VANNETTI, Giuseppe Valeriano Antonio
de’ Villanova
– Nacque il 14 agosto 1719 a Rovereto da Pietro Antonio e da Costanza Montagna, famiglia di commercianti veneziani trasferitasi a Rovereto, città esente dai dazi di consumo sotto il controllo diretto della monarchia asburgica.
Ai primi studi in Austria per approfondire la conoscenza della lingua tedesca e del latino seguirono quelli presso il Collegio senese dei Tolomei, dove ricevette un’educazione nobiliare conclusa con un soggiorno a Roma per accrescere le conoscenze artistiche. Tornato in patria nel 1739, alternò lo studio dei classici latini e italiani a quelle riunioni letterarie informali all’interno della cerchia cittadina da cui, nel 1750, sorse a opera sua e di altri soci, tra i quali Bianca Laura Saibante, sposata nel 1754 e madre di Clementino (v. la voce in questo Dizionario), l’Accademia degli Agiati.
A essa, centro propulsore per oltre un secolo della cultura trentina, Vannetti, suo primo segretario, conferì un indirizzo letterario-linguistico spiccatamente filotoscano destinato a riflettersi sulle vicende del purismo, non soltanto trentino, nonché una funzione mediatrice tra cultura italiana e tedesca grazie a un centinaio di affiliati nell’area austro-germanica. L’adesione alla norma toscana poggiava sulla letteratura e sui trattati tre-cinquecenteschi, con il recupero della tradizione novellistica dei primi secoli (su tutti, Giovanni Boccaccio) e con la conseguente adozione di quel particolare volgare toscano di cui sono testimonianza le sue Rime burlesche (Rovereto 1756). Nei suoi versi ridanciani e arguti, ma appesantiti da una lingua toscana desueta, si coglieva la lezione dei sonettanti frequentati nei salotti toscani e bolognesi, nonché l’ammirazione per gli improvvisatori più celebri del tempo (Bernardo Perfetti, Marcantonio Zucco, Francesco Maria Zanotti). Una concezione dilettevole della scrittura testimoniata, su altro versante, dalla Barbalogia ovvero ragionamento intorno alla barba (Rovereto 1759; a cura di M. Della Serra, Roma 2017): una sorta di storia universale in trentasette paragrafi riconsiderata attraverso le alterne fortune della barba presso antichi e moderni, in cui la trattazione erudita veniva sviluppata con originalità e diletto.
In appendice alle Rime trovava spazio la sua traduzione del poemetto dello scienziato Daniel Wilhelm Triller, Intorno all’origine del lampo e del fulmine, prima traduzione italiana dal tedesco. Già nel 1753, Vannetti aveva letto in accademia un Discorso intorno al modo di tradurre rimasto a lungo inedito, mirato a codificare un’etica della traduzione nel rispetto dell’integrità e dell’originalità testuali, in cui confluiva l’esperienza di un esercizio traduttorio e comparatistico tra lingue diverse (ne praticava ben cinque) condotto quotidianamente.
Per Vannetti, lo scopo divulgativo e conoscitivo della traduzione era assolutamente primario, purché non a danno della lingua originaria, il cui rispetto era garanzia di conoscenza e arricchimento, giammai «di corrompimento e oltraggio» (Allegri, 2002, p. 38), nella lingua di approdo. Contro le opinioni del tempo, egli non poneva alcun limite alla traducibilità, anche in poesia, per la quale deplorava l’abitudine alla naturalizzazione forzata, convinto che il piacere del testo potesse essere colto nella sua diversità.
Una sensibilità linguistica ribadita nella Lezione sopra il dialetto roveretano (Rovereto 1762), poggiata all’autorità di Ludovico Antonio Muratori e di Scipione Maffei, il cui scopo era di nobilitare l’idioma locale attestandone alcune parentele con il toscano, per esaltarne le potenzialità poetiche.
La traduzione di Triller gli attirò l’attenzione di editori e librai italiani poco al corrente della cultura tedesca in ascesa europea. Incaricato di procurare opere di quegli autori, non si limitò al commercio librario impegnandosi anche in una preziosa attività di recensione. Le sue Lettere inviate alle Novelle letterarie di Giovanni Lami, alle Memorie per servire all’istoria letteraria di Zaccaria Seriman, Angelo Calogerà, Girolamo Zanetti e alla Storia letteraria d’Italia di Anton Francesco Zaccaria, costituiscono le prime incursioni italiane in un’area culturale finora negletta o considerata con supponenza. Si trattava di vere e proprie rassegne ragionate delle novità provenienti dalla Germania, arricchite da rilievi linguistici, riflessioni critiche, note tecniche sulle peculiarità metriche della poesia tedesca, frammenti di traduzione e considerazioni sui pregiudizi dei due popoli.
Al 1757 risalgono i primi abbozzi di un ambizioso progetto storico-corografico di suggestione muratoriana: l’Illustrazione della Valle Lagarina, interrotto all’undicesimo capitolo, come la memoria Intorno al Santuario della Madonna della Corona in Monte Baldo, intesa a sgombrare il campo dalle leggende fiorite sulla sua fondazione. A impedirne il compimento, oltre a uno stato di salute sempre più precario, intervenne dal 1758 l’incarico pubblico di consigliere e provveditore di Rovereto, durante il quale si occupò anche della spinosa vicenda dell’interdetto (1762) del vescovo di Trento alla locale chiesa di S. Marco, per l’intenzione di collocarvi il busto di Girolamo Tartarotti, colpevole di aver negato con un suo scritto la santità e il martirio del vescovo Adalpreto. Sulla vicenda, risolta d’arbitrio dall’imperatrice Maria Teresa, Vannetti stese una Breve idea d’una storia dell’interdetto dato dal vescovo di Trento, rimasta manoscritta (Rovereto, Biblioteca comunale, 72.11.(31), Varia Manuscripta, I: Raccolta di scritture relativa all’interdetto della Chiesa di San Marco). Morì a Rovereto il 14 luglio 1764.
Fonti e Bibl.: A Rovereto, nell’Archivio degli Agiati e presso la Biblioteca civica sono conservati manoscritti, in massima parte inediti, e un gran numero di discorsi, memorie, dialoghi, letture, novelle e poesie di Vannetti, oltre a documenti personali e lettere, perlopiù inedite, che testimoniano la sua ampia rete epistolare con letterati e studiosi italiani e tedeschi.
S. Ferrari, L’Accademia roveretana degli Agiati e la cultura di lingua tedesca (1750-1795), in La cultura tedesca in Italia (1750-1850), a cura di A. Destro - P. Filippi, Bologna 1995, passim; L’affermazione di una società civile e colta nella Rovereto del Settecento, a cura di M. Allegri, Rovereto 2000, passim; M. Allegri, Un passatempo onesto e dilettevole: G.V. V. (1719-1764) tra impegno civile e pratica letteraria, in I buoni ingegni della Patria, a cura di M. Bonazza, Rovereto 2002, pp. 11-50; L. De Venuto, Discorrere per lettera: carteggio G. V. V.-Giambattista Chiaramonti (1755-1764), Trento 2007.
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