VIGONI, Giuseppe (Pippo). – Nacque il 9 luglio 1846 a Sesto San Giovanni da Ignazio e da Luigia Vitali, vedova di Julius Mylius, unico figlio del ricchissimo industriale serico, banchiere e filantropo tedesco Heinrich, che aveva fatto di Milano il centro della sua attività. Fu il quarto di sei fratelli (Ignazio; Luigi; Giulio, senatore; Enrichetta, che sposò Carlo Medici; Teresa, che sposò Filippo Mannati)
Studiò a Milano, prima di orientarsi verso gli studi di matematica coltivati presso le Università di Torino e di Pavia, che abbandonò per arruolarsi nel 1866, in occasione della terza guerra di indipendenza, come volontario, assieme al fratello Giulio, negli ussari a Piacenza. Avrebbe poi terminato i suoi studi all’Università di Bologna nel 1869, ottenendo la laurea in ingegneria civile e architettura.
In quello stesso anno intraprese il primo di una lunga serie di viaggi, quando il 7 agosto, assieme all’archeologo Alfonso Garovaglio, partì da Milano diretto in Siria e in Palestina, imbarcandosi a Brindisi e facendo scalo ad Alessandria, da dove, raggiunta Beirut, intraprese un itinerario che lo portò a percorrere la Siria, il Libano, la Palestina e la Giordania, soggiornando nelle più importanti città e visitando i principali siti archeologici e artistici di questi territori. Dopo una sosta a Damasco, da dove voleva proseguire oltre il Giordano per la via di Palmira, a causa di un divieto di Jane Digby, l’avventuriera che spadroneggiava allora su quelle regioni, dovette mutare l’itinerario previsto, arrivando al lago di Tiberiade e al monte Tabor con una nuova carovana e attraversando a nuoto il Giordano, dopo avere pagato un pedaggio, per piantare le tende fra le rovine di Jerash e di es-Salt. Rientrò in patria il 21 novembre 1869, dopo avere visitato Il Cairo, compiuto un’escursione sul Nilo fino a Luxor e alle rovine di Karnak e assistito all’inaugurazione del canale di Suez.
Negli anni successivi alternò viaggi lunghi e impegnativi ad altri di minore importanza: nel 1871 visitò la Francia e in particolare Parigi; nel 1872 la Sardegna, in seguito l’Inghilterra e la Scozia. Fra il 1872 e il 1873, dopo essere partito da Milano il 16 novembre 1872 assieme ad Alberto Vonwiller, per imbarcarsi a Lisbona allo scopo di visitare inizialmente il Sudamerica, approdò nella rada di Pernambuco, toccando poi Bahia, Rio de Janeiro, Entre-Rios, Petropolis, Montevideo e Buenos Aires, da dove risalì il Rio de la Plata passando per Rosario, Paraná, La Paz e Asunción prima di spingersi anche verso il Paraguay e l’Uruguay (Fray-Bentos). Lasciata definitivamente Buenos Aires il 1° marzo 1873, iniziò la parte più interessante del suo viaggio che lo avrebbe portato a percorrere con la diligenza la Pampa e a cavallo, a partire da Mendoza, le Ande. Arrivato a Santiago del Cile, si recò a Valparaiso, per raggiungere via mare il Perù, Panamá e infine, il 6 giugno 1873, San Francisco; dopo aver visitato i geyser, la foresta pietrificata, i big trees, la Yosemite Valley, la Nevada Fall, alcuni dei grandi laghi, le cascate del Niagara e le città più importanti (New York, Sacramento, Chicago, Detroit, Toronto), fece ritorno a Milano il 4 settembre 1873. Durante la sua assenza si era costituito il Club alpino italiano, al quale Vigoni si iscrisse diventando in seguito presidente della sezione di Milano e vicepresidente della sede centrale, dedicandosi nel corso degli anni a diverse scalate assieme ai più famosi alpinisti del tempo.
Nel 1878 si aggregò alla spedizione commerciale in Abissinia organizzata da Pellegrino Matteucci, che partì da Napoli il 28 novembre, raggiungendo Massaua il 14 dicembre dopo una breve sosta al Cairo. Prima che l’8 febbraio 1879 la spedizione ripartisse, Vigoni riuscì a incontrarsi con il medico Giacomo Naretti, amico personale di re Giovanni d’Etiopia, e a compiere un’escursione a scopo di studio nella regione dei Bogos. Lasciata Massaua, Matteucci e i suoi compagni di viaggio, attraversando tutta l’Abissinia settentrionale e il Goggiam, raggiunsero il Tigrè per la via di Asmara, con un viaggio non esente da difficoltà e disagi per l’insufficienza dell’equipaggiamento e per la prepotenza dei carovanieri. La cresta di Wogara venne superata trasportando i bagagli a dorso d’uomo, perché inaccessibile ai quadrupedi, e da lì fu raggiunto, il 20 maggio, il campo di Gafat nei pressi di Debra-Tabor, dove re Giovanni ricevette la comitiva. Desideroso di spingersi più innanzi, Vigoni, accompagnato da Vincenzo Ferrari e da Callisto Legnani, da Gondar si recò a Corata sulle rive del lago Tana che costeggiò fino alle sorgenti del Nilo Azzurro; ma, poiché si stava avvicinando la stagione delle piogge, i tre viaggiatori intrapresero la via del ritorno. Quando giunsero al campo di ras Area, governatore del Dembea, per un equivoco furono fatti prigionieri e minacciati, e solo dopo che venne chiarita la situazione poterono proseguire alla volta di Gondar, scalare la catena del Semien e raggiungere il Tacazzé, affluente del Nilo, gonfiato dalla piogge torrenziali, che attraversarono mentre i servi battevano le acque con i bastoni per allontanare i coccodrilli. Ad Adua ritrovarono il resto della comitiva, assieme alla quale il 24 luglio fecero ritorno a Massaua per rientrare in Italia il 27 agosto.
Dopo pochi anni di sosta dedicati alla famiglia, agli studi e all’alpinismo, nel 1885 Vigoni si recò a visitare Tunisi, Tripoli, Malta, Atene, Smirne e Costantinopoli, e l’anno successivo decise di recarsi in Asia, partendo il 18 luglio e raggiungendo, accompagnato dal barone Carlo Galbiati, prima Vienna e Varsavia, e poi Pietroburgo e Mosca. Dopo aver incontrato a Odessa l’amico Achille Puricelli Guerra (a Nižnij Novgorod Galbiati era ripartito per l’Italia), percorse assieme a lui i campi di battaglia della Crimea, il Caucaso e l’Armenia, visitando la vallata di Astafà, Ani, Deligianni, Eschmiatzin e Alessandropoli, non avendo ottenuto dal governatore di Tiflis il lasciapassare per Merv, Bukhara e Samarcanda, i due proseguirono alla volta del Daghestan, passando per il colle di Darial. In troika, su piste simili piuttosto a letti di torrenti che a strade, raggiunsero il Gunib e, infine, Derbent e Baku, visitandone i pozzi e le raffinerie di nafta e il tempio di Sura-Hanek. Attraversato il Mar Caspio, iniziarono a Rescht una cavalcata che, attraverso la Persia, li portò al Golfo Persico, visitando con attenzione, lungo il percorso, Teheran, Isfahan, le rovine di Pasargarda, Persepoli e Baghdad, prima di scendere a Sciraz attraverso le aspre montagne del Farsistan, raggiungere Buscir e imbarcarsi per la Mesopotamia. Separatosi da Puricelli, Vigoni proseguì in direzione dell’India, arrivando, in successione, a Hayderabad, Madura, Ceylon, Calcutta, ai piedi dell’Himalaya, dove tentò con successo l’ascensione di alcuni ghiacciai, e poi ancora ad Agra, Delhi, Lahore e Bombay, prima di tornare in Europa dopo un anno di assenza.
Nel 1888 venne eletto presidente della Società di esplorazione commerciale in Africa, nel cui comitato direttivo era entrato nel 1886.
Occupò questa carica fino alla sua morte (1914), cercando inizialmente di alimentare presso l’opinione pubblica l’interesse per la politica coloniale, per poi sostenere iniziative espansionistiche caratterizzate da una certa prudenza dopo la sconfitta di Adua, attestata anche dalla nuova denominazione della Società, che divenne Società italiana d’esplorazioni geografiche e commerciali, orientando alcuni obiettivi verso la Cina, l’Estremo Oriente, l’America e l’emigrazione italiana verso quei territori, anche se non cessarono le iniziative in Africa, come quelle legate ai soccorsi della spedizione Casati e alle spedizioni guidate da Gian Pietro Porro e da Ugo Ferrandi.
A partire dal 1881, quando venne eletto nel Consiglio comunale di Milano, ottenendo, fra il 1883 e il 1885, l’incarico di assessore all’edilizia, Vigoni si diede anche all’attività politica e fra il 28 settembre 1892 e il 20 luglio 1899 (con una breve interruzione fra il giugno del 1894 e il febbraio del 1895 quando, avendo rassegnato le dimissioni, fu sostituito dal commissario regio Borasi), ricoprì la carica di sindaco: fra gli interventi che favorì e promosse vanno ricordati la municipalizzazione del servizio tramviario, la costruzione dell’ospedale dei Contagiosi, la sistemazione del nuovo parco, l’unificazione tributaria del Comune e la riforma del dazio. Dopo avere fallito la nomina nelle file dei moderati alle elezioni del 1898, nel 1900 venne nominato senatore del Regno, sedendo in Parlamento fra le fila della Destra dalla XXI alla XXIV legislatura, nel corso delle quali ricoprì l’incarico di membro della Commissione di finanze (dicembre 1913-febbraio 1914) e di commissario di vigilanza al Fondo per l’emigrazione (marzo 1908-febbraio 1914), entrando a far parte anche del Consiglio dell’emigrazione, e intervenne spesso nel corso delle discussioni relative ai provvedimenti sulle colonie, come in occasione del progetto di legge sull’ordinamento della colonia Eritrea (maggio 1903). Sostenne in modo particolare l’occupazione della Libia.
Nel 1904 sposò Catulla Mylius (1875-1973), discendente da Johann Jacob Mylius, fratello maggiore e socio di Heinrich; ebbero un figlio, Ignazio (1905-1983).
L’ultima sua fatica fu la redazione della prefazione, che apparve postuma (1914), di un manuale coloniale, compilato da Paolo Revelli, docente di geografia all’Università di Genova, del quale Vigoni aveva sollecitato fin dal 1905 la compilazione e la pubblicazione.
Morì il 15 febbraio 1914 nella frazione Loveno di Menaggio (Como), nel cui cimitero riposa assieme alla moglie e al figlio.
Nel corso della sua esistenza ricevette numerose onorificenze, fra cui quella di commendatore dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro prima (4 gennaio 1894) e di grand’ufficiale poi (6 luglio 1896), e la medaglia commemorativa delle campagne delle guerre d’indipendenza. Fu anche membro del consiglio d’amministrazione della Banca commerciale italiana dal marzo del 1907 al febbraio del 1914, nonché presidente del Commissariato per l’emigrazione e presidente del comitato lombardo della Croce Rossa.
Opere. Un’escursione al di là del Giordano (1869), in Bollettino della Società geografica italiana, V (1870), pp. 61-104 (resoconto redatto assieme ad A. Garovaglio); Abissinia, giornale di viaggio, Milano-Napoli-Pisa 1881 (resoconto redatto sulla scorta del manoscritto di Vigoni, edito da H. Grieco, Il diario inedito del viaggio in Abissinia di Pippo Vigoni, in Gli Annali dell’Africa italiana, IV, 1941, pp. 860-902); Per monti e per valli (Ricordi e confronti), Milano 1898. Una raccolta di suoi scritti (Viaggi, Milano 1936) uscì postuma per iniziativa della Società geografica italiana e del Comune di Milano. Numerosi suoi articoli, lettere e resoconti, relativi alle colonie italiane, vennero pubblicati fra il 1886 e il 1913 su L’esplorazione commerciale (v. l’elenco in C. Della Valle, I pionieri italiani nelle nostre Colonie. Appunti storico-bibliografici, Roma 1931, pp. 151-154). Si veda anche H. Grieco, Il diario inedito..., cit.
Fonti e Bibl.: Numerosi documenti di Vigoni o a lui relativi si possono reperire a Roma nei seguenti archivi: Archivio storico della Società geografica italiana, Archivio storico del ministero dell’Africa italiana, Archivio storico-diplomatico del ministero degli Affari esteri e Archivio del Museo africano (per quest’ultimo cfr. C. Filesi, L’Archivio del Museo africano in Roma. Presentazione e inventario dei documenti, Roma 2001, ad ind.). Vedi pure gli Atti parlamentari, Discussioni, che contengono gli interventi da lui effettuati fra il 1900 e il 1916, pubblicati anche in G. Vigoni, Viaggi, cit., pp. 329-377.
A. Annoni, Il Senatore Pippo V., in L’Esplorazione commerciale, XXIX (1914), pp. 42-46; V. Novarese - L. Bodio, Commemorazione di G. V., in Bollettino della Società geografica italiana, XLVII (1914), pp. 837-842; Cinquant’anni di vita della sezione di Milano del Club alpino italiano, Milano 1923, pp. 105-107; C. Giardini, Italiani in Africa Orientale. Pagine di pionieri, Milano 1936, pp. 81-99; A. Milanini Kemény, La Società d’esplorazione commerciale in Africa e la politica coloniale (1879-1914), Firenze 1973, ad ind. (in partic. pp. 173-187); A. Del Boca, Gli Italiani in Africa Orientale dall’Unità alla marcia su Roma, Roma-Bari 1976, pp. 85-93; I Mylius-Vigoni. Italiani e tedeschi nel XIX e XX secolo, a cura di F. Baasner, Firenze 1994; C. Ghezzi, Pippo V. e l’Africa: un colonialismo critico, in Il Politico, LXIII (1998), pp. 87-109 (v. anche in Id., Colonie, coloniali. Storie di donne, uomini e istituti fra Italia e Africa, Roma 2003, pp. 67-89).