Gli altri autori di ‘Storie’
L’opzione di Guicciardini per il passato recente costituì un modello ripreso e imitato, come rivela il caso di vari autori a lui coevi che redassero anch’essi opere storiche, pur oscillando rispetto alla connotazione politica dei loro scritti. Esponente di una famiglia di mercanti fiorentini di tradizione repubblicana, Bernardo Segni (1504-1558) compose le Istorie fiorentine (inedite fino al 1723), che in cinque libri trattano degli eventi dal 1527 al 1555 e in cui è ben evidente, rispetto a Guicciardini, l’assenza di un reale interesse per le questioni storico-politiche a vantaggio di una trattazione prevalentemente letteraria. Al contrario, Iacopo Nardi (1476-1563), politico e storico fiorentino, che fu capofila dei fuoriusciti antimedicei nella Venezia degli anni Trenta, prima di riavvicinarsi a Cosimo de’ Medici, non esitò a infondere tutta la sua passione politica nelle Istorie della città di Firenze, iniziate nel 1553, ma rimaste incompiute e pubblicate solo nel 1582: dedicate al periodo 1494-1538, nonostante l’afflato filorepubblicano, si rivelano opera di notevole valore culturale, grazie anche a una costante tensione interpretativa.
Fu corrispondente di Nardi Benedetto Varchi (1503-1565), anch’egli fiorentino, illustre letterato e autore di una celebre Storia fiorentina, scritta per incarico del duca Cosimo I (ma pubblicata solo nel 1721), che nello spazio di 16 libri copre l’epoca dal 1527 al 1538 e si distingue per la cura nell’uso delle fonti e per la notevole autonomia di giudizio nei confronti dei Medici. Tra gli storici fiorentini che si mossero sulla scia aperta da Guicciardini vi fu anche Giovan Battista Adriani (1511-1579), letterato legato ai Medici, nominato da Cosimo I storiografo ufficiale e autore di un’Istoria de’ suoi tempi in 22 libri, pubblicata postuma nel 1583, in cui si ricostruivano gli eventi della storia della città dal 1536 fino alla morte del primo granduca di Toscana (1574), inquadrandoli nel più ampio contesto europeo con notevole senso della misura e acume storico.
L’intreccio fra politica e storia e la propensione a riflettere sul passato prossimo, o sui fatti che si erano almeno in parte vissuti, anche mediante il supporto di un’adeguata documentazione, si rivelarono caratteristiche comuni anche ad autori non fiorentini, come il veneziano Paolo Paruta (1540-1598). Uomo politico e membro di una nobile famiglia di origine lucchese, lettore di Machiavelli e Guicciardini, nominato storiografo ufficiale della Serenissima nel 1579, fu autore, tra le altre opere, della Istoria veneziana, pubblicata postuma nel 1605, che con notevole imparzialità proseguiva quella di Pietro Bembo per gli anni 1513-1552, riservando una speciale attenzione alle relazioni tra storia italiana ed europea e alla sfera politico-diplomatica.
Appartennero invece a una generazione successiva il veneto Arrigo Catarino Davila (1576-1631) e il ferrarese Guido Bentivoglio (1577-1644). Scrittore e militare, discendente da una nobile famiglia spagnola, Davila trascorse la giovinezza in Francia alla corte di Caterina de’ Medici e prese parte alle guerre di religione, per poi ritornare in Italia, entrando al servizio della Repubblica di Venezia e acquistando grande fama come autore della Storia delle guerre civili in Francia (1630), opera di notevole lucidità, incline a un’interpretazione tutta politica dei fatti narrati. Protagonista di una brillante carriera diplomatica ed ecclesiastica, coronata dalla porpora cardinalizia (1621) e dalla presidenza della Congregazione del Sant’Uffizio (1628-1635), nella quiete romana Bentivoglio ritornò alla giovanile passione per la storia, dando alle stampe le Relazioni (1629), che offrirono uno spaccato di rara potenza della recente storia politica europea, cui seguirono i volumi Della guerra di Fiandra (1632-1639), opera dedicata alla rivolta antispagnola dei Paesi Bassi e fondata su un’abbondanza di fonti che egli aveva raccolto negli anni in cui vi era stato nunzio pontificio.