VITALI, Giuseppe
– Nacque a Ravenna il 26 agosto 1875 da Domenico e da Zenobia Casadio.
Nel 1895 si iscrisse alla facoltà di matematica presso l’Università di Bologna dove conobbe Cesare Arzelà e Federigo Enriques, che appoggiarono la sua richiesta per una borsa di studio per la Scuola normale superiore di Pisa, dove si trasferì nell’autunno del 1897. Il 3 luglio 1899 si laureò in matematica con una tesi sulle funzioni analitiche sulle superfici di Riemann, suggerita da Luigi Bianchi. Nella primavera del 1902 ottenne l’abilitazione all’insegnamento. Per due anni fu assistente di Ulisse Dini presso la cattedra di calcolo infinitesimale. Lasciò l’Università per accettare un posto nella scuola; insegnò alla scuola tecnica di Sassari e successivamente, fino all’autunno del 1904, al liceo di Voghera. In questo periodo riallacciò rapporti scientifici con Arzelà. Fu trasferito al liceo Cristoforo Colombo di Genova e divenne assistente straordinario alla cattedra di calcolo infinitesimale nell’Università, dove conseguì la libera docenza di calcolo infinitesimale. Alcuni dei lavori pubblicati in questo periodo sono di tale importanza da collocarlo tra i principali matematici italiani dell’epoca e tra i maggiori specialisti mondiali di analisi matematica.
Fino al 1921 Vitali si interessò principalmente alla teoria delle funzioni analitiche e a quella delle funzioni di variabile reale.
In Sulle funzioni analitiche sopra le superficie di Riemann (in Rendiconti del Circolo matematico di Palermo, XIV (1900), pp. 202-208) estese alle superfici di Riemann il classico teorema di Mittag-Leffler sull’esistenza di funzioni uniformi con singolarità assegnate. In Sopra le equazioni differenziali lineari omogenee a coefficienti algebrici (in Annali della Scuola normale superiore di Pisa. Classe di scienze, s. 1, IX (1904), pp. 1-57), trattò delle equazioni differenziali lineari omogenee a coefficienti razionali su una superficie di Riemann, dimostrando che il numero di equazioni di Appell del secondo ordine linearmente indipendenti che hanno equazioni integrali dappertutto regolari può essere: 2p-2, 2p-1 o 2p (p = genere della superficie di Riemann) e che vi sono esempi di tutti e tre i casi. In Sopra la serie di funzioni analitiche (in Annali di matematica pura ed applicata, X (1904), pp. 65-82) ottenne con estrema semplicità ed eleganza il seguente risultato: se una successione di funzioni analitiche (finite e monodrome) è convergente entro un campo semplicemente connesso, e se nessuna di dette funzioni assume due valori fissi e distinti, allora la funzione limite è analitica.
Nei lavori Sulla condizione di integrabilità delle funzioni (in Bollettino dell’Accademia Gioenia di Catania, LXXIX (1903), pp. 27-30) e Sulla integrabilità delle funzioni (in Rendiconti del Reale Istituto lombardo di scienze e lettere, s. 2, XXXVII (1904), pp. 69-73) dimostrò che l’insieme dei punti di discontinuità di una funzione Riemann-integrabile è di misura nulla e che, viceversa, una funzione i cui punti di discontinuità godano di questa proprietà è sempre Riemann-integrabile. In Una proprietà delle funzioni misurabili (ibid., XXXVIII (1905), pp. 599-603) caratterizzò le funzioni misurabili secondo Lebesgue come quelle quasi continue. Questo importante risultato è impropriamente attribuito a Nikolaj N. Lusin.
In Un contributo all’analisi delle funzioni (in Atti della Reale Accademia dei Lincei. Rendiconti della classe di scienze fisiche, matematiche e naturali, s. 5, XIV (1905), pp. 365-368) dimostrò che le funzioni di Baire sono tutte e solo quelle misurabili secondo Borel. In Sulle funzioni integrali (in Atti della Reale Accademia delle scienze di Torino, XL (1904-1905), pp. 1021-1034) introdusse il concetto di assoluta continuità e dimostrò che esso fornisce la condizione necessaria e sufficiente perché una funzione sia integrale indefinito di una funzione integrabile. Dimostrò anche che ogni funzione assolutamente continua è a variazione limitata ma che non vale il viceversa, esibendo il primo esempio di funzione a variazione limitata che non è assolutamente continua (la funzione di Vitali o ‘scala del diavolo’). In Sull’integrazione per serie (in Rendiconti del Circolo matematico di Palermo, 1907, vol. 23, pp. 137-155) dimostrò che condizione necessaria e sufficiente perché una serie di funzioni finite e integrabili su un insieme misurabile di misura finita sia integrabile completamente per serie è che essa converga e che gli integrali delle sue somme parziali siano equi-assolutamente continui. Questo risultato generalizza quelli di Henri Léon Lebesgue e Beppo Levi sull’integrazione per serie e fu esteso da diversi autori (teorema di Vitali-Hahn-Saks).
In Sui gruppi di punti (ibid., 1904, vol. 18, pp. 116-126) introdusse le nozioni di misura di un insieme di punti, cui giunse senza conoscere i lavori di Lebesgue. In Sul problema della misura dei gruppi di punti di una retta (Bologna 1905) trovò il primo controesempio di un insieme non misurabile secondo Lebesgue, riportato in tutti i testi sulla teoria dell’integrazione.
A degna chiusura di questa serie di importantissimi lavori, in Sui gruppi di punti e sulle funzioni di variabili reali (in Atti della Reale Accademia delle scienze di Torino, XLIII (1907-1908), pp. 229-246) dimostrò il teorema di ricoprimento di Vitali, che ebbe innumerevoli estensioni e applicazioni.
Questi straordinari risultati, ottenuti in meno di dieci anni, non furono però sufficienti ad assicurargli un posto all’Università, per il quale dovette attenderne altri quattordici.
Tra il 1909 e il 1922 la sua produzione scientifica subì un deciso rallentamento, anche per l’estendersi dei suoi interessi al campo amministrativo e sociale. Svolse intensa attività sindacale nell’ambito della Federazione nazionale insegnanti scuola media di cui fu per molti anni responsabile per la sede di Genova. Partecipò attivamente alla vita amministrativa del capoluogo ligure come consigliere comunale e come assessore alle Belle Arti e alla Pubblica Istruzione. Nel 1922 venne finalmente chiamato sulla cattedra di analisi matematica dell’Università di Modena, cominciando solo allora la carriera universitaria. Nell’autunno del 1923 si trasferì alla cattedra di analisi infinitesimale dell’Università di Padova. Verso la fine del 1926 fu colpito da emiplegia. Pur gravemente menomato nel fisico, proseguì con vigore l’attività didattica e scientifica. Nel 1930 si trasferì a Bologna sulla cattedra di analisi matematica.
Se tra il 1908 e il 1921 Vitali aveva pubblicato solo quattro brevi note, dal 1922 alla data della sua scomparsa pubblicò circa cinquanta lavori. Di questi, una decina completano e integrano risultati che aveva già ottenuto nel campo dell’analisi reale.
Tra questi spicca il Teorema di Banach-Vitali (Sulle funzioni continue, in Fundamenta mathematicae, VIII (1926), pp. 175-188): la condizione necessaria e sufficiente perché una funzione continua f: (a,b)-›(c,d) sia a variazione limitata è che sia convergente la serie delle misure dei sottoinsiemi S(r) degli elementi di (c,d) con almeno r controimmagini. Se la serie è convergente, la sua somma coincide con la variazione totale della funzione.
Il campo di ricerca cui dedicò gli sforzi maggiori a partire dal 1922 non fu però la teoria delle funzioni reali ma la geometria differenziale. Concepì infatti un originale e ambizioso programma per la costruzione di un calcolo differenziale assoluto negli spazi di Hilbert. Vitali raccolse i risultati dei suoi lavori in questo campo nella monografia Geometria nello spazio hilbertiano (Bologna 1929), ma il loro impatto fu modesto.
Fu membro dell’Accademia delle scienze di Torino (1928), dell’Accademia dei Lincei (1930) e dell’Accademia delle scienze di Bologna (1931). Ottenne la medaglia dell’Accademia delle scienze detta dei XL (1927) e fu membro del Circolo matematico di Palermo e della Société polonaise de mathématique.
Al termine di una lezione, passeggiando sotto i portici di Bologna con il collega Enea Bortolotti, fu colto da un malore improvviso.
Morì il 29 febbraio 1932.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione generale dell’Istruzione universitaria, Fascicoli personali dei professori ordinari, II serie (1900-1940), b. 166, f. Giuseppe Vitali; Direzione generale dell’Istruzione superiore, Biblioteche e affari generali (1896-1910), Libera docenza, b. 342, f. Giuseppe Vitali.
A. Tonolo, Commemorazione di G. V., in Rendiconti del Seminario matematico dell’Università di Padova, III (1932), pp. 67-81; L. Pepe, G. V. e l’analisi reale, in Rendiconti del Seminario matematico e fisico di Milano, LIV (1984), pp. 187-201; G. Vitali, Opere sull’analisi reale e complessa. Carteggio, a cura dell’Unione matematica italiana, Bologna 1984; M. T. Borgato, G. V.: real and complex analysis and differential geometry, in Mathematicians in Bologna 1861-1960, a cura di S. Coen, Basel 2012, pp. 31-56.