BORGIA, Goffredo
Nacque a Roma nel 1481. Sua madre era Vannozza Catanei; qualche dubbio rimane invece sul padre: il B. fu infatti legittimato da papa Alessandro VI il 6 ag. 1493; ma qualche anno più tardi l'oratore mantovano a Roma, Lucido Cattanei, riferiva una confidenza del pontefice, secondo la quale il B. non sarebbe stato suo figlio.
In ogni caso il B. sin dall'infanzia ebbe una parte di rilievo nei grandi disegni nepotistici del pontificato borgiano. Destinato ancora fanciullo alla condizione ecclesiastica e nominato canonico, prebendario e arcidiacono della cattedrale di Valenza, allora retta dallo stesso Rodrigo Borgia, quando questi fu eletto al pontificato, nel 1492, il B. ne ottenne ancora la chiesa parrocchiale di Incha, nella diocesi di Maiorca, già beneficio del fratello maggiore Cesare, ora promosso all'arcivescovato valenzano. Però già nel 1493 il papa decideva che il B. rinunziasse alla carriera ecclesiastica appena intrapresa, deciso, a quanto pare, ad insignorirlo di Bologna che intendeva togliere a Giovanni Ii Bentivoglio; ma la conquista della seconda città pontificia rimase sempre un sogno irrealizzabile per i Borgia anche nel periodo delle loro maggiori fortune, e i progetti relativi al B. presero presto un nuovo corso, collocandosi nelle nuove prospettive di accordi tra la Santa Sede e il Regno di Napoli. Le trattative di pace tra Alessandro VI e Ferrante d'Aragona, aperte in quello stesso anno 1493 con l'attiva mediazione dei sovrani spagnoli, contemplavano infatti il matrimonio tra il B. e una nipote del re di Napoli, Sancia d'Aragona, figlia naturale di Alfonso di Calabria.
L'accordo sui capitoli matrimoniali fu tuttavia particolarmente laborioso per le pretese dotali del pontefice, sempre "armato de rasune et de parole ad avanzare nel facto suo", come lamentava re Ferrante (Negri, p. 123). Ma c'erano da ambo le parti sufficienti motivi per superare tutte le difficoltà: nelle intenzioni del pontefice il matrimonio napoletano del figlio avrebbe dovuto essere un primo passo verso il più ambizioso dei progetti borgiani, già nutrito da Callisto III, quello di portare la famiglia sul trono degli Aragonesi di Napoli: quanto a Ferrante, egli era troppo interessato alla pace con lo Stato ecclesiastico per insistere nelle sue resistenze: "cognoscite - scriveva il 3 agosto al principe di Altamura - che in quisto matrimonio va el facto nostro et è lo vinculo et la perfectione di tutto" (ibid., p. 124).
Il matrimonio tra il dodicenne B. e la quattordicenne Sancia fu così concluso per procura a Roma il 16 ag. 1493; il B. riceveva in dote il principato di Squillace, la contea di Coriata e una provvisione annua di 10.000 ducati. La diffidenzadi re Ferrante verso il pontefice veniva tuttavia ribadita dalla clausola che gli Stati assegnati in appannaggio al B. sarebbero stati tenuti in custodia da truppe napoletane sino alla sua maggiore età.
La morte di Ferrante impedì che il matrimonio ricevesse per qualche tempo una più solenne sanzione pubblica. Alessandro VI temeva infatti che il fasto delle nozze avrebbe sottolineato l'adesione pontificia alla successione di Alfonso II sul trono napoletano, accrescendo così il malcontento di Carlo VIII, che già si accingeva a rivendicare con le armi i suoi diritti all'eredità italiana degli Angioini. Perciò fu soltanto quando il papa si decise definitivamente in senso antifrancese che il matrimonio poté essere celebrato a Napoli il 7 maggio 1494, il giorno prima dell'incoronazione di Alfonso per mano, di un inviato di Alessandro VI.
I legami parentali così stabiliti tra il papa e la corte napoletana e il fatto stesso che il B. rimanesse stabilmente nel Regno spiegarono largamente, ma del tutto erroneamente, agli occhi di Carlo VIII la politica antifrancese di Alessandro VI: si disse perssino insistentemente tra i Francesi, nel gennaio 1495, quando il papa proclamò che avrebbe resistito all'invasione anche con le armi, che tale atteggiamento era dettato dalla minaccia di Alfonso II di far uccidere il B. in caso di tradimento da parte del pontefice; ma era voce del tutto priva di fondamento. In ogni caso Carlo VIII, una volta insediatosi a Napoli, dichiarò il B. decaduto da tutti i suoi feudi nel Regno. Pare comunque che il B. vivesse sostanzialmente indisturbato nei suoi Stati calabresi per tutto il periodo della dominazione francese.
Ritornato Carlo VIII al di là delle Alpi, il B. poté fare finalmente ritorno a Roma con la moglie il 20 maggio 1496. La giovane coppia non tardò ad adeguarsi al clima mondano della Sede apostolica: specialmente Sancia, che agli intrighi galanti aveva già dimostrato notevoli - e infatti notatissime - disposizioni alla corte napoletana. Voci scandalose di rapporti adulterini con i fratelli del B., Cesare e Giovanni, si diffusero ben presto a Roma e risonarono altamente nelle corti italiane: a quanto pare con ogni fondamento. In effetti le accuse corse contro il B., e seguito contro Cesare Borgia, per il misterioso assassinio del loro fratello Giovanni duca di Gandia, nel giugno del 1497, trovarono alimento soprattutto in questa complessa situazione familiare.
Le imprevedibili velleità riformatrici con cui Alessandro VI reagì al dolore per la morte del figlio dovevano colpire il B. e la moglie tra i primi: deciso a eliminare dal pontificato ogni traccia di nepotismo, il papa ordinò infatti nell'agosto 1497 che i due lasciassero la corte romana e si ritirassero definitivamente nel loro principato di Squillace. Ma la resipiscenza del pontefice doveva essere di breve respiro: già nel febbraio del 1498 l'ambasciatore veneziano poteva riferire che "el pontefice fa tutto né in altro vigila che in dar stato a' soi fioli, zoé a questo Valenza e a Don Giufredo" (Pastor, p. 375). E in effetti il B. dovette essere riammesso ben presto a Roma, come testimonia il fatto stesso che Alessandro VI nell'agosto del 1499, in una nuova crisi di austerità, tornasse ad allontanare da Roma tutti i suoi figli, e tra questi il B., che accompagnò Lucrezia a Spoleto. Breve esilio anche questo, tuttavia, ché di lì a poco il B. era riammesso a Roma e Sancia poteva riprendere con tanta indiscrezione a esercitare il suo fascino che il papa si vide costretto, nell'ottobre del 1502, a rinchiuderla in Castel Sant'Angelo, donde la trasse poi, alla morte di Alessandro VI, Prospero Colonna, il più recente ma non l'ultimo dei suoi estimatori.
Il contributo del B. alle fortune borgiane rimase sostanzialmente passivo sin dopo la conclusione dell'impresa di Romagna, alla quale non pare che egli partecipasse in alcun modo sebbene Cesare Borgia stipulasse anche in suo nome gli accordi fraudolenti con i suoi capitani ribelli, preludio alla strage di Senigallia. Nel gennaio del 1503, tuttavia, anche il B. scendeva in campo: Alessandro VI gli affidava infatti il comando dell'esercito pontificio inviato ad occupare le terre degli Orsini. Nella fase iniziale della campagna il B. si comportò dignitosamente, riportando anche qualche successo parziale come la conquista di Monterotondo; ma al ritorno offensivo degli avversari che giunsero a minacciare la stessa Roma non seppe opporsi e la situazione fu risolta soltanto quando il Valentino fece tempestivamente ritorno dalla Romagna.
Dopo la morte di Alessandro VI il B seguì dapprima le alterne vicende del fratello Cesare, raggiungendo con lui l'esercito francese nel settembre del 1503, facendo ritorno a Roma, sotto la protezione di Pio III, nell'ottobre successivo, illudendosi infine di poter trovare una via d'accordo con Giulio II quando, agli inizi del pontificato, il nuovo pontefice mostrò di voler cercare un ragionevole compromesso con i Borgia: nella primavera del 1504, tuttavia, quando Cesare Borgia fuggì da Roma a Napoli, egli ve lo aveva già da qualche tempo preceduto, ricongiungendosi con la moglie e ponendosi sotto la protezione del viceré Consalvo di Cordova. A Napoli il B., figura troppo mediocre per subire ripercussioni importanti della disgrazia della sua famiglia, rimase indisturbato anche dopo l'arresto e il trasferimento in Spagna del Valentino, ignorato da Giulio II e favorito dai sovrani spagnoli che gli confermarono i feudi ottenuti dalla precedente dinastia.
Rimasto vedovo di Sancia d'Aragona nel 1506, il B. passò a nuove nozze con Maria Milan de Aragón y de Villahermosa, della famiglia dei principi d'Ardore. Morì nel dicembre del 1516 o nel gennaio seguente, per un non meglio precisabile "caso inopinato", secondo l'espressione usata dalla sorella Lucrezia nel comunicarne la morte al marchese di Mantova (Sacerdote, p. 840), senza lasciare altra traccia di sé, se non la numerosa progenie nata dal suo secondo matrimonio: Francesco, che gli successe nei titoli e nei feudi; Antonia, che andò in moglie ad Antonio Todeschini Piccolomini, marchese di Delicete; Maria, sposata al conte Michele Ayerba d'Aragona; Lucrezia, moglie di Giovanni Battista Carafa, marchese di Castelvetere.
Fonti e Bibl.: C. Ghirardacci, Storia di Bologna, in Rer. Ital. Script., 2 ediz., XXXIII, 1, a cura di A. Sorbelli, p. 318; N. Machiavelli, Legazioni e commissarie, a cura di S. Bertelli, Milano 1964, I, pp. 544, 546; Epistolario di Bernardo Dovizi da Bibbiena, a cura di G. L. Moncallero, Firenze 1955-1965, ad Indicem; M. Olivier y Hurtado, D. Rodrigo de Borja (Aleiandro VI). Sus hiios y descendientes, in Boletín de la Real Academia de la historia, IX (1866), p. 415; L. N. Cittadella, Saggio di albero genealogico e di memorie su la famiglia Borgia, Torino 1872, pp. 45 s.; D. Dal Re, "Discorso critico sui Borgia con l'aggiunta di documenti inediti relativi al pontificato di Alessandro VI, in Arch. d. R. Soc. romana di storia patria, IV (1880), pp. 118 ss.; A. Segre, Lodovico Sforza,detto il Moro,e la repubblica di Venezia dall'autunno 1494 alla primavera 1495, in Arch. stor. lomb., XX (1903), pp. 52, 388; A. Luzio, Isabella d'Este e i Borgia,ibid., XLI (1914), pp. 481, 489; XLII (1915), p. 453; P. Negri, Studi sulla crisi italiana alla fine del secolo XV,ibid., L (1923), pp. 122 ss.; L. von Pastor, Storia dei papi, III, Roma 1925, ad Indicem;G. Pepe, La politica dei Borgia, Napoli 1946, pp. 57, 242; G. Sacerdote, Cesare Borgia la sua vita,la sua famiglia,i suoi tempi, Milano 1950, ad Indicem.