giustizia sportiva
giustìzia sportiva locuz. sost. f. – Il complesso di norme e organi che hanno come scopo la risoluzione di controversie originate nei rapporti tra atleti, squadre e federazioni sportive alle quali gli uni e le altre sono affiliati. Il dato storico segnala che il primo periodo del 21° sec. è caratterizzato dall’accentuarsi del contenzioso legato al mondo dello sport: si pensi, tra gli esempi più eclatanti, alle vicende di del 2006; agli illeciti per falsare il risultato di gare e garantirsi le vincite derivanti da giochi e scommesse (da ultimo nel 2012); all’uso di sostanze vietate per migliorare le prestazioni agonistiche (); al sovrapporsi di provvedimenti di organi sportivi e giurisdizionali che nel 2003 ha finito con l’ostacolare il regolare svolgimento dei campionati di calcio. Commentatori e studiosi sono ormai concordi, sul piano generale, nel collegare tali episodi all’accresciuta importanza economica che il fenomeno sportivo è andato acquisendo, per effetto di un diffusissimo, ma non nuovo interesse sociale e, quindi, di una copertura mediatica che si è fatta sempre più penetrante. Ciò aveva già determinato sul piano giuridico, dall’ultimo scorcio del secolo, consistenti mutamenti: la creazione di un 'mercato' degli atleti, che il diritto comunitario (nella vicenda che interessò il calciatore Bosman) impose di non considerare più lavoratori dipendenti; la trasformazione delle squadre professionistiche in società di capitali con fini di lucro; nonché la disciplina dei diritti audiovisivi correlati agli eventi sportivi. Il problema giuridico di fondo della g. s. rimane, peraltro, lo stabilire il confine tra ciò che interessa unicamente il mondo dello sport e ciò che, per converso, assume rilevanza anche per l’ordinamento dello Stato; al problema si è tentato di dare nuova risposta con provvedimenti legislativi (d. l. n. 220/2003 convertito in l. n. 280/2003) che, adottati in via d’urgenza per risolvere una delle contingenti crisi del calcio, rappresentano oggi lo snodo di una materia che continua a subire adeguamenti in ragione di atti adottati dagli organismi sportivi: su tutti il CONI (Comitato olimpico nazionale italiano) e le federazioni in esso raccolte. Chiarito che il sistema s’incentra sulla riaffermata autonomia dell’ordinamento sportivo rispetto a quello statale, la dottrina più attenta ha da tempo individuato quattro àmbiti nei quali si svolge la g. s.: quello più strettamente tecnico, che riguarda organizzazione e regolare svolgimento delle gare; quello disciplinare, volto a sanzionare le condotte in contrasto con i principi ispiratori dello sport; quello economico, inerente i connessi diritti di natura patrimoniale; quello amministrativo che, in via residuale, ricomprende le controversie relative ad atti del CONI o delle federazioni posti in essere nell’esercizio dei poteri organizzativi a essi demandati (si pensi per es. all’iscrizione di una squadra al campionato). L’intervento del legislatore nel 2003, come interpretato dalla giurisprudenza successiva, ha inteso riservare in esclusiva il primo ambito alla g. s. e il terzo all’autorità giudiziaria ordinaria. La rilevanza anche per l’ordinamento dello Stato di taluni profili amministrativi e disciplinari determina, invece, la possibilità che le relative controversie siano conoscibili tanto dagli organi di g. s. quanto da quelli dello Stato (competente in esclusiva, in primo grado, è il Tribunale amministrativo regionale del Lazio): ciò accade, per es., quando le sanzioni comminate in ambito sportivo sono suscettibili di ledere diritti soggettivi o interessi legittimi (v. interesse legittimo). Con l’obiettivo di preservare l’autonomia dell’ordinamento sportivo, inoltre, il relativo sistema di g. s. è governato da alcune regole peculiari: tra esse il cosiddetto vincolo di giustizia, che impone agli affiliati di rispettare e accettare le norme della federazione cui aderiscono e di far risolvere le controversie tra loro insorte esclusivamente da organismi, talvolta di natura arbitrale, operanti all’interno della stessa federazione o del CONI, e la pregiudiziale sportiva, che vieta ad atleti e società di rivolgersi ai giudici dello Stato se non quando siano esauriti tutti i gradi della giustizia sportiva. Anche per tale ragione, con un’articolazione che si è andata affinando nel corso degli anni, il CONI e le singole federazioni si sono dotati di un apparato di organi ai quali è assegnato il precipuo compito di amministrare la giustizia sportiva. Al vertice di tale sistema, il nuovo Statuto del CONI (del 2000) colloca dal 2009 l’Alta corte di giustizia sportiva e il Tribunale nazionale di arbitrato sportivo (TNAS), organismi per certi versi complementari, le cui decisioni possono assumere la natura, per la prima, di provvedimento amministrativo, per il secondo, di lodo arbitrale, per modo che, qualora una specifica controversia assuma rilevanza anche per l’ordinamento generale, è possibile, in limitate ipotesi, l’impugnazione dinanzi a organi dello Stato.