Vedi GLADIATORE dell'anno: 1960 - 1994
GLADIATORE (v. vol. III, p. 937)
Un riesame delle fonti letterarie e archeologiche fa ritenere oggi poco probabile la tesi, che a lungo ha dominato, dell'origine etrusca degli spettacoli gladiatori, a favore dell'ipotesi osco-sannitica, confortata da pitture tombali della Campania e della Lucania risalenti al IV sec. a.C. Accanto alla valenza funeraria si sviluppò ben presto anche l'aspetto prettamente agonistico e «laico», come documentano gli spettacoli inter epulas attestati a Capua almeno dal 310 a.C. (Liv., IX, 40). Parallelamente l'etimologia stessa del termine munus sembra da intendere non solo come officium mortuorum debitum (Tert., Spect., XII), ma anche come «dono» offerto al popolo per accattivarsene i favori. Così come a Roma, dove tuttavia un ruolo del tutto particolare era svolto anche nel campo degli spettacoli dall'imperatore, pure nei municipi e nelle colonie spettacoli gladiatori erano prevalentemente offerti dai magistrati pubblici, i quali, anzi, per legge erano tenuti a una regolare editio. Recenti studi (Sabbatini Tumolesi, 1980) hanno messo in chiaro la distinzione tra editor muneris e curator muneris (publici), tanto spesso confusi dagli studiosi precedenti. Mentre il primo offriva propriamente lo spettacolo (e da ciò era poi detto munerarius), il secondo era il responsabile di un ufficio municipale, istituito verosimilmente a partire dal II sec., con funzioni di controllo sulla spesa pubblica in materia di spettacoli gladiatori.
Per quanto riguarda poi i protagonisti degli spettacoli stessi, i g., un attento esame soprattutto dei documenti epigrafici ha consentito di giungere a risultati parzialmente nuovi sul loro stato giuridico e professionale. In effetti la presenza per lo più del solo cognome potrebbe far pensare che gran parte dei g. fosse di condizione servile: raramente peraltro essa è resa sicura dall'indicazione del nome del proprietario, mentre in altri casi il fatto che il g. abbia a sua volta liberti esclude che si possa trattare di uno schiavo (sarà forse un liberto, che omette il gentilizio e il patronato, o un peregrino, che non indica il suo patronimico, o ancora un ingenuo che ricorda il solo cognome o nome di battaglia).
È certamente da ridimensionare l'impiego nell'arena di prigionieri di guerra e di damnati ad ludum o ad bestias. Occorre innanzitutto distinguere le condanne ad ludum gladiatorium o venatorium, che non comportavano necessariamente la morte, e le vere e proprie condanne a morte, tra le quali rientrava anche l’obiectio bestiis. Solo questi condannati a morte potevano essere venduti agli editores e giustiziati nell'arena durante i ludi meridiani., che separavano la venatiò del mattino dallo spettacolo gladiatorio pomeridiano (Sen., Ep., VII, 4). Una forma del tutto particolare di arruolamento era quella dell’auctoramentum, cui poteva essere sottoposto non solo il g. libero, come generalmente si ritiene, ma anche lo schiavo e il liberto: si trattava di una forma sacrale di giuramento che vincolava in maniera del tutto particolare il g. al dominus, indipendentemente dal suo stato giuridico. Parimenti non ha probabilmente a che fare con la condizione giuridica del g. la qualifica di liber, che per lo più abbreviata segue talora il nome del g.: è stato infatti proposto d'interpretare tale qualifica come una nota professionale per il g. stesso, che, benché schiavo, gestiva la gladiatura in proprio, come «libero professionista», sganciato da una scuola gladiatoria (il fenomeno sembra limitato al I sec. d.C., prima della definitiva affermazione delle scuole gladiatorie imperiali, che determinò la chiusura dei ludi privati).
Per quanto riguarda le singole categorie gladiatorie, l'assenza di specifici contributi ha indotto molti studiosi a posizioni di estrema cautela nell'interpretazione dei monumenti figurati, privilegiando definizioni generiche, del tipo «g. armato alla leggera» o «pesantemente». Ricerche recenti ci permettono di seguire con una certa precisione l'evoluzione delle armi gladiatorie e in particolare degli elmi.
Se in età tardo-repubblicana le armi dei g. si differenziano pochissimo da quelle dell'esercito, a partire dall'età augustea assistiamo a una rapida evoluzione degli elmi, caratterizzati da una tesa circolare diritta e da paragnatidi che vanno progressivamente aumentando di dimensioni, fino a chiudersi completamente sul viso (10-20 d.C. circa), lasciando solo due fori per gli occhi (si veda in particolare l'elmo che protegge la testa di g. a grandezza naturale trovata nell'anfiteatro di Verona). Successivamente la tesa si piega verso la parte posteriore e i fori per gli occhi si ampliano, protetti da una fitta rete metallica (come testimoniano le armi trovate nella caserma dei g. di Pompei), caratteristiche queste che perdureranno a lungo (v. infra la stele da Aquileia).
L'armatura più antica è senz'altro quella del samnes (v. p.es. Liv., IX, 40; Hor., Epist., II, 2, 97 e per le iscrizioni: CIL, VI, 10187; IX, 466; NSc, 1916, p. 98 n. 14), attestata ancora in età neroniana. Sull'origine, l'armatura e la tattica del murmillo le opinioni sono contrastanti, né aiuta molto l'etimologia del nome: egli lottava prevalentemente con altri mirmilloni o con i traci. Qualche indicazione viene ora da una stele sepolcrale con raffigurazione di g., da Aquileia (v. infra). I paegniarii non sono da considerare g., ma semplici buffoni, che si esibivano armati di bastoni e pedum. Problemi sussistono per l'armatura del provocator che ha scutum e ocrea al pari del secutor; sembra da escludere che la sua armatura fosse contraddistinta dalla spatha, poiché la qualifica di spatharius compare anche per altri g., che in luogo del gladius usavano eccezionalmente la spatha; forse si tratterà, piuttosto che di un'armatura, di una particolare specializzazione di combattimento, tanto più che nelle raffigurazioni il provocator è spesso armato di una «mazza», con la quale forse egli «provocava» il suo avversario. Parimenti anche quella del secutor, più che un'armatura doveva essere almeno all'inizio una particolare tattica di combattimento contro il reziario: dobbiamo forse riconoscere in lui un contraretiarius esperto più nelle fasi dell'attacco che della difesa.
Certamente numerose sono le raffigurazioni d'argomento gladiatorio, su rilievi, mosaici, pitture, instrumentum, a conferma della grande popolarità di questi spettacoli. È senz'altro ancora valida la loro distinzione in quattro gruppi, a seconda che si tratti 1) di opere eseguite su commissione del munerarius; 2) di monumenti sepolcrali per g.; 3) graffiti o pitture d'esecuzione popolare; 4) instrumentum.
Committenza del munerarius. - Colui che, solitamente in relazione a qualche carica pubblica, aveva dato un munus gladiatorium, desiderò spesso eternarne il ricordo con una rappresentazione musiva nell'ambito della propria casa. In quest'ottica è stato p.es. interpretato il celebre mosaico di Zliten (Hönle, 1982), del quale oggi non tutti accolgono più la datazione in età flavia proposta dal primo editore (Aurigemma), spostandolo agli inizi del regno degli Antonini (Ville, 1965), se non addirittura in età severiana (Parrish, 1985). Per il c.d. Mosaico Borghese, che probabilmente decorava il criptoportico di una villa imperiale, è stata di recente proposta una datazione al 300 d.C. circa; un riesame delle figure di g. ivi rappresentate ha inoltre portato a escludere che i personaggi di varie dimensioni non impegnati direttamente in combattimenti siano da identificare con lorarii o incitatores, vedendovi raffigurati invece i g. vincitori (Sabbatini Tumolesi, 1988). Poco noto, anche se pubblicato da tempo, è un mosaico pavimentale policromo da una casa romana di Verona, con duelli fra g. (identificati con il loro nome) in tre pannelli. Possiamo con sicurezza identificare nel primo e nel terzo un reziario, con il consueto tridente e galerus sulla spalla sinistra, nel secondo un trace, riconoscibile dal grande elmo piumato e dalla corta spada ricurva (datazione probabile intorno alla metà del II sec. d.C.). Manca ancora una pubblicazione scientifica del mosaico in bianco e nero rinvenuto in una domus a E del foro di Aenona, con la raffigurazione del momento finale del munus, in due riquadri. Nel primo sono due g. tunicati con elmo - aperto sul viso - provvisto di una larga tesa circolare e di due alte pinnae, e con un piccolo scudo circolare (armamento analogo a quello dei g. che compaiono in uno dei c.d. Mosaici di Madrid): le didascalie permettono di identificarli in Species e Martialis. Nel secondo riquadro sono invece un reziario con il suo avversario (Helios e Heumenes): la datazione probabile è fra metà ΙΙ-inizî III sec. d.C.). Reso noto solo di recente, invece, è un mosaico policromo con raffigurazione di due g., armati pesantemente, ripresi nel momento decisivo della lotta, rinvenuto a Ravenna, nell'area sottostante la chiesa di S. Croce, e appartenente a una domus di fine ΙΙ-inizi III secolo. Vi s'intravede un g. vinto, giacente a terra e privo ormai di spada, sul quale incombe il vincitore, con elmo, manica al braccio destro, oltre al consueto subligaculum: con la sinistra afferra la testa del vinto e con la destra è pronto a colpire.
Scene di g., forse con riferimento a spettacoli offerti in vita (ma anche, talora, a spettacoli celebrati in onore del defunto), decoravano spesso anche i sepolcri di personaggi di cospicua condizione economica. Una significativa analogia con le raffigurazioni che ornavano il monumento di Lusius Storax a Chieti è offerta da due rilievi, pertinenti verosimilmente a uno stesso sepolcro, rinvenuti a Sinuessa, oggi dispersi, ma noti da disegni: nel primo era la consueta scena di iugulatio del gladiatore vinto da parte del vincitore, nel secondo si vedevano sette personaggi, tre dei quali, togati, seduti su sgabello (prima metà I sec. d.C.). Ai primi decenni del I sec. d.C. appartiene anche il rilievo, in più lastre, che decorava probabilmente un ricco sepolcro di Castrum Novum·, si tratta di due lastre in calcare (oggi al museo di Civitavecchia); nella prima sono due g. con elmo a calotta liscia e paranuca, chiuso sul volto; sul petto hanno una piastra protettiva; sono difesi da manica, ocrea e scudo semicilindrico e armati di spada (per la piastra protettiva cfr. il rilievo gladiatorio rinvenuto nel Tevere ora al Museo Nazionale Romano); nella seconda lastra è invece rappresentato il duello fra un trace e un mirmillone. Solo parzialmente conservato è il rilievo in più blocchi, che si è ipotizzato facesse parte di un monumento sepolcrale, con la scena di duello fra più g. (dei quali purtroppo rimane solo la parte inferiore del corpo), rinvenuto ad Ancarano, nel territorio di Norcia. Poco conosciuto, anche a causa del suo stato di conservazione, è poi un rilievo marmoreo fortemente lacunoso, rinvenuto a Grugliasco (TO) reimpiegato nelle fondamenta della chiesa parrocchiale e conservato oggi nell’Antiquarium di Collegno. Vi sono rappresentati due traci, riconoscibili per l'elmo (che sembra chiudere completamente il viso) provvisto di alto cimiero piumato, per la spada curva (sica) e per le due ocreae alle gambe; uno di essi alza lo scudo in segno di vittoria; sullo sfondo è l'arbitro, riconoscibile dalla tunica e dalla caratteristica bacchetta (rudis).
Monumenti sepolcrali. - Assai ricca di documenti la serie di raffigurazioni gladiatorie pertinenti a monumenti funerari, soprattutto stele o rilievi. Non sempre facile tuttavia è distinguere questi dai documenti della categoria precedente. È il caso, p.es., di una lastra marmorea frammentaria (rilievo di Delphinus et Narcissus) trovata a Roma, in vigna Aquari, e oggi al Metropolitan Museum di New York. Le scene si svolgevano su fasce sovrapposte. Vi vediamo un reziario combattente contro un g. dall'elmo a calotta liscia; a sinistra è, a quanto pare, una fornace, particolare quest'ultimo finora iconograficamente inedito e che farebbe ipotizzare la presenza nell'arena di personale specializzato, con il compito d'incitare con ferri roventi i g. reticenti (III sec. d.C.). Bella raffigurazione di g., su grande stilobate marmoreo, è quella di Bato, che si conserva a Roma, nella Galleria Doria. Si tratta di un g. barbato, con subligaculum stretto in vita dal balteus, ocrea alla gamba sinistra e bende strette attorno alla destra; dal collo pende un torques; con la destra impugna il gladius, con la sinistra, ornata di bracciale, uno scudo oblungo con umbone; su un palo alla sua sinistra è poggiato un elmo di forma globulare, con la calotta liscia, chiuso sul volto e con due fori per gli occhi. La monumentalità della rappresentazione, da riferire probabilmente a un secutor (o comunque a un contraretiarius) non si addice a una semplice dedica sepolcrale. Sembrerebbe pertanto probabile l'identificazione di Bato con l'omonimo secutor prediletto da Caracalla, fatto uccidere dall'imperatore, ma poi dal medesimo onorato con un ricco sepolcro (Dio Cass., LXXVII, 6, 2).
È da tenere comunque presente che non sempre il tipo di raffigurazione sembra corrispondere all’armatura nella quale il g. stesso combatté. Sembrerebbe questo il caso di Hapleros, che sappiamo essere stato provocator, mentre il tipo di g. rappresentato sulla stele sembrerebbe piuttosto un secutor, al punto che si è supposto il riutilizzo di una stele predisposta per un altro gladiatore. Bisogna dunque essere cauti nel trarre deduzioni sui tipi di armature partendo dalle raffigurazioni stesse. Così una bella stele, ancora inedita, da Aquileia sembrerebbe presentarci il mirmillone Q. Sossius Albus: in realtà questi - per il tipo di elmo piumato, dalle larghe paragnatidi e la visiera a grata, il gladius, il grande scudo con umbone e l’ocrea alla gamba sinistra - in nulla sembra distinguersi da altri g. armati pesantemente (solo il tipo di elmo sembra diverso da quello dei secutores/contraretiarii, a calotta liscia per non offrire appigli alla rete dei reziari).
Graffiti o pitture. - Vasta è anche la gamma delle raffigurazioni, d'esecuzione popolare, graffite o dipinte, rinvenute all'interno di case o sulle pareti esterne di edifici, in particolare a Pompei. Qui già alla fine del II sec. a.C., nella «Casa di Amando», era stato dipinto il duello fra due g. a cavallo, identificati mediante didascalie (da escludere l'identificazione di uno di essi, Spartaks, in osco, con il famoso, ma più tardo Spartacus, capo della rivolta servile). Sempre a Pompei una pittura, oggi purtroppo completamente scomparsa, con il duello fra Prudens e Tetraites (g. particolarmente famosi in età neroniana, che p.es. troviamo spesso rappresentati anche sui vasi vitrei) era sul pilastro del vano d'ingresso di una taberna presso le c.d. Terme del Foro a Pompei. Erano invece state graffite, tranne alcuni dettagli in pittura bianca, le immagini di g. (c.a una decina) individuate sulla parete di una domus di Vaison-la-Romaine.
Instrumentum. - Per quanto riguarda l’instrumentum, basterà ricordare la grande frequenza di rappresentazioni gladiatorie su vasi di vetro, rinvenuti soprattutto nelle Gallie, ma non ignoti anche in Italia e altrove; spesso esse si riferiscono a celebri eroi del I sec.: Prudens, Tetraites, Spiculus, Columbus, Hermeros, Calamus e Proculus. Il motivo è del resto ricorrente anche su lucerne, sulla sigillata e su altri oggetti minori (statuine). Priva finora di confronti è invece la piastra in bronzo (interpretata come cerniera di una cassetta) rinvenuta in una domus di Bologna, sulla quale sono incise, su tre registri sovrapposti, tre coppie di g. traci, identificati con i rispettivi nomi (prima età imperiale?).
MONUMENTI CONSIDERATI. - Per le sculture che ornavano l'anfiteatro di Verona: F. Coarelli, in F. Coarelli, L. Franzoni, Arena di Verona. Venti secoli di storia, Verona 1972, pp. 34-35. - Per l'evoluzione delle armi gladiatorie (in part, degli elmi): A. Grenier, rec. a G. Ville, Recherches sur le costume, l'armament et la technique des Gladiateurs romains, in CRAI, 1960 (1961), pp. 269-272; F. Coarelli, Il rilievo con scene gladiatorie, in StMisc, X, 1966, p. 85 ss.
Mosaico di Zliten: G. Ville, Essai de datation de la mosaïque des gladiateurs de Zliten, in La mosaïque greco-romain, Parigi 1965, pp. 147-155; A. Hönle, Das Mosaik von Zliten. Ein Munus für höchste Ansprüche, in A W, XIII, 1982, 4, p. 22 ss.; D. Parrish, The Date of the Mosaics from Zliten, in AntAfr, XXI, 1985, p. 151 ss. - Mosaico Borghese: P. Sabbatini Tumolesi, Epigrafia anfiteatrale dell'Occidente romano, I. Roma, Roma 1988, in part. pp. 96-103, n. 113; ead., Per una nuova lettura del c.d. Mosaico Borghese, in Nikephoros, III, 1990, p. 195 ss. - Mosaico di Verona (rinvenuto in Via Diaz nel 1935, oggi al Museo Archeologico del Teatro Romano): G. L. Gregori, Epigrafia anfiteatrale dell'Occidente romano, II. Regiones Italiae VI-XI, Roma 1989, in part. pp. 74-75, n. 57 (con bibl.). - Mosaico di Aenona: sommaria descrizione in M. Suić, Š. Batović, J. Belošević, Nin. Problems of Archaeological Excavations, Zara 1968, p. 46, tav. XXII; Š. Batović, M. Suić, Nin. Povijesni i umjetnički spomenici («Nin. I suoi monumenti storici e artistici»), Zara 1979, pp. 65-66. - Mosaico di Ravenna: G. L. Gregori, Amphitheatralia II, in ArchCl, XXXVI, 1984, p. 334; G. Pavan, I mosaici della chiesa di S. Croce a Ravenna, vecchi e nuovi ritrovamenti, in FelRav, CXXVII-CXXX, 1984-1985, pp.· 356-357·
Rilievi di Sinuessa: M. Pagano, Note epigrafiche e archeologiche sinuessane, in MEFRA, XCIII, 1981, pp. 876-881.
- Rilievi di Civitavecchia: S. Rinaldi Tufi, Lastre di un rilievo gladiatorio nel Museo di Civitavecchia, in BullCom, LXXXII, 1971, p. 137 ss. - Rilievo con g. dal Tevere: R. Paris, P. Sabbatini Tumolesi, in Museo Nazionale Romano, I, 2. Le sculture, Roma 1981, pp. 225-228, n. 27.
- Rilievo di Ancarano: D. Manconi, P. Bruschetti, Rilievi gladiatori da Ancarano di Norcia e da Pontecuti di Todi, in Spoletium, XXXI, 1986, pp. 41-44; R. Cordella, N. Criniti, Nuove iscrizioni latine di Norcia, Cascia e Valnerina, Spoleto 1988, pp. 62-63, figg. 6 e 147. - Rilievo di Grugliasco: G. L. Gregori, op. cit., pp. 72-73, n. 55.
Rilievo di Delphinus et Narcissus (oggi al Metropolitan Museum): P. Sabbatini Tumolesi, op. cit., pp. 94-95, n. III. - Monumento di Bato: P. Sabbatini Tumolesi, op. cit., pp. 89-90, n. 106. - Stele del provocator Hapleros, di provenienza microasiatica: P. Frisch, A. Geissen, Grabstele für einen Provocator, in ZPE, XXXIX, 1980, pp. 193-195; Α. Geissen, Zum Provocator Hapleros, ibid., LV, 1984, p. 228. - Stele del mirmillone Q. Sossius Albus di Aquileia: notizia in G. L. Gregori, op. cit., p. 59. - In generale sui rilievi d'argomento gladiatorio: Β. M. Felletti Maj, La tradizione italica nell'arte romana, Roma 1977, passim.
Pittura della «Casa di Amando»: J. Kolendo, Uno Spartaco sconosciuto nella Pompei osca. Le pitture della casa di Amando, in Index, IX, 1980, pp. 33-40. - Pittura con duello fra Petraites e Prudens: R. Angelone, L'agenzia di un lanista in Pompei all'insegna di un famoso combattimento gladiatorio, in Atti della Accademia Pontaniana, XXXVIII, 1989, pp. 339-369. - Graffito di Vaison-la Romaine: Β. Liou, E. Deniaux, F. Bartaud, Trouvailles de l'été 1975 à Vaison-la-Romaine, in RANarb, IX, 1976, pp. 251-260.
Raffigurazioni di g. sui vasi di vetro: G. Ville, Les coupes de Trimalcion figurant des gladiateurs et une série de verres «sigillés» Gaulois, in Hommages J. Bayet, Bruxelles 1964, pp. 722-733; B. Grosjean, A propos des fragments de verres à scènes du cirque et de l'amphithéatre découverts à Alésia (Côte d'Or), in RAE, XXIV, 1983, pp. 166-169; L. Taborelli, Vasi di vetro con rilievi di ludi circenses e gladiatorii. Nuovi contributi, in Studi di antichità in onore di Guglielmo Maetzke, III, Roma 1984, pp. 561-576; C. Landes, A propos d'un fragment de gobelet en verre sigillé orné d'un combat de gladiateurs, in Mélanges offerts à M. Labrousse, Tolosa 1986, pp. 345-353; Ch. Landwehr, A. Hönle, Ein Reliefkrug aus Lucrino, in RM, XCIV, 1987, pp. 223-240. - Cerniera in bronzo da Bologna: V. Gentili, Una cerniera romana di bronzo con scene gladiatorie, in II Carrobbio, III, 1977, pp. 201-203.
Bibl.: Opere fondamentali: P. Sabbatini Tumolesi, Gladiatorum paria. Annunci di spettacoli gladiatorii a Pompei (Tituli, I), Roma 1980; G. Ville, La gladiature en Occident des origines à la mort de Domitien (BEFAR, 245), Roma 1981 (purtroppo, a causa della scomparsa dell'autore, non è stata ancora data alla stampa la preannunciata raccolta di raffigurazioni gladiatorie curata da G. Ville); M. Clavel-Lévêque, L'Empire en jeux. Espace symbolique et pratique sociale dans le monde romain, Parigi 1984; J.-C. Golvin, L'amphithéatre romain. Essai sur la théorisation de sa forme et de ses fonctions, 2 voll., Parigi 1988; P. Sabbatini Tumolesi (ed.), Epigrafia anfiteatrale dell'Occidente Romano, I-III, Roma 1988-1992.