GIOVANELLI, Giuseppina
Nacque nel 1848 a Rho, presso Milano, dove il padre era portinaio presso il collegio degli oblati. Intorno al 1866 si trasferì a Milano per lavorare come cameriera.
Si dice che, invitata da un giovane filodrammatico, abbia cominciato a frequentare il teatro S. Simone dapprima come spettatrice, poi come attrice. Le notizie biografiche divergono sulla natura del repertorio in cui debuttò e cioè se fosse in italiano o in dialetto: la prima ipotesi poggia su una testimonianza (riportata in Arrighi - Fontana - Jarro, Ferravilla e compagni); la seconda deriva dal Corriere della sera che il 13-14 apr. 1890, nell'articolo in memoria dell'attrice appena scomparsa, scriveva: "In via S. Simone alcuni giovanotti avevano tentato di mettere insieme una compagnia per rappresentare commedie in dialetto milanese […] Dal teatro di S. Simone, la Giovanelli passò ad un altro teatrino di dilettanti in via Castelfidardo. Quivi si incontrò con Edoardo Giraud, il quale apprezzando le qualità d'attrice della G., le fece da maestro di scuola; vale a dire le insegnò, bene o male, a leggere e a scrivere. Conoscere Giraud ed entrare quindi a far parte della compagnia del teatro milanese fu una cosa sola".
Fu comunque l'intuito del Giraud a mutare le sorti della carriera artistica della G., entrata, sin dalle origini, a far parte della compagnia del teatro Milanese, che inaugurò la sua attività sotto la direzione e per volontà di Cletto Arrighi (Carlo Righetti) il quale aveva affittato, restaurandolo e dotandolo di palchi e barcacce, il padiglione Cattaneo di corso Vittorio Emanuele, già utilizzato come teatro di varietà. Sul sipario l'Arrighi volle che fosse ritratto Meneghino mentre addita a una popolana, metafora della scena in dialetto, la via da intraprendere. Anno di fondazione del teatro Milanese fu il 1869, come si evince anche dal Rendiconto del 1873, curato dall'Arrighi che, nel comporre la summa del repertorio, non nomina il testo di cui la G. fu autrice, e cioè I mé calzon, rappresentato infatti più tardi, nel novembre 1873 (prima: 22 novembre, con 17 repliche). Ma nel Rendiconto la G. compare ovviamente come attrice ed è ricordata come la "inarrivabile Giovanelli, di cui fu detto che era stata creata apposta dalla Provvidenza per far riuscire la nostra istituzione". Come è attestato da altre fonti, nell'ambiente milanese si era consolidata l'abitudine di accostare al nome della G. l'aggettivo "inarrivabile".
Nei primi anni di vita dell'Accademia del teatro Milanese la G. ebbe una posizione di assoluta preminenza, tanto da essere considerata l'emblema stesso dell'istituzione meneghina, e ciò a partire dal successo del Barchett de Boffalora dell'Arrighi, vaudeville rappresentato la prima volta il 19 nov. 1870 e replicato 203 volte in trenta mesi. Poi, però, con l'affermazione del talento attorico e drammaturgico di Edoardo Ferravilla (E. Villani) e soprattutto a partire dal 1875, data della costituzione della compagnia Sbodio-Giraud-Ferravilla che estrometteva l'Arrighi, la G. passò in secondo piano pur continuando a ricoprire parti importanti.
Fra le sue altre celebri interpretazioni si ricordano la Ghita nel Messinelli in vacanza, la sura Girompini nell'Ultim gamber del sur Pirotta, Domenica nei Camorristi all'osteria, personaggi il cui ritratto fotografico, insieme con quello della sura Palmira Spinazzi del Barchett de Boffalora, è pubblicato in Ferravilla e compagni, dove si legge che la G. "fu celebre nella cervellera del Sur Fonsin, nella Mamma di gatt dello Sbodio, nel Sciopero di madamin, nel Pedrin in querella di Ferravilla, nell'Impegnataria del povero Stella, in tutte le altre [parti] in cui si trattava di riprodurre al vero la nostra popolana o la nostra borghese, parolaia, ridanciona, dai gusti un po' volgari e dalle toilettes di mezzo secolo fa […] Nell'Ultim gamber del sur Pirotta era d'una comicità irresistibile colle sue leziosaggini della donna matura che fa l'innamorata e nelle parti di cameriera e di servetta appariva ancora procace, birichina, tutta furberia ed eleganza". Celebri divennero i duetti con Ferravilla fra cui quello del Messinelli in vacanza in cui la G., nella parte della zia, decantava le imprese musicali dello stolto nipote. Un posto particolare meritò l'interpretazione del personaggio della lavandaia Domenica nei Camorristi all'osteria, commedia di costume ambientata in un luogo atipico: qui come altrove la critica contemporanea vide nella sua recitazione il segno felice della naturalezza.
Il superamento del cliché nella G. dovette essere frutto d'istinto, corroborato però dalla cifra stilistica dell'Arrighi e dalla sua proclamata intenzione di non affidare agli interpreti "i così detti ruoli ed il rango". La recitazione della G. era così priva di stereotipi, da poter essere accostata agli esiti delle teorie naturalistiche; e il richiamo di alcuni osservatori del tempo a É. Zola, per quanto espresso in modo piuttosto generico, se visto attraverso gli intenti programmatici dell'Arrighi è di aiuto nella decifrazione del registro attorico della G., la cui distanza dal ruolo tradizionale nelle parti di cameriera o borghese doveva consistere in una riproduzione più attenta della realtà sociale, anche se deformata in senso un po' caricaturale. Come nello Sbodio, l'attore a lei più simile per temperamento artistico, l'arte della G. trovava la sua ragion d'essere nell'imitazione della vita ambrosiana e mal si addiceva a una tipologia più "universale", del tipo imposto dalla recitazione di Ferravilla.
L'attrice morì il 12 apr. 1890 a Firenze dove si trovava in tournée.
Non essendo impegnata, quella sera si era recata all'arena Nazionale per assistere a una rappresentazione della compagnia Maggi; rincasata, nel risalire le scale dell'abitazione dove alloggiava fu sopraffatta da una sincope; venne poi sepolta nel cimitero di Trespiano (l'epigrafe fu dettata da E. Panzacchi). Lasciò una figlia che aveva destinato alla carriera di cantante.
Fonti e Bibl.: Necr. in L'Arte drammatica, 12 apr. 1890; La Nazione, 13 apr. 1890; Corriere della sera, 13-14 apr. 1890. La più attenta analisi dell'arte della G. è di A. T., Teatro milanese. La G., in L'Illustrazione italiana, 27 apr. 1890. Vedi inoltre: C. Arrighi, Il teatro milanese. rendiconto morale, letterario e amministrativo, Milano 1873, passim; C. Arrighi - F. Fontana - Jarro, Ferravilla e compagni. Studi critici e biografici, Milano 1890, pp. 149-159; E. Giraud, Le mie memorie, Milano 1911, pp. 101-105; S. Asti, Le attrici di Ferravilla, in La Voce di Milano, aprile 1991, n. 4, pp. 28 s.; G. Acerboni, Cletto Arrighi e il teatro milanese, Roma 1998; L. Rasi, I comici italiani, I, Firenze 1897, pp. 1026-1028; Enc. biogr. e bibliogr. "Italiana", N. Leonelli, Attori tragici. Attori comici, Milano 1940, pp. 435-437; Enc. dello spettacolo, V, coll. 1321 s.