global change
<ġlë'ubl čèinǧ> locuz. sost. ingl., usata in it. al masch. – Espressione in lingua inglese, entrata in uso anche in italiano (con significato di cambiamento globale) per indicare i cambiamenti su scala planetaria che si hanno nei differenti ecosistemi terrestri in conseguenza sia dei cambiamenti climatici sia dell'interazione fra tutti i sottosistemi fisici, chimici e biologici in cui si può schematizzare una suddivisione del pianeta Terra nella visione attuale di sistemica complessa. Per estensione, l’ambito interdisciplinare in cui hanno luogo le ricerche scientifiche e le azioni politiche relative agli effetti dei cambiamenti dell’ambiente su scala planetaria indotti in particolare dall’attività antropica. La locuzione ha assunto un significato ufficiale essendo stata prima introdotta nella legislazione dal Parlamento degli Stati Uniti – con una legge del 1990 (Global change research act) che definì il g. c. come «i cambiamenti nell'ambiente dell'intero pianeta inclusi le alterazioni climatiche, la produttività agricola, gli oceani e le risorse idriche in genere, la chimica dell'atmosfera e gli ecosistemi che possono alterare la capacità della Terra di sostenere la vita» – e successivamente adottata durante la Conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente e lo sviluppo di Rio de Janeiro (1992). Ponendo maggiore e significativa importanza alle alterazioni che subisce l'ambiente nel suo insieme per effetto delle variazioni sia dei singoli sottosistemi sia complessivamente, all'espressione g. c. si affianca quella di global environmental change (cambiamento ambientale globale). Se non si deve considerare il g. c. in senso lato quale fenomeno esclusivamente causato da azione umana, venendo meno qualora cessasse tale azione, poiché la trasformazione degli ecosistemi si è sempre avuta in quanto tutta la Terra è in continuo divenire, è opportuno specificare che in senso stretto il g. c. si associa alle dimensioni e alla progressione dell'impatto antropico sull'ambiente naturale, così marcato e accelerato come appare in partic. dalla seconda metà del 20° secolo. Il concetto di g. c. ha preso corpo in ambito scientifico alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso, quando le misurazioni dei parametri caratteristici degli eventi meteorologici, effettuate in sequenza, hanno cominciato a discostarsi significativamente dalle serie di osservazioni raccolte negli anni precedenti e costituenti la base di valutazione e definizione del clima dei singoli luoghi per le varie stagioni. Il cambiamento climatico è divenuto pertanto così evidente da far riflettere in prospettiva sulle conseguenze potenziali in tutti i sistemi fisici e biologici dipendenti e interagenti con il clima in un processo continuo di causa ed effetto, con azioni e retroazioni tra le varie parti mutuamente interagenti (v. ). Successivamente gli studi sul g. c. hanno investito ambiti diversificati: con evoluzione e variazioni del clima sempre però in primo piano, date anche l’incidenza e la frequenza con cui si verificano circostanze (per es., l’irregolarità di correnti oceaniche che caratterizza il fenomeno detto El Niño), o situazioni di rischio con conseguenze disastrose (dalle siccità alle inondazioni) legate alle condizioni climatiche e alla loro presunta eccezionalità. Accanto a questi aspetti, sono parte delle analisi sul g. c.: l’intero ciclo idrologico, con attenzione alla scarsità di acqua potabile e agli effetti sulle popolazioni umane; le variazioni della chimica dell’atmosfera, come quelle che causano le precipitazioni e le piogge acide; la tutela della , con le sue implicazioni sia ecologiche sia economiche; i processi di desertificazione; le modalità e le conseguenze della deforestazione (legata sia al sistema climatico sia al ciclo idrologico, ma di cui vanno prese in considerazione anche le implicazioni economiche) e della frammentazione degli ambienti naturali, con conseguente diminuzione della diversità di specie ed erosione genetica; le calamità naturali, conseguenza più di interventi di origine antropica che di meccanismi spontanei dell’ecosistema; lo stato delle masse oceaniche e delle regioni costiere che si relazionano con esse, l’evoluzione delle coperture glaciali polari, i cicli biogeochimici (a cominciare dalle forme di inquinamento), l’incremento numerico della popolazione umana e il conseguente aumento non sostenibile dei consumi delle risorse; e altri temi ancora. La vastità dei campi di studio e intervento confluiti sotto la denominazione di g. c. minaccia di svilirne la funzione alla stregua di un ‘contenitore’ metadisciplinare in cui sono dispersi gli aspetti specifici di rischio ambientale. D’altra parte, l’incorporazione, nel quadro del g. c., di elementi attinenti alla sostenibilità dello sviluppo economico, e dunque alla gestione politica ed economica delle risorse e della popolazione umana, tende a completare l’organicità del sistema di riferimento e a dotare le analisi prodotte in questo ambito di una potenzialità applicativa notevole.