Abstract
Viene analizzato il tema della Giustizia predittiva, che si occupa della possibilità di prevedere l’esito di sentenze, attraverso calcoli matematici. Trova la sua principale linfa legittimante nell’art. 3 Cost. e nell’art. 348 bis c.p.c.. In altri Paesi è già una realtà consolidata.
Per "giustizia predittiva" deve intendersi la possibilità di prevedere l’esito di un giudizio tramite alcuni calcoli; non si tratta di predire tramite formule magiche, ma di prevedere la probabile sentenza, relativa ad uno specifico caso, attraverso l’ausilio di algoritmi. Il diritto può essere costruito come una scienza, che trova la sua principale ragione giustificativa nella misura in cui è garanzia di certezza: il diritto nasce per attribuire certezza alle relazioni umane, tramite una complessa attribuzione di diritti e doveri.
L’art. 65 dell’Ordinamento giudiziario, nell’indicare le attribuzioni della Corte Suprema di Cassazione afferma che questa «assicura l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge, l'unità del diritto oggettivo nazionale, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni»; id est: l’organo supremo deputato ad interpretare il diritto deve assicurare uniformità ed unità del diritto oggettivo nazionale, così confermando che il diritto è oggettivo, ovvero deve essere certo per permetterne il controllo (Betti, E., Le categorie civilistiche dell’interpretazione, Milano, 1948, 13).
Lo stesso giudicante non può discostarsi dalla legge, interpretandola in modo arbitrario, perché violerebbe la legge sull’interpretazione (ex art. 12 preleggi) a cui è pienamente assoggettato ex art. 101 Cost. L’art. 101 Cost. e l’art. 65 ord. giud. esprimono l’impersonale oggettività del diritto e la funzionalità tecnica della sua applicazione, vietando pre-giudizi e pre-comprensioni (Irti, N., Per un dialogo sulla calcolabilità giuridica, 23, in Carleo, A., a cura di, Calcolabilità giuridica, Bologna, 2017). Se il diritto è oggettivo, nel senso di avere una base di regole predeterminate e vincolanti, allora deve essere possibile prevederne l’applicazione.
L’art. 3 Cost. evidenzia, più di altri articoli, la visione di un diritto oggettivo e certo che deve permeare l’intero ordinamento: è imposto di trattare in modo uguale situazioni giuridiche uguali (Vignudelli, A., Diritto Costituzionale, Torino, 2010, 1052), che vuol dire assicurare il medesimo risultato (stesso trattamento) a parità di variabili (medesima situazione). A ben vedere, tale enunciato è espressione proprio di una logica matematica, dove, se si utilizzano i medesimi dati accompagnati dalle medesime operazioni, il risultato deve essere lo stesso (cd. ripetibilità).
L’art. 12 delle preleggi vieta a chiunque di interpretare la legge attribuendo un senso complessivo diverso da quello fatto palese dal significato delle parole e dalla connessione tra queste; non è possibile interpretare la legge partendo da principi generali ed equivoci, salvo che questi non trovino un legame stesso con la rigorosa lettera della legge.
I principi generali possono venire in soccorso dell’interprete solo in assenza di una «precisa disposizione» che abbia legittimato un’analogia legis dal risultato dubbio (Viola, L., Interpretazione della legge con modelli matematici, Milano, 2017, 26); più chiaramente, l’interpretazione tramite principi generali (cd. analogia iuris) è utilizzabile solo in caso di fallimento delle altre tipologie di interpretazione, prima tra tutte quella letterale che è la regina (Trib. Taranto, sez. II, sent. 2.08.2016).
L'interpretazione da prescegliere non può che essere, dunque, quella che risulti il più possibile aderente al senso letterale delle parole, risultando precluso all'interprete, ove il testo normativo non risulti ambiguo, il ricorso a diversi criteri ermeneutici (Tar Basilicata, sent. 17.01.2015, n. 50).
La certezza è data proprio dal divieto di discostarsi da un’interpretazione della legge tramite la sua lettera; nell'ipotesi in cui l'interpretazione letterale di una norma di legge sia sufficiente ad individuarne, in modo chiaro ed univoco, il relativo significato e la connessa portata precettiva, l'interprete non deve ricorrere al criterio ermeneutico sussidiario costituito dalla ricerca, mercé l'esame complessivo del testo, della mens legis, specie se, attraverso siffatto procedimento, possa pervenirsi al risultato di modificare la volontà della norma così come inequivocabilmente espressa dal legislatore; soltanto qualora la lettera della norma medesima risulti ambigua (e si appalesi altresì infruttuoso il ricorso al predetto criterio ermeneutico sussidiario), l'elemento letterale e l'intento del legislatore, insufficienti in quanto utilizzati singolarmente, acquistano un ruolo paritetico in seno al procedimento ermeneutico, sì che il secondo funge da criterio comprimario e funzionale ad ovviare all'equivocità del testo da interpretare, potendo, infine, assumere rilievo prevalente rispetto all'interpretazione letterale soltanto nel caso, eccezionale, in cui l'effetto giuridico risultante dalla formulazione della disposizione sia incompatibile con il sistema normativo, non essendo consentito all'interprete correggere la norma nel significato tecnico proprio delle espressioni che la compongono nell'ipotesi in cui ritenga che tale effetto sia solo inadatto rispetto alla finalità pratica cui la norma stessa è intesa (Cass., sez. lavoro, 14.10.2016, n. 20808).
Se, allora, il diritto è certo nella sua formulazione linguistica (alla luce della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale) e nei canoni interpretativi, ex art. 12 preleggi, ne segue che l’esito di una sentenza è prevedibile; in fondo, la prevedibilità delle decisioni, in generale ma di quelle giudiziarie in particolare, è un bene in sé, perché consente di indirizzare ex ante i comportamenti dei cittadini e dei poteri pubblici (Patroni Griffi, F., Tecniche di decisione e prevedibilità nella sentenza amministrativa, in Carleo, A., a cura di, Calcolabilità giuridica, cit., 183).
D’altronde, la stessa lettera della legge deve essere costruita in modo quanto più chiaro possibile (Di Porto, A., Calcolo giuridico secondo la legge nell’età della giurisdizione. Il ritorno del testo normativo, in Carleo, A., a cura di, Calcolabilità giuridica, cit., 130) come evidenziato dalla Corte Europea secondo cui la normativa degli Stati membri deve avere una formulazione non equivoca, sì da consentire agli interessati di conoscere i propri diritti ed obblighi in modo chiaro e preciso, ed ai giudici di garantirne l’osservanza (C. giust, 9.3.2017, C-141/15).
La giustizia predittiva, nel senso sopra spiegato, è essenzialmente la conseguenza della certezza del diritto.
Tanto questo è vero che è lo stesso legislatore che ne impone il calcolo. In questa direzione milita chiaramente l’art. 348 bis c.p.c., che sanziona con l’inammissibilità l’impugnazione che non abbia una ragionevole probabilità di essere accolta; ciò vuol dire che l’appellante, prima di procedere all’impugnazione effettiva, dovrà interrogarsi circa la presenza o meno di probabilità di accoglimento, che in concreto vuol dire interrogarsi sul futuro dell’atto da notificare: i) l’impugnazione è ammissibile se sussiste una ragionevole probabilità di accoglimento; ii) l’impugnazione è inammissibile se non sussiste una ragionevole probabilità di accoglimento.
Per parte della giurisprudenza (Trib. Milano, 16.9.2016, n. 10176, in Nuova procedura Civile, 2017, 1), il giudizio di ragionevole probabilità di accoglimento dell’appello a norma dell’art. 348 bis c.p.c. non si risolve né in una valutazione sommaria parificabile a quella identificata con il fumus boni iuris, né in una valutazione a cognizione parziale come quelle relativa ai procedimenti a contraddittorio eventuale. Deve infatti ritenersi che l’appello non ha ragionevoli probabilità di accoglimento quando è prima facie infondato, vale a dire quando non merita neppure che siano ad esso destinate energie del servizio giustizia, sì da sanzionare pertanto l’abuso del processo. La lettera dell’art. 348 bis c.p.c. conferma la presenza di modelli di giustizia predittiva nell’ordinamento.
Anche l’art. 56 c.p. milita nel senso della giustizia predittiva. Tale articolo punisce il delitto tentato, che è integrato quando un soggetto pone in essere atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, ma l’azione «non si compie o l’evento non si verifica». Per la configurabilità del tentativo rilevano non solo gli atti esecutivi veri e propri, ma anche quegli atti che, pur classificabili come preparatori, facciano fondatamente ritenere che l'agente, avendo definitivamente approntato il piano criminoso in ogni dettaglio, abbia iniziato ad attuarlo, che l'azione abbia la significativa probabilità di conseguire l'obiettivo programmato e che il delitto sarà commesso, salvo il verificarsi di eventi non prevedibili indipendenti dalla volontà del reo (Cass. pen., sez. V, 22.2.2017, n. 18981).
Per ciò che qui rileva, con tale articolo si impone all’interprete, ai fini della punibilità, di verificare se, in caso di azione compiuta o evento verificatosi, sarebbe integrato un delitto; id est: è preteso all’interprete di predire quale sarebbe stato il risultato, e non quello che si è concretamente verificato.
Più chiaramente: viene punito l’agente, a titolo di delitto tentato, ma scrutinando quello che si sarebbe potuto verificare, ma non si è verificato; in pratica, si pretende dal giurista un giudizio predittivo.
Leibniz, già nel 1666, evidenziava la possibilità di utilizzare modelli di giustizia predittiva, in particolare utilizzando modelli matematici; secondo costui (Leibniz, G.W., Dissertatio de Arte combinatoria, 1666), difatti, davanti ad una disputa, un giorno, non sarebbe stato necessario un processo, ma si sarebbe potuto direttamente procedere ad un calcolo. Egli immaginava, cioè, una calcolabilità delle controversie tramite veri modelli matematici; ciò avrebbe determinato una maggiore prevedibilità.
Per Weber (Weber, M., Die Wirtschaft und die gesellschaftlichen Ordnungen, Tübingen, 2001, 40), l’economia moderna può crescere tramite contratti, ma questi esigono un funzionamento del diritto calcolabile secondo regole razionali: la razionalità formale passa dalla calcolabilità completa dell’ordinamento giuridico.
Il diritto è basato su regole scritte e la certezza del diritto altro non è se non la prevedibilità dell’esito giudiziale; in fondo, sarebbe pur sempre un diritto razionale formale (Weber, M., Economia e società, II, Milano, 1974, 17).
Per parte della dottrina (Rossi, P., Razionalismo occidentale e calcolabilità giuridica, in Carleo, A., a cura di, Calcolabilità giuridica, cit.,, 32) perché possa esserci calcolabilità in senso giuridico occorrono diverse condizioni: i) l’esistenza di un insieme di norme tra loro coordinate; ii) la rappresentazione di queste norme da parte di soggetti economici impegnati nel mercato; iii) l’esistenza di un apparato coercitivo, tribunali o altro, a cui rivolgersi in caso di necessità; iv) la capacità di intervento efficace da parte di questo apparato al fine di garantire la conformità del comportamento alle norme statuite.
All’interno del pensiero giuridico agiscono, tuttavia, spinte di natura soggettiva e difficilmente predeterminabili come l’intenzione delle parti contraenti ex art. 1362 c.c., oppure clausole valoriali (Viola, L., Interpretazione della legge con modelli matematici, cit.,) generali come la buona fede ex art. 1375 c.c. oppure, ancora, l’interesse meritevole di tutela ex art. 1322, co. 2, c.c. ; cionondimeno queste spinte devono costituire eccezione (Rossi, P., Razionalismo occidentale e calcolabilità giuridica, cit., 32) e non la regola, limitata pertanto a casi sporadici dove, però, è la stessa lettera della legge che attribuisce maggiore discrezionalità al giudicante.
La specifica base filosofica su cui si basano i primi casi di giustizia predittiva possono rinvenirsi nella corrente del realismo giuridico americano (Alpa, G., Note sulla calcolabilità nel diritto nordamericano, in Carleo, A., a cura di, Calcolabilità giuridica, cit., 88). Probabilmente il primo e più noto caso di giustizia predittiva, posta in essere attraverso modelli matematici (nel caso un algoritmo), può essere rinvenuto nel 2013.
Accadeva che un cittadino statunitense, Eric Loomis, veniva condannato per reati corrispondenti in Italia alla ricettazione e resistenza a pubblico ufficiale; la condanna che veniva inflitta era particolarmente severa, in quanto veniva considerato elevato il rischio di recidiva, calcolata tramite un algoritmo di c.d. giustizia predittiva. Tale decisione veniva impugnata, ma nel luglio 2013, la Corte Suprema del Wisconsin affermava la piena legittimità dell’utilizzo di algoritmi, finalizzati al calcolo di recidiva (nel caso, tale calcolo era stato fatto tramite la somministrazione di numerose domande all’imputato, oltre alla valutazione e studio del fascicolo processuale).
Di recente, in Francia è stata lanciata una piattaforma che mira proprio a prevedere l’esito giudiziale, tramite un calcolo delle probabilità della definizione di una causa, l’ammontare dei risarcimenti ottenuti in contenziosi simili e identifica gli argomenti su cui vale la pena di insistere. Ovviamente sulla base di informazioni inserite dall’utente e passando in rassegna milioni di documenti, leggi, norme e sentenze (Morelli, C., Giustizia predittiva: in Francia online la prima piattaforma europea, in Altalex.com, 2017).
La citata piattaforma francese, include anche un milione di righe di documenti, diversi codici (articoli di legge) e testi giuridici (commenti relativi al codice e alle decisioni giudiziarie). Facendo leva sul linguaggio utilizzato nel diritto, che segue standard precisi, è possibile automatizzare l'indicizzazione e l'integrazione dei dati aggiungendo metadati (Morelli, C., Giustizia predittiva: in Francia online la prima piattaforma europea, cit.) Questa è la prima fase. I metadati riferiscono le caratteristiche della controversia, ad esempio: qual è stato il risarcimento richiesto e quello effettivamente ottenuto? Si trattava di un ricorso o di una sentenza di primo grado? Questa attività permette di proporre agli utenti un motore di ricerca in grado di fornire tutte le informazioni utili relative a una disputa (testo di legge, giurisprudenza, dottrina ed altro).
Nella seconda fase entrano in gioco gli algoritmi. Due casi non sono mai identici, quindi l'obiettivo è identificare l'associazione tra un fattore o una combinazione di fattori (analisi multivariata) e la chiusura di un caso. Per farlo, si utilizza l’algoritmo SyntaxNet, sviluppato da Google e open source da maggio 2016 (Morelli, C., Giustizia predittiva: in Francia online la prima piattaforma europea, cit.) Questo strumento di analisi sintattica aiuta le macchine a interpretare il linguaggio umano e consente, nel nostro caso, di individuare la correlazione tra le parole per estrarne il senso. Il testo viene quindi sottoposto ad algoritmi di classificazione/regressione (Vapnik's SVM) e a regole di associazione (Frequent Pattern Vertical) per creare modelli di previsione complessi.
Applicando questi modelli alle caratteristiche della controversia, l’avvocato è in grado di valutare le probabilità di successo (Viola, L., Interpretazione della legge con modelli matematici, cit.,).
Il terzo e ultimo step consiste nel valutare e confrontare diverse strategie processuali in modo che l'avvocato possa costruire, in base alle variabili del caso, l’argomentazione che strategicamente ha maggiori probabilità di successo.
Nel tentativo di riformare il sistema della cauzione, lo stato del New Jersey ha sostituito le udienze per la concessione della libertà su cauzione con delle valutazioni di rischio ottenute attraverso algoritmi: chiunque può essere rilasciato, anche senza pagare una somma di denaro, se risponde a certi criteri. Per garantire decisioni scientifiche e imparziali, i giudici usano dei punteggi generati dalle macchine (Livni, E., Nei tribunali del New Jersey è un algoritmo a decidere chi esce su cauzione, in Internazionale.it, 2017).
La legge ben può essere informatizzata e costruita tramite algoritmi (Borruso, R., L'informatica del diritto, Milano, 2004, 316).
La possibilità di predire un provvedimento giurisdizionale è dipendente principalmente dal numero e correttezza delle informazioni di cui si dispone (De Finetti, B., Teoria della probabilità, Milano, 2005, 10): all’aumentare della qualità e quantità di informazioni, aumenta anche il grado di predittività dell’esito di un giudizio.
In questo senso grande aiuto può provenire dalla giurisprudenza precedente, ovvero, più correttamente, dalla giurisprudenza che si è precedentemente occupata della medesima questione giuridica: invero, quando si cerca il precedente giurisprudenziale, al fine di predire un pronunciamento futuro, è più corretto riferirsi alla c.d. dottrina della giurisprudenza (De Nova, G., Sull’interpretazione del precedente giudiziario, in Contratto e Impresa, 1986, 782), così potendosi accontentare anche di un obiter dictum.
Il precedente giurisprudenziale assume rilievo decisivo soprattutto nei Paesi di common law avendo valore vincolante, ma nei sistemi di civil law resta un rilievo meramente persuasivo, seppur in alcuni casi addirittura convincente.
Un precedente giurisprudenziale, in questi ultimi sistemi, potrebbe al massimo aiutare la previsione di come potrebbe essere decisa la quaestio iuris, ma non come in concreto sarà decisa.
È preferibile, invece, utilizzare algoritmi predittivi basati sugli argomenti spendibili di volta in volta, con particolare attenzione alle variegate interpretazioni possibili e gerarchia tra queste, prendendo spunto dal dictum dell’art. 12 preleggi.
La giustizia predittiva è una realtà nell’ordinamento giuridico, come si è evidenziato.
La sua giustificazione logica sorge dalla stessa ratio del diritto, che è quella di assicurare certezza.
In altri Paesi, vengono ampiamente utilizzati algoritmi predittivi; in Italia ciò sarà possibile solo nella misura in cui ci si adeguerà ai canoni interpretativi dell’art. 12 preleggi, accettandone anche i limiti.
Metodo umanistico e metodo scientifico possono convivere, così da assicurare maggiore prevedibilità del provvedimento giurisdizionale e, dunque, maggiore sicurezza e libertà.
Artt. 3, 101 Cost.; art. 12 preleggi; art. 348 bis c.p.c.; art. 65 ord. giudiziario; artt. 1322, 1362, 1375 c.c.
Alpa, G., Note sulla calcolabilità nel diritto nordamericano, in Carleo, A., a cura di, Calcolabilità giuridica, Bologna, 2017, 88 ss.; Betti, E., Le categorie civilistiche dell’interpretazione, Milano, 1948, 13; Borruso, R., L'informatica del diritto, Milano, 2004, 316; De Finetti, B., Teoria della probabilità, Milano, 2005, 10; De Nova, G., Sull’interpretazione del precedente giudiziario, in Contratto e Impresa, 1986, 782; Di Porto, A., Calcolo giuridico secondo la legge nell’età della giurisdizione. Il ritorno del testo normativo, in Carleo, A., a cura di, Calcolabilità giuridica, cit., 130 ss; Irti, N., Per un dialogo sulla calcolabilità giuridica, in Carleo, A., a cura di, Calcolabilità giuridica, cit., 23; Leibniz, G.W., Dissertatio de Arte combinatoria, 1666; Livni, E., Nei tribunali del New Jersey è un algoritmo a decidere chi esce su cauzione, in Internazionale.it, 2017; Morelli, C., Giustizia predittiva: in Francia online la prima piattaforma europea, in Altalex.com, 2017; Patroni Griffi, F., Tecniche di decisione e prevedibilità nella sentenza amministrativa, in Carleo, A., a cura di, Calcolabilità giuridica, cit., 183; Rossi, P., Razionalismo occidentale e calcolabilità giuridica, in Carleo, A., a cura di, Calcolabilità giuridica, cit., 32; Vignudelli, A., Diritto Costituzionale, Torino, 2010, 1052; Viola, L., Interpretazione della legge con modelli matematici, Milano, 2017, 26; Weber, M., Die Wirtschaft und die gesellschaftlichen Ordnungen, Tübingen, 2001, 40; Weber, M., Economia e società, II, Milano, 1974, 17.