GIUSQUIAMO (dal lat. Hyoscyamus, e questo dal gr. ὑοσκύαμος, da ὕς "porco" e κύαμος "fava")
Genere di piante della famiglia Solanacee (Linneo, 1737) con 11 specie che vivono in Europa, Asia e Africa settentrionale. La più importante è il Hyoscyamus niger L. (volg. giusquiamo nero; fr. Jusquiame noire; sp. beleño negro; ted. Bilsenkraut; ingl. nenbane), pianta annua o bienne a fusto erbaceo, coperta di peli biancastri; le foglie basali sono leggermente picciolate, le caulinari sessili, semiamplessicauli, alterne, ovalitriangolari acute, con grandi dentature quasi regolari; la parte superiore del fusto è ramificata e le foglie digradano nelle brattee che accompagnano i fiori. Questi sono pentameri, lievemente zigomorfi, con corolla a lobi ottusi di color giallo pallido con eleganti reticolature violacee; l'interno del tubo corollino è violaceo assai intenso. Il frutto è una pisside, accompagnata dal calice persistente e accresciuto. Da tutte le sue parti emana odore acre e sgradevole. È pianta comune in Europa, Asia occidentale e Africa settentrionale, da poco introdotta in America; in Italia è frequente nei luoghi incolti, pingui, nei ruderati fino alla regione submontana. Si coltiva in Inghilterra, Germania, Francia nella sua forma bienne. Questa pianta, descritta da Plinio e da Dioscoride, era fino da allora adoperata per usi medicinali (v. appresso). La droga è costituita dalle foglie, e si preferiscono quelle della forma bienne raccolte prima della fioritura; in altri paesi s'usano anche i semi.
Altre specie sono lo Hyoscyamus muticus L., che vive in Egitto, in Persia, in India, e lo Hyoscyamus albus L. dell'Europa meridionale, che ha foglie picciolate e fiori gialli col fondo verde o porporino, mai venati. Nella regione sahariana e quindi anche nella Libia meridionale vive lo Hyoscyamus falezlez Coss., pianta velenosissima per l'uomo, il cavallo, l'asino e il cane, mentre i ruminanti la mangiano impunemente e ne ingrassano. È usata nella medicina popolare dei Tuareg; con essa, mescolata agli alimenti, venne distrutta la spedizione del colonnello P.-F.-X. Flatters (v.).
Farmacologia. - Mentre dalla belladonna s'ha, per effetto dell'estrazione, un miscuglio otticamente inattivo di l- e di d- iosciamina (atropina), dal giusquiamo s'ottiene quasi esclusivamente l-iosciamina. Il giusquiamo agisce, in complesso, come l'atropina: i fenomeni d'intossicazione sono gli stessi e gli erbivori presentano di fronte a questo alcaloide la stessa relativa immunità. Sulle terminazioni del vago nel cuore, sulle terminazioni ghiandolari e sull'iride la iosciamina levogira agisce però con intensità doppia di quella dell'atropina (A. R. Cushny), mentre la iosciamina destrogira è quasi inattiva. Da osservazioni cliniche risulterebbe che a piccole dosi, frequentemente ripetute, il giusquiamo predispone al sonno senza produrre acceleramento del polso, senza diminuire le secrezioni, senza provocare stitichezza. Usato nelle nevralgie, a dosi più forti farebbe dormire, ma pare che il sonno sia la conseguenza della cessazione dei dolori, anziché l'effetto diretto dell'azione medicamentosa. In terapia le foglie di giusquiamo sono raccomandate come lenitivo in forma di cataplasmi con farina di lino; si fumano sotto forma di sigarette contro l'asma, s'adoperano in polvere come ipnotico. L'olio di giusquiamo è usato contro i dolori. Più frequentemente s'usano l'estratto e la tintura. La Farmacopea italiana (1929) registra le foglie di giusquiamo, o giusquiamo nero, o iosciamo (hyoscyami folia), l'estratto (extractum hyoscyami); l'olio (oleum hyoscyami infusum); la tintura (tinctura hyoscyami).