PIZZIGONI, Giuseppina
PIZZIGONI, Giuseppina. – Nacque a Milano il 23 marzo 1870 da Carlo e da Virginia Bossi; prima di quattro sorelle, crebbe in una famiglia colta e borghese.
Per parte di padre, discendeva dal pittore di origini tirolesi Martino Knoller, imperial-regio pittore aulico a Milano.
«Erede di nobiltà per aristocrazia di discendenza – avrebbe scritto di sé Giuseppina – porto nel sangue una voce altera che or sì or no si fa sentire e si impone» (Storia della mia esperienza, in Pizzigoni, 1956, p. 321).
Scrittore e traduttore dal francese, di un certo nome nella Milano postrisorgimentale, in particolare di Émile Zola (Thérèse Raquin, 1878) e di Leon Claudel (I disperati, 1877), il padre era legato all’ambiente intellettuale che si muoveva intorno alla figura di Felice Cameroni e alla rivista socialista La Plebe. Fu, a sua volta, autore di romanzi di ispirazione sociale (Illegittimi e Il supplizio di una madre. Scene intime popolari, alcuni dei suoi titoli).
L’afflato democratico familiare, insieme a una spiccata sensibilità estetica, si ritrova al fondo della personalità di Pizzigoni in una tensione fra tentazione dell’arte e richiamo alla disciplina del lavoro che, se è un tratto tipico della generazione borghese tardottocentesca, finora indagata prevalentemente sul suo versante maschile, riporta pure ad alcuni dati biografici specifici del personaggio.
Al lato dell’impegno intellettuale paterno riconduce la traduzione del Viaggio dalla terra alla luna di Jules Verne che Giuseppina pubblicò per l’editore Bietti nel 1905. Ma fu sicuramente la figura materna a giocare un ruolo decisivo; non solo nell’orientamento magistrale della figlia ma, soprattutto, nella sua feroce determinazione a trasformare quello che ai suoi occhi appariva come uno scacco personale, l’obbligo di fare la maestra, in un’opera d’arte: la fondazione di una scuola rinnovata secondo le proprie riflessioni pedagogiche.
Diplomatasi maestra nel 1888, Pizzigoni entrò nel circuito delle scuole comunali milanesi fin dal 1889, prima come insegnante assistente soprannumeraria, poi come maestra di seconda classe, infine, nel 1904, in seguito a un concorso per esami e titoli, come maestra di prima categoria.
Furono questi gli anni che prepararono la grande legge di avocazione allo Stato dell’istruzione elementare del 1911, segnati da un notevole fermento pedagogico e magistrale. Proprio nel 1904 venne promulgata la legge Orlando, che innalzava l’obbligo scolastico da tre a sei anni; nel 1905 fu la volta dei programmi scolastici di Francesco Orestano contro i quali si sarebbe indirizzata la polemica di Giovanni Gentile e della pedagogia idealistica.
Pizzigoni mise la sua infelicità personale e la propria frustrazione professionale al servizio di questo impegno didattico. Dall’estero arrivavano allora molti esempi di una «scuola nuova». Insieme all’amica Maria Levi, che a differenza di lei conosceva il tedesco, viaggiò nel 1909 in Alsazia e Svizzera, dove visitò le cosiddette ‘scuole del bosco’.
Fu in questo volgere di anni che Giuseppina – guardando anche al movimento pedagogico europeo – venne concependo il disegno del suo metodo per la riforma della scuola primaria, definita sperimentale e sintetizzata nelle caratteristiche di: ambiente speciale, tempo largo e mezzi adeguati (La scuola elementare rinnovata, in Pizzigoni, 1956, p. 31).
La proposta si tradusse nel progetto di una scuola rinnovata secondo il metodo sperimentale, attorno al quale raccolse alcuni fra i personaggi più in vista del capoluogo lombardo. Mettendo a frutto le relazioni sociali garantitele dalla famiglia e potendo anche beneficiare, a partire dal 1914, del nuovo clima politico in città con la prima amministrazione socialista di Emilio Caldara, Pizzigoni, che aveva rapporti personali con Anna Kuliscioff, costituì un comitato promotore presieduto dal senatore Giovanni Celoria e forte, tra gli altri, del neurologo Eugenio Medea, dello psicologo Zaccaria Treves, del fisico Temistocle Calzecchi e di Angelo Mauri, già ministro dell’Agricoltura. Linda Volpi Bassani Silvestri si mise a capo del primo Gruppo patronesse della scuola che stava per sorgere. Tra i finanziatori del progetto vi furono Innocenzo Vigliardi Paravia, Ercole Marelli, Marco De Marchi e Felice Bisleri. Un ruolo importante lo svolse la Cassa di risparmio delle province lombarde che, a partire dal 1911, e per più di vent’anni, avrebbe versato alla «Rinnovata» (questo il nome imposto alla scuola) la somma di 164.000 lire.
Una media, dunque di 6000 lire circa per delibera, su cui spiccano le 20.000 accordate in occasione della visita alla Cassa di risparmio di Benito Mussolini, il 3 giugno 1930.
I rapporti con la Cassa furono ulteriormente rafforzati dalla partecipazione, in qualità di vicesegretario del comitato promotore, di un funzionario dell’istituto, Luigi Giussani, secondo una tradizione che, come questi avrebbe ricordato nel 1923, a lungo aveva visto gli impiegati della Cassa impegnati come insegnanti, la sera e di domenica, nelle «scuole per il popolo» (Costa - Rimoldi, 2012, p. 42).
Approvata dall’allora ministro della Pubblica Istruzione Luigi Credaro, la scuola, con sessantaquattro bambini divisi in due classi prime – affidate alle cura, l’una di Pizzigoni, l’altra di Maria Levi –, fu aperta nel quartiere della Ghisolfa a Milano. Qui esisteva già una scuola comunale; ma, nel 1915, la piccola «Rinnovata» poté estendersi a tutta la popolazione scolastica del quartiere. Vedeva così la luce la creatura di Giuseppina.
Qualche tempo dopo Pizzigoni avrebbe scritto: «Mia vocazione era l’arte drammatica o l’arte didattica? Era l’arte, e la volontà vittoriosa di mia madre seppe incanalare verso la scuola la mia vocazione per l’arte, ed ecco che io volli l’arte nella scuola, e nella scuola mi sentii artista» (Storia della mia esperienza, in Pizzigoni, 1956, p. 327). Il senso di questa spiccata sensibilità estetica, assieme all’importanza che l’educazione musicale avrebbe assunto nell’esperimento didattico della Ghisolfa, è stata non a caso evidenziata da Anna Scalfaro (2014).
Ospitata in principio all’interno di un padiglione Döcker, la scuola poté inaugurare nel 1927 il nuovo edificio realizzato su progetto dell’ingegnere Erminio Valverti. Ritiratasi nel 1929 dall’insegnamento diretto, negli anni Trenta Pizzigoni si dedicò alla propaganda del proprio metodo e alla formazione dei maestri.
In generale i rapporti con il fascismo furono segnati da ampi riconoscimenti e dal gradimento di Mussolini. Nel 1927 l’associazione per la diffusione del metodo Pizzigoni fu eretta in Ente morale opera Pizzigoni dal ministero della Pubblica Istruzione. Lo statuto fu approvato il 28 settembre 1933. Così come previsto dall’art. 26 della Convenzione tra il ministero dell’Educazione nazionale e il Comune di Milano per l’applicazione del r.d. n. 786 del 1° luglio 1933, nel 1934 presso la scuola «Rinnovata» funzionavano ormai un corso elementare completo, una scuola di avviamento, due o più sezioni di grado preparatorio e un nido per lattanti.
Dopo aver dedicato molte risorse e tutte le sue energie alla scuola della Ghisolfa, Pizzigoni morì a Saronno (Varese), nell’ospizio S. Anna, il 4 agosto 1947.
Sepolta al cimitero Maggiore di Milano, il 21 maggio 1958 la salma fu traslata per volontà del Comune nel cimitero Monumentale, nella galleria adiacente al famedio.
L’esperienza di Pizzigoni è stata generalmente risolta nel quadro dell’attivismo pedagogico e in questo vasto mare è scomparsa. Ma le ragioni per questo tipo di lettura hanno a che fare più con gli orientamenti attuali della pedagogia italiana che con la verità storica. Di fatto quello che è rilevante nel suo metodo è proprio il modo di intendere l’aggettivo che lo qualifica, ‘sperimentale’. Per Giuseppina significava dichiarare senza mezzi termini la nazionalità della sua proposta, vale a dire un contributo schiettamente italiano al movimento di rinnovamento pedagogico in atto all’inizio del Novecento (La scuola elementare rinnovata, in Pizzigoni, 1956, p. 19). Derivava da qui una ricostruzione della storia della pedagogia in funzione del suo esperimento didattico che, fatto il giusto posto a Giovanni Comenio, John Locke ed Enrico Pestalozzi, e ridimensionato il ruolo di Jean-Jacques Rousseau, si muoveva lungo un tracciato dallo spiccato segno storicistico idealistico che da Gaetano Filangieri culminava in Vincenzo Cuoco. Su questa strada appare tutt’altro che incongruo il forte apprezzamento espresso nei suoi confronti da Giuseppe Lombardo Radice e, soprattutto, da Giovanni Gentile.
Opere. Le mie lezioni ai maestri delle scuole elementari d’Italia, Brescia 1953; Linee fondamentali e programmi e altri scritti, Brescia 1956.
Fonti e Bibl.: Milano, Archivio storico Intesa Sanpaolo, patrimonio Cariplo, Commissione Centrale di Beneficenza, Verbali delle Adunanze, 1911; Comitato esecutivo, Verbali delle sedute, 1912, 1913, 1914 I sem., 1915 I sem., 1916 I sem.; Fondo Sussidi, 22; Fondo Personale, I serie, cart. 97, Giussani Luigi.
P.F. Nicoli, Storia della Scuola Rinnovata secondo il metodo sperimentale. Fatti e documenti, Milano 1947; F. De Bartolomeis, G. P. e la Rinnovata, Firenze 1953; O. Rossi Cassottana, G. P., Brescia 1988; A. Cimmino - E. Ferrari - A. Marmieri, G. P. e la «Rinnovata» di Milano, Milano 1993 (ed. fuori commercio); M.G. Adamo, Una lettera inedita di Émile Zola ad un suo traduttore italiano, in Ead., Traduzione e poetica dell’assenza, Roma 1996, pp. 365-381; B. Costa - S. Rimoldi, Impiegati. Lavoro e identità professionale nei documenti della Cariplo. 1823-1928, Milano 2012; A. Scalfaro, Storia dell’educazione musicale nella scuola italiana. Dall’Unità ai giorni nostri, Milano 2014, passim.