CONTI, Giusto de'
Poco si sa della vita di questo poeta. Non è certo se egli abbia appartenuto veramente alla storica famiglia dei conti di Valmontone o se non ne sia stato che un rampollo illegittimo. Nacque non si sa se a Roma o a Valmontone, verso il 1379. Probabilmente studiò leggi a Bologna; dove s'innamorò, non essendo più giovane, d'una donna, in onore della quale scrisse il suo canzoniere. Un'ambasceria affidatagli da Niccolò V lo condusse presso Sigismondo Pandolfo Malatesta, a Rimini. Là rimase, come consigliere di questo signore, e là morì il 19 novembre 1449. Il suo nome è raccomandato al canzoniere, La bella mano. Il C. è uno dei più abili imitatori del Petrarca, forse anche perché è, in ordine di tempo, dei primi, e ricorre al modello con certa ingenuità, più che per obbligo di obbedire a un canone letterario. Egli ne trae situazioni e atteggiamenti, adattandoli alla sua delicata sensibilità, a volte riuscendo a dare ai nuovi versi un'onda armoniosa veramente suasoria e accarezzante.
Opere: La bella mano, Bologna 1472; Parigi 1595; con note di A. M. Salvini, Firenze 1715; preceduta da una biografia di G. M. Mazzuchelli, Verona 1753. Alcune Rime inedite (54 sonetti) pubblicò G. A. Angelucci, Firenze 1819, da un codice che fu poi ampiamente illustrato da E. Rostagno, in Riv. delle bibl., VII (1896).
Bibl.: L. Venditti, G. de' C. e il suo canzoniere "La bella mano", Rocca S. Casciano 1903; M. Manchisi, Dell'autenticità dei sonetti di G. de' C. pubblicati dal Poggiali, in Rass. crit. d. lett. ital., IX, p. 97; id., La fine dell'amore di G. de C., in Studi di lett. ital., VII.