TOGNI, Giuseppe
– Nacque a Pontedera, presso Pisa, il 5 dicembre 1903, terzo di una famiglia di quattro figli. Il padre, Ettore, lavorava nella pretura di San Giovanni Valdarno e la madre esercitava la professione di maestra.
Dopo una serie di trasferimenti legati alle esigenze lavorative del padre e dopo la morte di quest’ultimo, nel 1919, la famiglia si stabilizzò a Pisa e Giuseppe iniziò a lavorare come disegnatore in una cava di marmo. Nello stesso periodo si iscrisse all’Azione cattolica e ne frequentò il circolo, diretto dal futuro vescovo e cardinale Pietro Maffi; frequentava inoltre anche il neonato Partito popolare di don Luigi Sturzo.
In quel periodo conobbe Bianca Corbin, che sposò il 5 maggio 1930 a Pisa e dalla quale ebbe, nel 1931, Tatiana e, nel 1935, Ettore Maria.
La piccola azienda marmifera nella quale Togni lavorava fu assorbita dalla Marmi e pietre d’Italia, con sede a Massa Carrara, della quale diventò procuratore nel 1936. Una volta acquistata e incorporata l’azienda dalla Montecatini, Togni ne fu nominato direttore del settore marmi e si trasferì a Roma con la famiglia, dove nacquero il terzogenito, Paolo, nel 1942, e Pietro, nel 1946.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 e durante l’occupazione nazista Togni si distinse per una serie di atti di resistenza civile, nascondendo giovani renitenti alla leva e procurando ad altri documenti falsi. In quella fase riprese anche i suoi contatti con gli amici militanti del movimento cattolico ed entrò nel Comitato di liberazione nazionale di Roma come membro supplente ‘in quota’ Democrazia cristiana (DC). Dopo la liberazione di Roma (giugno del 1944) fu nominato dal comando alleato direttore dell’Ufficio del lavoro della città. Tra la fine del 1944 e l’inizio del 1946 il suo impegno sul fronte sindacale e su quello politico si fece via via più intenso. Dopo averla fondata, divenne presidente della Confederazione italiana dei dirigenti d’azienda e anche vicesegretario del Comitato romano della DC. Proprio in quota DC fu eletto all’Assemblea costituente nel collegio di Pisa-Livorno-Lucca-Massa Carrara, secondo dietro a Giovanni Gronchi.
Da quel momento la circoscrizione vide contrapporsi nella dialettica partitica interna i ‘tognani’ ai ‘gronchiani’, divisione spesso esemplificata anche nella separazione tra i ‘popolari’ e gli ‘intellettuali’. In realtà la linea di faglia apparve subito sull’approccio anticomunista, più dettato dalla lotta aperta e senza compromessi di Togni e dei suoi principali seguaci, più sottile e tendenzialmente contraria allo ‘spirito di crociata’ che nel futuro presidente della Repubblica trovava il punto di riferimento politico e ideologico. Peraltro tale approccio di Togni emerse anche nell’opposizione piuttosto ferma alla corrente dossettiana nei primi anni del partito democristiano.
All’interno della Costituente Togni fu membro della commissione per la Costituzione, dal 19 giugno 1946 al 22 febbraio 1947, e della terza sottocommissione, dal 19 luglio 1946 al 31 maggio 1947. Fu proprio nella fase costituente che Togni avviò la sua lunga carriera ministeriale. Nel terzo governo guidato da Alcide De Gasperi fu sottosegretario al Lavoro e alla Previdenza sociale, nel dicastero del socialista Giuseppe Romita, mentre nel quarto dicastero De Gasperi fu ministro dell’Industria e del Commercio sino al 15 dicembre 1947 e poi ministro senza portafoglio per il Coordinamento delle politiche economiche sino al termine della legislatura. Proprio in qualità di ministro dell’Industria, Togni legò il suo nome a due importanti provvedimenti per il Mezzogiorno: i decreti legislativi 1598 del 14 dicembre 1947 e 1419 del 15 dicembre 1947, finalizzati a creare nel Sud del Paese le condizioni di favore affinché partissero nuove iniziative industriali.
Alle elezioni del 1948, decisive per la collocazione internazionale dell’Italia, Togni fu eletto deputato nel collegio Pisa-Livorno-Lucca-Massa Carrara, dove fu ininterrottamente primo eletto sino alle legislative del 1963, raccogliendo circa settantamila preferenze.
Nel corso della prima legislatura repubblicana svolse un’assidua attività parlamentare, tra l’altro come presidente della X commissione-industria e commercio e come presidente della Giunta per i trattati di commercio e legislazione doganale.
La dimensione europea del suo impegno è confermata dal ruolo di membro delegato nella neonata Comunità europea del carbone e dell’acciaio, all’interno della quale presiedette la commissione per gli investimenti. Sempre nell’ottica europea si deve ricordare la nomina a presidente della Confédération internationale des cadres, l’organismo europeo di rappresentanza dei dirigenti aziendali. Nel sesto governo De Gasperi riprese anche l’attività governativa di Togni, che tra il gennaio del 1950 e il luglio del 1951 fu nuovamente ministro dell’Industria e del Commercio. Rieletto deputato nel 1953, legò in quella legislatura il suo nome a un sincero attivismo in ambito europeo: in un intervento alla Camera del 2 ottobre 1953 non esitò a enumerare i punti fermi della politica estera, ovvero la solidarietà con gli Stati Uniti, il ruolo centrale dell’ONU (e dell’Italia, non ancora membro, al suo interno), il ruolo del Paese come cerniera nel Mediterraneo e infine il forte impegno sull’Europa unita. Amava infatti ribadire l’importanza di «un’unione europea, o se vogliamo l’unità europea, che non può farsi senza la Germania, ma che non può nemmeno essere attuata senza la Spagna cristiana» (Giuseppe Togni..., 2003, p. 24). Nella complicata seconda legislatura, che vide nella DC emergere la guida di Amintore Fanfani, Togni svolse, nel primo governo Segni del marzo del 1957, l’incarico di ministro del neonato dicastero delle Partecipazioni statali.
Probabilmente lo snodo fondamentale per l’attività politica di Togni si ebbe però nel maggio del 1957, quando fu nominato ministro dei Lavori pubblici nel governo Zoli, mantenendo l’incarico sino al 26 luglio 1960, al momento della nascita del terzo governo Fanfani a seguito della crisi del luglio del 1960 con il governo Tambroni.
Durante gli oltre tre anni consecutivi di guida di quel ministero, Togni legò il suo nome a una serie di importanti opere pubbliche, tra le quali l’autostrada del Sole e il traforo del monte Bianco, ma anche quelle legate ai Giochi olimpici di Roma del 1960 (velodromo, villaggio olimpico, palazzo dello sport e aeroporto di Fiumicino). Nel corso di un intervento pubblico a Milano, il 17 gennaio 1959, Togni espresse il suo punto di vista e il suo approccio keynesiano parlando dei lavori pubblici come «fattore determinante di socialità, di economia, di lotta decisa e massiccia al triste fenomeno della disoccupazione» (p. 28).
Altro ambito di intervento decisivo del Togni ministro dei Lavori pubblici fu il problema della casa, da lui definito «lo sconcio gravissimo dell’esistenza di migliaia di famiglie costrette a trovare ricovero in una serie indecorosa e avvilente di baracche, grotte ed altri tuguri indegni di una società civile» (p. 63).
Tra i molti provvedimenti promossi, la legge del 17 gennaio 1959 che regolamentava la cessione in proprietà agli inquilini che ne facevano richiesta degli alloggi di tipo popolare ed economico da costruire o costruiti con il concorso o con il contributo dello Stato. Il prezzo era fissato sulla base del valore di mercato, ridotto del 30%. Il problema casa fu affrontato da Togni anche dal punto di vista dei cosiddetti ghetti periferici. Dure furono le sue critiche in occasione delle discussioni sui bilanci del ministero dei Lavori pubblici. Egli attaccava certi «informi quartieri periferici classisti, mortificanti per l’individuo che li abita e per la città che li ospita» (p. 63), per poi passare a criticare le periferie come luoghi separati, affermando: «è tempo che l’operaio, l’impiegato, il libero professionista, il piccolo commerciante trovino ulteriori motivi di solidarietà e compartecipazione ad una vita che, nell’accezione dell’emulazione democratica, non separa e non isola, ma unisce ed integra le varie tendenze, le diverse concezioni, le differenti preferenze» (ibid.).
Altro centro di interesse, come già ricordato, della sua attività di ministro dei Lavori pubblici, fu quello della rete viaria. Si deve al suo operato la prima organica disciplina del settore con la normativa sulla circolazione stradale (d.p.r. n. 956 del 27 ottobre 1958). Fu protagonista dell’avvio della costruzione della rete autostradale, ma contemporaneamente metteva in guardia da chi puntava esclusivamente sul «fascino delle autostrade», dichiarandosi contro «la demagogia e il miracolismo» su questo tema. Si esprimeva dunque contro la «febbre indiscriminata delle autostrade, come da qualche tempo a questa parte si sta facendo col chiedere autostrade ovunque e dovunque», per concludere che «le normali strade costituiscono le vere valvole primarie del benessere economico e sociale del popolo italiano» (ibid., p. 31).
Sempre nell’ambito della sua attività di ministro dei Lavori pubblici Togni commissionò il primo studio di fattibilità, nel 1958, per realizzare il ponte sullo stretto di Messina.
La fase della cosiddetta apertura a sinistra e quella del ‘centrosinistra organico’ videro, proprio alla luce delle perplessità nutrite da Togni in relazione all’allargamento dell’area di governo al Partito socialista italiano (PSI), interrompere quasi completamente la sua lunga carriera ministeriale, se si eccettua la breve parentesi ancora come ministro dell’Industria e del Commercio nel breve governo Leone, camera di compensazione prima di arrivare al primo governo organico di centrosinistra guidato da Aldo Moro dal 4 dicembre 1963.
Proprio partire dallo scetticismo di Togni sul tema dell’apertura a sinistra permette di riflettere su alcuni punti fermi del suo approccio politico-ideologico.
Prima di tutto il suo saldo anticomunismo democratico. Come più volte ricordato nei suoi interventi pubblici, i veri anticomunisti non solo non sono conservatori, ma soprattutto si affermano attraverso il pensiero e le opere come i più decisi sostenitori della giustizia sociale e di un reale processo di sviluppo della società. «Devono quindi disilludersi coloro i quali pensano che la nostra azione anticomunista possa rappresentare il salvataggio di posizioni privilegiate e di monopoli insostenibili. Su questo punto ogni confusione è indizio di malafede prefabbricata e di scarsa fiducia nell’ideale democratico» (Giuseppe Togni..., 2003, p. 59). Per contrastare il comunismo, che secondo Togni non è solo «inquietudine sociale», servivano una visione organica della realtà politica e uno spirito autenticamente democratico. Contro il livellamento del collettivismo comunista, Togni proponeva di esaltare la diversità sociale, ma anche il ruolo dello Stato: «sino ad ora ci si è preoccupati di restaurare lo Stato; sarebbe tempo che si pensasse a costruirlo ex-novo, secondo la realtà della società moderna e gli imperativi della nostra epoca» (ibid.). Uno Stato che deve «introdurre in vista degli interessi generali della comunità nazionale gli opportuni correttivi e strumenti di orientamento che, utilizzando e valorizzando le leggi di mercato, tuttavia ne correggano gli eccessi ed eliminino grado a grado gli squilibri che esse, se lasciate sole ad operare, non mancano di produrre» (p. 60).
Altri due elementi da non trascurare del Togni notabile democristiano sono legati al tema dell’unità del partito e a quello del suo rapporto con il concetto di laicità. Sul primo punto l’unità della DC doveva essere anteposta a qualsiasi preferenza ideologica e sfumatura di approccio politico. Togni non fu certo un entusiasta sostenitore dell’apertura a sinistra, né tanto meno dell’ingresso del PSI nelle stanze governative, ma non esitava ad affermare l’importanza della programmazione economica, e in un intervento alla Camera del novembre del 1966 la riteneva un espediente direttamente ispirato e dettato dalla volontà democristiana. Quasi a voler ribadire che, anche nella dimensione ideologica, la DC non avrebbe dovuto avere un approccio subordinato rispetto al suo partner socialista di governo. Sul fronte della laicità la sua posizione si dimostrò particolarmente avanzata soprattutto quando arrivò ad affermare, ancora una volta nel 1966, in un intervento al Consiglio nazionale del partito: «la Chiesa va per vie che non sempre e comunque devono essere quelle della Democrazia Cristiana. E non dobbiamo allarmarci di apparire qualche volte sul terreno politico dalla Chiesa contingentemente divergenti» (p. 32).
Alle elezioni del 1968 Togni lasciò per la prima volta il suo collegio alla Camera per passare a quello di Viareggio per l’elezione al Senato, dove fu eletto con circa il 40% dei voti e poi confermato alle prime elezioni anticipate della storia dell’Italia repubblicana, nel 1972. Nel corso degli otto anni da senatore, ne trascorse cinque da presidente della commissione Lavori pubblici, trasporti, poste e telecomunicazioni per passare, dal 6 luglio 1973 al 22 novembre 1974, al dicastero delle Poste e telecomunicazioni nei governi Rumor IV e V. Non si ricandidò per le elezioni politiche del 1976.
Morì a Roma il 24 giugno 1981.
Dodici volte ministro, parlamentare ininterrottamente per un trentennio, presidente di cinque commissioni parlamentari, con 196 progetti di legge presentati e 250 interventi in aula, Togni può essere considerato un personaggio di spicco delle istituzioni repubblicane. Non devono poi essere trascurati la sua vocazione imprenditoriale e i suoi sforzi per formare una classe dirigente, pubblica e privata, competente, motivata, modernizzatrice e in sintonia con gli interessi del Paese e con i valori dell’atlantismo e dell’europeismo. In Togni, impresa, partito democristiano e istituzioni repubblicane sono da considerare inscindibili e fondamentali nelle origini e nello sviluppo dell’Italia repubblicana.
Fonti e Bibl.: Giuseppe Togni a cent’anni dalla nascita (1903-2003), scritti e discorsi, a cura di G. Carcelli, Roma 2003.
A. Giovagnoli, Il partito italiano. Storia della Dc dal 1942 al 1996, Bari 1996; G. Panessa, G. T. Livorno negli anni della ricostruzione, Livorno 2006; S. Colarizi, Storia politica della Repubblica. 1943-2006, Bari 2018; https://storia.camera.it/deputato/giuseppe-togni-19031205; http://www.senato.it/leg/03/BGT/Schede/Attsen/00009721.htm.