RONCELLI, Giuseppe
RONCELLI (Rondelli, Ronzelli), Giuseppe. ‒ Figlio di Alessandro e di Elisabetta Salamonopoli, nacque a Candia nel 1661. Gli studi svolti nel 1982 da Licia Carubelli hanno prodotto l’anticipazione della data di nascita di due anni rispetto a quanto riportato nelle due biografie scritte da Angelo Mazzoleni (1767, pp. 5-7) e da Francesco Maria Tassi (1793, pp. 41-50). Il padre Alessandro, originario di Stezzano, un paese della bergamasca, si era recato con i fratelli Domenico e Bartolomeo nell’isola di Creta in cerca di fortuna, ma nel 1669 l’invasione turca li fece fuggire. Solo Bartolomeo tornò a Venezia, portando con sé il piccolo Giuseppe, e lì, grazie a una donazione patrimoniale, poté ricevere gli ordini religiosi e spostarsi nella nativa Stezzano per svolgere il ruolo di cappellano nel santuario della Madonna dei Campi (Mazzoleni, 1767, pp. 5-7). Questi dati sono stati smentiti da Carubelli (1982, p. 281) in base al ritrovamento dei pagamenti fatti a Bartolomeo cappellano a partire dal 1659 fino all’anno della sua morte, avvenuta nel 1709; il suo eventuale viaggio a Candia, come pure la data di ordinazione sacerdotale, sarebbero quindi da anticipare.
Fu lo zio a occuparsi dell’educazione del giovane Giuseppe, che studiò a Bergamo nelle scuole della Misericordia e poi in seminario, dove si applicò alla grammatica e alla retorica grazie al sostegno del nobile Francesco Michele Carrara. Iniziò allora a emergere il suo interesse verso l’arte pittorica, alimentato dalla frequentazione del pittore Antonio Cifrondi (Mazzoleni, 1767, pp. 8 s.); a oggi questo alunnato non è sostenuto da altre fonti documentarie, e anche un confronto stilistico tra le due personalità allontanerebbe questa ipotesi.
In seguito Giuseppe si dedicò al raggiungimento del sacerdozio: con il sostegno economico dei conti Moroni vestì l’abito clericale e si recò a Milano presso i gesuiti, dove conseguì una laurea in teologia; nel 1682 venne ordinato suddiacono a Bergamo e l’anno successivo conseguì il diaconato (Carubelli, 1982, p. 281). Nel 1684, su richiesta del cardinale Gregorio Barbarigo, si trasferì nel seminario di Padova come insegnante, mentre il 22 settembre del 1685 venne consacrato sacerdote a Bergamo.
Nonostante la sua ordinazione, iniziò a dedicarsi quasi totalmente all’arte, alla mondanità e allo sfarzo, frequentando la nobiltà padovana e veneziana. Dopo tre anni venne richiamato a Bergamo e inviato nel seminario di Crema come insegnante di retorica e poi come rettore. Anche questo incarico ebbe breve durata, poiché, in seguito a un’accesa lite verbale con un letterato, Giuseppe abbandonò il seminario e si recò nuovamente a Venezia per impugnare il pennello e dipingere in modo quasi esclusivo.
Le varie commissioni lo portarono prima a Verona, dove affrescò una sala nella dimora dei conti Turchi, oggi perduta, e poi si fermò a Brescia per lungo tempo, soggiornando in casa Luzzago, dove realizzò molti dipinti; lì poté conoscere l’operato dell’olandese Pieter Mulier detto il Cavalier Tempesta, che condizionò la maniera di eseguire i suoi paesaggi orientandoli verso una natura bucolica e classica. Marcel Roethlisberg-Bianco (1970, p. 19) inserisce Roncelli tra gli allievi di Tempesta, precisando che l’incontro tra i due avvenne dal 1692, quando il secondo si fermò a Brescia per quasi un decennio. L’interesse del collezionismo privato bresciano verso questi pittori di paesaggio è testimoniato da Giovan Battista Carboni (1760, p. 164), che riporta di avere visto nella quadreria di casa Barbisoni almeno quattordici dipinti di Tempesta, uno dei quali affiancato a un «paese del prete Rondelli».
Dopo un probabile spostamento a Roma e un viaggio in Germania, Roncelli si trovò ancora a Venezia, quando, in seguito alla lettura delle Istituzioni divine di Lattanzio, disprezzò quel suo vivere in agiatezza abbandonando i suoi abiti sontuosi. In seguito tornò a Brescia, e nel 1701 affiancò il vecchio zio a Stezzano sostituendolo nel ruolo di cappellano dal 1704 fino al 1713 (Carubelli, 1982, p. 283).
A Stezzano fondò la compagnia dei teatini, costituita da un gruppo di devoti che sotto la sua guida dovettero seguire delle rigide regole di vita cristiana (Mazzoleni, 1767, p. 32). Nonostante il suo impegno pastorale, trovò comunque tempo per dipingere paesaggi per i conti Moroni di Stezzano e a Bergamo per i Beltramelli, per i Carrara presso S. Maria, per i Carrara di Rocca e per i Quarenghi di Borgo Canale; inoltre donò ogni anno al vescovo di quella città un dipinto da inviare come gradito regalo ai suoi amici di Roma o Venezia (Tassi, 1793, p. 49).
Dal 1713 si spostò a Bergamo come direttore spirituale del seminario; le occasioni per dipingere divennero sempre più rare, ma realizzò comunque altre opere che vendette a caro prezzo per sostenere i poveri di Stezzano, dove soleva soggiornare in autunno. Il prete bergamasco morì a Bergamo il 20 marzo del 1729.
Non si conoscono a oggi opere firmate o datate di Roncelli, e le uniche indicazioni riguardanti l’evolversi della sua attività pittorica dedita ai paesaggi si possono ricavare dall’opera di Francesco Maria Tassi (1793, pp. 41-50), che ne distinse due diverse maniere di dipingere: una prima, connotata da tinte armoniose e tenui influenzate dal gusto fiammingo, e una seconda, più vivace, contraddistinta da sfumature azzardate tendenti al giallo. I suoi paesaggi sono spesso animati da piccole figure, perlopiù santi, posti in secondo piano per lasciare spazio alla natura, vera protagonista dei dipinti.
Nonostante la destinazione di molte sue opere al collezionismo privato, nove tele si possono ancora ammirare nel santuario della Madonna dei Campi a Stezzano, realizzate probabilmente a titolo gratuito per decorarne le pareti. Le cinque tele nella navata centrale trattano temi del Nuovo Testamento – Le pie donne al sepolcro, Gesù consegna le chiavi a s. Pietro, Gesù appare ai discepoli di Emmaus, Noli me tangere, Fuga in Egitto – e sono caratterizzate da forti contrasti cromatici che vedono accostarsi tramonti dai gialli intensi a soffici nuvole perlacee in cieli turchesi, secondo la fase pittorica matura ben descritta da Tassi. Le quattro tele del presbiterio appartengono invece alla prima fase pittorica, dove è evidente un influsso fiammingo debitore dell’opera di Tempesta e di Paul Brill. Il Riposo durante la fuga in Egitto, il Ritrovamento di Mosè, il Paesaggio con s. Giovannino e l’Incendio non vennero nominati da Tassi perché entrati nel santuario in seguito alla donazione fatta dai conti Morlani nel 1882 in occasione dei lavori di rinnovamento della struttura.
Molti dipinti si trovano in collezioni private, mentre altri due paesaggi visibili al pubblico sono conservati nel Museo diocesano di Bergamo e rappresentano Tobiolo e l’arcangelo Raffaele e La vocazione dei figli di Zebedeo: opere caratterizzate, ancora una volta, da cieli dorati dalle tinte dell’imbrunire. La lettura del manoscritto Cronaca bergomense dal 1729 al 1776 dà conferma dell’attribuzione a Roncelli di una Madonna Immacolata nella chiesa parrocchiale di Stezzano, fatta realizzare nel 1686 come ex voto, e porta alla scoperta di un affresco nella sacrestia, raffigurante L’angelo che conforta s. Francesco con altri frammenti del Buon samaritano e di Un palazzo.
Nel tempo molti autori hanno sottolineato l’abilità di Roncelli nel dipingere paesaggi e incendi simili al vero, a partire da Giovan Battista Angelini (1720, 2002, pp. 38, 41, 456), Mazzoleni (1767, pp. 5-9, 32) e Tassi (1793, pp. 41-50). Luigi Lanzi (1809, pp. 286 s.) menziona una collaborazione con il pittore veneziano Andrea Celesti, connubio riportato anche da Carboni (1760, p. 164), che osservò in casa Barbisoni a Brescia un «paese del prete Rondelli, con figure del Celesti», e sostenuto da Carubelli (1982), ma di questa collaborazione non si trova riscontro certo. Giovanni Maironi da Ponte (1819, I, pp. 79, 161; II, pp. 27, 63; III, pp. 286 s.) confondeva il nostro artista con il pittore bergamasco Pietro Ronzelli, errore portato avanti da Filippo De Boni (1840, pp. 869 s.). Pasino Locatelli (1869, pp. 416-420) sostenne un suo alunnato presso il pittore cremasco di primo Seicento Gian Giacomo Barbelli, che non poté avvenire per evidenti motivi cronologici. Nella mostra fiorentina del 1922 vennero esposti tre dipinti di Roncelli (Tarchiani, 1922, pp. 157 s.). Bortolo Belotti (1959, pp. 146, 149 s.) lo confondeva ancora con Pietro Ronzelli, mentre una sostanziale svolta è avvenuta con Roethlisberger-Bianco (1970, pp. 19, 33, 126 s.), che lo ha inserito tra i «pupils» di Tempesta. Carubelli (1982) gli ha dedicato per la prima volta una sezione monografica, e Davide Dotti (2007, pp. 40 s.) ne ha pubblicato tre dipinti inediti.
Fonti e Bibl.: G.B. Angelini, Per darti le notizie del paese. Descrizione di Bergamo in terza rima, 1720 (1720), a cura di V. Marchetti, Bergamo 2002, pp. 38, 41, 456 ; Bergamo, Biblioteca civica Angelo Mai, ms.: Anonimo, Cronaca bergomense dal 1729 al 1776 (XVIII secolo), pp. 4-8; G.B. Carboni, Le pitture e le sculture di Brescia che sono esposte alla vista del pubblico, Brescia 1760, p. 164; A. Mazzoleni, Vita de’ servi di Dio G. R. e Giovanmaria Acerbis sacerdoti bergamaschi, Milano 1767, pp. 5-9, 32; F.M. Tassi, Vite de’ pittori, scultori e architetti bergamaschi, Bergamo 1793, pp. 41-50; C. Bromato, Storia di Paolo IV. Pontefice massimo, Ravenna 1808, pp. 268-274; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia..., III, Bassano 1809, pp. 286 s..
G. Maironi da Ponte, Dizionario odeporico o sia storico-politico-naturale della provincia bergamasca, Bergamo 1819, I, pp. 79, 161; II, pp. 27, 63; III, pp. 286 s.; F. de Boni, Emporeo biografico metodico, ovvero biografia universale ordinata per classi, Venezia 1840, pp. 869 s.; P. Locatelli, Illustri bergamaschi. Studi critico-biografici, Bergamo 1869, pp. 416-420; N. Tarchiani, Mostra della pittura italiana del Seicento e del Settecento, Roma-Milano-Firenze 1922, pp. 157 s.; G. Delogu, Pittori minori liguri lombardi piemontesi del Seicento e del Settecento, Venezia 1931, pp. 66 s.; R. Buscaroli, La pittura di paesaggio in Italia, Bologna 1935, p. 386; B. Belotti, Storia di Bergamo e dei bergamaschi, Bergamo 1959, pp. 146 , 149 s.; M. Roethlisberger-Bianco, Cavalier Pietro Tempesta and his time, Cranbury (New Jersey) 1970, pp. 19, 33, 126 s.; L. Carubelli, G. R., in I pittori bergamaschi dal XIII al XIX secolo. Il Settecento, V.1, Bergamo 1982, pp. 279-303; D. Dotti, Paesaggi, vedute e capricci lombardi e veneti del Seicento e del Settecento, Milano 2007, pp. 40 s.