Gnatone
Nella letteratura greca e latina è nome caratteristico di parassita, dal significato trasparente: γνάθος significa infatti " mascella ". In particolare è così chiamato un personaggio dell'Eunuchus di Terenzio, che Cicerone considera campione esemplare di adulazione sfrontata (Amic. XXV 93-94).
L'osservazione ciceroniana favorì l'ulteriore fortuna antonomastica del nome Gnatho e del derivato Gnathonici (cfr. Terenzio Eun. 264 " parasiti ita ut Gnathonici vocentur "); e con questo valore Giovanni di Salisbury riprende l'uno e l'altro in alcune sue notevolissime pagine sull'adulazione (Policr. III IV, VI XXVII e XXX). In un altro luogo del De Amicitia Cicerone ricorda quale esempio della " parasitorum in comoediis assentatio " una scena dell'Eunuchus in cui il miles Trasone, inviata in dono a Taide una schiava, chiede a G. come la cortigiana abbia accolto l'omaggio: " THR. Magnas vero agere gratias Thais mihi? / GN. Ingentis. " (Eun. 391-392); e alludendo alla risposta di G. commenta: " Satis erat respondere: ‛ magnas '; ‛ ingentes ' inquit " (Amic. XXVI 98). Nel passo ciceroniano, tuttavia, non sono citati i nomi degl'interlocutori, né a essi poteva risalire chi non avesse una conoscenza diretta della commedia terenziana; e ciò spiega come in If XVIII 134-135 la risposta di G. sia attribuita a Taide in un presunto dialogo fra costei e il drudo suo. Ma per tutta la questione e per la bibl. relativa, v. TAIDE.