SPATARO, Giuseppe
– Nacque a Vasto il 12 giugno 1897, da Alfonso e da Anna Nasci, primo figlio maschio dopo quattro sorelle. La sua famiglia, di origine napoletana, trapiantata in Abruzzo nel XVIII secolo, aveva espresso uomini di legge, militari e amministratori, ed era tradizionalmente legata alla Chiesa cattolica.
Frequentò gli studi elementari presso l’Istituto delle figlie della croce a Vasto e fu poi seguito da due insegnanti, Francesco Monacelli e Giuseppe Menotti. Nel settembre del 1908 entrò nel Convitto di San Benedetto presso l’abbazia di Montecassino. Nel luglio del 1914 conseguì la licenza liceale. Trasferitosi a Roma, nel successivo mese di ottobre si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell’ateneo romano.
Entrato in contatto con gli ambienti dell’Azione cattolica e della Federazione universitaria cattolica italiana (FUCI), collaborò con Mario Cingolani e Umberto Tupini ad attività di carattere sociale, divenendo organizzatore di tre unioni professionali: dei lavoratori della nettezza urbana, dei portieri e dei postelegrafonici.
Nel 1916 si arruolò volontario negli aerostieri, un corpo specializzato del Genio. Nell’autunno del 1917 fu inviato nella zona di guerra con il grado di sottotenente. Alla fine del conflitto tornò a Roma, dove il 31 ottobre 1919 conseguì la laurea in giurisprudenza.
Ripresa l’attività in seno alle organizzazioni cattoliche, nel 1919 divenne presidente del circolo romano degli universitari cattolici e, più tardi, dal 1920 al 1922, presidente nazionale della FUCI. Ebbe il sostegno dell’assistente ecclesiastico, Giandomenico Pini, e l’aiuto e l’amicizia di Giovanni Battista Montini, destinati a durare oltre mezzo secolo.
Il suo impegno lo aveva portato non solo a potenziare le strutture e le iniziative della FUCI, ma anche a partecipare, nel 1921 a Friburgo, al primo Congresso internazionale degli studenti cattolici e alla nascita della Pax romana, organo internazionale di collegamento tra le varie organizzazioni studentesche di ispirazione cattolica, della quale Spataro fu eletto vicepresidente.
Nel convulso clima politico e sociale del dopoguerra, Spataro aderì al Partito popolare italiano (PPI), fondato da Luigi Sturzo nel gennaio del 1919, divenendo uno degli animatori della sezione romana del partito.
Nel giugno del 1919 fu presente al primo congresso del partito, svoltosi a Bologna, dove vennero definiti gli indirizzi politici del popolarismo, l’impostazione laica e aconfessionale e le istanze sociali e riformiste. Al terzo congresso, svoltosi a Venezia nell’ottobre del 1921, Spataro vi partecipò come delegato dell’Abruzzo e fu eletto, a soli 24 anni, consigliere nazionale del partito.
Sturzo, che aveva notato da tempo quel giovane abruzzese, presidente della FUCI, lo aveva ascoltato nei suoi interventi nella sezione romana e ne aveva apprezzato la capacità organizzativa: gli propose dunque di assumere la carica di vicesegretario politico del partito. Spataro accettò l’incarico non senza esitazioni, spintovi anche dal consiglio di Tupini. Seguì le vicende del partito di fronte all’emergere del fascismo, alla marcia su Roma (28 ottobre 1922), alle decisioni del direttorio del gruppo parlamentare popolare di entrare, subito dopo, nel primo ministero Mussolini. Fu a fianco di Sturzo nel tentativo di disancorare il partito dalle secche della collaborazione, per riaffermarne la natura democratica, popolare e antifascista. E gli fu vicino, nell’estate del 1923, anche quando dai vertici della S. Sede giunse a Sturzo il pesante invito ad abbandonare la segreteria politica del partito, e un anno dopo il consiglio di lasciare l’Italia per un esilio che sarebbe durato ventidue anni.
Lo stesso Sturzo, dopo le dimissioni da segretario politico, il 10 luglio 1923 propose al Consiglio nazionale del partito di affidare la segreteria politica a un triunvirato composto da Giovanni Gronchi, Giulio Rodinò e Spataro stesso, che rimase in carica sino al maggio del 1924, quando la segreteria politica fu affidata ad Alcide De Gasperi, con Spataro vicesegretario.
Il 14 ottobre 1923 sposò Letizia De Giorgio. Dal matrimonio nacquero tre figli: Alfonso, Anna e Piergiorgio.
Nel marzo del 1924 Spataro assunse la carica di consigliere delegato dell’Anonima popolare editoriale (APE), una società creata per la gestione del quotidiano del partito, Il Popolo, diretto da Giuseppe Donati.
Le elezioni del 1924 lo videro per la prima volta candidato alla Camera. Spataro si presentò come capolista nel collegio Abruzzo-Molise, ma non risultò eletto benché fosse stato appoggiato, oltre che dagli amici abruzzesi, anche dall’influente suocero, l’avvocato Gennaro De Giorgio.
Con il passare dei mesi, la situazione politica e finanziaria del PPI divenne drammatica. Il partito fu oggetto di attacchi e aggressioni alle sue sedi e ai suoi esponenti e di abbandono da parte di molti cattolici. «Spataro è in stato di martirio», scriveva Annibale Gilardoni a Sturzo il 25 agosto 1925 (L. Sturzo, Scritti inediti, II, a cura di F. Rizzi, 1975, p. 89).
Il 25 gennaio 1926 fu lo stesso Spataro a descrivere a Sturzo la situazione: «I buoni rimangono al proprio posto ed è un bene liberarsi di tante scorie. [...] Che dirle dei guai finanziari. Siamo ancora molto in alto mare e anche vendendo la tipografia ci rimarranno un 600 mila lire di debiti. [...] Mi aiuterà il Signore? Io lo spero. [...] Parlando con lei, che tutte le sofferenze ha passato, lascio questa nota personale di tristezza e di melanconia» (ibid., pp. 105-108).
Spataro si impegnò per far fronte, in prima persona, ai debiti del partito: 235.000 lire, che riuscì faticosamente a saldare negli anni successivi con i proventi del suo lavoro. Nel novembre del 1926, con il decreto di scioglimento del PPI, abbandonò l’impegno politico attivo per dedicarsi alla professione di avvocato.
Nel 1934, per la prima volta dopo l’ascesa del fascismo, poté uscire dall’Italia per recarsi in Francia, ad Aix-les-Bains, da dove scrisse a Sturzo una lunga lettera nella quale gli aspetti umani, personali e familiari si intrecciano con i problemi politici: «Ci siamo ritirati nelle nostre famiglie e cerchiamo col lavoro di sbarcare il lunario, oggi che per noi la vita è tanto più difficile» (L. Sturzo, Scritti inediti, cit., p. 368).
Visse gli anni del regime fascista nel silenzio e nel lavoro, senza tuttavia rompere i contatti con i vecchi amici, con gli esponenti di altri partiti democratici, con i quali aveva già collaborato come segretario del Comitato centrale dei partiti antifascisti, costituitosi dopo il delitto Matteotti (1924). Tra il 1942 e il 1943 Spataro divenne un punto di riferimento nella costituzione della Democrazia cristiana (DC). Il ‘salotto giallo’ di casa Spataro, in via Cola di Rienzo 217, a Roma, divenne un punto d’incontro, di discussioni e di confronto fra i cattolici, come De Gasperi, Gronchi, Guido Gonella, Pietro Campilli, Igino Giordani, Mario Scelba, ed esponenti antifascisti come Ivanoe Bonomi, Meuccio Ruini, Giuseppe Romita e altri. Dopo la caduta del fascismo (25 luglio 1943), si deve a Spataro la stampa e l’invio in tutta Italia del programma noto con il titolo Idee ricostruttive della DC. Il successivo 30 luglio assunse la segreteria della Commissione centrale provvisoria della DC, presieduta da De Gasperi.
Durante l’occupazione nazista a Roma, Spataro fu tra i più validi coordinatori dei gruppi clandestini antifascisti impegnati nella lotta di liberazione. Con De Gasperi e Gronchi entrò nel Comitato di liberazione nazionale (CLN) e fu membro della Giunta esecutiva e della Giunta militare.
Carlo Trabucco nel suo diario (La prigionia di Roma, 1954) ha sottolineato lo straordinario ruolo svolto da Spataro: «L’attività che svolge l’avvocato Spataro è più che mai intensa. Non solo egli ha contatti nel settore politico con i vari elementi del Comitato di liberazione nazionale, ma si dà da fare anche nel fornire armi oltre che alle bande della Democrazia cristiana agli elementi dei vari partiti. [...] Se Sturzo sapesse quanto lavoro compie questo suo animoso e fedele segretario, che ancora l’altro ieri ha pagato l’ultima cambiale del Popolo [...] sarebbe entusiasta del ragazzo che lo seguiva come un’ombra e lo amava – e lo ama – come un maestro» (p. 225).
In seno alla DC, Spataro venne a collocarsi in quel gruppo di ex popolari, quali Attilio Piccioni, Giuseppe Cappi, Adone Zoli e altri, che sostennero la direzione degasperiana, riconoscendo allo statista trentino l’indiscussa funzione di guida politica del partito. Spataro, come De Gasperi, credette in un partito unito e organizzato, ma anche in un partito ben saldo nei suoi principi: l’idea dello Stato organico e pluralista, il profondo rispetto del metodo democratico e parlamentare, l’aspirazione alla giustizia sociale da realizzarsi attraverso una politica di riforme, la laicità del partito, pur nella ispirazione cristiana.
In seno alla DC ricoprì le cariche di consigliere nazionale dal 1944 al 1947 e dal 1959 al 1969. Fu membro della Direzione nazionale dal 1946 al 1949 e dal 1964 al 1976.
Il 9 giugno 1944 divenne sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel governo Bonomi, con l’incarico di sovrintendere ai problemi della stampa. Fu confermato nella carica anche nel II governo Bonomi (12 dicembre 1944-19 giugno 1945). Dopo la Liberazione fu nominato membro della Consulta nazionale e sottosegretario agli Interni con Ferruccio Parri (21 giugno-24 novembre 1945) e nel I gabinetto De Gasperi (10 dicembre 1945-1° luglio 1946).
Il 2 giugno 1946 fu eletto all’Assemblea costituente nella circoscrizione XXI degli Abruzzi, con 67.354 voti di preferenza. In seno all’Assemblea assunse la carica di vicepresidente del gruppo democratico cristiano, presieduto da Gronchi. Il 2 agosto 1946 fu nominato presidente della RAI (Radio Audizioni Italiane) e rimase in carica sino al 27 gennaio 1950. Si deve a Spataro la riorganizzazione dell’ente radiofonico, l’inaugurazione di nuovi ripetitori, la ripresa e l’incremento delle trasmissioni, il costante aumento degli abbonati.
Candidato alle elezioni del 18 aprile 1948, per la prima legislatura repubblicana, Spataro fu eletto deputato nella circoscrizione abruzzese (L’Aquila-Pescara-Chieti-Teramo). Nel gennaio del 1949 assunse la presidenza del gruppo parlamentare DC alla Camera, restando in carica fino al gennaio del 1950, quando fu nominato ministro delle Poste e telecomunicazioni nel VI e VII governo De Gasperi (27 gennaio 1950-29 giugno 1953).
Si deve a Spataro un’ampia riforma del servizio postale, l’ampliamento della rete telefonica con l’allacciamento di molti comuni privi di telefono e l’avvio delle trasmissioni televisive. Sulla sua esperienza di ministro delle Poste e telecomunicazioni ha lasciato una testimonianza con il saggio Gli sviluppi delle telecomunicazioni in Italia (in Rassegna parlamentare, I (1959), 10, pp. 79-87). Dal luglio al settembre del 1952 assunse anche, ad interim, l’incarico di ministro dell’Interno.
Rieletto deputato nelle elezioni del 1953 con 119.723 voti di preferenza, fu chiamato a ricoprire il ruolo di ministro dei Lavori pubblici. Rimase in carica soltanto pochi giorni (dal 16 luglio al 28 luglio) poiché l’VIII governo De Gasperi non ottenne la fiducia dal Parlamento. Nel settembre del 1953 fu eletto vicesegretario della DC. Rimase in carica sino al luglio del 1954. Nel 1958 fu rieletto deputato, con 195.667 voti di preferenza. Tornò al governo nel II Gabinetto Fanfani (1° luglio 1958-26 gennaio 1959), come ministro della Marina mercantile. Nel II governo Segni (15 febbraio 1959-24 febbraio 1960) ricoprì, di nuovo, la carica di ministro della Poste e telecomunicazioni.
Nel successivo governo, presieduto da Fernando Tambroni (25 marzo-19 luglio 1960), assunse il delicato incarico di ministro dell’Interno, nel quale dovette affrontare il drammatico quadro politico e sociale segnato dagli scontri di Genova e Reggio Emilia e dovette fronteggiare e respingere, nel serrato dibattito in Parlamento, le pesanti accuse avanzate dalla Sinistra per le responsabilità del governo e del ministro dell’Interno negli incidenti che avevano causato la morte di alcuni dimostranti.
Con il III governo Fanfani (26 luglio 1960-2 febbraio 1962) Spataro fu nominato ministro dei Trasporti. Dedicò particolare impegno nell’ammodernamento della rete e del servizio ferroviario. In vista delle elezioni del 1963 decise di candidarsi al Senato, presentandosi nel collegio di Vasto-Lanciano, dove venne eletto. Confermato nelle elezioni del 1968 e del 1972, ricoprì ininterrottamente, nel corso di tre legislature, la carica di vicepresidente del Senato. Nel 1974, temendo l’isolamento politico della DC, evitò di partecipare direttamente alla campagna referendaria sulla questione del divorzio.
Condivise le istanze di rinnovamento presenti nella DC, durante la segreteria di Benigno Zaccagnini, decidendo di non ripresentarsi alle elezioni politiche del 1976, per facilitare l’immissione di nuove leve, come spiegò in un’intervista pubblicata su Il Popolo del 7 maggio.
Nel suo impegno politico Spataro mostrò un’attenzione particolare al Mezzogiorno e alla sua terra di Abruzzo, alla quale rimase sempre legato da vincoli profondi e che gli manifestò sempre un ampio e significativo consenso, testimoniato dalle cifre delle sue elezioni alla Camera o al Senato. Si deve a lui, nel 1950, l’inclusione dell’Abruzzo tra le regioni destinate a usufruire dei vantaggi della Cassa per il Mezzogiorno, dalle quali era stata in un primo momento esclusa.
Il 10 dicembre 1964 fu eletto presidente dell’Istituto Luigi Sturzo. Rimase in carica sino alla morte, dedicando particolare impegno allo sviluppo dell’Istituto, avviando una serie di iniziative culturali e scientifiche di carattere storico, sociologico e giuridico. Con l’apertura, nel 1971, alla consultazione degli studiosi delle carte dell’Archivio di Luigi Sturzo, veniva avviata una linea tendente a costituire, attorno all’originale nucleo archivistico, un vero e proprio centro di documentazione sulla storia del cattolicesimo democratico italiano dalla fine dell’Ottocento a oggi.
Negli ultimi anni della sua vita Spataro dedicò particolare cura alla ricostruzione di momenti e vicende della storia del movimento politico dei cattolici, sia con articoli apparsi su quotidiani e riviste sia in due volumi (I democratici cristiani dalla dittatura alla Repubblica, Milano 1968 e De Gasperi e il PPI, Roma 1975).
Morì a Roma il 30 gennaio 1979.
Fonti e Bibl.: Le carte di Spataro sono conservate a Roma, presso l’Archivio storico dell’Istituto Luigi Sturzo, nel Fondo Giuseppe Spataro; anche nell’Archivio di Stato di Chieti esiste un Fondo Giuseppe Spataro; i suoi discorsi in Parlamento sono rintracciabili negli Atti parlamentari di Camera e Senato dalla I alla VII legislatura; sulla sua presenza nella Democrazia cristiana: Atti e documenti della Democrazia cristiana. 1943-1967, a cura di A. Damilano, I-II, Roma 1969, ad ind.; tra i necrologi apparsi dopo la sua morte si vedano: G. Andreotti, In memoria dell’amico Peppino, in Il Popolo, 31 gennaio 1979; G. Gonella, Esempi di coerenza, ibid.; B. Zaccagnini, Una vita al servizio del Paese, ibid.; G. Fanello Marcucci, L’attività nella Fuci, ibid., 2 marzo 1979; A. Ferrari, I benefici di una riforma per i lavoratori delle poste, ibid.; D. Sassoli, Protagonista di una lotta per una vera democrazia, ibid. Vedi inoltre C. Trabucco, La prigionia di Roma, Roma 1954, passim; L. Sturzo, Scritti inediti, II, 1924-1940, a cura di F. Rizzi, Roma 1975, III, 1940-1946, a cura di F. Malgeri, Roma 1976, ad indices; L. Sturzo, Lettere a G. Spataro. 1922-1959, a cura di G. Fanello Marcucci, Roma 1989.
G. Tupini, I democratici cristiani. Storia di dieci anni, Milano 1954; G. De Rosa, Storia del movimento cattolico in Italia, II, Il partito popolare italiano, Bari 1966, ad ind.; G. Marcucci Fanello, Storia della FUCI, Roma 1971, ad ind.; G. Baget Bozzo, Il partito cristiano al potere. La DC di De Gasperi e di Dossetti (1943-1954), Firenze 1974, ad ind.; G. Intersimone, Cattolici nella resistenza romana, Roma 1976, ad ind.; G. De Rosa, G. S. Dal Partito popolare alla Democrazia cristiana, in Sociologia, XXIII (1979), pp. 39-52; G. Ignesti, S. G., in Dizionario storico del movimento cattolico, II, Torino 1980, pp. 603-608: F. Monteleone, Storia della RAI dagli alleati alla DC (1944-1954), Bari 1980, ad ind.; G. Fanello Marcucci, Alle origini della Democrazia cristiana (1924-1944): dal carteggio Spataro-De Gasperi, Brescia 1982, ad ind.; Ead., G. S.: lineamenti per una biografia, Roma 1982; Ead., Storia di un’amicizia: G.B. Montini e G. S., Brescia 1984; F. Malgeri, De Gasperi e l’età del centrismo (1948-1954), in Storia della Democrazia cristiana, II, Roma 1987, ad ind.; Id., Gli anni di transizione: da Fanfani a Moro (1954-1962), in Storia della Democrazia cristiana, III, Roma 1988, ad ind.; C. De Mita et al., G. S., Roma 1989; G. S. in cinquant’anni di storia italiana. Atti del Convegno..., in Oggi e domani. Mensile di cultura e attualità, XVIII (1990), supplemento al n. 11; S. Zoppi, G. S.: un ricordo, in Abruzzo contemporaneo, 1997, n. 5, pp. 151-159; E. Tiboni, G. S. e il suo impegno per l’Abruzzo, Pescara 2004; L. Di Biase, G. S.: una vita per la democrazia, Altino 2006; F. Fimiani, S. G., in Gente d’Abruzzo. Dizionario biografico, Castelli 2007, pp. 309-318; A. Canavero et al., G. S. tra popolarismo e democrazia cristiana, a cura di S. Trinchese, Soveria Mannelli 2012; C. Della Penna, Il giovane S. Dall’associazionismo alla politica, Galatina 2012.