BENDINELLI, Goffredo
Nacque a Città di Castello (Perugia) da Torello e da Clelia Ravaioli il 22 genn. 1888. Nel 1906 venne ammesso alla Scuola normale superiore di Pisa ove, dall'anno successivo, fu nominato "alunno convittore a posto gratuito". Contemporaneamente, tra il 1906 ed il 1910, frequentò i corsi della facoltà di lettere della stessa città, conseguendo la laurea il 24 nov. 1910.
Nel 1911 fu ad Atene, per il perfezionamento presso la Scuola archeologica italiana, allora diretta da L. Pernier, e partecipò allo scavo del ninfeo presso il pretorio di Gortina. Nel primo numero dell'Annuario della R. Scuola archeologica di Atene e delle missioni italiane all'estero, del 1914, pubblicò le sculture ivi portate alla luce: Sculture rinvenute nel ninfeo presso il pretorio di Gortina (Creta), pp. 137-148.
Tra il 1912 ed il 1915 prestò servizio come ispettore, poi ispettore principale alle antichità e belle arti di Taranto. Dell'attività di quegli anni testimoniano brevi lavori comparsi in Ausonia e nelle Notizie degli scavi di antichità tra il 1912 ed il 1914.
Dal gennaio 1915, in seguito a trasferimento, passò al museo di Villa Giulia, donde il 1° maggio dell'anno successivo venne destinato alla R. Soprintendenza per i musei e gli scavi di Roma, di cui era allora responsabile G. A. Colini. Il 1° aprile, intanto, era stato richiamato in servizio come sottotenente di milizia territoriale nel 6° reggimento dei genio ferrovieri, in distaccamento a Roma-Nomentana, dove rimase sino al termine del conflitto.
L'attività di ispettore lo portò in quegli anni ad una serie di interventi sul territorio, in ambito etrusco-italico e romano, documentati dalle numerose relazioni e dagli studi comparsi sulle Notizie degli scavi e sui Monumenti antichi della R. Accademia dei Lincei tra il 1915 ed il 1926.
In quegli stessi anni si collocano le scoperte di due importanti monumenti che il B. successivamente illustrò e sull'esegesi dei quali sorsero varie polemiche. Nell'aprile del 1917, a seguito di lavori ai binari della ferrovia per Cassino-Napoli presso porta Maggiore, gli scavi misero in luce la basilica sotterranea, con le ricche decorazioni in stucco. Del 1919 è l'esplorazione dell'ipogeo degli Aurelii presso viale Manzoni, individuato a causa degli scavi per la costruzione di un garage di auto pubbliche.
L'edizione della basilica di porta Maggiore comparve nel 1926 (Il monumento sotterraneo di porta Maggiore in Roma. Contributo alla storia dell'arte decorativa augustea, in Monumenti antichi della R. Accad. dei Lincei, XXXI [1926], coll. 601-859).
Nell'ampio lavoro il B. fornì la descrizione sistematica del monumento e della sua decorazione, corredata da una documentazione grafica e fotografica completa. Quanto all'interpretazione, riprese l'ipotesi già espressa nel 1922 (Il mausoleo sotterraneo altrimenti detto basilica di porta Maggiore, in Bull. della Commissione archeol. comunale, L [1922], pp. 84-126), che cioè l'aula basilicale fosse un sepolcro a carattere familiare, spogliato di tutte le urne, difendendola dalle critiche di altri studiosi che avevano proposto per lo più una lettura come luogo di riunione di una setta orfica o neopitagorica, oggi comunemente accettata.
Nella stessa sede l'ipogeo degli Aurelii venne illustrato con uguale acribia, dopo alcune notizie preliminari, nel 1923 (Il monumento sepolcrale degli Aureli al viale Manzoni in Roma, in Monumenti antichi della R. Accad. dei Lincei, XXVIII [1923], 2, coll. 289-520).
Il fatto che le pitture ivi presenti non fossero sempre riconducibili alle iconografie cristiane consuete - ciò che aveva fatto proporre ad alcuni una presenza eretica - venne spiegato dal B. con la coesistenza di artigiani pagani e cristiani, questi ultimi ancora tesi a creare, nel solco della tradizione pagana in cui si erano formati, un nuovo patrimonio. Tutto ciò in polemica, da una parte con gli studiosi "di arte cristiana", dall'altra con "i tedeschi", che avevano sempre avuto scarsa considerazione per l'arte romana.
Nel 1922, intanto, erano usciti i Monumenta lanuvina (ibid., XXVII [1922], coll. 293-370) sugli edifici del colle di S. Lorenzo, l'antica acropoli, portati alla luce dal Pasqui.
Conseguita nel 1922 la libera docenza in archeologia e storia dell'arte, tenne nel due anni accademici successivi corsi liberi all'università di Roma. Nel 1925 ottenne l'insegnamento di archeologia e storia dell'arte antica nell'università di Torino. Iniziò così un fecondo periodo di studio volto a temi più propriamente storico-artistici: studi di monumenti e complessi (oltre ai monumenti romani del Piemonte, Le pitture del colombario di villa Pamphili, in Monumenti della pittura antica scoperti in Italia, s. 3, V, Roma 1931), pubblicazioni di compendi e manuali, scritti teorici. Tra questi un particolare rilievo ha la Dottrina dell'archeologia e della storia dell'arte (Storia, metodo, bibliografia), Milano 1938: l'archeologia è l'"analisi storica e materiale dei monumenti, la Storia dell'Arte: l'analisi e sintesi insieme, storico-estetica, dei monumenti medesimi" (p. 11); "cadono tutte le barriere artificiali … per delimitare nel tempo il campo dell'archeologia e quello della storia dell'arte" (p. 14).
Il B. fu membro della R. Accademia delle scienze di Torino dal 1933 alla fine della guerra, quando essa si rinnovò dandosi un nuovo statuto. In tale sede, nell'adunanza solenne dell'111 dic. 1938, pronunciò il discorso d'apertura del 156° anno accademico sul Piemonte romano (in Rend. della R. Accad. delle scienze di Torino, LXXIV [1939], 2, pp. 42-52), che si concludeva con l'esaltazione dei "patrimonio romano di idee, di cultura, di sentimenti, di volontà e di tenacia a tutta prova".
La mistica della romanità, d'altra parte, lo trovò entusiasta sostenitore: "Le ombre grandi ed illustri nelle quali si riassume e si chiude tutto il destino di Roma, non temono, come non hanno finora temuto, l'oblio degli uomini e le ingiurie del tempo. Ma nei profondi umani insegnamenti che da quel mondo tuttora si possono derivare, occorrerà che la presente virile generazione e le generazioni future non trascurino un così luminoso passato" (Torino romana, Torino 1929, p. 58).
Socio corrispondente della. Pontificia Accademia romana di archeologia e membro dell'Istituto archeologico germanico, fu dal 1927 socio effettivo nazionale dei Comitato permanente per l'Etruria e, dal 1936, membro dell'Istituto di studi etruschi, in cui il Comitato si era trasformato.
Negli anni accademici 1945-46 e 1946-47, a seguito dei provvedimenti di epurazione, venne sospeso dall'insegnamento che riprese poi regolarmente sino al 1958. Continuò come fuori ruolo, per un periodo conclusosi nel 1963 con il pensionamento, a tenere una serie di esercitazioni sulla revisione critica di opere d'arte classica e sull'aggiornamento filologico delle fonti, temi che già più volte erano stati da lui trattati in corsi universitari.
Nel 1963 era uscito ad Alessandria il volume Luigi Canina (1795-1856). Le opere e i tempi, con illustrazioni e documenti inediti, frutto di lunghe ricerche nell'archivio Borghese, presso il discendente Attilio Garino Canina ed in altri archivi, in cui il B. si preoccupò anche di ricostruire l'ambiente culturale romano sotto il pontificato di Gregorio XVI e nel primo decennio di quello di Pio IX.
Il B. morì il 7 ag. 1969 a Bordighera, ov'era solito trascorrere le vacanze estive.
Fonti e Bibl.: Necrol. di A. Manino, in Studi etruschi, XLIV (1970), pp. 442 s. La documentazione relativa agli anni precedenti l'insegnamento a Torino è conservata presso la Scuola normale superiore di Pisa e nelle soprintendenze ove il B. prestò servizio. Vedi inoltre M.T. Falconi Amorelli, Vulci. Scavi Bendinelli (1919-1923), Roma 1983. Altri documenti, relativi all'attività universitaria, sono conservati presso la facoltà di lettere di Torino. Non è ancora possibile consultare il fascicolo personale custodito nell'Archivio del ministero della Pubblica Istruzione.