ZAMBIASI, Giuseppe (in arte Joseph Bellomo)
– Nacque a Taio, in Val di Non, il 28 marzo 1754, terzogenito di Francesco, commerciante di seta e tenente della milizia urbana, nobilitato nel 1747, e di sua moglie Franziska Fuchshuber; fu battezzato con i nomi di Giovanni Giuseppe Agostino Gabriele.
Morto il padre nel 1772, cercò impiego come «uno dei segretari della cancelleria italiana in Vienna», a detta di una testimonianza aneddotica non suffragata da documenti (Wielands Briefwechsel, 1992); ma ben presto si aggregò alla compagnia teatrale italiana di Giuseppe della Tavola, versata nel genere del Singspiel, ossia nel teatro d’opera con dialoghi recitati senza canto. Lì dovette fare la conoscenza della cantante Teresa Nicolini, nata probabilmente nel 1759 da Giuseppe Nicolini e da Anna Gardini (e non già, come spesso si legge, figlia di Niccolò Grimaldi, soprannominato Nicolini, il noto capocomico di una troupe di bambini denominata ‘I piccoli hollandesi’).
Nel 1776 la compagnia Della Tavola venne scritturata a Graz per completare con opere italiane il cartellone tedesco del nuovo teatro degli Stati stiriani. Zambiasi, assunto il nome d’arte Bellomo, rivestì ben presto compiti direttoriali. Nel 1777 sposò Nicolini, seconda donna (più avanti ricoprì anche parti di prima donna). Quanto a lui stesso, comparve soltanto in particine secondarie: infatti, a detta di Martin Wieland, egli era «bensì uomo di garbo, e molto ben fatto, ma nient’affatto attore» (Wielands Briefwechsel, 1992). A Graz incontrava soprattutto l’opera buffa, meglio se di piccole dimensioni, del tipo La fiera di Venezia di Antonio Salieri o La frascatana di Giovanni Paisiello, date in italiano.
Nel 1779 l’impresa teatrale fu assunta da Francesco Guerrieri. La coppia Bellomo, assai gradita al pubblico e alla critica, lasciò Graz per Vienna, dove era vacante un posto di soprano nel teatro di corte. Il debutto di Teresa nella parte di Hannchen nella versione tedesca del Finto pazzo per amore di Antonio Sacchini (6 aprile 1779) le fruttò tuttavia un giudizio piuttosto aspro dell’imperatore Giuseppe II, che al fratello Leopoldo, granduca di Toscana, ne diede per lettera una non lusinghiera descrizione: bruttina, voce flebile e nasale, marcato accento italiano. Nel 1781 i due italiani si trasferirono a Münster in Vestfalia dove il teatro di città era diretto da Hermann Adolf von Nagel zu Vornholz (e lì Bellomo fece stampare la sua traduzione dell’Amore innocente di Salieri); morto l’impresario (febbraio 1782), passarono al teatro di corte di Dresda sotto la gestione di Pasquale Bondini. Ivi nel 1783 Bellomo assunse la direzione del teatro estivo a Linkischen Bad, oltr’Elba. Alla testa di una troupe costituita dapprima in prevalenza da attori tedeschi del sud, si fece valere in alcune trasferte a Weimar, talché il duca Carlo Augusto gli affidò la condotta del teatro, che fino ad allora era stato gestito su scala amatoriale nell’entourage di Johann Wolfgang von Goethe.
Dal 1784 la troupe operò non già come compagnia ducale, fu però alle dipendenze artistiche e finanziarie del maresciallo di corte. Tra l’altro, in particolare, offriva «operine, soprattutto italiane, che, voltate in tedesco (a pro di chi non intendeva la lingua), riuscivano assai piacevoli» (Wielands Briefwechsel, 1992). Durante la stagione da ottobre-novembre a Pasqua dava spettacolo ogni martedì, giovedì e sabato, totalizzando fino al 1791 più di settecento serate; negli altri mesi faceva il giro di Altenburg, Dessau, Eisenach, Erfurt, Gotha, Magdeburg, Merseburg ecc., ma soprattutto si esibiva a Bad Lauchstädt, dove Bellomo gestì su concessione un teatro estivo, allestito a proprie spese, invero piuttosto redditizio.
L’organico di Weimar era oscillante. Senza contare gli attori di passaggio, nel 1797 un cronista contò non meno di sessanta membri stabili o saltuari nella compagnia, tra di loro parecchi di collaudata esperienza. Come stelle di prima sfera brillarono nel dramma di parola Sophie Ackermann (nata Tschorn), una delle maggiori attrici dell’epoca, e nell’opera Teresa Bellomo, che un critico benevolo giudicò «cantante di eccellenti qualità», dotata di un ambito vocale assai ampio (Neues Theater-Journal, 1789, n. 2, p. 64). Non è tuttavia improbabile che nel giudicarla «una delle primissime cantanti di Germania» il lessicografo Ernst Ludwig Gerber si basasse su un mero flatus vocis, magari alimentato ad arte, come pure negli sparuti dati biografici forniti nel suo Historisch-biographisches Lexicon der Tonkünstler (I, Leipzig 1790, col. 129).
Il repertorio offerto agli spettatori negli anni di Weimar non si differenziava granché da quello delle scene maggiori di lingua tedesca. Un quarto abbondante consisteva di spettacoli musicali: Singspiele, balletti, opere buffe di Pasquale Anfossi, Domenico Cimarosa, Paisiello, Niccolò Piccinni, Salieri e Giuseppe Sarti in versione tedesca; ma anche composizioni teatrali di Georg Anton Benda, Karl Ditters von Dittersdorf, Christoph Gluck e Wolfgang Amadé Mozart; in aggiunta, compositori stanziali oggi dimenticati come August Burgmüller, Ernst Wilhelm Wolf, o Benedikt Kraus che tra l’altro musicò il libretto Amors Zufälle di Bellomo. Nel teatro di parola predominavano le pièces del giorno, di commediografi come Joseph Marius von Babo, Christoph Friedrich Bretzner, August Wilhelm Iffland, August von Kotzebue o Friedrich Ludwig Schröder; tra gli austriaci, Cornelius Hermann von Ayrenhoff, Philipp Hafner, Johann Rautenstrauch e Johann Gottlieb Stephanie. Ma non mancarono titoli meno effimeri, accanto beninteso a Goethe e Gotthold Ephraïm Lessing, Friedrich Schiller e William Shakespeare. «Il repertorio di Bellomo era pregevole»: il giudizio compiaciuto che nel 1791 Goethe annotò nei suoi Tag- und Jahreshefte (Poetische Werke, Berliner Ausgabe, XVI, Berlin 1981, p. 18) andrà letto almeno in parte pro domo, visto che, essendogli stata in quell’anno affidata la direzione del teatro, mantenne in cartellone non meno di ottantaquattro titoli della gestione precedente.
Fin dall’anno prima, nel 1790, il duca si era deciso a ergere il palcoscenico di Weimar al rango di un teatro di corte, elevandone nel contempo il livello. Gli storici del teatro hanno spesso ricondotto tale intendimento a presunte carenze artistiche della gestione Bellomo, che già dalle critiche coeve talvolta traspaiono. Ma tali giudizi andranno visti a loro volta come espressioni di un diffuso risentimento contro l’infiltrazione della cultura di provenienza cattolica, peraltro già all’epoca non univoco: il Neues Theater-Journal, per esempio, assegnò a Bellomo «la palma tra i capocomici tedeschi quanto a perspicacia e fervore artistico» (fasc. 2, Leipzig 1789, p. 61).
Per finire fu Bellomo stesso a disdire il contratto, essendogli giunta da Graz la proposta di prendere il posto di Roman Waizhofer nella direzione del teatro degli Stati stiriani. Per l’addio da Weimar, il 5 aprile 1791, diede il dramma Das Kind der Liebe di von Kotzebue, indi con una parte della troupe (tra cui gli Ackermann marito e moglie) si mise in viaggio per la Stiria: il 25 aprile il dramma Emilia Galotti di Lessing aprì a Graz una stagione che copriva l’anno intero con cinque-sei recite a settimana. Anche la moglie di Bellomo, Teresa, si trasferì a Graz, ma la coppia si separò infine: sino al 1799 lei è documentata in altre compagnie di giro in Galizia e Slesia. La figlia legittima Caroline Friederike, nata nel 1789, restò a quanto pare con il padre; un maschio, nato nel 1784, che Bellomo non aveva voluto riconoscere, seguì la madre.
A Graz, nei primi anni, il repertorio fu del tutto paragonabile a quello di Weimar, ma con un costante incremento di novità (anche di drammaturghi locali, come Johann Kalchberg), mentre calava la frequenza degli autori che oggi consideriamo ‘classici’, come Lessing, Goethe e Schiller. L’accento posto sugli allestimenti operistici, e in particolare su Mozart – le sue opere importavano circa un decimo delle recite totali –, trovò ampia rispondenza nel pubblico. Nel 1793 si dovette a Bellomo la prima di Zauberflöte in Graz, con il tenore Benedikt Schack, che due anni prima aveva creato a Vienna la parte di Tamino. Non minor talento economico dimostrò Bellomo con l’offerta di altri generi: balli in maschera, serate danzanti, festini di carnevale, serate di divi in transito, come i ballerini Salvatore e Maria Viganò.
Un secondo rinnovo triennale del contratto non fu concesso all’apprezzato direttore del teatro, nonostante il patrocinio dei maggiorenti, in seguito alle contrarietà che Die Waldmänner di Emanuel Schikaneder e Johann Baptist Henneberg avevano suscitato fin dal 1794 nel governatore Franz-Joseph von Wurmbrand. All’approssimarsi dell’esercito napoleonico parte della troupe fuggì, talché neppure la recita d’addio dell’8 aprile 1797 poté avere luogo. Karl Friedrich Domaratius, già membro della compagnia di Weimar, succedette a Bellomo. Il quale, ormai benestante, rimase a Graz, divenne agente di commercio, e più tardi gestì una taverna assai frequentata nei dintorni, denominata Panoramahof. Non tornò più alle scene; le sue candidature alla direzione di teatri a Brno (1803) e a Graz (1806, 1819) rimasero lettera morta.
Morì a Graz il 18 ottobre 1833; frattanto era tornato a fregiarsi del cognome di famiglia, Zambiasi.
Fonti e Bibl.: Critiche e resoconti anonimi in periodici teatrali coevi, in particolare in: Chronologisches Verzeichniß der Bellamoischen [sic] Gesellschaft, in Neues Theater-Journal, fasc. 2, Leipzig 1789, pp. 47-77; Chronologie des Theaters zu Weimar, in Annalen des Theaters, XX (1797), pp. 44-74.
R. Baravalle, Joseph Bellomo, in Blätter für Heimatkunde, IV (1926), 9-10, pp. 65-71; H. Orthofer, Joseph Bellomo und das Grazer Theater, Graz 1931; M. Zambiasi, Giovanni Bellomo: un precursore di Volfango Goethe, in Studi trentini di scienze storiche, XVI (1935), pp. 42-60, 187-202; R. Baravalle, Joseph Bellomo. Ein Grazer Theaterdirektor der klassischen Zeit, in Historisches Jahrbuch der Stadt Graz, I (1968), pp. 59-80; K. Fleischmann, Das steirische Berufstheater im 18. Jahrhundert, Wien 1974, ad ind.; R. Flotzinger, Die Anfänge des deutschsprachigen Musiktheaters in Graz, in Muzikološki zbornik, XVIII (1982), pp. 23-41; H. Fussy, Als Graz zu einer Mozartstadt wurde, in Historisches Jahrbuch der Stadt Graz, XVI-XVII (1986), pp. 93-132; Wielands Briefwechsel, VIII, 1, a cura di A. Schneider, Berlin 1992, p. 177; J.A. Rice, Antonio Salieri and Viennese opera, Chicago 1998, p. 285; B. Boisits, Bellomo (Edler von Z.), Joseph, in Österreichisches Musiklexikon, I, Wien 2002, p. 129; Ch. Pollerus - H. Haslmayr, Die Grätzerische Pallas, in Steiermark: Wandel einer Landschaft im langen 18. Jahrhundert, a cura di H. Heppner - N. Reisinger, Wien 2006, pp. 345-373; M. Hochmuth, Chronik der Dresdner Oper, III, Das Theater auf dem Linckeschen Bad, Dresden 2011, pp. 30, 64 s., 97, 99, 109; N. Oellers, Bemerkungen über Joseph Bellomo und seine Leitung des Grazer Theaters, in Literatur - Geschichte - Österreich, a cura di Ch. Fackelmann - W. Kriegleder, Wien 2011, pp. 271-277; Die Frühzeit des Weimarischen Hoftheaters unter Goethes Leitung (1791 bis 1798), a cura di B.Th. Satori-Neumann, II, Kommentar, a cura di L. Schirmer, Berlin 2013, pp. 21-37; Ch. Neuhuber, Nicolini und die Anfänge der ‘Piccoli Hollandesi’, in Nestroyana, XL (2020), pp. 125-145.