Giuseppe Toniolo
Toniolo fu il maggiore esponente italiano della scuola etico-cristiana, che vedeva l’iniziativa economica dei singoli ordinata al bene comune attraverso istituzioni intermedie liberamente costituite, capaci di contemperare l’interesse individuale con quello collettivo, e regolamentata da una ben disegnata legislazione. Tra gli ispiratori dell’enciclica Rerum novarum di Leone XIII (1891), fu l’anima intellettuale del movimento sociale cattolico italiano fino alla Prima guerra mondiale e portò avanti con determinazione il suo programma di reazione alla concezione utilitaristico-individualista dell’economia attraverso un’applicazione in chiave moderna dei dettami della fede cristiana ai problemi economici della sua epoca. Si tenne in costante contatto e scambio di idee con il cattolicesimo sociale europeo, rompendo l’isolamento del mondo cattolico italiano.
Nato a Treviso il 7 marzo 1845 da famiglia benestante (il padre ingegnere lavorava per le bonifiche), fu allievo di Fedele Lampertico e Angelo Messedaglia e si laureò a Padova in giurisprudenza nel 1867, rimanendo nella stessa Università come assistente fino al 1872, e quindi come incaricato di filosofia del diritto. Da sempre interessato alle questioni economiche, conseguì la libera docenza in economia politica nell’agosto del 1873, inaugurando il suo primo corso il 5 dicembre 1873 con una lezione dal titolo emblematico Dell’elemento etico quale fattore intrinseco delle leggi economiche. Dal 1874 al 1876 insegnò economia politica all’Istituto tecnico di Venezia. Nel 1878 venne nominato professore straordinario di economia politica a Modena, ma già nel gennaio 1879 si trasferì a Pisa, dove divenne ordinario nel 1882 e rimase a insegnare fino al 1917.
Nel 1878 sposò Maria Schiratti, dalla quale ebbe sette figli, tre dei quali morti in tenera età. Vicino all’ispirazione sociale dell’Opera dei congressi (OC, fondata nel 1874), fu l’amicizia con un suo dirigente, il conte bergamasco Stanislao Medolago Albani, a spingerlo a una partecipazione più attiva, con la fondazione nel 1889 dell’Unione cattolica per gli studi sociali, inizialmente pensata come indipendente dall’Opera dei congressi, ma poi in essa confluita per volere delle gerarchie ecclesiastiche. Al primo congresso dell’Unione tenutosi a Genova nel 1892, propose di creare una nuova rivista che vide la luce nel 1893 con il nome di «Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie» e con il programma di trattare approfonditamente tutte le questioni socioeconomiche a livello nazionale e internazionale da un’angolatura cattolica.
Le sue posizioni di apertura al nuovo lo portarono a rivisitare un’idea già circolata un secolo prima, ossia quella di democrazia cristiana, da lui definita come
ordinamento civile nel quale tutte le forze sociali, giuridiche ed economiche, nella pienezza del loro sviluppo gerarchico, cooperano proporzionalmente al bene comune, rifluendo nell’ultimo risultato a prevalente vantaggio delle classi inferiori (Il concetto cristiano della democrazia, «Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie», 1897, p. 325).
Le tensioni fra chi si riconosceva nel programma della Democrazia cristiana (soprattutto il giovane sacerdote Romolo Murri) e l’OC divennero molto forti, fino alla condanna papale della DC, che era arrivata ad abbracciare principi ‘modernisti’ inaccettabili dalla Chiesa (Zamagni 2011), e alla chiusura dell’OC (1904).
Toniolo si mantenne distante da tutti gli estremismi e venne incaricato, insieme a Medolago Albani e Paolo Pericoli, di ricostituire il movimento cattolico, cosa che avvenne con la creazione (1906) di tre Unioni (popolare, economico-sociale ed elettorale). Toniolo fu per quattro anni presidente della seconda e lanciò nel 1907 le Settimane sociali dei cattolici italiani, pur mantenendo vivo l’interesse anche per il versante politico-elettorale del movimento cattolico, che vedrà in don Luigi Sturzo (già vicino alla prima Democrazia cristiana) il suo interprete con la fondazione del Partito popolare italiano. Toniolo continuò anche a mantenersi in contatto con colleghi stranieri, con i quali costituì varie istituzioni transnazionali. Fu tra i fondatori della FUCI (Federazione Universitaria Cattolica Italiana) e contribuì all’organizzazione delle donne cattoliche d’Italia, compilando il primo statuto della loro Unione, che fu approvato da Pio X nel 1908. Si adoperò per la costituzione di un’università cattolica, che vide la luce dopo la sua morte.
Dopo gli anni agitati della Democrazia cristiana, Toniolo con le Settimane sociali si concentrò sulla redazione del suo Trattato di economia sociale, in cui mirava a chiarire a tutto campo i legami dei principi etici con l’attività economica. Morì a Pisa il 7 ottobre 1918. Nel 1971 venne dichiarato Venerabile e il 29 aprile 2012 è stato beatificato.
Il percorso intellettuale di Toniolo iniziò con un chiaro rifiuto dell’homo oeconomicus di tradizione anglosassone, sulla base della convinzione che l’agire economico deriva da «un fascio di forze componenti», tra cui «sentimenti ed idee», ponendosi sulle tracce del cattolicesimo liberale di Antonio Rosmini, Vincenzo Gioberti e Marco Minghetti e guardando con interesse alla scuola tedesca di Adolph Heinrich Gotthilf Wagner, Friedrich von Hermann, Gustav von Schmoller, Gustav von Schönberg, Heinrich Contzen, Hans von Scheel, Albert Eberhard Friedrich Schäffle, senza tuttavia appiattirsi sugli assunti di fondo della scuola storica tedesca che prediligeva lo Stato a scapito dell’individuo. Per andare alle radici della presenza cattolica in economia, negli anni giovanili precedenti al suo impegno nel movimento cattolico Toniolo redasse numerosi lavori di storia economica sulla Toscana medioevale, con l’obiettivo di mostrare come i principi e le pratiche del cattolicesimo avessero positive ricadute sul benessere dei popoli. Gli ordini democratici che emersero nella Toscana medioevale poggiavano sul rispetto della libertà personale ma anche sul riconoscimento delle libertà locali (autogoverno) e sulla libertà degli organismi intermedi (corporazioni, camere dei mercanti), in cui si armonizzavano e si contemperavano i principi di autorità e di solidarietà.
Con l’emergere del suo impegno diretto nel movimento cattolico, l’attenzione si spostò sulla critica al sistema economico capitalistico dominante, cercando una ‘terza via’ tra socialismo e liberalismo, ambedue ampiamente criticati nelle encicliche papali. In particolare, Toniolo considerava la scienza economica di stampo anglosassone fondata «sull’utilitarismo materialistico» (Trattato di economia sociale, a cura di F. Vito, 2° vol., 1949, p. 485), incapace di proporre soluzioni ai mali dell’industrialismo, perché
vedovata dell’aiuto dell’etica, pur sottigliando i teoremi di una metafisica dell’utile, continua a sperimentare e a confermare la sua impotenza a fornir criteri pratici per risanare que’ vizi sociali che essa stessa ha in gran parte generato (p. 48).
Toniolo arrivò a parlare di una vera e propria «bancarotta della scienza» economica, che si poteva contrastare solo puntando a una
scuola dell’economia etico-giuridica che può chiamarsi anche cristiana, in quanto riunisce la più compiuta esplicazione delle teorie utilitarie e della loro efficacia pratica nel cristianesimo dogmatico e storico (Trattato, cit., 1° vol., 1949, p. 10).
Questa «scuola etico-giuridica» secondo Toniolo, aveva una sua ragion d’essere in quanto cercava l’armonizzazione dell’utile individuale con il bene comune, proponendone un’originale integrazione (p. 11). La denuncia che Toniolo fa dell’impatto del capitalismo non potrebbe essere più radicale:
il sistema di Smith coi suoi logici svolgimenti componeva una teoria, la quale si dimostrava più che mai adatta: ad insinuare profondamente lo spirito di cupidigia materiale, specialmente nelle classi dominanti, abituando a considerare l’uomo come mezzo alla ricchezza e non viceversa […]; a sollevare in una concorrenza sfrenata e universale i potenti e a deprimere i deboli, incrementando così il capitalismo delle classi borghesi e diffondendo il salariato nella classe operaia; a favorire gli interessi cosmopolitici e di ricambio a sacrificare l’autonomia economica delle singole nazioni (Trattato, cit., 1° vol., 1949, pp. 238-39).
[...] gli Stati rinunziarono ad ogni azione positiva delle leggi per equilibrare gli interessi delle industrie nazionali. Fu il trionfo […] dell’individualismo idealista della fisiocrazia francese (laissez-faire, laissez passer), e di quello avaramente utilitarista degli inglesi […], i quali, fusi insieme nel più recente liberalismo europeo, implicavano la negazione in radice di ogni legislazione industriale (Trattato, cit., 3° vol., 1951, pp. 516-17).
È stato scritto che invano si cercherebbe in Toniolo, anche nei suoi scritti di età matura, una capacità teorica di contrapporre ai teoremi della scuola classica e neoclassica, da lui così radicalmente contestati per le loro implicazioni antropologiche e sociali, una sua robusta costruzione teorica alternativa.
Quando Toniolo si cimentò in un’esposizione sistematica della teoria economica, finì con il rifarsi ai più elementari schemi dell’analisi marginalista (Barucci 2009, p. 458), ma questo era dovuto, da un lato, a un suo più marcato interesse per la politica economica e, dall’altro lato, a una preparazione culturale che lo rendeva estraneo ai tecnicismi matematici dei modelli. Ma più alla radice, era il fatto stesso di legare l’economia all’etica, alla sociologia e alla storia che gli rendeva del tutto impossibile il compito di utilizzare il rigore espositivo proprio degli economisti ‘puri’, mentre la missione che Toniolo si era dato non era quella di identificare nuove ‘leggi’ economiche, quanto di inscrivere quelle rinvenute dalla tradizione precedente in un contesto concettuale completamente diverso.
Ancora, è stato detto che il Toniolo teorico non ha avuto impatto sul dibattito economico né dell’epoca né successivo. Si sottovaluta, però, che la sua opera si colloca all’interno dei critici dell’economia classica e neoclassica, con notevoli punti di convergenza che vanno dal rifiuto della visione utilitaristico-individualista dell’agente economico alla storicità delle leggi economiche, dalla necessaria complementarità dell’economia con altre discipline sociali all’ordinamento dell’economia, scienza dei mezzi, ai fini che si vuole raggiungere.
Ma certamente il più significativo impatto del pensiero di Toniolo è da rinvenirsi in quel corpus di pensiero economico-sociale della Chiesa cattolica, noto come Dottrina sociale della Chiesa (DSC), che Toniolo contribuì grandemente a formulare a partire dalla stessa Rerum novarum. Scrive Riccardo Faucci: «Sotto questo profilo il controverso Toniolo ha lasciato una traccia ben più duratura nella società italiana di tanti economisti di lui più celebrati», perché ha convertito «i cattolici all’economia politica» (2000, p. 208), naturalmente un’economia politica resa compatibile con l’ispirazione cristiana.
Una della accuse di Toniolo al liberismo imperante all’epoca era di avere favorito l’atomizzazione della società, che si voleva formata da individui isolati, in cui inevitabilmente il più forte dominava. I piloni portanti del suo pensiero sono invece, da un lato, il ritorno alla responsabilizzazione dello Stato soprattutto nella regolamentazione dell’impatto sociale dell’industrialismo (con un particolare ruolo degli enti locali) e, dall’altro, il libero associazionismo dal basso, che aiuta i singoli a rappresentare e risolvere i loro problemi in un modo più efficace. Si potrebbe dire che Toniolo fu l’antesignano dei concetti di sussidiarietà verticale e orizzontale, che divennero tanto cari successivamente alla DSC.
Sottostante a tutto, sta l’importanza che Toniolo assegna alla religione cattolica in quanto capace di ispirare comportamenti coerenti con un uso corretto della ricchezza e con quella ‘socialità’ che l’individuo vive nella famiglia e in qualunque forma di lavoro. Riportare la dimensione religiosa a essere significativa per le attività economiche, che ormai venivano ritenute non solo autonome, ma del tutto separate da qualsiasi fondamento etico, implicò una notevole libertà intellettuale, non solo nei confronti del mondo ‘laico’, ma anche di quello cattolico, il quale tendeva a sottovalutare l’importanza di una trasmissione delle verità cristiane in campo economico attraverso lo studio accurato del corpus di dottrine economiche esistenti e la loro critica.
Sul piano delle proposte di politica economica, Toniolo portò avanti un suo programma innovativo. Già il documento da lui presentato all’assemblea dell’Unione del gennaio 1894 (Programma dei cattolici di fronte al socialismo) rappresentava un superamento del «socialismo cristiano» che circolava all’epoca e che Toniolo rifiutava, perché basato su una concezione dello Stato di stampo hegeliano, «che confisca regolarmente e dirige con mezzi coercitivi l’operosità di tutti nell’adempimento di un ordine sociale stabilito a priori dalla mente dei politici» (Trattato, cit., 2° vol., 1949, p. 401). Per le campagne, dove i contadini erano marginalizzati e sfruttati, Toniolo proponeva la diffusione della piccola proprietà e la ricomposizione di una parte dei patrimoni collettivi di enti, opere pie, corporazioni religiose, comuni, provincie, da sfruttare a beneficio del popolo. Per le città, rilanciava la proposta della partecipazione dei lavoratori agli utili dell’azienda con l’abolizione del salariato, propugnando una visione dei rapporti all’interno dell’impresa che, incompresa all’epoca, si rivela oggi di grande modernità. Si legga a questo proposito un passo del documento:
Nella proprietà industriale e nelle sue imprese urge ricongiungere direttamente il capitalista sovventore all’imprenditore-industriale e poi l’imprenditore agli operai. E pertanto: - trasformare il capitalista che presta all’industriale in un socio d’industria che con lui condivida i rischi dell’impresa […] restringendo così il premio dei semplici capitalisti mutuanti; - similmente restringere la classe precaria e misera del semplice salariato, e perciò concedere all’operaio una parte di codesta remunerazione piuttosto che in forma fissa, sotto la forma di partecipazione agli utili; e ulteriormente elevare l’operaio stesso alla compartecipazione del capitale dell’impresa, mediante l’impiego del risparmio in azioni nominative dell’impresa stessa («Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie», 1894, p. 171).
La forma cooperativa di impresa che mantiene la proprietà privata, ma ne pratica al meglio la funzione sociale, veniva posta in grande risalto (Toniolo fu anche uno dei promotori della Latteria cooperativa di Soligo nel 1883). La costituzione di sindacati cattolici anche di soli operai veniva ammessa nei casi in cui null’altro si potesse fare, benché, per timore della lotta di classe che da cristiano aborriva, Toniolo preferisse idealmente le «unioni professionali», che univano soggetti operanti nello stesso settore produttivo, sul modello delle corporazioni medioevali, con compiti non solo economici, senza però illudersi che la loro attuazione potesse essere realistica. Nell’articolo Il compito economico più urgente dell’avvenire («Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie», 1900, p. 348), Toniolo scrive che, oltre al patronato cristiano, era urgente realizzare il «fraternato cristiano, che il proletariato rialza ed educa a fare da sé, pareggiandolo fraternamente nell’indipendenza», in ciò dimostrando di comprendere il valore anche etico-politico dei sindacati.
Toniolo affrontò anche il problema del credito, appoggiando la nascita di istituti di credito cattolici, fossero essi cooperativi o sotto forma di società per azioni, per contrastare l’usura e anche lo scivolamento della finanza a strumento di arricchimento piuttosto che di servizio all’attività produttiva. Nel Programma del 1894 si leggeva a questo proposito:
Nel giro complesso e vertiginoso della vita commerciale è d’uopo premunirsi contro il monopolio del credito a profitto di pochi speculatori e colla comune servitù. E perciò urge riprodurre nelle forme ammodernate la repressione legale delle usure, sottoporre le borse ad una legge severa sopra le sue operazioni, e della dispensazione del credito mediante le banche di emissione fare una funzione sociale non affidata a società di speculatori, bensì ad un istituto autonomo con patrimonio impersonale da amministrarsi con intenti di pubblica utilità («Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie», 1894, p. 171).
Lo sguardo di Toniolo si sollevò successivamente anche sul ruolo delle amministrazioni pubbliche, a cui chiedeva in primo luogo una maggiore perequazione fiscale e la tutela dei contratti di lavoro, mentre era a favore dell’esercizio di nuove responsabilità da parte delle amministrazioni locali (si pensi all’istruzione tecnica e al municipalismo), che vedeva destinate a rompere il centralismo burocratico dello Stato nazionale.
Di particolare interesse la posizione di Toniolo sul contratto di lavoro, che non veniva in sé criticato, ma doveva essere opportunamente regolamentato. «La parte di mercede che risponde ai fini necessari all’esistenza del lavoratore probo e onesto non può diminuirsi per alcun patto contrattuale», scriveva nell’articolo su La riforma del contratto di lavoro («Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie», 1901, 302), sostenendo che i contratti di lavoro collettivi erano la grande innovazione destinata a sostituire la libertà e la giustizia degli accordi al posto della violenza e della lotta di classe. Il contratto non doveva riguardare solo il salario, ma le condizioni di lavoro e di vita del lavoratore, una questione su cui Toniolo tornò più volte anche in seguito e che all’epoca era fortemente innovativa.
Gli stretti legami di Toniolo con il cattolicesimo sociale europeo vengono testimoniati dalle numerose iniziative congiunte portate avanti, che trovavano eco sulle pagine della «Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie», dove già nel 1902 Toniolo ebbe a scrivere:
Non vi ha una delle teorie sociali dei cattolici la quale, mercè il loro apostolato, non siasi tradotta in tutta Europa in istituzioni di ogni specie, dalla più umile bancherella alle potenti federazioni di sindacati o di corporazioni; ed anche in multiformi provvedimenti legislativi e politici dovuti alle iniziative dei cattolici nei parlamenti. Essi trionfarono in Germania con la vigorosa azione del Centro (quando ancora il socialismo osteggiava le riforme per mezzo dello Stato); in Belgio con la sistematica legislazione del suo governo; in Francia con le iniziative dei suoi deputati cattolici; e in Italia stessa, coi provvedimenti sociali dei Comuni, ove essi primi ne trattarono fra noi con giustezza di criteri scientifici e pratici (Lo sviluppo del cattolicismo sociale dopo l’enciclica “Rerum Novarum”, «Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie», 1902, pp. 8-9).
Si può ben dire che il welfare State europeo nacque prevalentemente dal cattolicesimo sociale, di cui Toniolo fu uno dei più illustri esponenti, piuttosto che dalla socialdemocrazia (si veda su questo Zamagni 2010).
Tutti gli scritti di Toniolo sono stati raccolti in 20 volumi di Opera omnia, editi da un apposito Comitato, Città del Vaticano, 1947-1952. Il Trattato di economia sociale si trova insieme agli altri saggi economici nella serie II, costituita da cinque volumi, con prefazione di Francesco Vito. Le citazioni del testo provengono dalle pagine di questa edizione.
P. Pecorari, Ketteler e Toniolo. Tipologie sociali del movimento cattolico in Europa, Roma 1977.
A. Ardigò, Toniolo: il primato della riforma sociale per ripartire dalla società civile, Bologna 1978.
P. Pecorari, Giuseppe Toniolo e il socialismo. Saggio sulla cultura cattolica tra ’800 e ’900, Bologna 1981.
A. Spicciani, Giuseppe Toniolo tra economia e storia, Napoli 1990.
Giuseppe Toniolo tra economia e società, a cura di P. Pecorari, Udine 1990.
P. Pecorari, Toniolo. Un economista per la democrazia, Roma 1991.
R. Faucci, L’economia politica in Italia, Torino 2000, passim.
D. Sorrentino, L’economista di Dio. Giuseppe Toniolo, Roma 2001.
Giuseppe Toniolo. Il pensiero e l’opera, a cura di R. Molesti, Milano 2005.
P. Barucci, Giuseppe Toniolo e il tentativo di fondare una teoria del riformismo economico, in Id., Sul pensiero economico italiano (1750-1900), Napoli 2009.
V. Zamagni, The political and economic impact of CST since 1891. Christian democracy and christian labour unions in Europe, in The true wealth of nations. Catholic social thought and economic life, ed. D. Finn, Oxford 2010.
V. Zamagni, Ricchi e poveri: pensare all’economia del benessere, in Cristiani d’Italia, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 2011, pp. 1185-97.