NELLI, Giustiniano
NELLI, Giustiniano. – Nacque da Francesco Alfonso Bernardino, appartenente a un’importante famiglia senese di setaioli residente nel terziere di S. Martino, e da sua moglie, di cui non si conosce il nome, alla fine degli anni Ottanta del Quattrocento, presumibilmente nei possedimenti familiari presso Serre di Rapolano, dato che, a differenza dei fratelli Laura e Alfonso, ma al pari dei fratelli Nello e Giovanni e di due sorelle, non c’è traccia del suo nome nei registri dei battezzati del Comune di Siena.
Allontanatosi dalla tradizione commerciale della famiglia, intraprese con profitto gli studi universitari in medicina. A partire dal 1512, ancora prima di laurearsi, appare nei ruoli dello Studio senese, stipendiato come lettore di logica; il 21 agosto 1514 conseguì il diploma dottorale. Dal novembre 1517 fino al 1540, con una breve interruzione nei mesi a cavallo fra il 1539 e il 1540, compare regolarmente come lettore di filosofia, medicina e logica. Verso la fine del 1519 sposò Laura di Nicolò di Giovanni Franceschi e nel settembre dell’anno successivo nacque il figlio primogenito Flaminio, battezzato il giorno 20 del mese. Dall’unione nacquero altri quattro figli: nel 1527 Volumnio, nel 1529 Diomede, nel 1532 Claudia e infine nel 1533 un altro Volumnio, che ripeteva il nome del secondogenito morto in tenera età. Inoltre, adottò, se non legalmente almeno di fatto, un bambino di nove anni di nome Pietro, orfano di contadini forse residenti a Serre di Rapolano, che divenne un poeta e commediografo di rilievo, attivo per lo più a Venezia.
Dopo il matrimonio andò ad abitare nella Compagnia di Aldobrandino del Mancino, dove risiedeva il suocero. Medico e professore stimato, partecipò attivamente alla vita cittadina in un frangente storico complesso, con una Repubblica da principio lacerata da sanguinose lotte fra fazioni e in seguito minacciata nella sua autonomia dalle ingerenze medicee e imperiali. Nella prima metà del 1518 fu uno dei quattro Regolatori. Nel gennaio-febbraio 1523, 1527 e 1530 fu membro del magistrato del terzo di Città, il supremo organo amministrativo del quartiere. Nel bimestre maggio-giugno 1527 fu consigliere del capitano del Popolo. Appartenente all’ordine del Popolo, nei primi mesi del 1531 fu eletto a far parte di una serie di ambascerie presso il generale dell’esercito imperiale Ferrante Gonzaga, accampato alle porte della città, per convincerlo che le tensioni cittadine erano placate e per farlo desistere dall’intromettersi troppo pesantemente negli affari della Repubblica. Nel marzo 1531 acquistò il vicariato di Monte Massi in Maremma e nello stesso anno fu nominato oratore presso Carlo V. Durante il viaggio per raggiungere l’imperatore nei Paesi Bassi passò per Piacenza, fece tappa a Novalesa in Val di Susa e a Lione. Il 17 maggio arrivò a Calais, dove risiedeva la corte. Insieme con l’altro oratore senese, l’arcivescovo Francesco Bandini, cercò di sostenere le ragioni del governo popolare.
Nel luglio dello stesso anno era già di ritorno a Siena. Nel maggio 1533, in occasione di una grave carestia che minacciava la quiete cittadina, gli Otto di balia, che governavano la città, fecero ricorso alla sua autorevolezza e lo inviarono a Lucca per acquistare una ingente partita di grano. Le sue benemerenze al servizio della patria furono coronate nel primo bimestre del 1538 dalla nomina a capitano del Popolo.
Nel 1537 morì la moglie Laura, sepolta il 12 novembre nella chiesa di S. Domenico in Camporeggio. Nelli rimase da solo a badare ai quattro figli, il maggiore non ancora uomo e gli altri tre bambini. Dopo aver rifiutato un lucroso incarico di lettore all’Università di Macerata, divenne amministratore dei beni di Iacopo V Appiano, signore di Piombino, incarico che lo spinse a continue assenze da Siena e lo indusse a richiamare dal Nord Italia suo figlio adottivo Pietro per tenere le redini del governo familiare. Nel luglio 1538 scortò nei territori della Repubblica come ambasciatore papa Paolo III di ritorno a Roma da un viaggio a Nizza. Secondo una testimonianza di Pietro Aretino (1998, p. 101), nella primavera del 1539 aveva progettato un viaggio a Venezia, ma non sappiamo se ebbe effettivamente luogo. Durante l’anno accademico 1539-40, interrompendo una continuità quasi trentennale, lasciò l’Università di Siena per insegnare medicina allo Studio di Perugia, dove in quel periodoci fu una sollevazione contro l’assolutismo e l’esosità di Paolo III, prontamente soffocata: il moto popolare ebbe in Nelli uno spettatore solidale.
Pur avendo ricevuto un’offerta di sistemazione a Roma, per meglio seguire gli interessi familiari fece ritorno a Siena, riprese l’insegnamento nello Studio cittadino e rientrò al servizio del signore di Piombino. Anche in patria si trovò a dover fronteggiare gli appetiti territoriali di Paolo III, che attraverso il protonotario apostolico Sylverio stava cercando di acquistare dalla Repubblica di Siena il territorio di Castiglion della Pescaia e l’isola del Giglio. Su incarico di Iacopo V Appiano, che non gradiva l’arrivo di un vicino così ingombrante, Nelli si occupò personalmente della questione e, anche grazie all’ostilità dei Medici e di Carlo V nei confronti della politica espansionistica e familistica del papa, l’alienazione di quei territori andò a monte.
Quasi completamente assorbito dagli impegni universitari, dallo svolgimento della professione medica e dalla continua e attiva partecipazione alla vita politica della sua città, Nelli trovò comunque il tempo di coltivare interessi letterari. Fin da giovane, anche se non è chiaro in che occasione, divenne amico di Pietro Aretino e con lui mantenne nella maturità rapporti epistolari. Nel dicembre 1537 Aretino gli inviò le sue condoglianze per la morte della moglie; in due lettere, rispettivamente del 1539 e del 1540, Aretino e Nelli elogiano la facondia e la dottrina del predicatore senese Bernardo Ochino, di cui si pregiano di essere amici, oltre che sensibili uditori.
È autore di tre novelle. Nel 1523 vide la luce l’Innamoramento de due nobilissimi giovani senesi: quali infelicemente al loro amore diedero fine composta per I. N. intitulata la chardarella (Siena, M. de’ Libri a istanza di G. Landi), ripubblicata sine notis, ma presumibilmente a Siena da Simone Nardi fra il 1525 e il 1530. Nella prefazione afferma di aver casualmente letto in un volume di memorie storiche senesi e in alcuni scritti di Francesco Arzocchi la commovente storia dell’innamoramento di Cangenova Salimbeni e Ippolito Saracini e di aver quindi deciso di narrarla nuovamente per salvarla dall’oblio. La lacrimosa novella, preceduta da un piccolo proemio-cornice piuttosto incongruo, narra una vicenda insieme sentimentale e tragica, in cui i due giovani, entrambi belli e d’animo nobile, per una serie di complicazioni dovute in parte al caso in parte alla contrarietà della famiglia non riescono a unirsi in matrimonio. L’infelice svolgimento della loro storia d’amore conduce prima la giovane e poi il suo innamorato a morire di dolore. La novella, di ambientazione senese ma di dubbia storicità, è indirizzata al cavalier Marcello Saracini, presunto discendente di uno dei due giovani. Una diversa versione è presente nelle Historiae Senenses dello storico cittadino Sigismondo Tizio, mentre la novella di Nelli è il punto di partenza della rielaborazione che ne diede Scipione Bargagli nei suoi Trattenimenti (Venezia, B. Giunti, 1587).
Altre due novelle, composte probabilmente intorno al 1530, vennero edite come Amorose novelledi m. Giustiniano Nelli cittadino senese, dalle quali ciaschuno innamorato giovene può pigliare molti utili accorgimenti nelli casi d’Amore (s.n.t.), forse nell’officina milanese di uno dei due fratelli Calvo qualche anno dopo la composizione. Sono anch’esse di ambientazione senese, scritte con brio narrativo e spigliatezza linguistica, ma in tono meno elevato dell’Innamoramento. La prima tratta di un inganno messo in opera da un giovane bello e scaltro per vincere, grazie a una abile mezzana, le ritrosie di una donna maritata; la seconda della trama ordita da una dama ai danni di un marito ridicolo e bigotto per poter giacere con il giovane nipote, con beffa finale a un frate lubrico. Gli argomenti sono di derivazione sostanzialmente boccacciana, ma si inseriscono all’interno della ricca tradizione novellistica che si sviluppò a Siena a partire da Giovanni Sercambi fino a Pietro Fortini e Scipione Bargagli.
Morì a Piombino fra il luglio e l’ottobre del 1541.
Il 26 ottobre 1541 Aretino affidò il suo sincero compianto per la morte di Nelli a una lettera indirizzata ad Agnolo Firenzuola, che a sua volta doveva conoscerlo ed esserne amico.
Le edizioni cinquecentesche delle novelle sono rarissime. L’Innamoramento non conosce edizioni moderne. LeDue amorose novelle sono edite in Novelle otto stampate a spese de’ signori Giacomo conte di Clanbrassill, Tomaso Stanley e Wogan Browne (Londra 1790); Novelle di autori senesi, a cura di G. Poggiali (Londra [ma Livorno] 1796-98), testo riproposto a cura di G. Silvestri, Milano 1815; Novelle scelte rarissime, a cura di S.W. Singer (Londra 1814); nella silloge Tesoro dei novellieri italiani, a cura di G. Zirardini (Parigi 1847). In quasi tutte queste edizioni la seconda novella è stata amputata del finale per scrupoli censori, la versione completa si può leggere solo nella stampa a cura di Singer; la prima è anche in Novelle del Cinquecento, a cura di G. Salinari (Torino 1995).
Fonti e Bibl.: Al di là dei confusi e a tratti fuorvianti riferimenti presenti nei repertori bio-bibliografici di area senese, la ricostruzione della biografia di Nelli su fonti di archivio è condotta da C. Corso, Due scrittori senesi del Cinquecento (Pietro e G. N.), in Bullettino senese di storia patria, LXI (1954), pp. 1-97. Si veda inoltre P. Aretino, Le lettere, a cura di P. Procaccioli, I, Roma 1997, p. 410; II, ibid. 1998, pp. 100-102, 229; R. Cai, Intorno alle satire alla carlona di messer Andrea da Bergamo (Pietro Nelli di Siena). Appunti letterari, Pistoia 1901, pp. 5-8; L. Di Francia, Novellistica, I, Milano 1921, pp. 666-668; E. Bonora, Novelle e commedie del Cinquecento, Torino 1960, pp. 44 s.; B. Porcelli, La novella e la narrativa, in La letteratura italiana storia e testi, a cura di C. Muscetta, IV, 2, Roma-Bari 1973, p. 190; A. Da Bergamo, Le disgrazie avventurate, a cura di C. Falletti, Roma 1980, p. 43; D.E. Rhodes, Le opere a stampa di G. N., in La Bibliofilia, CII (2000), pp. 163-169; Il Cinquecento, a cura di G. Pozzo, II, Milano 2007, p. 1174.