ZARA, Giuseppe
– Nacque a Fermo il 1° novembre 1856 da Cesare e da Marianna Paolini.
Si diplomò nel 1874 con un giudizio lusinghiero presso l’istituto tecnico industriale di Fermo, scuola fondata nel 1854 su iniziativa di un nobile filantropo locale, Girolamo Montani. Zara non intraprese gli studi universitari, avviandosi alla carriera di tecnico; si dedicò presto allo studio e alla progettazione di materiale ferroviario, mestiere che esercitò per tutta la vita ai livelli più alti. Il suo primo incarico, nel 1875, fu presso la Società italiana per le strade ferrate meridionali, dove rimase per quattro anni. Assunto come operaio aggiustatore, venne assegnato alle Officine di grande riparazione di Rimini, all’epoca uno degli stabilimenti più importanti del Paese. Vi erano occupati centonove fabbri e novanta falegnami che garantivano l’esercizio di quaranta locomotive e oltre trecento fra carrozze per viaggiatori e carri per trasporto merci.
Quattro anni dopo, nel 1879, venne trasferito, con la qualifica di disegnatore, all’Ufficio centrale del Servizio materiale e trazione delle strade ferrate meridionali a Firenze, al cui interno l’anno successivo venne creato l’Ufficio studi locomotive.
Quello fiorentino, impegnato soprattutto sulle locomotive ad alta velocità, non era l’unico esistente in Italia; qualche anno prima, nel 1872, ne era stato impiantato uno a Torino, nel quale prevalevano gli studi termodinamici, convergenti verso l’aumento di potenza, e dove venivano progettate macchine in un’ottica di maggiore economicità. A Torino vennero sviluppate le prime sperimentazioni sul motore compound a doppia espansione, poi introdotte anche nella sede fiorentina. Se nel campo della costruzione dei rotabili ferroviari il ritardo accumulato dall’Italia era netto rispetto ai Paesi più avanzati del continente, nel campo della progettazione invece i tecnici impegnati presso le varie società ferroviarie private acquisirono competenze assai qualificate in tempi brevi, in particolar modo a partire dalla metà degli anni Ottanta. Il buon livello di insegnamento, il fiorire di corsi di formazione e la pratica sul campo elevarono gli ingegneri ferroviari italiani verso la fine del XIX secolo all’altezza dei loro colleghi stranieri.
La prima locomotiva progettata a Firenze, per treni viaggiatori veloci, disegnata da Zara, venne costruita e consegnata nel 1883 in diciotto unità da una delle aziende produttrici di materiale ferroviario più affermate dell’epoca, la Borsig di Berlino. La l. n. 3.048 del 27 aprile 1885 detta delle Convenzioni – che confermava il carattere privato della gestione della rete ferroviaria a dispetto di una forte opposizione – rappresentò una svolta nella storia delle ferrovie italiane ottocentesche.
Oltre a favorire l’industria nazionale, imponendo alle società private di preferire le imprese italiane quando i loro prezzi non superavano del 5% le offerte di quelle estere, la legge suddivideva la rete ferroviaria fra tre amministrazioni concessionarie di esercizio. La prima era la Rete mediterranea, già Società delle strade ferrate dell’Alta Italia, dotata di una direzione generale a Milano, che accentrava tutte le funzioni amministrative e contabili, e di un servizio materiale diretto da Stanislao Fadda, con sede a Torino. La seconda era la Rete adriatica, operata dalla Società italiana per le strade ferrate meridionali, attiva fin dal 1862, con una direzione generale a Firenze e tre direzioni di esercizio suddivise per ramo a Bologna (movimento e traffico), ad Ancona (manutenzione e lavori) e a Firenze (materiale e trazione), diretta da Enrico Plancher. La più piccola era la Rete sicula, le cui direzioni generale e di esercizio erano a Palermo.
La filosofia dei primi progettisti italiani fu subito chiara: puntare sulla specializzazione dei tipi in relazione alla loro utilizzazione. Ciò significava accontentarsi di una velocità modesta per i treni merci (chiamati però a considerevoli sforzi di trazione e quindi dotati di ruote piccole ed elevato peso aderente ottenuto grazie a tre-quattro assi accoppiati), mentre i treni viaggiatori vennero concepiti con due assi e una maggiore capacità di raggiungere alte velocità. Si tese anche a limitare il peso per asse e metro lineare della macchina in modo da poter superare agevolmente le numerosissime travate metalliche che costellavano le linee della penisola, obbligando però a un’elevata vaporizzazione oraria della caldaia e quindi a un uso costante di carbone di ottima qualità. In seguito, la richiesta di potenze crescenti spinse i progettisti a elevare la pressione delle caldaie, che i progressi della metallurgia permettevano di costruire in acciaio. La possibilità di utilizzare nel ciclo termodinamico un maggior salto termico venne sfruttata in funzione di un miglior rendimento e di una contrazione dei consumi di carbone.
Le Convenzioni del 1885 non mutarono la traiettoria della carriera di Zara, che rimase al proprio posto nella sede fiorentina. In questo periodo i due uffici italiani di progettazione seguirono direzioni diverse: a Torino prevalsero gli studi termodinamici convergenti verso l’elevata pressione delle caldaie e l’impiego della doppia espansione (compound), che culminarono nella realizzazione nel 1894 della prima locomotiva italiana di questo tipo, inizialmente per treni merci poi anche per treni passeggeri. L’ufficio fiorentino dispose uno studio su una locomotiva d’avanguardia a doppia espansione, che poi sarà la 670 delle Ferrovie dello Stato, attuata con lo sdoppiamento dei cilindri e presentata con successo all’Esposizione universale di Parigi nel 1900. Una locomotiva a vapore del gruppo 680 delle Ferrovie dello Stato stabilì il 7 febbraio 1907 il record di velocità, 120 km/h, per un treno a vapore.
Negli stessi anni l’Italia impiantò le strutture di base, in termini di ingrandimento degli stabilimenti e di adozione di nuovi macchinari necessari a un decollo deciso nella produzione di locomotive grazie anche allo sviluppo di alcune grandi imprese attive nel settore come la Breda e l’Ansaldo. Per la progettazione e per la costruzione del materiale ferroviario, la nazionalizzazione costituì un momento importante permettendo un piano di massiccio svecchiamento del materiale rotabile, caratterizzato da una fortissima eterogeneità. La strada dell’ammodernamento era obbligata: 768 locomotive delle 2664 passate alle Ferrovie dello Stato avevano più di trent’anni e 652 dei 1752 carri addirittura quaranta.
Nel corso del 1906 venne stabilito un primo ordinamento del Servizio materiale e trazione, che prevedeva una divisione della trazione, una del materiale, un ufficio alle dirette dipendenze del capo servizio, un ufficio studi e collaudi del materiale rotabile – che aveva sede a Firenze, e che fu diretto dal 1912 e fino al 1922 da Alfredo Pogliaghi coadiuvato da Giuseppe Zara, nominato ispettore capo –, un ufficio studi nuovi impianti e trasformazione officine con sede a Torino e infine un ufficio contabilità materiali con sede a Firenze e a Torino. In questo periodo, Zara pubblicò uno studio dal titolo Valvola equilibrata di presa vapore con introduzione a tre periodi, per locomotive. Spessori articolati per boccole di locomotive (Firenze 1906).
Nell’organigramma dell’azienda ferroviaria nazionale, a Zara venne confermato l’incarico di responsabile dell’Ufficio studi locomotive, che rientrava nel Servizio materiale e trazione affidato a Guglielmo Cappa, proveniente dalla Rete sicula, il quale però morì due soli mesi dopo il suo insediamento. Il servizio, diviso fra Roma e Firenze, sotto la direzione del nuovo responsabile Nicolò Nicoli iniziò subito un lavoro di aggiornamento e potenziamento del parco rotabili. Coadiuvato dai collaboratori che egli stesso aveva scelto e formato, tra il 1905 e il 1907 Zara completò i progetti di dodici nuovi gruppi di locomotive e di venti nuovi tipi di veicoli. Già nel novembre 1905 vennero consegnati 3000 carri ordinati all’industria privata, seguiti a ruota da altri 5790. Di locomotive ne vennero ordinate 307, pari alla potenzialità di tutte le imprese attive sul mercato; altre centododici unità vennero affidate a costruttori esteri, di cui venti commissionate a imprese statunitensi a titolo di esperimento.
Il ritardo nella consegna delle locomotive, prevista per la metà del 1906, convinse la direzione generale ad acquistare 50 locomotive usate dalla società inglese Midland Railways. Fu in questo periodo che la trazione a vapore raggiunse il suo sviluppo definitivo con l’affermazione del vapore surriscaldato, che permetteva di ottenere sensibili vantaggi sia in termini di rendimento sia di potenza; la prima locomotiva a vapore surriscaldato venne ideata nel 1907 ed era in grado di raggiungere i 120 km/h. Un impegno altrettanto consistente venne profuso nel campo delle carrozze, la maggior parte delle quali all’epoca non era ancora a carrelli. Dal Servizio materiale venne progettato ex novo il Tipo 1906 nord a porte multiple e corridoio laterale in prima e seconda e centrale in terza. Ne vennero costruite 2281 unità in pochi anni; seguirono poi altri 2449 pezzi con alcune modifiche, il Tipo 1910.
Nella nuova sede fiorentina del servizio impiantata fra il 1908 e il 1910, Zara appose la propria firma a una serie di innovazioni tecniche rilevanti, attinenti da una parte alla struttura delle locomotive e dall’altra al funzionamento delle caldaie. In entrambi i casi, i ritrovati ideati saranno poi alla base di importanti successivi sviluppi. Aumentando la potenza e la velocità delle locomotive, crebbe in parallelo il bisogno di un carrello adeguato. Studiato già nell’ufficio fiorentino della Rete adriatica e poi perfezionato nel contesto della nuova azienda di Stato, il carrello RA 1904 detto ‘italiano’ o ‘Zara’ riduceva sensibilmente gli inconvenienti dovuti al moto di serpeggiamento della locomotiva, specialmente in curva. Il carrello era imperniato al telaio in modo tale da consentire un soddisfacente comportamento in marcia anche alle grandi velocità. Venne applicato in pratica, a partire dai primi anni del secolo, a tutte le locomotive, fondando una nuova generazione di macchine con i cilindri motori all’interno del telaio che garantivano una maggiore stabilità. Si trattava di una concezione nuova, che fu in seguito alla base degli studi dei carrelli applicati ai treni ad alta velocità. Frutto della capacità innovativa di Zara furono anche altri dispositivi come il regolatore a valvola equilibrata, il bilanciere orizzontale a sospensione elastica e le boccole a guida articolata: apparecchi, diffusi rapidamente, che perfezionavano il funzionamento delle locomotive e ne aumentavano la velocità.
Zara morì morì a Sanremo, dove si curava, il 1° marzo 1915.
Nello stesso anno, il Servizio trazione pubblicava l’Album dei tipi delle locomotive ed automotrici (I-II, Firenze 1915; III, Firenze 1923), un’enorme raccolta di dati e disegni tecnici relativa a tutte le locomotive in servizio, molte delle quali progettate dallo stesso Zara. Questi fu un grande e apprezzato conoscitore del mondo ferroviario, dotato di spirito d’osservazione e di intuito, qualità che gli permisero di affrontare con pragmatismo, alternando gli studi teorici alla pratica del lavoro d’ufficio, i problemi progettuali. Il suo necrologio lo definisce come figura nel mondo ferroviario italiano fra le «più geniali e simpatiche» (Giuseppe Zara, in Rivista tecnica delle ferrovie italiane, VII (1915), 4, p. 161).
Fonti e Bibl.: Cenni sulle locomotive a vapore delle Ferrovie dello Stato Italiano al 1905 ed al 1911. Notizie sugli esperimenti delle locomotive a grande velocità dei tipi più recenti, Firenze 1911; G. Z., in Fra Crispino, III-IV (1915), pp. 47-49; C. Abate, La locomotiva a vapore. Descrizione particolareggiata, funzionamento, cognizioni pratiche, ricerche tecniche, Milano 1924; 1883-1983: il Servizio materiale e trazione delle Ferrovie dello Stato. Cento anni di progettazione a Firenze (catal. Firenze), Roma 1983; M. Merger, Le officine di costruzione e riparazione del materiale ferroviario nell’area padana dal 1850 alla vigilia della prima guerra mondiale, in Padania, 1990, n. 7, monografico: Le ferrovie in Padania, pp. 130-165; Id., Le costruzioni ferroviarie, in Storia dell’Ansaldo, I, Le origini: 1853-1882, a cura di V. Castronovo, Roma-Bari 1994, pp. 191-209; A. Giuntini, Un patrimonio inestimabile per lo studio della progettazione ferroviaria in Italia: l’archivio dell’ex Servizio materiale e trazione delle Ferrovie dello Stato di Firenze, in Ricerche storiche, II (1995), pp. 401-411; Id., L’ingegnere ferroviario nell’Ottocento, in Gli ingegneri in Italia tra ’800 e ’900, a cura di A. Giuntini - M. Minesso, Milano 1999, pp. 81-99; A. De Cecco, L’officina locomotive di Rimini. Un’isola nella città, Rimini 2013; A. Carpignano, La locomotiva a vapore. Viaggio tra tecnica e condotta di un mezzo di ieri, Savigliano 2014.