Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Nel XIX secolo l’uso degli strumenti scientifici si generalizza in ambito educativo, industriale e professionale. Con la scoperta dell’elettricità voltaica e il progresso delle scienze si migliorano strumenti già noti e se ne inventano di nuovi, mentre sulla scia della rivoluzione industriale strumenti da laboratorio sono trasformati in efficaci apparecchi utilizzati in disparate attività umane. In Europa la produzione di strumenti scientifici si trasforma da attività manifatturiera essenzialmente artigianale in un’industria sempre più meccanizzata.
Premessa
Nell’Ottocento la diffusione sempre più capillare dell’educazione scolastica, la creazione di un numero sempre maggiore di università e istituti di studi superiori, nonché la nascita di nuove società a carattere scientifico e tecnologico, incrementano notevolmente il bisogno di strumenti scientifici necessari alla didattica e alla ricerca scientifica.
Inoltre, in un secolo che vede l’industrializzazione di gran parte del mondo occidentale, l’uso degli strumenti non rimane confinato all’ambito dei gabinetti scientifici e dei laboratori universitari, ma si diffonde in modo sempre più capillare in ambito professionale e industriale.
La maggiore attenzione alla salute pubblica e all’igiene è un altro importantissimo fattore di sviluppo degli strumenti nel campo delle scienze umane e biologiche. Infine l’espansione coloniale di molte nazioni europee incrementa la diffusione degli strumenti scientifici per le esplorazioni, la navigazione e la cartografia, ma anche per nuove attività commerciali e produttive.
Nel contempo numerosi apparecchi che nascono essenzialmente come curiosità da laboratorio – i primi telefoni, i primi motori e generatori elettrici ecc. – si perfezionano al punto da diventare pietre miliari del progresso tecnologico.
Per meglio comprendere questa evoluzione possiamo dividere gli strumenti scientifici in tre grandi categorie: strumenti di ricerca e di misura, strumenti professionali e industriali e strumenti didattici. Ma se tali categorie permettono di definire, almeno grossolanamente, le tipologie più importanti, non hanno tuttavia confini ben definiti ed è spesso l’uso che viene fatto dello strumento a determinare la sua appartenenza a una di queste categorie.
Una bobina di induzione ad esempio – detta anche rocchetto di Ruhmkorff, strumento assai diffuso dopo il 1850 – può essere considerata un apparecchio di ricerca se utilizzata per studiare gli effetti delle alte tensioni, oppure uno strumento squisitamente didattico per spiegare i fenomeni di induzione prodotti dalle correnti interrotte periodicamente; ma può diventare anche uno strumento professionale quando nelle mani del tecnico minerario è utilizzata per far deflagrare delle mine oppure per azionare le prime lampade elettriche da miniera munite di tubo a scarica nei gas rarefatti.
Strumenti per la ricerca e per le misure di precisione
Questi strumenti si trovano essenzialmente nei gabinetti delle università, nei laboratori di ricerca privati, appartenenti a istituti scientifici o industriali che nascono verso la fine del secolo. Si tratta di apparecchi a volte complessi, che presentano tipologie estremamente varie, utilizzati per produrre, studiare e quantificare i fenomeni più diversi.
Gli strumenti costruiti per misure di precisione richiedono parti meccaniche lavorate con la massima cura, scale dalle divisioni accurate, vetri ottici della migliore qualità e organi elettromeccanici spesso complicati e delicati. In fisica, elettricità, astronomia, misure sempre più sofisticate, ottenute con apparecchi che escono dalle migliori officine di precisione dell’epoca, contribuiscono al progresso delle conoscenze e permettono di perfezionare o modificare modelli teorici.
Nel corso dell’Ottocento nasce la necessità di definire, determinare e costruire campioni di unità standard delle più disparate grandezze fisiche. A partire dalla metà degli anni Quaranta, ad esempio, l’estensione delle reti telegrafiche e la loro ramificazione internazionale rende necessaria la realizzazione di resistenze elettriche campione.
Queste sono ottenute grazie a un lungo e complesso lavoro di ricerca e di misura. Apparecchi appositi vengono in seguito ideati per determinare altre grandezze campione necessarie in fotometria, in termometria e in altre discipline.
In chimica, accanto alla classica vetreria la cui diversità di uso e varietà di forme non cessa di accrescersi, prende sempre più piede l’analisi fisico-chimica che utilizza apparecchi derivanti appunto dalla fisica, quali spettroscopi, polarimetri, rifrattometri, calorimetri.
Anche le scienze mediche, biologiche e quelle della Terra approfittano del nuovo armamentario messo a disposizione dalla fisica e dalla chimica e si arricchiscono di apparecchi sempre più complessi.
I miglioramenti introdotti nella fabbricazione dei vetri ottici permettono giganteschi progressi in astronomia e in microscopia. A partire dai primi anni dell’Ottocento e soprattutto grazie alle ricerche del fisico tedesco Joseph von Fraunhofer, coadiuvato dal vetraio Pierre-Louis Guinand, la qualità del vetro ottico viene notevolmente migliorata. In Germania, Francia e Inghilterra sorgono le prime vetrerie che lentamente sviluppano le tecnologie atte a produrre sistematicamente vetri altamente rifrangenti e dalle caratteristiche costanti, indispensabili per la produzione di lenti acromatiche. Grazie a questi progressi è possibile realizzare obiettivi acromatici per telescopi di diametro sempre maggiore: da pochi centimetri all’inizio del secolo sino a oltre un metro verso il 1900. Nuove tecniche di argentatura del vetro permettono di costruire grandi specchi per telescopi a riflessione che nella seconda metà del secolo sostituiscono gli specchi in lega metallica, fragili, pesanti e di difficile pulitura.
Con l’inizio del Novecento gli strumenti elettromeccanici raggiungono praticamente i limiti fisici loro consentiti. Questi saranno soppiantati solo da apparecchi completamente nuovi, basati sui fenomeni elettronici.
Strumenti professionali e industriali
Nell’Ottocento l’importanza degli strumenti scientifici in campo industriale e professionale si accresce rapidamente, sino a generalizzarsi verso la fine del secolo. La produzione di materiali semilavorati e lavorati, che si fa sempre più standardizzata, richiede apparecchi capaci di controllare i parametri durante i processi di produzione (temperatura, pressione).
In agronomia e nell’industria alimentare, che viene sottoposta a una legislazione sempre più severa contro frodi e sofisticazioni, gli strumenti diventano indispensabili per i controlli di qualità. Saccarimetri, rifrattometri, densimetri e alcolometri permettono di determinare concentrazioni, impurità, e in generale le qualità fisico-chimiche di alcool, oli, melasse, farine, essenze. L’uso sempre più diffuso di prodotti chimici, di coloranti sintetici e di materie prime quali il petrolio, rende necessari nuovi metodi e strumenti di analisi.
I metalli, i cementi, i vetri, le fibre tessili, la carta, devono essere prodotti con qualità specifiche e costanti e per controllare le loro caratteristiche vengono introdotti apparecchi per misure e test di ogni genere. I metodi spettroscopici, per esempio, permettono grandi progressi in metallurgia, mentre nuovi apparecchi pirometrici consentono di controllare con precisione le temperature di forni e fornaci.
Strumenti già in uso da secoli come il microscopio vengono notevolmente perfezionati grazie ai progressi dell’ottica teorica, ma anche grazie all’introduzione di vetri di migliore qualità e lavorazioni meccaniche più sofisticate.
A partire dagli anni Settanta la nascente industria elettrica richiede apparecchi per la misura di correnti, tensioni, resistenze, capacità e altro, che devono avere caratteristiche peculiari.
Contrariamente agli strumenti da laboratorio maneggiati da esperti scienziati e ricercatori, gli strumenti industriali utilizzati da tecnici o da operai devono essere di uso semplice per permettere letture immediate, a volte rapide riparazioni e, al tempo stesso, devono avere caratteristiche di solidità e resistenza in modo da sopportare le difficili condizioni ambientali riscontrabili all’interno di fabbriche e stabilimenti.
La necessità di controllare costantemente fenomeni o processi variabili nel tempo, sia in campo scientifico sia in campo industriale, favorisce l’introduzione di strumenti registratori capaci di tracciare graficamente o fotograficamente l’andamento di una grandezza in funzione del tempo.
In campo professionale, una crescente tecnicizzazione rende gli strumenti scientifici sempre più importanti. Si perfezionano strumenti di calcolo e di misura, usati già da tempo da geometri, cartografi, topografi e ingegneri, e accanto a essi prendono posto nuovi apparecchi utilizzati da figure professionali emergenti, quali i telegrafisti o gli elettricisti. La specializzazione professionale si rispecchia inoltre nella diversificazione del design dello stesso tipo di strumento. I microscopi, ad esempio, vengono adattati ai nuovi bisogni tecnologici e scientifici e troviamo così microscopi cristallografici, petrografici, botanici, metallografici e chimici, tutti dotati di particolarità costruttive diverse e ben specifiche.
Strumenti didattici
Gli strumenti per l’insegnamento scientifico, utilizzati per produrre e visualizzare fenomeni in modo tale da renderli particolarmente evidenti e comprensibili, si moltiplicano enormemente nel corso dell’Ottocento.
Accanto a strumenti già conosciuti dalla filosofia naturale del XVIII secolo, vengono infatti creati nuovi apparecchi che permettono di spiegare con chiarezza le recenti scoperte dell’acustica fisica, dell’ottica, della termologia e dell’elettricità.
Nell’Ottocento l’aumento del numero di scuole e collegi, nonché la creazione di università e politecnici richiedono un numero sempre maggiore di apparecchi per equipaggiare i gabinetti scientifici che, negli istituti più importanti, conservano migliaia di strumenti. In un’epoca di positivismo imperante lo strumento didattico diviene il mezzo dimostrativo per eccellenza. Il desiderio di mostrare e dimostrare con chiarezza porta spesso all’ideazione di apparecchi diversi che vengono utilizzati per lo studio dello stesso fenomeno; cataloghi illustrati di ditte specializzate presentano diverse migliaia di apparecchi.
L’uso di strumenti didattici negli anfiteatri porta all’ideazione di tutta una serie di strumenti il cui uso non è solamente soggettivo, come nel caso dei microscopi. Tramite appositi accorgimenti, grazie all’ausilio di nuove sorgenti luminose (l’arco elettrico, il gas illuminante) e a tecniche di proiezione sempre più perfezionate, diviene possibile mostrare lo stesso fenomeno contemporaneamente a tutti i membri di un vasto auditorio.
In un secolo affascinato dalle conquiste della tecnica si moltiplicano inoltre i modelli di macchine e dei loro organi, esempi in scala ridotta ma generalmente funzionanti delle più recenti invenzioni. Così ai modelli di battipalo, gru e mulini, già diffusi nel Settecento, si affiancano riproduzioni in scala ridotta di macchine a vapore, turbine, locomotive e motori elettrici.
Verso l’inizio del XX secolo cominciano infine a diffondersi apparecchi modulari e kit componibili che, grazie alla loro flessibilità, permettono di costruire volta per volta strumenti per esperimenti diversi, partendo da elementi di base.
L’industria di precisione
L’industria per la produzione degli strumenti scientifici non è certo paragonabile come importanza economica e sociale ad altri settori quali l’industria metallurgica, tessile o estrattiva, ma nell’Ottocento essa rappresenta un anello di collegamento essenziale fra tecnica e scienza e il suo livello di sviluppo fornisce un’immagine sufficientemente precisa dello stato di avanzamento tecnologico di una nazione.
Per tutto l’Ottocento Gran Bretagna, Francia e Germania, anche se a fasi alterne, dominano il mercato mondiale degli apparecchi scientifici e di precisione. La Gran Bretagna, forte di una tradizione già ampiamente apprezzata nel Settecento, rimane nell’Ottocento la nazione con il maggior numero di costruttori di strumenti matematici, ottici, fisici, meteorologici.
La produzione britannica resta assolutamente predominante sul mercato interno e sul suo vasto mercato coloniale, pur trovando una fortissima concorrenza prima da parte dei costruttori francesi e poi di quelli tedeschi.
A partire dai primi decenni dell’Ottocento, infatti, in Francia e soprattutto a Parigi – si sviluppa un’importante produzione di strumenti, creati da abili costruttori che esportano nei laboratori e nei gabinetti scientifici in tutta Europa. L’industria di precisione francese, stimolata da una complessa serie di condizioni favorevoli, diventa sinonimo di eccellenza, soprattutto fra il 1840 e il 1880.
Nei primi decenni dell’Ottocento la Germania si distingue essenzialmente per la produzione di strumenti ottici a opera di Fraunhofer e dei suoi collaboratori. Ma è soprattutto a partire dal 1870-1880 che, in pieno sviluppo economico e industriale, fiorisce un’industria di precisione assai diversificata. Spesso grazie alla stretta collaborazione fra scienziati e industriali – famoso è l’esempio delle officine Zeiss di Jena – raggiunge in pochi anni una reputazione insuperabile e a partire dalla fine dell’Ottocento essa eclissa la fama dell’industria francese.
Negli stessi anni si assiste a un rifiorire dell’industria inglese degli strumenti e negli ultimi decenni del secolo gli Stati Uniti, dapprima essenzialmente importatori, sviluppano un’industria di precisione sempre più importante, che avrà una formidabile espansione soprattutto nel XX secolo.
L’Italia, paese in cui l’industrializzazione si sviluppa essenzialmente negli ultimi decenni dell’Ottocento, ha qualche abile e ingegnoso costruttore capace di rifornire se pur parzialmente un mercato locale, ma per quanto riguarda la strumentazione scientifica resta durante tutto il secolo fortemente dipendente dall’estero. Solo dopo l’unità anche in Italia sorgono alcune ditte – tra cui il Tecnomasio Italiano, la Filotecnica Salmoiraghi e le Officine Galileo – capaci di produrre buoni strumenti e in alcuni casi di rivaleggiare per qualità con quelli importati, anche se non riescono a sopperire ai bisogni del mercato nazionale.
Nell’Ottocento le più importanti officine per la produzione di strumenti scientifici hanno generalmente alcune decine di operai. Il loro numero può essere maggiore quando accanto a strumenti da laboratorio veri e propri si costruiscono apparecchi e macchine per l’industria (cosa questa non infrequente nel campo delle apparecchiature elettriche o telegrafiche) o oggetti di largo consumo (come occhiali o binocoli da teatro). Gli apparecchi sono in buona parte costruiti a mano e le officine hanno un carattere preindustriale. Le macchine utensili sono poche sino agli ultimi decenni del secolo, con l’eccezione di torni e di macchine per dividere che, sempre più precise ed efficaci, permettono di produrre rapidamente e a minor costo le scale graduate degli strumenti ottici, topografici e di navigazione. Solo a partire dagli ultimi decenni del secolo si assiste all’introduzione sempre più massiccia di macchine utensili e di metodi di produzione più razionali. Per la complessa rete di subcontraenti, spesso il costruttore era anche rivenditore e oggi risulta difficile determinare con precisione chi veramente costruiva e chi si limitava a commercializzare con la propria firma strumenti fatti da altri.
Nel corso dell’Ottocento la gestione delle officine rimane essenzialmente a carattere familiare: il proprietario, affiancato da abilissimi operai, è l’anima scientifica, tecnica e commerciale dell’impresa. Questa situazione si protrae sino alla fine della prima guerra mondiale, quando – per le mutate condizioni economiche e sociali moltissime piccole ditte di questo tipo vengono assorbite da conglomerati industriali assai più grandi o scompaiono definitivamente. Durante tutto l’Ottocento è comunque comune la figura dell’imprenditore-costruttore autodidatta che spesso si definisce artista, mentre solo nell’ultimo quarto del secolo esso può vantare un curriculum accademico di ingegnere o fisico. Spesso il costruttore di strumenti è lui stesso un ricercatore e i suoi strumenti sono presentati ufficialmente alle istituzioni accademiche e nelle più importanti riviste scientifiche.
Nella seconda metà del secolo nascono in Germania le prime riviste esclusivamente dedicate agli strumenti, fra le quali le più importanti sono il “Repertorium der Physikalisches Technik” (1866) e lo “Zeitschrift fur Instrumentenkunde” (1881). Le esposizioni nazionali, internazionali e universali sono le vetrine ideali dove il fabbricante presenta i suoi prodotti, mentre un secondo veicolo pubblicitario è rappresentato dai cataloghi commerciali. Sino alla metà dell’Ottocento questi sono poco più di liste con i nomi e i prezzi degli apparecchi proposti, ma intorno agli anni Cinquanta circa si arricchiscono di incisioni che illustrano gli strumenti e spesso di vere e proprie istruzioni per l’uso. All’inizio del Novecento i cataloghi delle migliori ditte tedesche, inglesi o francesi spesso pubblicati in più lingue presentano a volte migliaia di strumenti per le più disparate discipline scientifiche.