VACCARI, Giuseppe
– Nacque a Montebello Vicentino (Vicenza) il 2 febbraio 1866, da Eugenio e da Brigida Frigo.
Si iscrisse nel 1883 presso la Scuola militare, dalla quale uscì con il grado di sottotenente nel 1° reggimento bersaglieri.
Nell’ottobre del 1888 fu promosso tenente e trasferito presso la Scuola centrale di applicazione della fanteria di Parma, dove fu tra i componenti della commissione incaricata di studiare la nuova dotazione di armi portatili per la fanteria, che avrebbe poi scelto il fucile Mannlicher-Carcano modello 1891. Ancora giovanissimo, gli venne affidato l’insegnamento del tiro scientifico, incarico che svolse fino al 1892. Il 5 ottobre 1893 entrò alla Scuola di guerra di Torino. Prestò servizio di stato maggiore presso diversi comandi, nel 1898 fu promosso capitano, nel 1901 comandato alla divisione militare di Livorno come insegnante di arte militare presso l’Accademia navale. Il 31 gennaio 1909 fu trasferito presso il comando del presidio militare di Venezia. Nel 1910 venne promosso maggiore. In quella prima fase di carriera fu decorato con le insegne dell’Ordine reale della Corona di Prussia di 3ª classe (1901); con la croce di cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia (1904); con la croce d’oro per anzianità di servizio (1908); con la croce di cavaliere dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro (1910).
Dopo quasi trent’anni spesi tra accademie e comandi, senza una concreta esperienza bellica, scrisse di aver «voluto e fermamente voluto partecipare» (Pieropan, 1989, p. 67), ormai quarantaseienne, alla guerra di Libia. Decisione forse influenzata dalla recente tragedia personale: Angelina Ridolfi, sposata il 23 novembre 1910, dopo meno di due anni, l’11 aprile 1912, morì. Due mesi dopo, «per volontaria e ripetuta domanda» (p. 69), partì dunque in qualità di addetto al comando del corpo di stato maggiore del distaccamento di truppe agli ordini del generale Vittorio Camerana, che si apprestava a conquistare Misurata. Per aver partecipato alla conquista della città costiera libica venne decorato con medaglia d’argento al valor militare.
Rientrò in Italia il 18 marzo 1913, fu promosso tenente colonnello e il 10 luglio dello stesso anno tornò al di là del Mediterraneo, stavolta a capo dell’Ufficio politico-militare presso il comando del corpo di spedizione di Bengasi. Non rimase tuttavia nella città, ma seguì da vicino l’azione, aggregato alle colonne operanti nell’interno della Cirenaica. A Tecnis si guadagnò un encomio solenne (4 giugno 1914); fu inoltre decorato con la croce di cavaliere nell’Ordine militare di Savoia per aver preso parte come comandante di reparti a numerose azioni, tra cui i combattimenti di Beda-Fomm (27 giugno 1914), Langal (29 giugno 1914) e Gheifat (9 marzo 1915).
Nel 1915, con l’Italia già impegnata nel primo conflitto mondiale, su ordine del ministro delle Colonie, Gaspare Colosimo, Vaccari fu trasferito dalla Cirenaica in Tripolitania, dove il controllo italiano si andava riducendo alla zona costiera. Venne promosso colonnello (6 luglio 1915), decorato con la croce di commendatore dell’Ordine della Corona d’Italia in considerazione di speciali benemerenze (31 dicembre 1915), con la croce di commendatore nell’Ordine coloniale della Stella d’Italia (23 agosto 1916) e con la medaglia commemorativa della guerra italo-turca.
Nonostante chiedesse a più riprese di essere destinato al fronte austriaco, la sua opera in colonia era intanto considerata necessaria, e solo diversi mesi dopo, quando la situazione in Tripolitania venne ritenuta più stabile, la sua richiesta fu accolta. Il 2 luglio 1916 rientrò in Italia per rimpatrio definitivo.
Inizialmente destinato alla brigata Parma, dislocata nei pressi di Cortina d’Ampezzo, Vaccari la comandò solamente dal 7 al 9 luglio 1916 perché, presentatosi a Vicenza presso il comandante della 1ª armata, il generale Guglielmo Pecori Giraldi, chiese di essere destinato al comando di una brigata più vicina al fronte. Subito accontentato, fu assegnato al comando della brigata Barletta, schierata in quel momento presso l’altopiano dei Sette Comuni, nel Vicentino, decimata da gravissime perdite.
Secondo le parole del maggior generale Giuseppe Paolini, comandante della 4ª divisione di fanteria, Vaccari si trovò al comando della brigata «in un momento in cui [...] ufficiali e truppa trovavano alquanto scossi e demoralizzati»; ciononostante «seppe, in breve tempo, con tatto non comune, con costante interessamento e con ben intesa ferrea disciplina, riorganizzare i reparti e ridare piena efficienza bellica nei dipendenti reggimenti» (Proposta di promozione straordinaria per merito di guerra del col. brig. Vaccari, 8 novembre 1916). In autunno la brigata fu trasferita nel Carso dove, all’inizio di novembre, Vaccari partecipò alla IX offensiva dell’Isonzo con brillanti risultati, che gli valsero una medaglia d’argento al valor militare sul campo.
La successiva primavera partecipò alla X offensiva sull’Isonzo, in seguito alla quale la brigata Barletta, duramente provata dagli scontri, venne trasferita per essere riorganizzata. Vaccari, promosso maggiore generale per merito di guerra, fu trasferito presso la 3ª armata in qualità di sottocapo di stato maggiore. Qui, tra ottobre e novembre del 1917, coadiuvò il suo comandante Emanuele Filiberto di Savoia, duca d’Aosta, nella gestione della ritirata dal Carso al Piave in seguito alla rotta di Caporetto, con le funzioni (e dal 30 novembre la carica) di capo di stato maggiore, guadagnandosi le croci di ufficiale e poco dopo di commendatore nell’Ordine militare di Savoia.
Il 1° aprile 1918 gli venne affidato il comando del XXII corpo d’armata con sede a Vicenza, con cui partecipò alla riconquista del Montello (giugno 1918) e all’offensiva di Vittorio Veneto (24 ottobre - 4 novembre 1918), con l’obiettivo di attraversare il Piave attestandosi sulla piana di Sernaglia. Il corpo d’armata al suo comando raggiunse gli obiettivi prefissati con successo, riuscendo per primo ad attraversare il Piave e, isolato sulla sponda opposta, fu capace di sostenere la controffensiva nemica. Tale azione gli valse la croce di grand’ufficiale nell’Ordine militare di Savoia; per la condotta tenuta sul Carso fu decorato con la medaglia d’oro al valor militare; ricevette inoltre le croci di ufficiale (gennaio 1919) e in seguito commendatore (30 dicembre 1919) dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro; la croce di grand’ufficiale dell’Ordine della Corona d’Italia (11 novembre 1919); la medaglia commemorativa nazionale della guerra 1915-18; la medaglia interalleata della Vittoria; la medaglia a ricordo dell’Unità d’Italia.
Nel febbraio del 1919 Vaccari lasciò il comando del XXII corpo d’armata e l’anno seguente, su indicazione del generale Pietro Badoglio – che in una lettera si disse sicuro che avrebbe avuto in lui «un collaboratore attivissimo, valente e affezionato» (Badoglio a Vaccari, Udine, 22 novembre 1919) –, ottenne la nomina a sottocapo di stato maggiore dell’esercito e, il 3 febbraio 1921, a capo di stato maggiore. Dal 26 ottobre 1921 al 9 gennaio 1922 fu inoltre capo della missione militare italiana alla conferenza di Washington per il disarmo.
Gabriele D’Annunzio, con cui era in rapporti di amicizia, sulla questione fiumana lo sollecitò a più riprese: «La salute della Patria è di nuovo in pericolo» – gli scrisse – «Io mi offro come sul Carso, col medesimo ardore. Desidero rivederla, parlarle. Verrò una di queste sere» (D’Annunzio a Vaccari, 3 giugno 1919). E ancora: «Mio caro fratello, non ti so dire quanto bene mi abbia fatto la tua lettera affettuosa: una voce pura, una voce dell’anima, in mezzo a tante ciance ignobili» (D’Annunzio a Vaccari, 27 febbraio 1920).
La stampa di regime alla sua morte scrisse che l’adesione al fascismo era stata «pronta e piena», datando l’iscrizione al Partito nazionale fascista (PNF) al 1923, «come era stata risoluta ed energica la sua opera contro i negatori della Vittoria» (Il Popolo d’Italia, 7 settembre 1937); similmente in Senato, nella commemorazione post mortem, Luigi Federzoni disse che dopo la guerra Vaccari «partecipò con tutta la sua generosa anima di soldato alle ansie e alle speranze della lotta intrapresa contro le fazioni distruttrici della Vittoria e della Patria» (Senato del Regno, XXIX legislatura, 99° resoconto sommario, 10 dicembre 1937, p. 2). Tuttavia risulta essersi iscritto al PNF (Fascio di Roma) solo il 18 marzo 1926.
Non è noto quali esiti ebbero le sollecitazioni dannunziane, né quanto ci sia di vero nelle dichiarazioni postume di precoce adesione al fascismo
Inoltre, nel dopoguerra Vaccari sembrò tutt’altro che desideroso di partecipare alla vita politica italiana, preferendo piuttosto l’idea di ritirarsi in un luogo appartato. Poco prima della marcia su Roma (28 ottobre 1922), infatti, scrivendo a un amico e compaesano, affermò che «ormai, da questo mio posto, io non ho più nulla da desiderare e nulla desidero [...] oggi, come sempre, penso con nostalgico desiderio al nostro Montebello e magari anche più in alto e più isolato, all’Agugliana» (Roma, 15 ottobre 1922).
Se, quindi, risulta di dubbia credibilità l’affermazione della sua agiografa Nella Mirabile (1938), secondo cui Vaccari «fu tra i primi aderenti al movimento [fascista] [...] perché in esso sentì la salvaguardia dei suoi princìpi, l’esaltazione dei suoi ideali, la salvezza della Patria» (p. 35), bisogna altresì sottolineare come, in alcune lettere successive indirizzate alla presidenza dell’Unione nazionale fascista del Senato, Vaccari si disse pronto a dare il suo «contributo morale massimo per qualsiasi azione di carattere fascista» (10 giugno 1929), «col mio spirito interamente ed esclusivamente fascista e col mio cuore pieno di ammirazione e di riconoscenza per il nostro Duce» (14 ottobre 1932).
Nel 1923 lasciò la carica di capo di Stato maggiore dell’Esercito, fu promosso generale di corpo d’armata (1° febbraio) destinato al comando del corpo d’armata di Trieste (1° maggio) e, successivamente, di Roma (15 novembre 1925). Si risposò, il 15 giugno 1925, con la contessa Irene Margherita Bernini.
In quell’ultimo scorcio di carriera ricevette la croce di grand’ufficiale (1923) e poi gran cordone (1932) dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro; la croce di grand’ufficiale nell’Ordine coloniale della Stella d’Italia (1923); la medaglia mauriziana al merito militare di dieci lustri (1927); il gran cordone dell’Ordine della Corona d’Italia (1930). Fu inoltre nominato segretario (1917), quindi membro supplente (1918) e infine membro effettivo (1920) del consiglio dell’Ordine militare di Savoia.
Nel 1928 fu nominato senatore, e come tale fu membro della commissione per il giudizio dell’Alta Corte di giustizia (1932-37). Nel 1936 ricevette dal re il titolo di conte.
La carriera militare terminò il 21 gennaio 1932, quando fu collocato in posizione ausiliaria per raggiunti limiti di età.
Continuò a ricoprire tuttavia numerose altre cariche: già presidente della commissione permanente per l’esame delle proposte di ricompensa al valor militare e della commissione centrale per il tiro a segno nazionale e per l’educazione fisica a scopo militare, fu inoltre presidente della suprema corte d’onore dell’Istituto del nastro azzurro; membro del consiglio nazionale dell’Associazione del fante; rettore dell’Accademia olimpica di Vicenza; presidente della commissione per il costituendo Museo del Risorgimento e della guerra di Vicenza; presidente dell’Opera nazionale per l’assistenza degli orfani di guerra e anormali psichici; presidente della Isotta-Fraschini.
Il 31 agosto 1937 gli fu diagnosticata una stenosi duodenale, per la quale venne operato in una clinica milanese, dove morì in seguito a complicazioni il 6 settembre 1937.
Opere. Giuseppe Vaccari pubblicò due articoli su Rivista militare: Il viaggio d’istruzione della R. Accademia navale, 1907, dispensa XII; Cenni e confronti sulle forze militari terrestri dell’Italia e dell’Austria-Ungheria, 1909, dispense XI-XII. Scrisse inoltre la prefazione a M. Fiore, Diarii e ricordi, Napoli 1934; B. Munaretto, La battaglia di Montebello Vicentino, 8 aprile 1848, Vicenza 1936; V. d’Orio, Impero fascista, Trieste 1937.
Fonti e Bibl.: I documenti citati nel testo sono tratti dal volume G. Pieropan, Il generale G. V. (1866-1937), Montebello Vicentino 1989, e da I senatori d’Italia, III, Senatori dell’Italia fascista, s.v. (Archivio storico del Senato, https://notes9.senato.it/web/senregno.nsf/6e64fa6139df0ba6c125711400382712/d91ed56b3a01eee64125646f0061481c?OpenDocument). Documentazione è inoltre conservata presso il Museo del Risorgimento e della resistenza di Vicenza, Raccolta Giuseppe Vaccari; a Roma presso l’Archivio storico del Senato e presso l’Archivio storico del corpo di stato maggiore dell’Esercito.
Vaccari è stato inoltre oggetto di alcune biografie agiografiche, comunque utili per le notizie che riportano: Montebello Vicentino a S. E. il Gen. G. V. suo figlio illustre e caro, Vicenza 1922; I. Paoletti Frattola, Inno all’eroe del Montello e della Sernaglia, Roma 1928; V. Ponzi, Il generale di corpo d’armata, medaglia d’oro, G. V., Vicenza s.d. (dopo il 1932); M. Della Marina, G. V., Roma 1935; R. Corselli, Medaglia d’oro generale conte G. V., Senatore del Regno, Milano 1938; N. Mirabile, In memoria di S.E. il generale Conte G. V., medaglia d’oro, senatore del Regno, Presidente dell’opera Nazionale per l’assistenza degli orfani di Guerra anormali psichici, Vicenza 1938; G. Pieropan, Il generale G. V., cit.
Per una contestualizzazione della figura di Vaccari nella guerra di Libia si vedano A. Del Boca, Gli italiani in Libia, I, Tripoli bel suol d’amore 1860-1922, Roma-Bari 1986, ad ind.; N. Labanca, La guerra italiana per la Libia, 1911-1931, Bologna 2012. Sulla prima guerra mondiale la bibliografia è troppo vasta per renderne conto, si parta da Dizionario storico della prima guerra mondiale, Roma-Bari 2014. Sul primo dopoguerra, tra questione orientale e nascita del fascismo, si vedano R. Vivarelli, Storia delle orgini del fascismo, I, L’Italia dalla grande guerra alla marcia su Roma, Bologna 1991; M. Cattaruzza, L’Italia e il confine orientale, 1866-2006, Bologna 2007; F. Fabbri, Le origini della guerra civile. l’Italia dalla grande guerra al fascismo (1918-1921), Torino 2009.