Uno degli obiettivi primari della politica estera spagnola dall’avvento della democrazia è stato quello di aumentare la propria influenza in America Latina. Legami storici, linguistici e culturali legano la Spagna ai paesi di prima colonizzazione dell’area, affrancatisi da Madrid nell’Ottocento.
Nel 1996 la Spagna diventò il primo investitore estero nella regione latinoamericana (in quell’anno verso i paesi della regione giunsero 6,3 miliardi di dollari). L’anno precedente, per la prima volta in un secolo, le esportazioni spagnole verso l’America Latina superarono quelle verso gli Stati Uniti. Nel decennio chiusosi nel 2000, inoltre, più del 20% delle acquisizioni e fusioni nella regione latinoamericana furono operate da imprese spagnole. Tra le imprese con grandi interessi nella regione oggi figurano il gruppo Telefonica, azienda leader nel settore delle telecomunicazioni, e Sol, la più grande catena di hotel spagnoli.
Questo trend di maggiori investimenti nella regione è rallentato nell’ultima parte degli anni Novanta, per conoscere poi una brusca inversione di tendenza durante la fase più acuta della crisi del debito sovrano in Argentina (2001). Dal 2004, tuttavia, i rapporti economici con la regione sono ripresi. Se da una parte, infatti, il quinquennio 2004-09 è stato travagliato da relazioni economiche più tese con quei paesi ¬ soprattutto Venezuela, Bolivia e Nicaragua ¬ che hanno adottato politiche social-populiste di nazionalizzazione, protezione delle imprese nazionali e diffidenza verso gli investimenti esteri, percepiti come tentativi di colonizzazione indiretta, dall’altra l’intensità dei rapporti economici e degli investimenti totali nella regione è giunta nel 2008 a superare quella fatta registrare negli anni Novanta.