GNOSTICISMO
(XVII, p. 446)
Fonti. - Fino al 1945 non si conoscevano opere originali delle diverse correnti gnostiche, a eccezione della Lettera di Tolemeo a Flora, ove questo maestro, la cui attività si svolse a Roma verso la metà del 2° secolo, spiega alla dama cristiana Flora la concezione della legge mosaica secondo la dottrina gnostica; e degli Excerpta ex Theodoto (autore aderente al ramo orientale della scuola valentiniana), pervenuti insieme a opere di Clemente Alessandrino in 86 frammenti. La conoscenza dei vari sistemi veniva dunque soprattutto da notizie degli scrittori cristiani che avevano combattuto quel movimento, le quali erano variamente credute e interpretate dai diversi studiosi. Non mancavano citazioni testuali degli scrittori, in particolare quelle contenute nelle opere di Clemente Alessandrino, Ireneo di Lione, Ippolito, ecc.
Si conoscevano anche gli scritti contenuti in due codici copti giunti in Europa nel secolo 18°: il cosiddetto Codex Brucianus (ora nella Bodleian Library, Oxford), contenente due lunghi trattati (il titolo è perduto); e il cosiddetto Codex Askewianus (ora nella British Library, Londra), contenente un lungo trattato in quattro parti, Volumina Salvatoris (comunemente chiamato Pistis Sophia). All'inizio del 19° secolo era inoltre pervenuto a Berlino (Staatliche Museen, Papyrussammlung) un terzo codice comprendente l'Apokryphon Iohannis, l'Evangelium Mariae, un brano dagli Acta Petri. Tutti e tre i codici risalgono presumibilmente al 4° secolo. Ma l'interpretazione delle opere in questione era resa ardua dalla scarsa conoscenza dell'ambiente che poteva averle prodotte e tramandate (la letteratura copta come tale era quasi ignorata), e quindi il loro contenuto non era entrato nel dibattito vitale circa le dottrine gnostiche.
Con la scoperta del gruppo di codici cosiddetti di Naǧ ῾Ḥammādī (1945; ma la pubblicazione è iniziata nel 1955 circa ed è ancora in corso; v. Naǧ ῾Ḥammādī, in questa appendice), che contengono opere sicuramente originali di ambiente gnostiico o gnosticizzante (insieme con altre di comune spiritualità cristiana), non solo è stata riportata l'attenzione sul materiale copto conosciuto, ma si è aperto un periodo nuovo nella storia degli studi sullo gnosticismo. Dopo un iniziale entusiasmo, ci si è tuttavia resi conto che i testi copti s'inserivano molto difficilmente nel contesto ricostruito dalle fonti precedentemente disponibili, ed essi stessi presentavano molti problemi che avrebbero richiesto studi lunghi e approfonditi (per questo v. Naǧ ῾Ḥammādī).
Accenneremo qui alle questioni che sembrano più importanti.
Rapporto con le notizie dei Padri della Chiesa. - I nuovi documenti hanno mostrato che gli apologisti cristiani conoscevano direttamente le fonti gnostiche, e da un punto di vista filologico meritano la massima attenzione e una certa fiducia. Ireneo (Adv. Haereses, 1,29) riassume fedelmente un testo che è compreso nella prima parte dell'Apokryphon Iohannis; e si constata che la versione di Ireneo era precedente, in certo senso più originale, di quella pervenuta nei codici copti. Ippolito (Refutatio, 5, 19-21) riporta le dottrine di un trattato da lui chiamato Paraphrasis Seth, che rappresenta la versione in certo senso più autentica del trattato conosciuto in copto come Paraphrasis Sem. Un testo valentiniano conservato da Epifanio (Panarion, 31,5 ss.) trova riscontro nel testo copto dell'Epistula Eugnosti.
D'altra parte si è confermato che la ricostruzione storica d'insieme sul movimento gnostico proposta dagli apologisti è nella sostanza fuorviante. Essi tendevano in un modo o in un altro a riunire le varie scuole o tendenze, vuoi strutturandole genealogicamente sul modello della corrente storiografico-filosofica (Ireneo, Epifanio), vuoi attribuendo loro una comune caratteristica fondamentale (Ippolito). Perciò essi coartavano o trascuravano gli elementi che non si accordassero col loro disegno. La nuova documentazione mostra invece la grande varietà di dottrine riscontrabili nel generale movimento gnostico, e l'intreccio assai complicato cui esse davano luogo nelle singole sette o correnti, con mutuazioni da scuole anche lontane (ermetismo, giudaismo, iranismo); e soprattutto il costante riferimento alla Chiesa cristiana, da cui per lo più non sembra volessero considerarsi staccati.
Una particolare deviazione dalla verità dei fatti da parte degli apologisti si riscontra laddove essi trattano delle dottrine morali e del relativo comportamento delle sette gnostiche. Anche se è sicura l'esistenza di correnti libertine che continuavano pratiche iniziatiche di tipo sessuale già presenti nei misteri, ecc., è ora sicuro che per gran parte le sette gnostiche erano di tendenza ascetica, spesso anche molto rigida. Il disprezzo verso il mondo della natura e della materia, prigione voluta dagli spiriti inferiori per le scintille divine cadute in basso, portava ovviamente all'astensione sia dall'attività sessuale (anche e soprattutto in quanto procreazione), sia anche dal mangiare e dal bere quanto non fosse strettamente indispensabile. Questo era sotto certi aspetti simile al movimento ascetico e monastico cristiano, che in effetti in certi casi fu influenzato dallo g. (ascetismo asiatico e poi Evagrio Pontico).
Rapporti con il giudaismo. - I rapporti fra alcune correnti del pensiero giudaico intorno al 1° secolo e lo g. erano già stati rilevati, e la nuova documentazione ne ha dato ampia conferma, mettendo inoltre in evidenza l'aspetto linguistico, che ha acquistato maggiore importanza. La scelta della miriade di nomi coi quali venivano designate le entità cosmiche e spirituali o angeliche, è spesso avvenuta in base a etimologie ebraiche più o meno corrette. Si aggiunge che alcuni episodi veterotestamentari, che poca attenzione avevano ricevuto presso l'esegesi cristiana, trovano presso gli gnostici una corrispondenza con analoga attenzione prestata dalla speculazione giudaica, anche se non sempre con esiti analoghi. A questo proposito un elemento nuovo è costituito dal recente approfondimento da parte di molti studiosi dei testi giudaici di esegesi e parafrasi biblica dei primi secoli, che rivela anch'esso punti di contatto con lo gnosticismo.
Più controversa rimane la questione se fossero esistite correnti giudaiche ''eretiche'' (da alcuni studiosi negate), e più ancora se proprio alcune di queste possano considerarsi la culla dello gnosticismo.
L'opinione meglio accreditata (ricorderemo le ricerche di G. Quispel) ritiene comunque che alcuni degli scritti di Naǧ ῾Ḥammādī (Hypostasis archonton; De origine mundi; e altri) attestino in ambiente gnostico miti cosmogonici e antropogonici originati e sviluppati inizialmente in ambiente giudaico, e più precisamente in settori la cui interpretazione della storia sacra (ivi compresa la funzione del Dio della Bibbia, in quanto differente dall'Entità suprema) si contrapponeva alle dottrine ufficiali giudaiche. Si è emessa l'ipotesi − che appare ben fondata − che alcuni ''eretici'' abbiano voluto rispondere alla polemica rabbinica facendo del Dio del loro intransigente monoteismo un arconte ignorante e arrogante.
Ma tutto ciò non significa che nel giudaismo si debba trovare l'origine dello gnosticismo. Negli ultimi anni il problema delle ''origini'' è stato piuttosto trasformato nell'esigenza di precisare le multiformi dottrine, anche lontane, il cui incontro ha generato la particolare atmosfera in cui sono prosperate le molte religiosità del tempo, anche a carattere gnostico. È certo tuttavia che molti testi di Naǧ ῾Ḥammādī possono essere considerati espressione di una corrente unitaria che si riteneva discendente spirituale dal patriarca biblico Seth, a cui attribuiva un ruolo centrale nella rivelazione dei segreti cosmogonici che formano il soggetto di quei trattati, e che sono in stretto rapporto con alcune speculazioni giudaiche sulla creazione e sulle creature angeliche.
Rapporti con il cristianesimo. - Il cristianesimo rimane l'ambiente in cui risulta che soprattutto siano sorte sette gnostiche. Per la verità i nuovi documenti mostrano che alcune opere utilizzate da quelle sette erano state concepite del tutto al di fuori della dottrina cristiana. Ma non è certo che si possa parlare di uno g. pre-cristiano o acristiano, e d'altra parte quegli stessi documenti attestano la compresenza di opere completamente inserite nella tradizione cristiana anche strettamente ecclesiastica.
Infatti parecchi dei testi di Naǧ ῾Ḥammādī non possono essere considerati gnostici e nemmeno gnosticizzanti, ma di ''normale'' spiritualità cristiana (Doctrina Silvani, Sententiae Sexti, Liber Thomae athletae, Acta Petri) e dunque testimoniano una volta di più che i gruppi gnostici − almeno quelli attivi nel 3° secolo − vanno considerati interni al cristianesimo, anche se con proprie connotazioni, e che la separazione fra le due entità deve piuttosto essere considerata come un tendenziale rifiuto da parte degli gnostici di riconoscere l'autorità dei vescovi e presbiteri come mediatori della salvezza, che avrebbe portato a una crisi definitiva quando si fosse stabilizzata la ''gerarchizzazione'' della Chiesa.
Un gruppo gnostico, che ebbe grande importanza anche nella storia interna del cristianesimo, è quello che si richiamava a Valentino, di cui gli eresiologi hanno dato, come sembra, un ritratto notevolmente distorto. Molti testi di Naǧ ῾Ḥammādī (Evangelium Veritatis, Tractatus Tripartitus, Epistula ad Rheginum, ecc.) contribuiscono a restituirci un quadro più completo, ovviamente obiettivo, ma anche variegato e problematico, e talora sorprendente, della dottrina valentiniana. Essa si caratterizza soprattutto per l'attenta considerazione ai problemi filosofici (nella linea del platonismo) posti dalla dottrina cristiana, mentre la speculazione relativa alle figure divine e angeliche viene assai ridimensionata.
Rapporti con l'ambiente egiziano. - Uno degli elementi più nuovi scaturito dai testi di Naǧ ῾Ḥammādī è lo stretto rapporto che gli ambienti gnostici egiziani avevano mantenuto con la cultura della propria nazione. Da un lato troviamo parecchi testi ermetici mescolati con la letteratura più ''normalmente'' gnostica. L'ermetismo è stato sempre meglio riconosciuto come una dottrina nata dalla confluenza di elementi della religione tradizionale egiziana con elementi di speculazione filosofica di matrice ellenica o ellenistica. La presenza di motivi iniziatici, l'insegnamento come rivelazione, il dualismo di alcuni testi, la catena delle mediazioni fra il principio primo e il molteplice potevano costituire punti di contatto con temi gnostici, oltre all'interesse per le tradizioni religiose egizie.
Ancora all'ambiente egiziano ci riportano parecchie allusioni concrete sparse nei testi di Naǧ ῾Ḥammādī. Parecchi luoghi sacri dell'Egitto sono espressamente citati, come luoghi in cui si conservavano le originali rivelazioni degli esseri divini, depositari della gnosi.
Come si vede, i problemi sollevati dalla nuova documentazione disponibile agli studiosi sono molti e complicati, e siamo tuttora lontani da una sistemazione soddisfacente che costituisca almeno una base di opinioni comunemente accettate, dalla quale iniziare l'approfondimento di temi particolari. Si può tuttavia proporre una serie di parametri abbastanza precisi, che non devono essere confusi.
Secondo le fondamentali osservazioni di H.-M. Schenke, è possibile porre l'attenzione su: correnti o scuole gnostiche o gnosticizzanti, e loro eventuali rappresentanti, quando siano noti; dottrine circa le principali questioni che gli gnostici dibattevano; trattati in cui tali dottrine erano variamente esposte e dibattute. È importante tener presente che all'interno di una medesima corrente gnostica è possibile riscontrare dottrine diverse, o diverse sfumature di una stessa dottrina; e che nei trattati a nostra disposizione si possono trovare mescolate dottrine caratteristiche di diverse correnti gnostiche. Per questo appare oggi prematuro, da un lato trarre conclusioni circa situazioni singole storicamente riscontrabili, ma forse non rappresentative di un ambiente, e dall'altro dedurre dalla documentazione (semplificata o non approfondita) un sistema coerente con cui caratterizzare un movimento ''gnostico'' in generale, che forse come tale non è mai esistito.
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