Gli imputati “eterni giudicabili”
Degna di particolare nota, tra le pronunce che, nel corso del 2013, si sono occupate dell’imputato è certamente la sentenza della Corte costituzionale 14.2.2013, n. 231. Al vaglio della Corte è, difatti, tornata la disciplina applicabile in ipotesi di incapacità irreversibile dell’imputato a partecipare al processo: “l’eterno giudicabile”.
Come nelle precedenti occasioni2, il Giudice delle leggi non ha accolto le questioni di costituzionalità sollevate, in questo caso dichiarandole inammissibili, con una decisione che però, per i suoi contenuti argomentativi, assume le vesti di un ultimatum rivolto al legislatore perché intervenga al più presto per dettare una disciplina che risolva «il grave problema individuato nella presente pronuncia», non essendo ulteriormente «tollerabile l’eccessivo protrarsi dell’inerzia legislativa».
L’Autorità remittente dubitava della legittimità costituzionale dell’art. 159, co. 1, c.p.: nell’ipotesi in cui il procedimento venga sospeso, ai sensi dell’art. 71 c.p.p., perché l’imputato versa in una condizione di infermità permanente, totale, e con prognosi di irreversibilità, la conseguente, e normativamente imposta, sospensione della prescrizione del reato comprometterebbe, allo stesso tempo, il principio della ragionevole durata del processo, quello di eguaglianza nonché il diritto di difesa dell’imputato.
Centrale nell’impostazione del remittente il rilievo fornito al principio della ragionevole durata del processo, da intendersi certamente quale «garanzia oggettiva» – «inerente al funzionamento dell’amministrazione della giustizia, in considerazione dei gravi inconvenienti ‘individuali e collettivi’ connessi ad una eccessiva dilatazione temporale del procedimento» –, ma allo stesso tempo quale garanzia fornita al singolo di ottenere, in un tempo ragionevole, una decisione che definisca il proprio procedimento: esigenze, queste, entrambe vanificate da una disciplina che permette la sospensione del processo con durata tendenzialmente illimitata, o meglio destinata a interrompersi esclusivamente con la morte dell’imputato e con la conseguente dichiarazione di estinzione del reato3. Inoltre, in virtù della situazione di “stallo” creata, si assiste ad una situazione di imprescrittibilità del reato, ingiustificata dal punto di vista sostanziale.
Come già anticipato, la Corte ha dichiarato le questioni inammissibili. Nondimeno, è nelle motivazioni che risiede il carattere di assoluta novità della pronuncia: soprattutto per l’esplicito riconoscimento dapprima della «reale anomalia insita nelle norme correlate concernente la sospensione della prescrizione estintiva dei reati … e la sospensione del processo per incapacità dell’imputato»; poi dell’espresso contrasto della disciplina applicabile in questi casi con i principi costituzionali.
La Corte, infatti, non poteva essere più chiara nel qualificare come incongrua la situazione di pratica imprescrittibilità del reato, alla quale né il giudice né le parti possono porre rimedio, e nel chiarire come «l’indefinito protrarsi nel tempo della sospensione del processo … presenta il carattere dell’irragionevolezza, giacché entra in contraddizione con la ratio posta a base, rispettivamente della prescrizione dei reati e della sospensione dei processi». Per giungere infine alla conclusione che in questi casi appare frustrato il finalismo garantistico insito nelle norme sostanziali e processuali più volte richiamate e che dunque «le ragioni delle garanzie ivi previste si rovesciano inevitabilmente nel loro contrario».
L’ossequio rivolto dalla Corte alle scelte discrezionali del legislatore – sì da determinare l’esito di inammissibilità della questione – non impedisce di osservare come questo andamento, «in cui la discrezionalità del legislatore trasformandosi da oggetto del giudizio a primo motivo del decidere, rend[a] palese un arretramento della linea del sindacato di costituzionalità»4.
Il cauto atteggiamento assunto dalla Consulta che le ha evidentemente suggerito, per il momento5, di non giungere ad una decisione di illegittimità costituzionale non le ha comunque impedito di indicare le possibili strade dell’auspicato intervento normativo, alcune delle quali già, peraltro, prospettate in dottrina6. Prima fra queste, la possibilità di individuare nella incapacità irreversibile dell’imputato una situazione che possa incidere sulla promovibilità o procedibilità dell’azione introducendo così un rimedio radicale, con possibilità di revoca della decisione nell’ipotesi in cui, prima della maturazione dei termini prescrizionali, la prognosi medica fosse smentita7. Quale rimedio meno tranchant la Corte ha ipotizzato anche la possibile previsione di un numero determinato di accertamenti ai sensi dell’art. 72 c.p.p. «ovvero la decorrenza di una data frazione del termine prescrizionale, prima della declaratoria di cui all’art. 129 c.p.p.». Ciascuna di queste opzioni hanno già trovato buona accoglienza da parte della dottrina8 che si è occupata del tema: la parola spetta ora al legislatore, che in qualche modo sembra già essersi attivato nel trovare soluzioni che mirano a sganciare l’effetto sospensivo della prescrizione dalla disposta sospensione del procedimento9. È un buon inizio, ora occorre solo procedere.
1 La decisione è pubblicata in Cass. pen., 2013, 1823 con nota di Scomparin, L., Prescrizione del reato e capacità di partecipare coscientemente al processo: nuovamente sub iudice la disciplina degli “eterni giudicabili.
2 Le pronunce sono tutte richiamate in maniera argomenta da Leo, G., Il problema dell’incapace “eternamente giudicabile”: un severo monito della Corte costituzionale al legislatore, in www.penalecontemporaneo.it.
3 Proprio nel tentativo di offrire una soluzione al problema, ancora una volta in termini sostanziali, in precedenza si era dubitato della legittimità costituzionale dell’art. 150 c.p. chiedendo alla Corte un intervento additivo che, tra le cause estintive del reato, equiparasse alla morte le ipotesi di incapacità permanente ed irreversibile dell’imputato. Sollecitazione che è stata respinta, sul condivisibile assunto della non comparabilità, nell’ambito del principio di eguaglianza, delle due condizioni, nonché per la possibile fallibilità delle valutazioni medico-legali. La questione è stata difatti ritenuta manifestamente infondata da C. cost., 4.11.2011, n. 289, in Cass. pen., 2011, 949 con nota di Scomparin, L. Sospensione del processo per incapacità irreversibile dell’imputato: una normativa suscettibile di perfezionamenti, nuovamente “salvata” dalla Corte costituzionale.
4 Così Scomparin, L., Prescrizione del reato e capacità, cit., 1830.
5 Osserva al riguardo Leo, G., Il problema dell’incapace, cit., che seppur, in questi casi, sia comprensibile un atteggiamento self restraint della Corte, «il processo di interlocuzione con i giudici e con il legislatore non può protrarsi all’infinito, di fronte a discipline la cui irragionevolezza incide … sulla garanzia dei diritti umani».
6 La Corte ritiene che le ipotesi prospettate siano equivalenti «quanto al risultato» ossia il superamento della rilevata incongruenza, ma diverse quanto «all’iter da seguire per definire la situazione sostanziale e processuale dell’imputato»: le valutazione inerenti al rapporto tra mezzi e fini non possono che spettare al legislatore.
7 Ipotesi questa già avanzata da Scomparin, L., Sospensione del processo per incapacità irreversibile, cit., 957 ss.
8 Sull’adesione alla seconda opzione proposta dalla Corte si veda Chiavario, M., Infermità di mente ed “eterni giudicabili”: a proposito della sent. 23/2013 della Corte costituzionale, in corso di pubblicazione in Legisl. pen, 2013.
9 Ci si riferisce al progetto di legge in materia di sospensione del processo per gli imputati irreperibili che prevede l’introduzione di un terzo comma all’interno dell’art. 159 che di fatto impone che in questi casi la sospensione del corso della prescrizione non possa essere superiore ai termini indicati dall’art. 161, co. 2, c.p.