TUCCI, Giuseppe
TUCCI, Giuseppe. – Nacque a Macerata il 5 giugno 1894, figlio unico di Oscar, primo segretario dell’intendenza di Finanza, e di Ermenegilda Fermani, entrambi emigrati nelle Marche dalle Puglie.
Dopo aver frequentato nella città natale il liceo classico Giacomo Leopardi, dal quale venne licenziato «con onore» il 25 giugno 1912, nel marzo del 1913 Tucci si iscrisse alla facoltà di lettere della Regia Università di Roma, scegliendo l’indirizzo di filologia classica. L’intenso tirocinio umanistico della prima giovinezza, quando ebbe modo di dedicarsi allo studio delle lingue classiche e orientali – fra queste il sanscrito –, trovò negli anni universitari una naturale prosecuzione avvicinandolo a coloro che sarebbero diventati i suoi maestri, Giovanni Vacca e Carlo Formichi. Abbandonati gli studi sull’epigrafia e l’antroponomastica latina del Piceno, in un primo momento l’attenzione di Tucci si volse, su influenza di Luigi Pigorini, all’etnografia e alla preistoria dell’Asia; tali interessi vennero presto interrotti per intraprendere lo studio della lingua e della cultura cinese cui lo introdusse Vacca. La sinologia, alla quale Tucci avrebbe dedicato diversi saggi e la Storia della filosofia cinese antica (Bologna 1922), rappresentò la chiave d’accesso agli studi sulle civiltà asiatiche successivi, primo fra tutti l’approfondimento del buddhismo, cui fu condotto attraverso il magistero di Formichi, e al quale indirizzò le proprie ricerche negli anni a venire.
Chiamato alle armi e arruolato con il grado di tenente nella brigata Regina, Tucci non interruppe gli studi e dopo la fine del primo conflitto mondiale poté laurearsi, il 12 luglio 1919, con una tesi intitolata Sull’importanza e dello stato attuale degli studi di storia della filosofia orientale, ottenendo il massimo dei voti.
Nel 1920 sposò Rosa Di Benedetto, con la quale avrebbe avuto il suo unico figlio, Ananda, nato nel 1923.
Dopo alcuni mesi di supplenza ad Ascoli Piceno, nel gennaio del 1921 venne nominato, per il tramite di Luigi Luzzatti, segretario della biblioteca della Camera dei deputati. Tale impiego, oltre a consentirgli di proseguire le proprie ricerche con la pubblicazione di diversi lavori scientifici per lo più incentrati sull’analisi e la traduzione di testi buddhisti, gli permise di avviare le prime collaborazioni editoriali, come quella con la casa editrice Il Solco di Città di Castello, e i primi progetti culturali. Fra questi, va menzionata l’ideazione, nel 1921, del periodico Alle fonti delle religioni. Rivista trimestrale di storia e letteratura religiose, che nel 1925 confluì negli Studi e materiali di Storia delle religioni fondati assieme a Formichi e a Raffaele Pettazzoni.
Al 1923 risale il conseguimento della libera docenza in lingue e letterature dell’Estremo Oriente del cui insegnamento Tucci venne incaricato, all’Università di Roma, nel medesimo anno accademico; con la soppressione della cattedra, lo studioso ottenne per incarico la docenza di religioni e filosofie dell’India e dell’Estremo Oriente (negli anni accademici 1924-25 e 1925-26), che sospese nel novembre del 1925 per prendere parte, assieme a Formichi, a quella missione scientifica in India che avrebbe segnato una svolta nell’intera sua biografia.
Proprio per iniziativa di Formichi, invitato dal poeta Rabindranath Tagore a tenere un corso di sanscrito a Śāntiniketan, e tramite l’accoglimento delle sue richieste da parte di Benito Mussolini, Tucci poté essere messo a disposizione del ministero degli Esteri come insegnante di italiano nell’università tagoriana; nel 1926, con la rottura dei rapporti tra l’Italia fascista e l’intellettuale bengalese, Tucci si spostò a Dacca e da qui a Calcutta, dove ebbe modo di collaborare con le istituzioni accademiche locali e di stringere relazioni anche personali sia con alcune personalità di spicco dell’inteligencija indiana sia con le autorità britanniche in India. A questo periodo risalgono inoltre le prime esplorazioni nelle regioni himalayane di cultura tibetana, dove Tucci venne accompagnato da Giulia Nuvoloni, che sposò nel 1927 dopo aver ottenuto l’annullamento del precedente matrimonio.
Il focalizzarsi degli interessi di Tucci sul buddhismo e sulla storia culturale e filosofico-religiosa del Tibet, nonché la progressiva rilevanza e novità che i suoi lavori vennero assumendo negli studi orientali in ambito internazionale, unitamente alla consapevolezza, da parte fascista, del ruolo che lo studioso avrebbe potuto assumere per la propaganda del regime nei Paesi asiatici, gli consentirono, al ritorno in Italia nel gennaio del 1931, di lasciare il posto alla biblioteca della Camera. Nel 1930 Tucci era stato difatti chiamato, «per chiara fama», sulla cattedra di cinese del Regio Istituto Orientale di Napoli dalla quale nel 1932 sarebbe stato trasferito su quella di religioni e filosofie dell’India e dell’Estremo Oriente dell’Università di Roma, che avrebbe mantenuto fino al collocamento a riposo nel 1969 (nel 1970 fu nominato emerito). L’appoggio costante di Formichi gli permise inoltre di essere designato, nel 1929, accademico della Reale Accademia d’Italia, istituzione che negli anni seguenti gli avrebbe assicurato i finanziamenti necessari alla concretizzazione del progetto di organizzare, su larga scala e in maniera sistematica, una serie di spedizioni volte all’esplorazione del Tibet e delle terre limitrofe, all’epoca poco conosciute.
Risale al 1931 la proposta di Tucci a Mussolini di creare un istituto in grado di svolgere un’attività di mediazione fra l’Italia e l’Asia sia sul piano culturale, attraverso il supporto alle proprie ricerche e l’istituzione di corsi di lingue orientali e borse di studio, sia sul piano economico, aspetto che egli sottolineò per sollecitarne l’approvazione ufficiale: l’Istituto italiano per il Medio ed Estremo Oriente (IsMEO) venne istituito il 16 febbraio 1933. Decisivo per la fondazione fu l’intervento di Giovanni Gentile, che ne divenne presidente, con il quale Tucci (vicepresidente fino al commissariamento nel 1944) intratteneva fin dagli anni universitari un rapporto epistolare e una consuetudine destinati a durare fino alla morte del filosofo, testimoniati altresì dall’articolo Dei rapporti tra la filosofia greca e l’orientale che egli scrisse per il primo fascicolo del Giornale critico della filosofia italiana (1920, pp. 38-59).
Il periodo di lavoro più intenso e significativo per Tucci furono gli anni Trenta, nel corso dei quali alternò gli impegni accademici alle spedizioni, ciascuna della durata di diversi mesi, che condusse in una prima fase nelle regioni del Tibet occidentale e in Nepal (1931, 1933 e 1935), e poi nel Tibet centrale (1937 e 1939); i risultati di tali ricerche, di fondamentale importanza per la conoscenza storico-culturale, religiosa e artistica della civiltà tibetana, sarebbero stati dati alle stampe nei quattro volumi di Indo-Tibetica (Roma 1932-1941). La progressiva politicizzazione dell’IsMEO lo portò, fra il 1936 e il 1937, a visitare il Giappone, dalla cui cultura rimase affascinato tanto da occuparsene in alcuni articoli comparsi su Asiatica, il periodico dell’IsMEO succeduto nel 1936 al Bollettino; a quest’ultima rivista subentrò nel 1950 East and West. Lo scoppio della guerra e l’impossibilità di approntare nuove esplorazioni indussero Tucci a ritirarsi negli studi e a dedicarsi alla stesura del suo opus magnum, i due volumi Tibetan painted scrolls (Roma 1949), nei quali raccolse un’ingente quantità di materiali iconografici, storici e testuali, che lo confermarono tra i tibetologi più insigni.
Nel frattempo, nel 1941, si separò anche dalla seconda moglie per unirsi con Francesca Bonardi (che avrebbe sposato nel 1971).
Nel luglio del 1944, all’indomani della liberazione di Roma, Tucci venne sottoposto a procedimento di epurazione dai ruoli universitari, con le accuse dapprima di «apologia» e poi di «partecipazione attiva alla politica del fascismo»; il graduale ripiegamento della politica epurativa, unitamente alla minuziosità dei memoriali presentati per la propria difesa dallo studioso, indussero la Commissione centrale per l’epurazione a proscioglierlo dalle accuse e a reintegrarlo, l’8 gennaio 1946, in servizio attivo. Analogo esito ebbe il procedimento di revisione della «nomina per alta fama ad ordinario di cinese» che prese avvio nell’ottobre del 1945 e si concluse, il 30 giugno 1946, con la riconferma nel ruolo di professore universitario, a favore della quale era intervenuto anche Francesco Saverio Nitti.
Nel dopoguerra il sostegno di Giulio Andreotti consentì la ripresa dell’attività scientifica dell’IsMEO che, nel 1948, permise a Tucci (presidente dal 1947 al 1978, poi presidente onorario) di compiere un’ultima spedizione nel Tibet centrale e a Lhasa, prima della chiusura delle frontiere a seguito dell’invasione cinese (cfr. The tombs of the Tibetan kings, Roma 1950). Preclusagli la possibilità di tornare in Tibet e determinato a proseguire lo studio della diffusione del buddhismo dall’India alle regioni dell’Asia centrale, Tucci si rivolse al Nepal occidentale, che esplorò in due spedizioni, nel 1952 e nel 1954; ne ricavò significative scoperte sulla dinastia dei Malla (cfr. Preliminary report of two scientific expeditions in Nepal, Roma 1956). La ricognizione della valle dello Swāt (cfr. Preliminary report on an archaeological survey in Swāt, in East and West, 1958, n. 4, pp. 279-328), nel 1955, diede avvio a una nuova fase delle ricerche di Tucci, contraddistinta dall’apertura all’archeologia, che lo persuase a intraprendere una serie di campagne di scavo nelle zone di confine tra il mondo iranico e quello indiano, e poi in Pakistan (nei siti di Butkara I e Udegram) e Iran (Sistan); queste iniziative impressero una svolta fondamentale alle attività e alla struttura dell’IsMEO. Fu proprio l’intuito scientifico di Tucci, che suggerì inoltre la fondazione del Museo nazionale d’arte orientale di Roma (1957), a consentire all’Italia di dotarsi di una prestigiosa scuola di archeologia orientale che, nei suoi differenti indirizzi, portò nei decenni seguenti a numerose e rilevanti acquisizioni.
Pur seguitando la pubblicazione di scritti specialistici e l’edizione dei manoscritti ritrovati durante le missioni tibetane e nepalesi (cfr. Minor Buddhist texts, I-II, Roma 1956-1958), a partire dagli anni Cinquanta Tucci si impegnò per lo più nella stesura di grandi opere di sintesi, di cui è un esempio la Storia della filosofia indiana (Bari 1957). Notevole fu inoltre, sin dalle prime spedizioni in Asia e in maniera più intensa in questo periodo, l’attività divulgativa condotta attraverso numerosi articoli sulla stampa quotidiana e periodica, e con la pubblicazione dei resoconti delle esplorazioni, la cui felice prosa incontrò l’apprezzamento di un ampio pubblico.
Assieme alla fama internazionale dovuta alla sua cospicua produzione scientifica, molte furono, in particolare negli ultimi anni, le onorificenze e i riconoscimenti accademici ricevuti da Tucci: tra questi si possono menzionare il Jawaharlal Nehru award for international understanding (1976) e il premio Balzan per la storia (1979).
Morì a San Polo dei Cavalieri, vicino a Roma, il 5 aprile 1984.
Fonti e Bibl.: I fascicoli personali sono a Roma, Archivio centrale dello Stato: Ministero Pubblica Istruzione (MPI), b. 466; MPI, Professori universitari epurati (1944-1946), b. 33; Ministero della Cultura popolare, Nuclei per la propaganda italiana all’estero, b. 36, f. 181; Archivio storico Sapienza Università di Roma, AS 4886; quivi cfr. verbale dell’esame di laurea e registro della carriera dello studente Giuseppe Tucci. L’Archivio della Reale Accademia d’Italia (presso l’Accademia dei Lincei) conserva i fascicoli sulle spedizioni e le attività dell’accademico Giuseppe Tucci; nell’Archivio storico diplomatico del ministero degli Affari esteri cfr. i fascicoli sull’IsMEO; il Museo delle Civiltà conserva l’Archivio fotografico delle missioni e il fondo Bonardi-Tucci, di recente acquisizione. La Biblioteca nazionale di Roma e l’ISMEO-Associazione custodiscono i 25.000 volumi della biblioteca di Giuseppe Tucci. Il carteggio con Gentile è alla Fondazione Giovanni Gentile, UA 5742 e UA 576.
Per la bibliografia degli scritti di e su Tucci si veda Giuseppe Tucci’s chronological bibliography, a cura di O. Nalesini, Roma 2018. Tra questi, cfr. G.R. Franci, Per G. T., in Contributi alla storia dell’orientalismo, a cura di G.R. Franci, Bologna 1985, pp. 11-23; R. Gnoli, Ricordo di G. T., Roma 1985; S. Moscati - G. Gnoli, Centenario della nascita di G. T., Roma 1995; G. T. nel centenario della nascita, a cura di B. Melasecchi, Roma 1995; Le Marche e l’Oriente. Una tradizione ininterrotta da Matteo Ricci a G. T., Atti del Convegno, Macerata... 1996, a cura di F. D’Arelli, Roma 1998; F. Sferra, The ‘thought’ of G. T., in Asian Horizons, a cura di A.A. Di Castro - D. Templeman, Melbourne 2015, pp. 83-110; A. Crisanti, «Fuori dalla politica» ma dentro lo Stato. Il lungo viaggio di G. T. attraverso il fascismo, in Studi e materiali di storia delle religioni, LXXXIV (2018), 1, pp. 147-163; Ead., G. T. Una biografia, Milano 2020.