GLAUCO (Γλαῦκος)
Fra i molti personaggi mitologici di questo nome, i principali sono il guerriero dell'Iliade e il pescatore di Antedone divenuto nume marino.
1. G., figlio d'Ippoloco è insieme con Sarpedonte condottiero dei Lici venuti in soccorso dei Troiani. Sarpedonte lo stima assai per la sua saggezza e per il suo valore. Notevole l'incontro di G. e Diomede nel VI libro dell'Iliade (vv. 226-236) dove i due guerrieri si riconoscono come stretti da antichi vincoli d'ospitalità ed evitano pertanto di combattersi e anzi si scambiano in segno di amicizia le armi, sebbene quelle di Diomede valgano nove buoi e quelle di G. cento. Il cambio, non vantaggioso per G., diede origine a una nota espressione proverbiale greca. G. combatte valorosamente a fianco di Sarpedonte contro la torre di Menesteo (Iliade, XII, 329 segg.), ma è ferito da Teucro e costretto a ritirarsi. Quando poi Sarpedonte, morente sotto i colpi di Patroclo, lo invoca perché egli salvi dalle mani del nemico il suo cadavere, implora e ottiene da Apollo una repentina guarigione, incita Lici e Troiani a pugnare da valorosi, e ottiene l'agognato scopo. Dopo che Patroclo è caduto sotto i colpi di Ettore, G. sprona il duce troiano a impadronirsi del cadavere del caduto. In Quinto Smirneo (Postom., III, 216), egli tenta insieme con altri di trascinar via lo spento Achille, ma è abbattuto da Aiace Telamonio. Il suo cadavere viene, per volere di Apollo, sottratto dai venti alla pira e trasportato in Licia dove gli si dà sepoltura. In Licia gli si presta culto eroico.
2. G. pescatore di Antedone in Beozia, nato dall'eroe eponimo della città e da Alcione (secondo altri da Polibo e da Eubea, o da Posidone e da una Naiade), dopo aver gustato un'erba straordinaria divenne dio marino. Il racconto più particolareggiato della leggenda si trova in Servio (a Verg., Georg., I, 436) e in Ausonio (Mosella, 276 segg.). Secondo esso un giorno G., mentre si riposava sul lido dopo la pesca, vide che certi pesci stesigli accanto, se venivano a contatto con una certa erba, ritornavano in vita e guizzavano in mare. Incuriosito, volle gustare quell'erba, e allora spiccò un salto nelle onde, e si trovò tramutato in dio marino. Oceano e Teti lo purgano d'ogni umana impurità e Posidone e Anfitrite lo accolgono benevolmente nel loro palazzo. Egli vive in buon accordo con Nereo e le Nereidi, divulga le profezie di Nereo, e con Nereo e le Nereidi è spesso raffigurato dalla pittura vascolare. Porta spesso in capo un cestello da pescatore. La sua abilità profetica viene talora grandemente esaltata: Nicandro gli attribuisce addirittura Apollo come discepolo e Virgilio la Sibilla di Cuma come figlia. È messo in relazione col mito degli Argonauti: secondo una leggenda è lui il costruttore della nave Argo, secondo un'altra la segue a lungo profetando. Note le sue disavventure amorose con la bella Scilla. Il Glauco marino di Eschilo doveva svolgere il mito suesposto.
Affine al G. di Antedone pare il G. di Potnia fra Tebe e Platea, che aveva abituato le sue cavalle a cibarsi di carne umana; ma un giorno che tale pasto mancò, esse divorarono il padrone.
Bibl.: Gaedechens-Drexler in Roscher, Lexikon der griech. u. röm. Mythologie, I, ii (1886-1890), coll. 1677 segg.; Weicker, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., VII, i, coll. 1408-1414; L. Preller, Griech. Myth., 4ª; ed., di C. Robert, I, ii, pp. 610-613 e passim, III, 2, 1, p. 1160 segg.