VALADIER, Giuseppe
Architetto, nato a Roma il 14 aprile 1762 da genitori romani (i suoi avi erano emigrati dalla Francia in Roma nel 1714), morto il 1° febbraio 1839. Fu maestro di architettura a S. Luca e architetto camerale.
Il V. è la prima completa figura di architetto moderno che l'Italia abbia avuto. Oltre alla sua opera di progettista e di costruttore coltivò, fra i primi, l'urbanistica come una scienza, sicché si preoccupò della conservazione e dell'impianto di zone di verde nell'abitato; vide la necessità di un'organica distribuzione dei pubblici edifici (v. i suoi progetti per i mercati rionali a Roma); studiò grandi sistemazioni ambientali nell'ambito del vecchio centro, quali quelle per le piazze del Pantheon e della fontana di Trevi; intuì quelle che sarebbero state in futuro le necessità del traffico della città e propugnò tra l'altro la demolizione del palazzetto di Venezia per dare libero sfogo al Corso; lasciò progetti per la sistemazione organica dei grandi centri della periferia, quali il piazzale di S. Giovanni in Laterano. Compilò il migliore tra i molti trattati di architettura pratica che videro la luce ai suoi giorni. Con il restauro dell'Arco di Tito gettò le basi di una nuova scienza: il restauro dei monumenti. Diresse razionali scavi per l'esplorazione archeologica dell'Anfiteatro Flavio, pubblicò rilievi di gran numero di monumenti romani.
Come costruttore egli lasciò numerosissime opere, oltre che a Roma in quasi tutti i maggiori centri dello Stato pontificio. Nei pressi di Spoleto, a Terraia, è sua la Villa Pianciani per la quale diede i disegni della palazzina, della cappella, della sistemazione planimetrica del parco. Questa va considerata come la sua prima opera in ordine di tempo. A questo stesso periodo - tra il 1784 e il 1792 - risalgono i lavori del V. per la sistemazione dell'interno del duomo di Spoleto. In base a suoi disegni furono eretti ivi tutti gli altari nonché la grande nicchia d'accesso alla sacrestia e l'altra che la fronteggia. Seguono i lavori in Gubbio: l'orfanotrofio di sicura attribuzione e una villetta, detta la Ballerina, che sorge alla periferia della città, con tutta probabilità opera sua. In Urbino il V. affronta un tema di mole ben maggiore: la sistemazione dell'interno del duomo (1789). Ivi egli copre la navata maggiore mediante un'enorme vòlta a botte; le laterali con una successione di calotte emisferiche. Notevole anche nella cattedrale la vasta cripta. In Rimini una sua fabbrica è stata completamente alterata da recenti adattamenti. A Rieti si debbono a lui la fredda cappella per i Vincenti Mareri nel duomo e la sistemazione interna del palazzo dei Capelletti e due case minori, di proprietà degli stessi, una esistente ancora sulla piazza di fianco al municipio, l'altra demolita di recente. In Frascati il V. progettò la casa, oggi della famiglia Guerrieri, e la chiesa degli Scolopî. Nell'Agro Pontino alcuni casali per la bonifica di Pio VII, fra gli altri quello in località Mezzofiume. Si ha inoltre notizia di lavori del V. all'Aquila e a Macerata.
Fra le sue opere romane, di gran lunga più importanti, la prima in ordine di tempo è la sistemazione della testata del Ponte Milvio: il V., oltre alla nuova torre-porta effettivamente costruita, amva progettato la sistemazione urbanistica dell'intera piazza. Al V., per quanto in proposito manchino dati di fatto sicuri, vanno anche attribuite le due villette che sorgono in secondo piano sul fondo della piazza fra la Via Flaminia e la Cassia. Seguono i primi studî (1784) per la sistemazione della Piazza del Popolo. Questa meravigliosa sistemazione urbanistica, la massima della Roma ottocentesca, per la quale il V. elaborò parecchi tentativi di soluzione, non fu attuata tutta di getto: studiata sotto il governo pontificio, iniziata durante la dominazione francese, non fu compiuta che a restaurazione avvenuta. Fu durante quest'ultima fase dei lavori che l'antico orto degli Agostiniani, che sorgeva sul colle Pincio, venne dal Valadier sistemato a pubblico giardino. Sulla terrazza del Pincio, che guarda la città, il V. costruì quella casina che porta ancora oggi il suo nome.
Altra benemerenza urbanistica del V. è quella di aver pensato per primo alla sistemazione dei Lungotevere non come aride strade, fiancheggiate da un lato da alti edifici, ma come ampî giardini. La sua sistemazione avrebbe avuto inizio all'altezza di Castel S. Angelo terminando a Ponte Milvio; essa coinvolgeva tutta l'ansa del Tevere a destra e a sinistra della Flaminia. Questa vasta area, sistemata a villa, sarebbe stata, secondo il pensiero dell'architetto, intitolata a Bonaparte. Nel parco, valorizzato dal verde, sarebbe rimasta isolata la cappella di S. Andrea del Vignola e le fabbriche erette dal V., di cui una per i Poniatowski ai margini della villa poi Sthroelfern, l'altra sulla Via Flaminia di fronte all'attuale Ministero della marina. Da quanto esposto, ma soprattutto dall'esame dei disegni pervenutici, si deduce che tutto il programma di sistemazione urbana di Roma che va sotto il nome del de Tournon, o della Commission pour les embellissements de la Ville de Rome, è di fatto opera sua.
L'attività edilizia del V. in Roma è talmente intensa da non consentire di dare qui altro che un elenco delle sue opere. Si ricordano la facciata della chiesa di S. Pantaleo, quella di S. Rocco in Via Ripetta, la cappella che sorge a fianco della chiesa del Nome di Maria sulla Piazza del Foro Traiano e l'edificio a essa annesso. E ancora la cappella, dedicata oggi ai Caduti fascisti, al primo piano del Palazzo Braschi, per il quale egli, già prima del Morelli, aveva studiato un progetto, e di cui più tardi aveva attuato una sistemazione parziale. Si ricordano infine la sistemazione del convento di S. Francesca Romana e dell'altro, oggi sede della Questura centrale, in piazza del Collegio Romano; il Teatro Valle sulla via omonima; il palazzetto per la calcografia camerale in Via della Stamperia; la casa dei Lezzani al Corso Umberto, la migliore forse tra le sue fabbriche civili, un'altra casa di abitazione in piazza S. Lorenzo in Lucina; un palazzo in Via del Babuino e altre opere minori.
Opere: G. Valadier e F. Visconti, Raccolta delle più insigni fabbriche di Roma, Roma 1810; G. Valadier, Narrazione artistica sull'arco di Tito, ivi 1822; id., Sull'improvvisa caduta di un'arco sul palcoscenico del Teatro Valle; id., Opere di architettura e di ornamento ideate ed eseguite da G. Valadier, ivi 1833; id., Manuale di architettura pratica, ivi 1828-39; id. e L. Canina, Aggiunte e correzioni all'opera sugli edifici antichi di Roma dell'arch. A. Desgodetz, ivi 1843; Breve cenno intorno alla nuova facciata della chiesa di S. Rocco eseguita per testamentaria disposizione di G. Vitelli dall'architetto cav. G. Valadier (s. d.).
Disegni: I disegni del Valadier pervenutici sono quelli provenienti dalla Collezione Zucchini, presso l'Accademia di S. Luca, e quelli provenienti dalla collezione Magni presso il R. Istituto di archeologia e storia dell'arte di Roma. (V. tavv. CXVII e CXVIII).
Bibl.: C. Fea, Notizie degli scavi nell'anfiteatro Flavio e nel Foro Traiano, Roma 1813; I. Ciampi, Vita di G. Valadier, ivi 1870; id., Rimini dal 1500 al 1800. Volume sesto della storia civile e sacra riminese in proseguimento all'opera del comm. Luigi Tonini, compilazione del figlio Carlo. Parte prima della storia civile, Rimini 1887; G. Giovannoni, M. Patrizi, in Nuova Antologia del 16 aprile 1927; L. Tonini, Guida del forestiero nella città di Rimini, Rimini 1893.