TANARI, Giuseppe
Nacque a Bologna il 25 maggio 1852 dal marchese Luigi e da Vittoria deci conti Bottini.
Il padre, membro dell’élite aristocratica liberale della città e senatore del Regno d'Italia dal 1861, era stato patriota attivo nel Risorgimento e poi deputato di Castel San Pietro all’Assemblea delle Romagne nel 1859, quindi studioso di temi agrari e collaboratore dell’Inchiesta Jacini.
Giuseppe fu ufficiale di Marina. Imbarcato sulla corvetta «Vettor Pisani», compì fra il 1871 e il 1873 il giro del mondo: un viaggio durato 440 giorni per un totale di 48 mila miglia percorse. Lasciata la Marina nel 1878, si dedicò poi, da agrario, alla gestione delle sue aziende.
Nel 1904, alla morte del padre, sarebbe risultato titolare con la sorella Carolina, che si era fatta monaca, di notevoli proprietà.
Sposò Eleanor Chambers, nipote di un ex ufficiale britannico, Osborne William Chambers, stabilitosi a Firenze e divenuto fervente sostenitore di Giuseppe Garibaldi e dell’unità italiana.
La vita pubblica di Tanari cominciò piuttosto tardi, nel 1899, quando entrò per la prima volta in Consiglio comunale a Bologna; ma fu rapida. Assessore alle Finanze fino alla caduta della giunta Dallolio (1902), il 30 gennaio 1905, alla guida dello schieramento clerico-moderato trionfante nelle elezioni del 22 gennaio, fu eletto sindaco. Divenuto deputato di Castelmaggiore nelle suppletive del 3 giugno 1906 contro l’avvocato socialista Genunzio Bentini, il 4 luglio fu nominato assessore anziano, ruolo che gli permise di conservare la guida della città. Fu rieletto sindaco il 4 febbraio 1910. Questa volta abbandonò la carica di deputato (era divenuto rappresentante del collegio di Bologna I il 7 marzo 1909, battendo l’avvocato socialista Ugo Lenzi); il che gli consentì la conferma nella funzione il 21 novembre 1910. Restò poco, tuttavia, a palazzo d’Accursio: il 25 luglio 1911 si dimise per motivi di salute. Il 30 dicembre 1914 fu nominato senatore.
Tanari fu protagonista della vita politica bolognese per buona parte dell’età giolittiana, segnata dall’esaurimento della componente liberale di estrazione minghettiana, che aveva dominato il territorio nei primi decenni unitari, e dall’ascesa di un «conservatorismo di nuovo tipo» (D’Attorre, 1986, p. 94), capace di saldare liberali e cattolici, di organizzare gl’interessi dei ceti proprietari e, mimando l’associazionismo di sinistra, di dotarsi delle necessarie competenze tecniche. Di questo neoconservatorismo, deciso a un confronto muscolare con le nascenti strutture del socialismo (cooperative e camera del lavoro), il marchese Tanari fu il più cospicuo rappresentante a Bologna. Egli, che era stato pioniere dell’organizzazione degli agrari (1901), costituì un punto di riferimento anche per i settori decisivi dell’edilizia e del commercio. Nello stesso tempo, favorì l’aggregazione di interessi finanziari necessari ai grandi interventi privati nella città e alla scalata alla stampa locale, a partire da quella, clamorosa, al Resto del Carlino nell'estate 1909. Avversario del «deleterio intervento diretto od indiretto della politica nell’amministrazione» (Sulla finanza locale, 1911), incarnò la reazione di diverse componenti sociali alla montante ‘marea socialista’, che dalle campagne rischiava di tracimare in città: in questo senso, l’alternativa giolittiani/antigiolittiani, così dilaniante a Roma, sembrava sfumare a Bologna nella tendenza a concepire la lotta politica, soprattutto locale, come una contrapposizione un po’ semplificata fra clerico-moderati e socialisti.
In realtà, in Tanari l’impianto tecnocratico risultò prevalente, prima del 1914, su quello ideologico: «La linea che ho seguito nella mia amministrazione è ben chiara: la prima parte la dedicai al risanamento del bilancio, al fine di preparare nuovi margini di entrate per i bilanci futuri; la seconda parte dedicai allo sfruttamento delle nuove risorse felicemente conseguite in una graduale ma intensa politica di lavoro. Non era logico?» (Nostro colloquio col march. Tanari, in Il Resto del Carlino, 4 giugno 1911). Si deve alla sua amministrazione l’espansione residenziale della città al di fuori delle porte, con la realizzazione di insediamenti promossi dall’Istituto autonomo per le case popolari, che presiedette dal 1906 al 1913.
Gli interventi sulla città furono numerosi: l’edilizia scolastica, due nuovi acquedotti in periferia, soprattutto l’allargamento di via Rizzoli (portato poi a compimento dalla giunta Nadalini), il completamento di via Irnerio e l’avvio della sistemazione dell’area ‘carducciana’, in fregio ai viali di circonvallazione, la realizzazione dei viali Carducci e XII Giugno. Restauri e recuperi interessarono inoltre il palazzo di re Enzo, il salone del palazzo del Podestà, il palazzo dei Notai e il palazzo d’Accursio, in piazza Maggiore. In generale, il criterio adottato fu quello di aderire a un’idea di modernizzazione della città, continuando tuttavia a conservarne la facies medievale, secondo la recente ‘invenzione della tradizione’ proposta da Alfonso Rubbiani. Rispetto a quest’ultimo, sostenitore di un’immagine anche sociale della Bologna delle gilde e dei mestieri, Tanari praticò una via media, cercando un plausibile compromesso con le funzioni urbane più aggiornate. In pratica, il profilo attuale del capoluogo emiliano si deve in primo luogo a lui. Ciò non toglie che, per favorire i flussi di traffico, la scelta operata dall’Amministrazione fosse quella di isolare i complessi monumentali maggiori, distruggendo di fatto l’antico tessuto insediativo che li circondava; e proprio nella prospettiva di imprimere un nuovo volto al cuore di Bologna, egli concentrò sull’area centrale gl’investimenti più significativi. Tanari si comportò come un sindaco modernizzatore dell’età giolittiana, nonostante la sua attitudine a cercare un compromesso fra il côté borghese e quello funzionale: attento alle spese, non rinunciò a una politica moderatamente espansiva. Pur non aderendo alla municipalizzazione tipica delle giunte popolari di altri centri padani, Bologna sotto il suo mandato approfittò comunque della favorevole congiuntura economica, i cui effetti stavano riverberandosi sulla periferia del paese. Di particolare importanza il sostegno di Tanari all’Alma Mater: se la convenzione del 1910 assicurò l’espansione dell’Università da via Zamboni a via Irnerio (Lama, 1987, pp. 45-82), con ulteriori possibilità di ampliamento lungo gli assi S. Giacomo-Belmeloro, nei primi anni Venti egli stesso contribuì con una cospicua donazione allo sviluppo della sua facoltà prediletta, Agraria.
Durante la guerra Tanari presiedette il comitato di azione civile di Bologna (1915-18), il comitato per la mobilitazione industriale per la provincia di Bologna (1915-18) e altre iniziative del «fronte interno». Fu inoltre presidente della società La Fondiaria, sede di Bologna, membro del Consiglio di amministrazione delle Ferrovie dello Stato, vicepresidente del Banco di Roma (1923-1928), ministro di Stato (1932). Dopo la guerra fu attivo in Senato quale membro della commissione di Contabilità interna (1916-1921), commissario di vigilanza al Debito pubblico (1918-1921), membro della commissione Finanze (1919-1923), membro della commissione d’inchiesta sulle spese di guerra (1920-1923). Dal 30 aprile 1929 alla morte, nel dicembre 1933, fu vicepresidente della Camera Alta.
L’impegno civile durante la guerra 1915-18 rese il patriottismo liberale di Tanari, già temprato dal contatto con la nascente corrente nazionalista e depurato dall’antico moderatismo felsineo grazie all’esperienza del decisionismo tecnocratico praticata da primo cittadino, via via sempre più radicale. La durezza degli scontri nelle campagne dal 1919 irrigidì, in lui, il ‘riflesso proprietario’, spingendolo verso l’approdo al fascismo, di cui divenne attivo sostenitore e nel 1923 aderì al partito: egli – disse Luigi Federzoni, commemorandolo il 3 gennaio 1934 – «scoperse in sé che il vecchio liberale era morto e che, al suo posto, sorgeva, palpitava e lottava, con giovanile ardore, il fascista» (Federzoni, 1934, p. 3). La depoliticizzazione della sfera pubblica, da quella amministrativa locale a quella sindacale, costituì, in realtà, un forte elemento di continuità nella transizione da un regime all’altro. «Nulla fu più politico – osservava ad esempio ancora nel 1931, contro i nostalgici del sindacato ‘arma politica’ – che sostituire alla base della nostra organizzazione del lavoro un sindacalismo a base di cooperazione di classe, sostituendolo a quello che aveva per scopo la lotta di classe» (Dove si mira?, [1931]).
Tanari morì a Firenze il 23 dicembre 1933.
i suoi contributi riguardano soprattutto la vita amministrativa. Fra i meno occasionali, si segnalano: Della ripartizione del dazio tra gli abitanti entro la cinta murata di Bologna. Studio, Bologna 1899; Cinque anni di amministrazione. Relazione sul bilancio preventivo 1910 del Comune di Bologna, Bologna 1909; Studi sulla questione agraria, Bologna 1918; La mia evoluzione politica al fascismo. Conferenza tenuta alla Casa del Fascio in Bologna nell’ottobre del 1933, Bologna 1933. Nel fondo Manoscritti Giuseppe Tanari, bb. XLII-XLIII, conservato presso la Biblioteca comunale dell'Archiginnasio di Bologna, sono degni di nota i seguenti dattiloscritti: Sulla finanza locale. Considerazioni e proposte di G. T. sindaco di Bologna presentate al Congresso dei Comuni capoluogo di Provincia tenutosi in Roma nella Sala del Campidoglio il 27 marzo 1911; Dove si mira? [1931].
Il fondo speciale Giuseppe Tanari è conservato, assai lacunoso, presso la Biblioteca comunale dell’Archiginnasio di Bologna, cartt. XXX-LIII; necr., L. Federzoni, in Senato del Regno, Legislatura XVIII, 1ª Sessione, 197° Resoconto sommario, 3 gennaio 1934, Roma 1934; A. Dallolio, In memoria del marchese G. T. vice presidente del Senato e ministro di Stato. Parole lette alla Società Agraria di Bologna nell’adunanza del 17 giugno 1934, Bologna 1934. Inoltre: A. Ghigi, G. T., Bologna 1937; A. Bignardi, Dizionario biografico dei liberali bolognesi, 1860-1914, Bologna 1956, pp. 50 s.; P.P. D’Attorre, La politica, in Bologna, a cura di R. Zangheri, Roma-Bari 1986, pp. 94-116; Comune, Provincia, Università. Le convenzioni a Bologna fra enti locali e Ateneo (1877-1970), a cura di L. Lama, Bologna 1987, ad ind.; M.S. Piretti - G. Guidi, L’Emilia Romagna in Parlamento. Elezioni deputati, attività parlamentare (1861-1919), I, Bologna 1992, pp. 206 e 213; A. Preti, Il governo della città dall’Unità alla Prima guerra mondiale, in Storia di Bologna, IV, Bologna in età contemporanea, 1796-1914, cura di A. Berselli - A. Varni, Bologna 2010, pp. 542-559; Camera dei Deputati, Portale storico, https://storia.camera.it/deputato/giuseppe-tanari-18520525#nav (16 giugno 2019); Archivio storico del Senato, Banca dati multimediale I senatori d’Italia, II, Senatori dell’Italia liberale, sub voce, http://notes9.senato.it/web/senregno.nsf/T_l2?OpenPage (16 giugno 2019).