napoli 1877; Uno sguardo al futuro, ovvero testamento politico di G. R., già deputato al Parlamento italiano, Napoli 1879.
Fonti e Bibl.: Napoli, Biblioteca nazionale, Carte Ricciardi, per la cui descrizione si rimanda a M. Angarano Moscarelli, Inventario delle carte Ricciardi presso la Biblioteca nazionale di Napoli, Università degli studi di Napoli Federico II, Scuola di perfezionamento per archivisti e bibliotecari, tesi di laurea in archivistica, a.a. 1973-74. Lettere, documenti, materiali iconografici riguardanti Giuseppe Ricciardi sono conservati in numerosi fondi dell’Archivio dell’Istituto per la storia del Risorgimento di Roma.
G. Paladino, Il primo processo di G. R. (1834-35), Napoli 1922; R. Zagaria, G. R. e il Progresso, Napoli 1922; E. Capecelatro Carafa d’Andria, Una famiglia napoletana nell’Ottocento, Napoli 1926; F. Della Peruta, Per la storia dell’emigrazione meridionale. III. G. R., in Nuova rivista storica, L (1966), 3-4, pp. 429-452; Scrittori politici dell’Ottocento. Giuseppe Mazzini e i democratici, a cura di F. Della Peruta, Milano-Napoli 1969, pp. 913-960; C. Gentile, G. R., mazziniano e antimazziniano, Napoli 1974; A. Vitulli, La famiglia Ricciardi, in La Capitanata. Semestrale della Biblioteca provinciale di Foggia, s. 1, 1997, vol. 5, pp. 81-105; M. Petrusewicz, G. R., ribelle e romantico europeo, in Archivio storico per le province napoletane, 1999, vol. 117, pp. 235-261; A. Russo, «Nel desiderio delle tue care nuove». Scritture private e relazioni di genere nell’Ottocento risorgimentale, Milano 2006; Ead., «Vostra obbligata amica»: G. R. e le amiche emancipazioniste (1860-1880), in Politica e amicizia. Relazioni, conflitti e differenze di genere (1860-1915), a cura di E. Scaramuzza, Milano 2010, pp. 41-53; Camera dei deputati, Portale storico, http://storia. camera.it/deputato/giuseppe-ricciardi-18080719#nav (18 ottobre 2016).