SIRTORI, Giuseppe
– Nacque il 17 aprile 1813 da Giuseppe e da Rachele Rigamonti a Casatevecchio, oggi frazione di Monticello Brianza, all’epoca aggregato a Casatenovo.
La famiglia possedeva terreni e immobili e il padre commerciava in bachi da seta.
Quarto di sette figli, Sirtori seguì la strada del fratello Carlo, il primogenito, intraprendendo gli studi ecclesiastici. Frequentò i seminari di Vimercate, San Pietro Martire, Monza e Milano. Qui fu ordinato sacerdote nel 1838, quando ormai, però, la sua fede era indebolita dai dubbi, come testimonia il carteggio con l’amico Cesare Correnti, nella cui casa milanese di via Spiga, a metà degli anni Trenta, aveva iniziato a frequentare un gruppo di futuri patrioti: Cesare e Rinaldo Giulini Della Porta, Carlo d’Adda, Carlo e Alessandro Porro, Pietro Maestri. Nell’ottobre del 1841 Sirtori si recò a Parigi, per perfezionarsi alla Sorbona negli studi filosofici, scientifici, religiosi. Furono mesi inquieti e poco concreti: nell’ottobre del 1842 scrisse al fratello Carlo dichiarandosi disponibile a rinunciare alla sua quota di eredità purché gli fosse concessa una rendita per frequentare in Francia il corso quinquennale di medicina. La famiglia, benestante, ma non così ricca da poterlo mantenere con agio a Parigi, non acconsentì alla richiesta e quel rifiuto lo indusse a tornare in Italia nel gennaio del 1843. Colpito di lì a poco dalla perdita del padre, dopo un periodo trascorso nel paese natale, in autunno Sirtori si stabilì di nuovo a Milano. Fu nel capoluogo lombardo che prese forma, nel gennaio del 1844, la scelta di abbandonare l’abito talare, decisione probabilmente riconducibile anche ai contatti con Félicité-Robert de Lamennais.
Nella primavera del 1845 era di nuovo a Parigi, dove riprese gli studi alla Sorbona, nella facoltà di medicina, dedicandosi anche alla biologia e alla chimica. Il secondo soggiorno francese non fu meno irrequieto del primo e al pari di esso privo di grandi entusiasmi, finché gli eventi del febbraio del 1848 non rivelarono a Sirtori la sua più autentica vocazione: quella del combattente e del rivoluzionario. Partecipò attivamente agli scontri sulle barricate parigine, intervenne nei comizi acquistando popolarità e fu tra i manifestanti che il 25 febbraio, di fronte all’hôtel de ville, premettero su Alphonse de Lamartine per la proclamazione della Repubblica. Dopo l’insurrezione delle Cinque giornate tornò a Milano, agì negli ambienti mazziniani e si oppose all’ipotesi di unione con il Regno di Sardegna, adoperandosi per la nascita di una Repubblica lombarda. Fallito questo tentativo, dopo i ‘liberi voti’ plebiscitari che sancirono l’annessione allo Stato sabaudo, il 20 maggio si arruolò nel battaglione mobile della guardia nazionale di Milano, comandato dal maggiore Agostino Noaro. Con il grado di capitano, Sirtori partì il 29 maggio per Venezia, dove giunse con il suo corpo di volontari a metà giugno. L’agosto del 1848 fu un momento decisivo per la sua esperienza veneziana: nacque allora, all’inizio del mese, quel circolo italiano, punto di riferimento dei mazziniani, di cui egli divenne esponente di spicco, e pochi giorni dopo, l’11 agosto, insieme ad altri repubblicani come Francesco Dall’Ongaro e Antonio Mordini, fu protagonista dei fatti di piazza che consentirono a Daniele Manin di riassumere il potere dopo la breve parentesi di fusione con il Piemonte, nel momento in cui a Venezia si diffondeva la notizia dell’armistizio Salasco.
Da allora Sirtori fu uno dei protagonisti dell’opposizione da sinistra a Manin, ma anche una figura imprescindibile per le doti militari che dimostrò. Il 22 agosto 1848 fu chiamato nello stato maggiore da Guglielmo Pepe, comandante in capo delle forze armate veneziane, che lo citò tra i più valorosi protagonisti della sortita di Mestre, iniziativa con cui il 27 ottobre i difensori di Venezia sottrassero per qualche ora la città di terraferma al controllo austriaco. Messosi in luce con quell’episodio, Sirtori acquistò costantemente prestigio e notorietà, divenendo negli ultimi mesi dell’assedio la figura pubblica più celebre a Venezia dopo Manin. Nel gennaio del 1849 entrò nella seconda Assemblea veneziana, nominata a suffragio universale maschile e per la quale furono elettori ed eleggibili anche i volontari che difendevano la città pur essendo nati altrove. Nel maggio di quello stesso anno, assieme a Enrico Cosenz, fu protagonista dell’estrema difesa di forte Marghera e venne nominato ai vertici della commissione militare, creata allora per attuare con pieni poteri la scelta della resistenza a ogni costo votata il 2 aprile 1849 dall’Assemblea.
Dopo la resa della città, il 28 agosto Sirtori salpò da Venezia a bordo del vapore francese Pluton con gli altri leader della rivoluzione. Assieme a loro sbarcò a Corfù e di lì, transitando con ogni probabilità per Malta e Genova, arrivò a Losanna, dove incontrò Mazzini, che raggiunse a Londra nell’aprile del 1851, dopo aver firmato con altri repubblicani, nell’autunno del 1850, il primo manifesto del Comitato nazionale italiano animato dall’esule genovese. Entrato in contrasto con le posizioni mazziniane ritenute troppo rigide, nel settembre del 1851 Sirtori tornò a Parigi. Qui, probabilmente per essersi pubblicamente opposto, dopo un apparente avvicinamento, alle mire murattiane su Napoli sostenute da Napoleone III, nel maggio del 1857 fu internato per due settimane nel manicomio di Bicêtre, da cui venne liberato anche grazie all’interessamento di Manin e di suo figlio Giorgio.
Nel febbraio del 1859 Sirtori rientrò nella penisola, ormai orientato verso una collaborazione con la monarchia sabauda, ma per i suoi trascorsi repubblicani si vide respingere la richiesta di arruolamento nell’esercito sardo.
Nel marzo del 1860 venne eletto nel Parlamento subalpino per il collegio lombardo di Missaglia, ma di lì a poco abbandonò il seggio per l’impresa più importante della sua vita. Il 5 maggio partì infatti da Quarto con Giuseppe Garibaldi, che lo nominò capo di stato maggiore. Si distinse e fu ferito negli scontri di Calatafimi e di Palermo, venne promosso generale e si meritò il riconoscimento di primo in ordine di merito tra i Mille. Nel proseguimento della campagna assunse in diverse occasioni l’incarico interinale di prodittatore di Sicilia durante i periodi di assenza di Garibaldi. Organizzò il passaggio delle camicie rosse sul continente e fu alla testa dell’avanzata verso Napoli, partecipando, nell’ottobre del 1860, alla battaglia finale sul Volturno. Assunse il comando dell’esercito meridionale quando Garibaldi si ritirò a Caprera, trovandosi a gestire la delicatissima fase della smobilitazione dei volontari ed entrando su questo aspetto in forte contrasto con il ministro della Guerra Manfredo Fanti, anche negli accesi dibattiti parlamentari della primavera del 1861.
Sirtori fu tra gli ufficiali garibaldini integrati nell’esercito regolare nel marzo del 1862: gli venne riconosciuto il grado di generale e il 13 giugno 1863 fu nominato comandante della divisione militare di Catanzaro, con l’incarico di combattere il brigantaggio in quella provincia.
Sedette alla Camera dal febbraio del 1861 al settembre del 1874, eletto dall’VIII all’XI legislatura nel quarto collegio di Milano, ma, al contrario di altri generali garibaldini, non ottenne mai la nomina a senatore. Dal 17 dicembre 1862 al 21 maggio 1863 presiedette la commissione d’inchiesta parlamentare sul brigantaggio.
Durante la terza guerra d’indipendenza comandò la 5ª divisione e partecipò alla battaglia di Custoza. Dopo quella sconfitta elogiò nel suo ordine del giorno i propri soldati e criticò non senza fondamento la condotta del comando della 1ª divisione e della riserva del I corpo d’armata. Ciò determinò un aspro contrasto con il capo di stato maggiore Alfonso Ferrero della Marmora, che lo costrinse alle dimissioni.
Solo il 12 dicembre 1871 fu approvato il decreto che lo riammetteva nell’esercito italiano con l’anzianità e i gradi maturati nel frattempo. Assegnato al comando della divisione militare territoriale di Alessandria, dall’inizio del 1873 entrò in conflitto con molti ex garibaldini per aver aderito alla sottoscrizione a favore di un monumento da erigere a Milano a Napoleone III.
Morì celibe a Roma il 18 settembre 1874.
I funerali si svolsero in forma solenne nella capitale il 20 settembre e furono replicati due giorni dopo a Milano, dove le sue spoglie vennero collocate nel famedio del cimitero Monumentale. Il 3 giugno 1876 a Venezia, in calle dell’Ascensione, all’imbocco di piazza San Marco, si inaugurò un medaglione commemorativo in suo onore: il primo di tanti omaggi dedicati in quell’area, anche in anni recenti, a protagonisti del Quarantotto veneziano. Il 5 giugno 1892 venne scoperto a Milano, nei giardini di porta Venezia, il ritratto scultoreo in bronzo realizzato in sua memoria da Enrico Butti.
Fonti e Bibl.: Milano, Biblioteca Ambrosiana, Carte Sirtori.
Per l’inaugurazione del ricordo monumentale a G. S. Parole di Antonio Reali, Venezia 1876; G. S. Studio di Giovanni De Castro premessa la commemorazione detta per la solenne inaugurazione del monumento dal colonnello Enrico Guastalla, Milano 1892; T. Sarti, Il parlamento subalpino e nazionale. Profili e cenni biografici di tutti i deputati e senatori eletti e creati dal 1848 al 1890, Roma 1896, p. 883; G. Castellini, Eroi garibaldini, I, Da Rio Grande a Palermo (1837-1860), Bologna 1911, pp. 156, 182, 184, 191, 193-203, 206, 228, 239, 248; II, Da Palermo a Digione (1860-1870), Bologna 1911, pp. 14, 24, 29; G. Garibaldi, I Mille, Bologna 1933, pp. 102, 139, 240, 250, 331 s.; G. Cappello, S. G., in Dizionario del Risorgimento nazionale dalle origini a Roma capitale. Fatti e persone, a cura di M. Rosi, IV, Milano 1937, pp. 299 s.; U. Bassani, Venezia nel 1849. Cronaca inedita con 15 tavole fuori testo, Milano 1938, pp. 25, 48, 52; C. Agrati, G. S. Il primo dei Mille, Bari 1940; F. Molfese, Lo scioglimento dell’esercito meridionale garibaldino (1860-1861), in Nuova rivista storica, XLIV (1960), 1, pp. 23n, 36 s., 39; G. Garibaldi, Epistolario, IV-VI, Roma 1982-1983, XII, Roma 2006, ad indices; E. Cecchinato, La rivoluzione restaurata. Il 1848-1849 a Venezia fra memoria e oblio, Padova 2003, pp. 98 s., 343, 422 s.; Ead., Camicie rosse. I garibaldini dall’Unità alla Grande Guerra, Roma-Bari 2007, pp. 10, 20, 36, 38, 170, 324 s.; P. Ginsborg, Daniele Manin e la rivoluzione veneziana del 1848-49, Torino 2007, ad ind.; M. Bertolotti, G. S., in Fare l’Italia: unità e disunità nel Risorgimento, a cura di M. Isnenghi - E. Cecchinato, Torino 2008, pp. 986 s.; M. Sampietro, Il generale G. S., un protagonista del Risorgimento italiano. Percorsi, ricordi, immagini, Missaglia 2016; Camera dei deputati, Portale storico, http://storia. camera.it/deputato/giuseppe-sirtori-18130417.