ZAMPONI, Giuseppe
ZAMPONI (Zamboni, Samponi), Giuseppe (Gioseffo). – Nacque probabilmente a Roma nel primo decennio del Seicento; non si conoscono i nomi dei genitori.
Fu forse allievo di Paolo Tarditi, cui successe il 1° novembre 1629 come organista nella chiesa dei Ss. Giacomo e Ildefonso degli Spagnoli, dov’è documentato fino alla fine di maggio 1638 con una paga di 6 scudi mensili.
Nel febbraio di quell’anno era entrato al servizio del cardinale Pier Maria Borghese come aiutante di camera. Dopo la prematura morte del porporato, avvenuta il 15 giugno 1642, lasciò Roma per trasferirsi Oltralpe: l’anno dopo uno Zamponi risulta impiegato in Polonia come organista nella cappella di Carlo Ferdinando Vasa, vescovo di Breslavia e di Płock, al fianco di Marcantonio Ferrucci e Giovanni Vanerello, entrambi cantanti già attivi a Roma (Przybyszewska-Jarmińska, 2015). Negli ultimi mesi del 1647 subentrò a Giovanni Pietro Finatti nella direzione della musica da camera alla corte brussellese dell’arciduca Leopoldo Guglielmo d’Asburgo, fratello dell’imperatore Ferdinando III e governatore dei Paesi Bassi spagnoli: a Zamponi, che al nobile aveva reso omaggio con la dedica di una messa, l’incarico fruttò 3096 fiorini annui nel 1648, con un incremento di 349 fiorini e 12 patardi a partire dall’anno dopo.
A Bruxelles, dove risiedeva dall’aprile 1647, l’arciduca si dimostrò cultore e protettore dell’arte, della musica e del teatro. Tramite una fitta rete di agenti e corrispondenti, cercò di ingaggiare per la sua corte i migliori musicisti del tempo (tra di loro Giacomo Carissimi, che però declinò l’invito; cfr. Bennett, 2013, pp. 21 s.): la predilezione di Leopoldo Guglielmo per la musica italiana è dichiarata nell’Aula sacra principum Belgii (Anversa 1650), commentario di Jules Chifflet, fratello dell’erudito Jean-Jacques, cappellano di corte, in cui si riferisce che l’arciduca, «restitutam saepius arte, et evocatis identidem Romam cantoribus, cappellae cantum Italam suavitate condiri voluit, accersito Iosepho Zamponi Romano; quo praeside plus satis constat dulci vocum harmoniam symphoniacos inter se devinciri atque audientium aures blandioris soni dulcedine permulceri» (p. 97). In città il governatore promosse la costruzione della Salle de la Montagne Sainte-Élisabeth, che tra il 1650 e il 1706 avrebbe ospitato compagnie di comici professionisti, e affidò a Leo van Heil, architetto di corte, la realizzazione di un teatro nella sua residenza a palazzo del Coudenberg, trasformando a tal uopo gli spazi della galleria degli imperatori: le decorazioni, eseguite, tra gli altri, dai pittori fiamminghi François Coppens e Jan van den Hoecke, arrivarono a costare 80.000 fiorini (l’edificio fu poi devastato da un incendio divampato nel 1731).
Zamponi fornì la musica per l’Ulisse all’isola di Circe, dramma allegorico di soggetto omerico allestito il 24 febbraio 1650 (con repliche il 26 e il 28) nel nuovo teatro di corte per festeggiare in absentia le seconde nozze di Filippo IV re di Spagna con la figlia quindicenne dell’imperatore, Maria Anna (il matrimonio era avvenuto a Navalcarnero, presso Madrid, nell’ottobre 1649, un anno dopo quello per procura). La paternità dei versi è attribuibile ad Ascanio Amalteo, il quale firmò uno dei due componimenti encomiastici (l’altro riporta il nome di Domenico Serragli de’ Conti, chapelain d’honneur dell’arciduca) pubblicati in apertura del libretto stampato a Bruxelles da Hubert Anthoine-Velpius lo stesso anno, ma soltanto a recite concluse, a scopo memoriale. Nell’avviso al lettore, lo stampatore afferma che il compositore poté assicurare «il suo nome dalla sepoltura, poiché in sì gran numero di canzone fu ciascuna sentita variata dall’altra, con un vago e non più sentito stile, adorno d’armonia sì soave che fece confessare aver questa sola virtù del divino fra’ mortali». Si trattò della prima opera in musica rappresentata nei Paesi Bassi, «ordinata, composta e rappresentata nel spazio di quaranta giorni» da una équipe interamente italiana. L’esperimento rimase tuttavia un caso isolato e non si tradusse in una duratura importazione a Bruxelles del modello operistico italiano. Per l’Ulisse, Zamponi fu ricompensato con una catena d’oro e una medaglia con l’effigie di Leopoldo Guglielmo.
Interposto fra i tre atti del dramma, fu eseguito un grandioso ballet à entrées di gusto francese del coreografo e scenografo Giovanni Battista Angelini (la tradizionale attribuzione dei balli a Giovan Battista Balbi, il quale aveva in realtà lasciato Bruxelles alla fine di giugno 1649 alla volta dell’Italia, è stata di recente messa in discussione da un attento riesame della contabilità dell’arciduca; cfr. Michelassi, 2011, pp. 201-204): nel Balet du monde le prosopopee delle nazioni, eroi e deità mitologiche – in senso barocco, l’intero ‘teatro del mondo’ – celebravano con figurazioni di danza il nome della coppia reale (sotto il titolo del balletto fu stampato l’argomento, redatto in francese e comprendente anche le scene dell’Ulisse). Lo spettacolo fu ammirato per il gran numero di persone coinvolte (il libretto dell’Ulisse, in modo forse iperbolico, dice «ben trecento in circa» tra «recitanti et operarii») e di abiti sfoggiati («ben quattrocento cinquanta»), e soprattutto per la magnificenza delle scenografie dello stesso Angelini, il quale predispose tredici macchine e nove mutazioni di scena sull’esempio delle soluzioni proposte da Giacomo Torelli nei suoi allestimenti parigini: la maestosità della messinscena, per la quale fu spesa l’esorbitante somma di 30.000 fiorini, è documentata da sette incisioni finemente colorate di Robert van den Hoecke, accluse a una copia calligrafica della partitura dell’Ulisse che Zamponi indirizzò a Vienna con dedica a Ferdinando III (il codice, unico testimone completo della musica, è oggi a Vienna, Österreichische Nationalbibliothek, Cod. 10044); le incisioni, insieme a numerose altre relative ai balli, furono inserite anche nel libretto a stampa (come si evince da un confronto con l’esemplare del libretto conservato a Bruxelles, Bibliothèque royale de Belgique, Oude en kostbare drukwerken, II 38.925 C; il nome dell’incisore compare sull’antiporta figurata).
Alla corte di Leopoldo Guglielmo l’Ulisse fu allestito nuovamente con balli e intermezzi allegorici nel Carnevale 1655, il 4 e il 7 febbraio, in occasione del soggiorno a Bruxelles di Cristina di Svezia in viaggio per Roma (nel giugno precedente la regina svedese aveva abdicato al trono per abbracciare il cattolicesimo); l’ultima sera il dramma fu rappresentato insieme al Sansón, una comedia spagnola patrocinata da Alfonso Pérez de Vivero, conte di Fuensaldaña, governatore dell’esercito. La regina ricompensò Zamponi con una catena d’oro e un suo ritratto.
Nel maggio del 1656 Leopoldo Guglielmo, destituito dal governatorato dei Paesi Bassi, lasciò Bruxelles per Vienna. Non è da escludere che Zamponi lo seguisse, come sicuramente fece Angelini, richiesto da Ferdinando III quale nuovo architetto di corte. È certo che il compositore non perse i contatti con la famiglia imperiale: morto il sovrano il 2 aprile 1657, gli fu chiesto di compilare una «Lista de’ instrumenti e libri di sua altezza serenissima l’arciducca Leopoldo Guglielmo d’Austria»; nell’inventario, dal quale emergono le predilezioni artistiche del mecenate, figurano numerosi strumenti musicali, composizioni da chiesa e musica «per servicio di tavola» (Bennett, 2013, pp. 22, 315 nota 14; e cfr. Saunders, 1996, pp. 24-27).
Zamponi ritornò a Bruxelles nella primavera 1658: lo si desume da una lettera inviatagli il 20 aprile da Constantijn Huygens, segretario dei principi d’Orange all’Aia, poeta, musicofilo e compositore egli stesso, in risposta alla sua missiva del 4 aprile: il corrispondente, che gli si professava «amico [...] affettionatissimo», si rallegrava del suo ritorno esprimendogli «la medesima consolatione che sentiamo nel ritrovar d’una gemma perduta»; nel chiedergli ragguagli sul «servicio del serenissimo signor archiduca» si stupiva di come quest’ultimo potesse «restar con patienza privo della persona di Vostra Signoria per quanto tempo ella pare n’haver la voglia, havendo pigliato casa così lontano dalla sua corte» (ed. in Duizend brieven over muziek..., 2007; Huygens avrebbe poi rievocato, nella sua autobiografia in versi, le privatissime ‘civil conversazioni’ con Leopoldo Guglielmo, accompagnate dalla musica di Zamponi: C. Huygens, De vita propria, 1678 circa, vv. 721-732).
Negli ultimi anni di vita Zamponi fu forse maestro della cappella di Massimiliano Enrico di Wittelsbach, principe elettore di Colonia: con questo titolo compare in un atto di locazione risalente al 1661.
Morì presumibilmente a Bruxelles nel febbraio 1662. Intorno al suo considerevole patrimonio, che doveva comprendere anche due abitazioni in centro città (in Miniemenstraat e in Cantersteen), si scatenò poi una diuturna battaglia legale tra i nipoti e il fratellastro.
Due composizioni a una e a tre voci di Zamponi apparvero a Roma nel 1640 nella Raccolta d’arie spirituali curata da Vincenzo Bianchi (Quel guardo ch’ardea e O lumi, che fate). Altre sue musiche vocali e strumentali sono pervenute in testimoni manoscritti: un’aria (M’è venuto fantasia) e una cantata natalizia (Signor, ecco t’adoro), tradite da una raccolta di musica di ambito romano (Roma, Biblioteca Casanatense, ms. 2490, cc. 82v-83r, 99r-100r); un Dies irae a cinque voci con strumenti e continuo (Uppsala, Universitetsbiblioteket, Carolina Rediviva, Vok. mus. i hs. 37:13 e 85:90); tre sonate per archi a due e a tre, tramandate da diverse copie (Parigi, Bibliothèque nationale de France, Département de la Musique, Rés Vm7 673; Bruxelles, Bibliothèque du Conservatoire royal, Ms. Litt. XY 24910; University of Chicago, Joseph Regenstein Library, Special collections, ms. 959; Durham, Cathedral Library, mss. D.2, D.5, D.10; Haslemere, Carl Dolmetsch Library, II.c.25; Londra, British Library, Add. Mss. 33236; Londra, Gresham College, ms. 369; Oxford, Bodleian Library, Mss. Mus. Sch., D.254 e E.400-403; attribuzioni in alcuni casi controverse, cfr. D’Ovidio, 2017, p. 124; Hoffmann, 2012); infine, sotto il nome «Zenaboni» si conserva un divertimento per cembalo obbligato, due flauti e basso (copie settecentesche delle parti in Bruxelles, Bibliothèque du Conservatoire royal, ms. 7200). Sono andate perse, invece, le due messe (una a sei voci, cinque strumenti e ripieni, l’altra a sei voci concertate, due violini e sei ripieni), un Premittus dolore a tre voci con basso continuo e il mottetto Resonent in laudibus a sei voci e basso continuo, menzionati in un inventario del 21 agosto 1666 relativo ai beni di Jean Tichon, defunto maestro della cappella reale (van der Linden, 1949); nonché una messa commissionata dall’arciduca e un paio di mottetti registrati in un inventario dell’archivio musicale della chiesa di Sint-Walburga di Oudenaarde e risalente al 1734 (Beghein, 2014).
Fonti e Bibl.: C. Huygens, De vita propria, sermonum inter liberos (1678 circa), ed. moderna in Mijn leven verteld aan mijn kinderen, a cura di F.R.E. Blom, I-II, Amsterdam 2003, ad ind. (l’ed. digitale è consultabile al link https://hdl.handle. net/11245/1.218977; 19 luglio 2020).
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