Verdi, Giuseppe
Musicista (Roncole-Busseto, Parma, 1813 - Milano 1901). Di umili origini, fu iniziato allo studio della musica dall’organista Pietro Baistrocchi e perfezionò in seguito la sua istruzione sotto la guida di Ferdinando Provesi grazie all’aiuto dell’industriale, e futuro suocero, Antonio Barezzi. Iniziò a comporre musica giovanissimo, prima del suo trasferimento a Milano nel 1832, quando, non ammesso al conservatorio, iniziò a prendere lezioni private di composizione da Vincenzo Lavigna, maestro del Teatro alla Scala, con il quale continuò i suoi studi fino al 1835. Influenzato dall’ambiente culturale e musicale milanese, in questi anni Verdi si esercitò come direttore di concerti e approfondì lo studio dei classici della musica. Tornato a Busseto, nel 1836 sposò Margherita Barezzi, figlia del suo benefattore, che sarebbe morta nel 1840, poco dopo la scomparsa dei due figli della coppia ancora piccolissimi. A Busseto, mentre si dedicava all’insegnamento, Verdi iniziò a scrivere la musica per Oberto, conte di San Bonifacio, su libretto di Antonio Piazza, ma tra il 1838 e il 1839 si stabilì nuovamente a Milano. Grazie al discreto successo di Oberto, rappresentato alla Scala nel 1839, a Verdi fu offerto dall’impresario Merelli un contratto per la composizione di altre tre opere. Il clamoroso insuccesso della prima di queste, Il finto Stanislao ovvero Un giorno di regno, di genere buffo, fu superato grazie all’aiuto di Merelli che fornì a Verdi il libretto di Temistocle Solera per il Nabucco, rappresentato con esito trionfale alla Scala nel 1842, con interprete, nel ruolo di Abigaille, la celebre cantante Giuseppina Strepponi che sarebbe diventata successivamente la seconda moglie di Verdi. Rappresentata nei maggiori teatri italiani ed europei, l’opera si presenta come un grande affresco di argomento biblico sul destino del popolo ebraico sconfitto e sottomesso dal re di Babilonia Nabucco. In particolare, l’aria del coro del terzo atto, Va’ Pensiero, trovò una forte eco tra il pubblico, incontrando i sentimenti risorgimentali di amor patrio e di riscatto dalla dominazione straniera. Dal 1842, l’anno del Nabucco, al 1850 (in quelli che lui stesso definì «gli anni di galera»), Verdi scrisse e mise in scena, curando sempre di persona l’allestimento dei lavori, tredici opere: I Lombardi alla prima crociata (libretto Solera; prima rappresentazione Milano 1843), Ernani (libretto Francesco Maria Piave; Venezia 1844), I due Foscari (libretto Piave; Roma 1844), Giovanna d’Arco (libretto Solera; Milano 1845), Alzira (libretto Salvatore Cammarano; Napoli 1845), Attila (libretto Solera; Venezia 1846), Macbeth (libretto Piave; Firenze 1847), I Masnadieri (libretto Andrea Maffei; Londra 1847), Jérusalem (rifacimento di A. Royer e G. Vaëz dei Lombardi; Parigi 1847), Il Corsaro (libretto Piave; Trieste 1848), La Battaglia di Legnano (libretto Cammarano; Roma 1849), Luisa Miller (libretto Cammarano; Napoli 1849), Stiffelio (libretto Piave; Trieste 1850). Alcune di queste opere ebbero un immediato e clamoroso successo, per esempio I Lombardi, I Masnadieri e La Battaglia di Legnano; altre, dopo un’accoglienza più tiepida (Ernani) o contrastata (I due Foscari) suscitarono anch’esse l’entusiasmo del pubblico; con Ernani, inoltre, iniziava la lunga stagione di collaborazione tra Verdi e il librettista Francesco Maria Piave che si sarebbe conclusa solo nel 1862. Mentre cresceva la fama internazionale di Verdi, si delineavano alcuni tratti caratteristici della sua arte attraverso un’articolazione sempre più ricca e originale del linguaggio musicale e drammaturgico, evidenziato, quest’ultimo, nei sentimenti e nelle passioni dei personaggi e nelle prime manifestazioni di quel senso di umanità collettiva universale che sempre maggiore spaziò avrebbe conquistato nella produzione verdiana. Nel 1848 Verdi scelse come dimora stabile la villa di Sant’Agata, presso Busseto, dove avrebbe composto le sue opere maggiori accanto alla propria compagna Giuseppina Strepponi, sposata nel 1859. Dal 1851 al 1862 compose altre otto opere. Con le prime tre, Rigoletto (libretto Piave; Venezia 1851), Il Trovatore (libretto Cammarano; Roma 1853) e La Traviata (libretto Piave; Venezia 1853), le più celebri nella sua produzione, Verdi riuscì a realizzare una solida unità drammatica di tutta la partitura. Seguirono I Vespri Siciliani (libretto, in francese, E. Scribe e C. Duveyrier; Parigi 1855), Simon Boccanegra (libretto Piave; Venezia 1857), Aroldo (rifacimento dello Stiffelio; Rimini 1857), Un ballo in maschera (libretto Antonio Somma; Napoli 1859), La forza del destino (libretto Piave; Pietroburgo 1862). In questo stesso periodo Verdi, dopo qualche titubanza, accolse l’invito di Cavour a presentare la propria candidatura a deputato del Parlamento italiano, venendo eletto nel 1861 come esponente dell’area liberale e moderata. Contemporaneamente veniva elaborando, alla luce delle nuove esperienze musicali maturate in Francia e in Germania, una sempre più potente ricchezza di linguaggio. Rivide e rielaborò alcune sue opere, il Macbeth e la Forza del destino, e scrisse nel 1867 il Don Carlos (libretto Joseph Méry e Camille Du Locle). Nel 1870 accettò l’incarico di una nuova opera, commissionatagli dal khedivè d’Egitto per celebrare l’apertura del canale di Suez, su soggetto propostogli da Du Locle: fu l’Aida (stesura del libretto di Antonio Ghislanzoni), ed ebbe il suo trionfo al Cairo (1871). Seguì la composizione della Messa di Requiem, in memoria di Manzoni (prima esecuzione Milano 1874), del Quartetto per archi (1875), del Pater noster e dell’Ave Maria sui versi erroneamente attribuiti a Dante (1880). Inoltre Verdi svolse un’intensa attività direttoriale in Italia e all’estero. Nel 1874 entrava in Senato. Dal 1880 al 1886 lavorò alla stesura dell’Otello, su testo di Arrigo Boito, rappresentata con grande successo alla Scala nel 1887. Due anni dopo iniziò l’elaborazione dell’ultima sua opera, il Falstaff (libretto di Boito), rappresentata a Milano nel 1893. Le ultime composizioni verdiane sono i Pezzi Sacri (Te Deum, Laudi alla Vergine, Stabat Mater) eseguiti a Parigi (1898). Uno degli ultimi atti di Verdi fu la fondazione della Casa di riposo per i musicisti, a Milano, nella cui cappella volle essere sepolto. Dal giovanile Oberto al conclusivo Falstaff l’opera verdiana attraversa oltre mezzo secolo di storia italiana, dai primi fermenti risorgimentali all’Unità e oltre. In tutta la sua produzione Verdi ricercò sempre, all’interno di soggetti ogni volta nuovi e stimolanti (si pensi a Rigoletto e Traviata), il più adeguato rapporto tra parola e musica, entrambe al servizio della situazione drammatica, dove l’elemento comune a opere così diverse è da ricercarsi nell’unità morale e nella coerenza interna. Verdi costruisce il dramma dall’interagire dei suoi personaggi e delle situazioni, in una variegata galleria di sentimenti e atteggiamenti psicologici dei quali soprattutto mostra la contraddizione, talora tragica, tra l’anelito alla felicità dell’individuo e le leggi o i doveri sociali che lo opprimono, e lo coglie con una partecipazione velata di pessimismo. Ma al di là della sua musica e delle sue scelte artistiche, nell’Italia dell’Ottocento Verdi divenne il simbolo delle battaglie risorgimentali, quasi l’alfiere della lotta per la libertà e contro la dominazione straniera: le arie più «patriottiche» delle sue opere venivano accolte con incredibile entusiasmo nei teatri e cantate nelle piazze, contribuendo a celebrare la fama e il mito del compositore.