GIUSTO ('Ιοῦδτος, Justus) di Tiberiade
Storico giudaico del sec. I d. C. Figlio di Pistos, uno dei maggiorenti del partito moderato in Tiberiade nel periodo della ribellione giudaica (66-70 d. C.), egli si trovò a lottare contro Flavio Giuseppe, che, per sostenere la sua posizione di governatore della Galilea, si valeva senza scrupoli di elementi estremistici e governava col terrore. Le vicende del conflitto tra i due non sono chiare, perché noi abbiamo solo la narrazione, oltre che partigiana, volutamente reticente di Giuseppe nella sua autobiografia. Pare a ogni modo che G., al quale Giuseppe deve riconoscere una bella cultura greca, fosse stato, e continuasse a essere nel periodo della ribellione, in relazione con Agrippa II (v., I, p. 994) e questa relazione ora andasse sino all'amicizia più cordiale e Agrippa gli attribuisse la carica di segretario, ora invece desse luogo a urti vivissimi e G. fosse anche imprigionato dal suo regale amico. Tutto ciò in linea generale non meraviglia perché Tiberiade si era ribellata ad Agrippa al cui stato nel 66 apparteneva, e quindi si comprende che gli elementi moderati fossero imbarazzati nei loro rapporti con l'ex-sovrano. Il fatto è a ogni modo che G. fu liberato dalle mani dei Romani, di cui era caduto prigioniero, per opera d'Agrippa, e mantenne verosimilmente anche più tardi relazioni cordiali con lui.
Egli scrisse almeno due opere: una storia della guerra giudaica e una cronaca universale, entrambe di titolo incerto. S. Girolamo (De viris illustribus, 14) cita di lui anche commentarii de scripturis: ma il valore della notizia è dubbio.
La storia della guerra giudaica era diretta a smentire la narrazione di Flavio Giuseppe, e quindi fu pubblicata non solo dopo la Guerra giudaica di quest'ultimo, edita tra il 75 e il 79 d. C., ma anche dopo la prima edizione dell'autobiografia, che, come ha dimostrato B. Motzo, fu pubblicata nel 93-94 d. C. in appendice alle Antichità giudaiche. G. tra l'altro sminuiva la figura di grande generale che Giuseppe aveva assunto nelle sue opere, il che provocò nuove ire del rivale e la risposta, costituita dalla seconda edizione (l'unica attualmente conservata) dell'autobiografia, in cui però le proporzioni assai più modeste cui Giuseppe riduce sé stesso confermano l'efficacia della critica di G. Da un cenno di Giuseppe (Vita, 65) è anzi probabile che l'opera di G. fosse pubblicata dopo la morte di Agrippa II avvenuta nel 100 d. C. Il suo rapido cadere in dimenticanza va attribuito non a demerito intrinseco, ma alla fortuna che la testimonianza su Cristo assicurava a tutte le opere di Giuseppe in confronto ad altre analoghe, mentre per G. è fatto notare esplicitamente da Fozio (v. appresso) che egli non accennò mai a Gesù.
Della cronaca la testimonianza più importante, quella di Fozio (Bibliotheca, cod. 33), che, per quanto sembra, ancora la vide, tenderebbe a darci l'idea che si occupasse solo degli Ebrei, andando da Mosè alla morte di Agrippa II; ma Diogene Laerzio (II, 5,41) la cita per un aneddoto su Socrate e quindi è verosimile che in qualche modo fosse universale. Il titolo che talvolta le viene dato, Στέμμα (o Στέμμνατα), sembra alludere a elenchi genealogici contenutivi. Questa cronaca ebbe una qualche maggiore fortuna della storia della guerra giudaica, perché, letta da Giulio Africano, passò attraverso di lui in alcune notizie di Eusebio e di Sincello; ma la sua efficacia fu in complesso scarsissima.
Bibl.: I frammenti in C. Müller, Fragmenta historicorum graecorum, III, p. 523. Si cfr. J. Baerwald, Josephus in Galiläa, sein Verhältniss zu den Parteien, insbedondere zu Justus von Tiberias und Agrippa II., diss., Breslavia 1877; E. Schürer, Geschichte des jüdischen Volkes im Zeitalter Jesu Christi, I, Lipsia 1901, p. 58 segg.; H. Luther, Josephus und Justus von Tiberias, diss., Halle 1910; F. Jacoby, Jesus bei Josephus, in Hermes, LI (1916), pp. 159-61; id., in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., X, col. 1341 segg.; B. Motzo, Due edizioni della vita di G., in Saggi di storia e lett. giudeo-ellenistica, Firenze 1925, p. 214 segg.