GĪΖA (v. vol III, p. 936)
Le prime testimonianze relative all'esistenza di un insediamento sull'altopiano di G. risalgono al periodo protodinastico egiziano. A SE delle tre piramidi sono stati infatti scoperti i resti di abitazioni in mattoni crudi occupate almeno fino alla IV dinastia; numeroso è il materiale litico e ceramico ivi ritrovato. L'abitato protodinastico fu smantellato per fare spazio agli alloggiamenti degli operai impegnati nella costruzione delle tre piramidi. Risalgono a quest'epoca le impronte di sigillo con il nome di Kheops e di Khephren e una piccola sfinge rozzamente modellata nel limo del Nilo. L'insediamento prevedeva anche le abitazioni degli artigiani, dei guardiani e di tutto il personale necessario al sostentamento della comunità operaia.
Sono state identificate anche le residenze dei sacerdoti addetti al culto dei sovrani defunti e un settore amministrativo dove erano concentrati gli uffici, le attività di produzione alimentare e i depositi. Come magazzini sembra che debbano essere interpretate anche le strutture in mattone crudo a O della piramide di Khephren. Accanto all'insediamento si trovava il cimitero dove furono inumati i personaggi più importanti della comunità operaia. Le tombe, di modeste dimensioni, richiamano i modelli allora più diffusi: la mastaba, la piramide e la piramide a gradoni. Frequente è l'impiego nelle sovrastrutture di blocchi di calcare, basalto e granito presi tra i materiali di scarto dei monumenti funerari di sovrani e alti dignitari. Il desiderio d'imitare i più imponenti ipogei circostanti risulta manifesto, oltreché nella forma, anche nella topografia del cimitero, dove le sepolture dei personaggi più in vista sono poste in posizione preminente rispetto a quelle dei semplici operai, normalmente prive di decorazione. Tra i ritrovamenti più notevoli sono da segnalare numerose statue di defunti caratterizzate dall'impostazione formale rigida e dal modellato massiccio tipici della IV dinastia.
Nel 1954, lungo il versante S della piramide di Kheops, venne scoperta una delle cinque imbarcazioni su cui si riteneva che il sovrano potesse viaggiare dopo la morte; fu ritrovata, smontata, sul fondo di una fossa ricoperta da pesanti blocchi di calcare. Restaurata e ricostruita, si trova attualmente esposta in un museo appositamente edificato al di sopra della fossa dove era stata ritrovata. Si tratta di un'imbarcazione in legno di cedro del Libano, lunga c.a 40 m e priva di albero. Al centro si trova una cabina il cui tetto è sorretto da colonnine modellate in modo da imitare i pali di una tenda; la poppa aveva la forma di un papiro. Stupisce pensare che l'intera struttura fosse tenuta insieme da corde che legavano i vari pezzi dell'imbarcazione gli uni agli altri senza far ricorso al calafataggio. La «barca di Kheops» è di forma leggera ed elegante, testimonianza di un'attività meno nota dell'arte della IV dinastia, troppo spesso rappresentata e conosciuta soltanto attraverso la grandezza della piramide.
Il metodo di assemblaggio e le colonnine a palo di tenda utilizzati nella «barca di Kheops» si ritrovano nel padiglione di Hetephers - moglie di Snofru e madre di Kheops - una struttura che doveva proteggere dal sole e da sguardi indiscreti l'augusta persona della regina: era ricoperta da una sottile foglia d'oro, lavorata a sbalzo in modo da richiamare il motivo di una stuoia. Tra gli oggetti più significativi del corredo funerario di Hetephers, la cui sepoltura secondaria fu scoperta in prossimità delle piramidi satelliti di Kheops, sono da ricordare la portantina con le barre terminanti in forma di palme, la scatola contenente una serie di bracciali in oro e pietre dure, due sgabelli: uno decorato con due fiori di loto intrecciati e l'altro con l'emblema della dea Neith e l'immagine di un falco che dispiega le sue ali sopra un fascio di papiri. Di estremo effetto sono gli intarsi in oro e faïence colorata che adornano la scatola dove erano conservati i tendaggi del padiglione.
A partire dalla fine dell'Antico Regno, le necropoli di G. conobbero un lungo periodo di abbandono che ebbe termine soltanto con il Nuovo Regno. Risale al regno di Amenophis II la costruzione di un tempio dedicato alla sfinge, alla quale si era da poco cominciato a tributare un vero e proprio culto in quanto manifestazione del dio Harmakhis («Horus dell'orizzonte»). Una colonia di prigionieri di origine cananea stanziata nella zona attribuì all'immagine leonina dalle fattezze umane l'identità del dio siro-palestinese Horun.
Ormai pressoché in disuso come necropoli, G. vide il fiorire di altri culti tra i monumenti funerari abbandonati. La cappella funeraria annessa alla piramide della principessa Henutsen, figlia di Kheops, fu trasformata in santuario dedicato alla dea Iside «signora delle piramidi» intorno alla XXI dinastia.
In epoca romana il rivestimento delle piramidi si arricchì di epigrafi in caratteri greci e latini lasciate dai numerosi visitatori. Tutte queste iscrizioni andarono però perdute nel Medioevo, quando i blocchi di calcare furono utilizzati per costruire alcuni edifici pubblici del Cairo.
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