SARACCO, Giuseppe
Uomo politico, nato a Bistagno, presso Acqui, il 9 ottobre 1821, morto ivi il 19 gennaio 1907. Laureatosi in giurisprudenza all'università di Torino, si dimostrò ancor giovine caldo fautore delle riforme politiche in Piemonte, e a Torino esercitò l'avvocatura. Insieme col Brofferio e col Franchini egli, nel 1849, fu difensore del generale G. Ramorino dinnanzi alla corte di cassazione, contro la sentenza di morte pronunziata dal tribunale di guerra. Non era ancora trentenne quando i suoi concittadini il 5 ottobre 1851 lo elessero a deputato nel Parlamento Subalpino, ma la sua elezione fu annullata per i limiti d'età; tuttavia, due mesi dopo, egli riuscì eletto, e il suo collegio gli rimase sempre fedele, fino all'8 ottobre 1865, quando il S. fu nominato senatore. Alla camera sedette al centro sinistro, e talvolta diede il voto contrario al Cavour. Amico del Depretis, quando questi entrò (10 marzo 1862) nel gabinetto Rattazzi come ministro dei Lavori pubblici, il S. fu da lui scelto come segretario generale, carica che egli occupò pure con Q. Sella, ministro delle Finanze nel gabinetto Lamarmora (28 settembre 1864). Presidente del consiglio provinciale di Alessandria, salutò con gioia nel 1876 l'ascesa al potere della sinistra; e tuttavia, quando A. Magliani, ministro delle Finanze nel secondo gabinetto Depretis, preparò la famosa legge sull'abolizione del macinato, egli, che era relatore della giunta del bilancio al senato, se ne dichiarò accanito avversario. Ministro dei Lavori pubblici nel gabinetto Depretis (4 aprile-29 luglio 1887) e nel primo e nei due ultimi ministeri Crispi (7 agosto 1887-9 marzo 1889;16 dicembre 1893; 10 marzo 1896), diede prova di possedere qualità di rigido amministratore.
Il 24 giugno 1900, quando era già presidente del senato, succedette al Pelloux nella presidenza del consiglio dei ministri, in un momento assai critico della politica italiana (poche settimane dopo avvenne l'assassinio di re Umberto I). Il S., che era stato assunto al potere come uomo capace di pacificare le fazioni politiche, mantenne fermo l'indirizzo politico liberale, anche durante lo sciopero generale di Genova del gennaio 1901, che fu la causa delle sue dimissioni, avvenute nel febbraio successivo. Vecchio oramai di ottant'anni, il S. non risalì più al potere; riebbe invece la presidenza del senato (24 febbraio 1901), che gli fu tolta nel 1904 bruscamente da G. Giolitti.