THAPPAZ, Giuseppe (Tappaz Joseph)
– Nacque il 12 marzo 1802 a La Roche-sur-Foron, nell’arrondissement comunale di Bonneville, antica capitale della contea di Faucigny, in Alta Savoia, da Giovanni, negoziante e poi impiegato della Conservatoria del Registro, e da Benedetta Guillet.
Al momento della sua nascita la Savoia era stata annessa alla Repubblica francese per cui nell’atto di nascita i nomi sia di Giuseppe sia dei genitori compaiono tutti in versione francese. Peraltro, l’oscillazione continuò anche dopo la Restaurazione, sia per i genitori sia per lo stesso Thappaz che figura come Joseph nel foglio matricolare, mentre negli atti del processo del 1833 è individuato come Giuseppe. Va segnalato come egli stesso in alcuni schizzi attualmente conservati presso il Museo del Risorgimento di Alessandria si firmasse J(osep)h. Per quanto riguarda il cognome, invece, la forma Tappaz è l’unica attestata nella documentazione riguardante il padre di Giuseppe. La forma Thappaz è invece presente nel foglio matricolare e poi ripetuta negli atti del processo e dallo stesso Giuseppe nei già ricordati schizzi.
Fondamentale per la sua vita fu il ruolo dello zio materno Pietro Giuseppe (o Pierre Joseph) Guillet.
Questi, nato nel 1775 a Chambéry, dopo essersi arruolato a soli quindici anni nelle guardie del corpo del re di Sardegna e poi nella guardia vallona al servizio della Spagna, nel 1799, alla notizia dell’occupazione militare del Regno di Sardegna da parte delle truppe francesi, rientrò in patria schierandosi con entusiasmo dalla parte dei rivoluzionari. Arruolatosi come sergente fece una carriera rapidissima, partecipando alle campagne in Italia, in Portogallo e nei Pirenei orientali, fino a raggiungere i gradi di generale di brigata e a ottenere il titolo di comandante della Legion d’onore. Collocato nella riserva nel 1809, fu coinvolto nel tentativo di colpo di stato repubblicano e antinapoleonico promosso dal generale Claude-François de Malet nel 1812 ma, in occasione dei Cento giorni, ebbe modo di dimostrare la sua fedeltà tanto agli ideali rivoluzionari quanto a Napoleone guidando una brigata di guardie nazionali incorporate nell’Armata delle Alpi. Dopo la Restaurazione scelse di ritirarsi a vita privata, ma restò in contatto con gli ambienti sovversivi e liberali. La fondazione della Giovine Italia lo vide tra gli esponenti più attivi della rete cospirativa in Savoia, tanto che la sua casa fu uno dei punti di ritrovo dei congiurati a Chambéry. Condannato a dieci anni di carcere nel 1833, morì nella fortezza di Fenestrelle nel 1836.
L’esempio militare e politico dello zio guidò le scelte giovanili di Thappaz, emblematiche dello stretto legame, anche personale, tra l’esperienza rivoluzionaria e napoleonica e quella del primo Risorgimento. L’attività di Thappaz fu infatti caratterizzata da una sovrapposizione tra ideali repubblicano-patriottici e aspirazioni a una brillante carriera militare, secondo uno schema comune a una parte non piccola della prima generazione della Giovine Italia.
Thappaz si arruolò alla fine del 1820 nel regio corpo d’artiglieria, dove percorse tutto il cursus da artigliere sino a raggiungere nel febbraio del 1833 il grado di sottotenente. Assegnato alla piazza di Genova, entrò in contatto con gli ambienti cospirativi liberal-patriottici, spintovi probabilmente dallo zio.
Affiliato alla Giovine Italia, collaborò con i fratelli Jacopo, Giovanni e Agostino Ruffini a diffondere la cospirazione nell’esercito, in particolare tra soldati e sottufficiali, dalle cui fila proveniva. Costituì inoltre per i cospiratori una delle principali fonti di informazioni sulla situazione dei reparti e sugli armamenti presenti nei forti del capoluogo ligure. Il suo contributo di assoluto rilievo venne più volte ricordato dallo stesso Giuseppe Mazzini nei suoi scritti e immortalato da Giovanni Ruffini nel proprio romanzo Lorenzo Benoni (Edinburgh 1853), nella figura di Vittorio, «anima ardente, devota ed entusiasta» (p. 139).
Arrestato mentre si trovava a Torino, nel 1833 fu processato dal Consiglio di guerra di Genova. Grazie alla brillante difesa dell’avvocato Cesare Cabella, anch’egli legato ad ambienti mazziniani e liberal-patriottici, e del capitano di artiglieria Antonio Nava, evitò la condanna a morte, ma non quella a vent’anni di carcere.
Segregato nel carcere di Fenestrelle fu compagno di cella di Cristoforo Moia – del quale schizzò l’unico ritratto rimastoci –, di Francesco Guglielmi e poi dello zio Pietro Giuseppe Guillet, cui fu vicino negli ultimi mesi di vita. Durante la reclusione Thappaz tentò, con Moia, la fuga ma, feritosi, fu catturato e ricondotto in carcere.
Amnistiato nel 1847, fu riammesso nell’esercito e, come capitano nel corpo d’artiglieria lombarda, combatté nel corso della prima guerra d’indipendenza, distinguendosi nella battaglia di Novara. Candidatosi nel collegio di Pons per il Comitato elettorale della Sinistra alle elezioni per il Parlamento subalpino del dicembre 1849, non fu eletto.
Nel dicembre del 1853 collaborò alla repressione della rivolta legittimista e anticostituzionale di Aosta, animata da gruppi di contadini e valligiani. Impiegato come tecnico nelle miniere di rame di Ollomont in Valle d’Aosta, riportò una brutta ferita che gli impedì di arruolarsi come volontario nella seconda guerra d’indipendenza. Negli anni successivi, in quanto ufficiale a riposo, fu destinato dall’Intendenza militare al Magazzino di transito di Genova come aiuto contabile di prima classe. Dopo il plebiscito di annessione della Savoia alla Francia del 22 e 23 aprile 1860 optò per conservare la cittadinanza italiana.
Impiegato nella direzione tecnica del traforo del Moncenisio, visse i suoi ultimi anni in disagiate condizioni economiche a Torino, dove morì celibe il 7 aprile 1862.
Fonti e Bibl.: L’atto di nascita di Thappaz è conservato presso il Bureau d’Etat civil della Mairie di La Roche-sur-Foron; il foglio matricolare da cui è possibile ricostruire la sua carriera militare si trova presso l’Archivio di Stato di Torino, Fondo Ministero della Guerra – Restaurazione, Uffizio Matricola; sempre presso l’Archivio di Stato di Torino sono consultabili gli atti del processo: Segreteria di Stato per gli Affari interni e Ministero dell’Interno, Alta Polizia, Processi politici, mm. 7/1 e 7/2 (1833); Sentenze originali contro inquisiti politici pronunciati dai consigli divisionali di guerra, m. 1 (1833-34). L’Archivio storico della Città di Torino conserva la domanda di «cittadinanza torinese», e la relativa documentazione, presentata da Thappaz dopo il plebiscito in Savoia e la documentazione anagrafica riguardante gli ultimi anni di vita.
Della produzione personale di Thappaz non si è conservato quasi nulla. Alcune lettere ad Angelo Orsini, compagno di cospirazione e di processo nel 1833, sono conservare nelle Carte Angelo Orsini a Genova, presso l’Archivio dell’Istituto mazzininiano – Museo del Risorgimento. Alcuni schizzi, tra cui dei fazzoletti patriottici realizzati da Thappaz durante la prigionia sono attualmente conservati ad Alessandria, Museo civico e Pinacoteca – sezione Museo del Risorgimento. Il suo Rapporto del comandante interinale l’artiglieria della divisione lombarda, sulla campagna del 1849 è raccolto in Comando del corpo di Stato Maggiore, Ufficio storico, Relazioni e rapporti finali sulla Campagna del 1849 nell’alta Italia, Roma 1911, pp. 448-450. Su Thappaz brevi schede biografiche sono disponibili ad nomen in: Dizionario del Risorgimento nazionale, a cura di M. Rosi, IV, Milano 1937; A. Lo Faso di Serrafalco - I. Pennaroli, Il contributo della Savoia all’Unità d’Italia, Acqui Terme 2010; F. Peirone, Per Torino da Nizza e Savoia. Le opzioni del 1860 per la cittadinanza torinese da un fondo dell’archivio storico della città, a cura di G.S. Pene Vidari - R. Roccia, Torino 2011. Un cenno al ruolo avuto da Thappaz nella repressione della rivolta di Aosta nel 1853 si trova in G. Casalis, Dizionario geografico, storico, statistico, commerciale degli Stati del Re di Sardegna, XXVII, Torino 1855, p. 267. I riferimenti più importanti all’attività politica e cospirativa di Thappaz sono ancora in G. Faldella, I fratelli Ruffini. Storia della Giovine Italia, Torino 1895, ad indicem.