SACCHETTI, Giuseppe
– Nacque a Padova il 21 maggio 1845 da Giuseppe, ingegnere dell’amministrazione austriaca del Veneto, e da Anna Francesconi.
Giovanissimo entrò nel collegio Fagnani dei padri gesuiti di Padova, dove ricevette una solida istruzione filosofica e teologica fondata sulle opere di Luigi Taparelli d’Azeglio e Giovanni Perrone. Questo tipo di formazione lasciò un’impronta duratura su Sacchetti, alimentando in lui un profondo sentimento religioso e fornendogli le basi culturali e ideali che lo avrebbero portato a divenire una delle figure di spicco dell’intransigentismo cattolico italiano, e anzi «fra gli intransigenti, il più intransigente» (De Rosa, 1957, p. 12). Nel 1864, studente di filosofia all’Università di Padova, Sacchetti fondò le Letture cattoliche, primo esempio di stampa cattolica nel Veneto. Bersaglio polemico di tale periodico era non solo il liberalismo politico, visto come il prodotto di principi contrari al cattolicesimo e come una minaccia per la Chiesa, ma anche la corrente cattolico-liberale: l’intransigentismo di Sacchetti, che per tutta la sua vita si sarebbe articolato nell’obbedienza incondizionata al magistero ecclesiastico e nella difesa dei diritti della S. Sede, al pari che nel rifiuto di ogni compromesso con il liberalismo e nella ferma condanna della ‘rivoluzione’ (termine con cui il cattolicesimo intransigente era solito indicare il processo di secolarizzazione delle istituzioni e dei fondamenti della vita civile), appariva già delineato nella sostanza.
A causa dell’inizio della guerra fra Impero asburgico e Italia, le Letture cattoliche dovettero cessare le pubblicazioni (1866). Conseguita la laurea in filosofia poco dopo la conclusione delle ostilità, nel 1867 Sacchetti cominciò a collaborare al Veneto cattolico, periodico di Venezia, e all’incirca nello stesso periodo fu tra i promotori a Padova del circolo S. Antonio – affiliato alla Società della gioventù cattolica italiana –, di cui rimase presidente fino al 1871.
Contrario all’unità politica della penisola perché convinto sostenitore del potere temporale dei papi, ritenuto il presupposto indispensabile alla libertà della Chiesa, nell’agosto del 1870 Sacchetti si arruolò nel Corpo volontari pontifici e si recò a Roma per difendere la città da un eventuale attacco: non restò coinvolto comunque in alcuno scontro, e dopo la breccia di Porta Pia, da lui vissuta come un evento traumatico, riuscì a fuggire a Pisa.
Tornato in Veneto riprese l’attività giornalistica, dapprima collaborando al periodico Il Codino e poi entrando in pianta stabile nella redazione del Veneto cattolico (1873). Fu in quel periodo che il tratto saliente del suo giornalismo, il quale contribuì a definire i toni dell’intransigenza cattolica, divenne la protesta vivace contro i ‘fatti compiuti’, ossia contro la fine del potere temporale: gli interventi di Sacchetti, infatti, si concentrarono soprattutto sulla questione romana, cui era strettamente associata la condanna dell’ordine liberale. Tipico esempio di mentalità intransigente, egli interpretava la realtà secondo una dicotomia manichea: da un lato il male (la ‘rivoluzione’anticristiana incarnata dal liberalismo), dall’altro il bene (la Chiesa e i cattolici chiamati in sua difesa). Vie di mezzo non erano possibili.
Nel 1874 Sacchetti sposò Elisa Castellani, da cui ebbe cinque figli: Pia, Anna, Giulia, Giuseppe Alessio e Agnese. Nello stesso anno intervenne a Venezia come relatore alla prima assemblea dell’Opera dei congressi, di cui fu tra i promotori scorgendo l’importanza di un impegno organizzato del laicato cattolico. Durante il successivo incontro di Firenze, nel 1875, egli alluse a un «bivio terribile» per i cattolici italiani: «O difenderci dalla rivoluzione combattendo o rimanere dalla rivoluzione schiacciati» (Del movimento cattolico in Italia, 1875, p. 23). Il suo invito era a servirsi di ogni mezzo legale disponibile per rivendicare i diritti calpestati della Chiesa e del pontefice, dando vita in questo modo a un «atto continuo di protesta» (p. 27).
Nel periodo seguente alla sua partecipazione al congresso di Bergamo (1877), Sacchetti cominciò a manifestare una crescente insofferenza per la linea accentratrice propria dei dirigenti dell’Opera – a cominciare da Giovanni Battista Paganuzzi –, i quali intendevano imporre una rigida uniformità d’indirizzo e di organizzazione alle associazioni cattoliche della penisola, senza ammettere iniziative al di fuori dell’Opera stessa. Proprio tale malessere fu la causa principale della sua diserzione dalle attività dell’organismo intransigente, fulcro del movimento cattolico italiano, per tutto il periodo dal 1879 al 1894.
Dopo aver collaborato a Padova al giornale La specola, nel 1882 divenne direttore del Veneto cattolico: nel 1886, quindi, fu chiamato a Milano a dirigere la Lega lombarda. Il periodo milanese vide Sacchetti non più concentrato monoliticamente sulla questione romana e sulla critica del liberalismo: il suo interesse si rivolse anche a temi di natura economico-sociale, a partire dalla difesa delle classi agricole tramite misure protezionistiche.
Il 1889 coincise con il suo trasferimento a Roma, nominato nuovo direttore della Voce della verità. La vicinanza della S. Sede gli permise d’avvalersi del consiglio diretto di Leone XIII nell’impostare la linea intransigente del periodico e fu proprio il papa, nel 1893, a proporgli di assumere la direzione dell’Unità cattolica, la cui sede si era da poco trasferita da Torino a Firenze. L’incarico era senz’altro di prestigio, anche se la situazione finanziaria del giornale appariva preoccupante: arrivato nel capoluogo toscano, Sacchetti ne fece la testata principale dell’intransigentismo, fieramente temporalista e astensionista in un momento in cui andava sviluppandosi un giornalismo cattolico di tutt’altro tipo, moderato nei toni, intento a far dimenticare l’opposizione dei cattolici allo Stato italiano.
Il passaggio all’Unità cattolica segnò il riavvicinamento di Sacchetti all’Opera dei congressi, di cui arrivò ad accettare l’impostazione accentratrice: intervenne come relatore ai congressi di Pavia (1894), Torino (1895), Milano (1897), Ferrara (1899), Roma (1900) e Taranto (1901); nel 1896 fu eletto membro del comitato permanente dell’Opera. Il discorso da lui tenuto a Milano, un’appassionata difesa del non expedit quale legge immutabile della Chiesa e simbolo della protesta contro i ‘fatti compiuti’, fu «l’ultimo grande discorso che fece l’intransigenza» (De Rosa, 1957, p. 115), proprio nel momento del suo apogeo.
Dopo i moti del 1898 e la conseguente repressione governativa che costrinse l’Unità cattolica a sospendere le pubblicazioni per oltre tre mesi, la polemica di Sacchetti s’indirizzò sempre più spesso contro il nascente movimento democratico cristiano di Romolo Murri. Il giornalista era dell’avviso che la democrazia cristiana dovesse avere un programma essenzialmente religioso, scevro da fini politici: di qui l’accusa a Murri e compagni, poco interessati alla questione romana, e soprattutto favorevoli all’eventualità di un moderno partito cattolico.
Con l’inizio del nuovo secolo Sacchetti fu testimone di alcuni eventi che per molti versi rappresentarono la sconfitta delle istanze per cui si era sempre battuto: il congresso cattolico di Bologna, con il trionfo dell’ala murriana (1903), lo scioglimento dell’Opera e la prima deroga al non expedit (1904), da lui aspramente criticata, sembrarono relegare il suo intransigentismo protestatario ai margini della storia. Parziale consolazione fu la stima di cui godette presso il nuovo papa Pio X, che nell’Unità cattolica trovò un fedele alleato nella lotta al modernismo.
Morì a Firenze il 20 ottobre 1906.
Opere. Oltre ai suoi articoli sui giornali cui collaborò o di cui fu direttore, sono da segnalare i testi dei suoi interventi ai congressi cattolici (in particolare Del movimento cattolico in Italia, Firenze 1875; Il non expedit di fronte al pericolo sociale, Firenze 1897), così come di discorsi da lui pronunciati in altre occasioni (Dieci discorsi sugli interessi cattolici del giorno, Venezia 1874; I cattolici e le elezioni politiche in Italia, Venezia 1879; Dell’azione civile del laicato cattolico in Italia, Milano 1886; Commemorazione del barone Vito d’Ondes Reggio, Bergamo 1887; Che cos’è il socialismo?, Prato 1898; Gli ibridi, i moderati... e il programma dei giovani sociologi, Vicenza 1899; Movimento cattolico e democrazia cristiana vera e falsa, Firenze 1899). A Sacchetti si deve pure una raccolta di carmi: Pio IX. I trionfi dell’immortale pontefice, Venezia 1863.
Fonti e Bibl.: Le carte personali di Sacchetti sono conservate nell’archivio familiare di Arlesega (Padova). A. Vian, G. S., in Uomini e giornali, a cura di A. Lazzarini - S. Negro, Firenze 1947, pp. 239-246; G. De Rosa, G. S. e l’Opera dei congressi, Roma 1957; F. Olgiati, Per la storia del clericalismo: G. S., in Vita e pensiero, XL (1957), pp. 453-463; A. Gambasin, G. S. e l’Opera dei congressi, in Rivista di storia della Chiesa in Italia, XIII (1959), pp. 407-424; G. De Rosa, G. S. e Giovanni Zibordi, in Rassegna di politica e di storia, VII (1961), 80, pp. 15-19; Id., G. S. e la pietà veneta, Roma 1968; A. Lazzarini, G. S. e la stampa cattolica veneziana, in Rassegna di politica e di storia, XIV (1968), pp. 336-350; M. Reberschak, G. S. Accordi e dissensi nel movimento cattolico italiano alla fine dell’Ottocento, in Rivista di storia della Chiesa in Italia, XXIV (1970), pp. 88-128; Atti del circolo S. Antonio di Padova, 17 maggio 1868-29 gennaio 1871, a cura di G. De Rosa - A. Gambasin, Padova 1971; A. Lazzarini, G. S. a Venezia e la questione sociale (1872-1883), in S. Tramontin et al., Venezia e il movimento cattolico italiano, Venezia 1974, pp. 25-50; Id., G. S., in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia 1860-1980, II, Casale Monferrato 1982, pp. 565-568; M. Tagliaferri, L’Unità cattolica. Storia di una mentalità, Roma 1993, ad indicem.