MARZANO, Goffredo
– Nacque all’inizio del 1300, secondogenito di Tommaso e di Giovanna di Capua, figlia del gran protonotaro Bartolomeo; morto il fratello Riccardo, il M. ereditò l’ufficio di grande ammiraglio del padre e il titolo di conte di Squillace.
Il M. sposò Giovanna Ruffo di Catanzaro, che gli portò in dote Policastro; ebbe quattro figli: Roberto, Tommaso, Caterina e Rogasia, sposa di Carlo conte d’Artois (probabilmente figlio naturale di Roberto d’Angiò, re di Napoli).
Nel settembre 1332 il M., «homo di gran statura, accussì como di tal stirpe et nacioni li soi antepassati erano similmenti stati, et in acto militari victuriusi» (Historia Sicula, pp. 277 s.), ebbe da Roberto l’incarico di guidare i 600 cavalieri previsti come contributo all’armata alleata in guerra in Lombardia; il 27 ott. 1333 fu nominato capitano dell’esercito in Piemonte, poi capitano generale di cavalleria e fanteria a Genova.
Siniscalco e capitano generale in Lombardia, il M., inviato da Roberto a Pinerolo, il 10 sett. 1335 discusse un trattato con Caterina di Vienne, vedova di Filippo di Savoia principe di Acaia e Morea, quale balia e matrigna di Giacomo, riconosciuto conte del Piemonte. Il 10 febbr. 1336 il M. fu richiamato dall’ufficio di siniscalco di Lombardia e Piemonte e di capitano generale dell’esercito lì riunito.
Morto nel 1337 Federico III d’Aragona, re di Trinacria, e succedutogli il figlio Pietro II, Roberto d’Angiò si preparò a uno sbarco. Nel 1339 il M., ammiraglio del Regno «surrogato dal re in luogo» di Tommaso suo padre (Summonte, p. 400), ebbe il comando di 25 galee, il genero conte di Artois quello delle truppe terrestri.
Da maggio la flotta napoletana, dopo un assalto tra Termini e Cefalù, occupò Roccella, Golisano, Gratteri, Brucato e altre terre vicine. Lasciati presidi e munizioni, il M. con una parte dell’armata si diresse a Lipari e la assediò per circa due mesi, riducendo allo stremo la popolazione. Appreso da spie che la flotta siciliana stava per portare soccorso all’isola, il M. fece tornare gli armati dalle trincee e fece nascondere le navi in una cala; la mattina seguente, il 17 nov. 1339, all’arrivo delle navi nemiche, la squadra angioina chiuse in mezzo la siciliana che, sparsa e divisa, fu battuta. Il 1° febbr. 1340 Roberto d’Angiò ratificò la capitolazione: generose furono le concessioni del M. e degli altri capitani angioini ai Liparesi; tra l’altro, la licenza di prendere tavole, carbone e travi dai boschi «di lo conte de Squillaci dovunca loro place» per la riparazione delle case (Siragusa, p. 313). Nel viaggio di ritorno, scatenatasi una feroce tempesta, 4 galee fecero naufragio, le altre arrivarono a Napoli con i due prigionieri principali, Giovanni Chiaramonte e Orlando d’Aragona, fratellastro di Pietro II, che il M. aveva portato a bordo.
Una tradizione attribuisce la disfatta a Orlando il quale, contro la volontà di Chiaramonte, restio alla battaglia perché conscio del valore del M., avrebbe forzato per l’attacco. S’inserisce in questo quadro la vicenda della liberazione dalla prigionia di Orlando, raccontata da Boccaccio nel De mulieribus claris.
Consigliato da Federico d’Antiochia, Roberto d’Angiò procedette a una nuova impresa in Sicilia a partire da Milazzo, attaccata nel 1341: ma i tentativi dall’una e dall’altra parte non diedero esito. Il 20 giugno 1342, in via temporanea, il M. fu nominato capitano e rettore dell’esercito contro Milazzo che, assediata da terra e da mare, il 15 sett. 1342 si arrese; il 25 novembre il M. fu nominato dal re vicario generale nei due Giustizierati di Calabria.
Il 16 genn. 1343 re Roberto fece testamento; data la minorità di Giovanna, la nipote erede universale, fu istituito un Consiglio di reggenza, di cui il M. faceva parte, presieduto dalla regina Sancia. Egli ricoprì un ruolo di primo piano nella vicenda del cardinale Aimeric de Châtelus, nominato da Clemente VI balio della regina Giovanna I, che il 5 sett. 1343, a Castelnuovo, aveva affidato, tra gli altri, al siniscalco di Provenza Ugo Del Balzo il compito di domandare al papa la revoca dell’invio del legato; la nomina dei procuratori era avvenuta con il consenso di tre dei componenti il Consiglio di reggenza: il M., Carlo d’Artois e la regina Sancia che, prima di ritirarsi a S. Chiara, il 18 genn. 1344 scelse il M. tra i suoi esecutori testamentari.
Il 3 maggio 1344 il legato apostolico inviato per incoronare Giovanna e ricevere il giuramento arrivò a Rieti; su mandato della regina il M. gli andò incontro, senza ottenere risultati circa la richiesta di evitare l’amministrazione tutelare. Il legato si installò a Napoli, mentre rimaneva in funzione il Consiglio di reggenza. Il 28 agosto a S. Chiara avvenne la cerimonia dell’omaggio: il M. – spettatore accanto al marito di Giovanna I, Andrea d’Ungheria – tre giorni dopo rinnovò a nome della regina, insieme con altri uomini di fiducia già di re Roberto, le proteste al legato, che solo nel maggio 1345 lasciò Napoli: la regina manifestò la sua prodigalità nei confronti del M., cui fu aumentato lo stipendio di ammiraglio.
Nel giugno 1345 la regina rimise al M. i debiti verso la Camera reale e il 25 del mese lo autorizzò a donare alcune terre ai figli. In quell’anno il M. fu a fianco di Giovanna I nello scontro con Giovanni Pipino, palatino di Altamura, scarcerato su ordine di Andrea d’Ungheria: amicizia compromettente, che avrebbe allontanato dal giovane re la maggior parte della grande aristocrazia, il M. compreso.
Nel 1345 la regina affidò al M. una nuova impresa in Sicilia, con 40 galee e più di 1000 cavalli, e gli diede potere di promettere beni e rendite a chi avesse riconquistato qualche terra ribelle. Giunta davanti a Messina, la flotta angioina piazzò le tende presso la fiumara di Santo Stefano; il corpo di spedizione, comandato da Orlando d’Aragona, attaccò via terra, il M. bloccò dal mare, assediò la città e devastò i dintorni, ma fu costretto a rinunciare per la resistenza incontrata.
Il 21 sett. 1345 il papa scrisse al M. sul tema dell’incoronazione dei sovrani. Nella notte tra il 18 e il 19 sett. 1345 Andrea d’Ungheria era stato ucciso ad Aversa. Sobillato da Roberto di Taranto e Carlo di Durazzo, il popolo napoletano insorse tra il 6 e il 10 marzo 1346 e circondò Castelnuovo: la sommossa portò a individuare alcuni indiziati della congiura (tra i quali il genero del M., Carlo d’Artois). Bertrando Del Balzo – incaricato da papa Clemente VI di condurre un’inchiesta – ai primi di agosto fece giustiziare gli accusati e ottenne da Giovanna I l’ordine di arresto per altri indiziati. Il M. e Ugo Del Balzo, delegati dagli insorti, si recarono a Castelnuovo e chiesero il rilascio dei prigionieri; trattenuti nel castello tre giorni, la loro condotta sarebbe stata esitante e ambigua.
Deciso a vendicare la morte del fratello, la vigilia di Natale 1347 il re Luigi d’Ungheria arrivò all’Aquila e il M., al seguito di Carlo di Durazzo, lasciò Napoli per sbarrargli il passo. Probabilmente in vista della partecipazione alla guerra d’Abruzzo, la regina accordò al M. speciali privilegi: nell’aprile 1347 gli diede potere di nominare due protontini, o ammiragli, nonostante per antiche costituzioni la loro elezione spettasse alle proprie università marittime e gli concesse di «conoscere tutte le cause marittime in ogni tempo, e tener corte continua» (Camera, 1889, p. 74); un privilegio riservato al solo M., che due mesi dopo ottenne, per quelli dei suoi figli che fossero sopravvissuti, la successione nell’ufficio di ammiraglio (l’ufficio sarebbe passato al primogenito Roberto).
Spaventata dai successi ungheresi, il 15 genn. 1348 Giovanna I s’imbarcò per la Provenza. Il M. – che in novembre aveva inviato presso Alife 500 vassalli a custodire e munire i castelli della contea e si era recato a Marzano con 80 soldati a provvedere ai suoi castelli – il 19 gennaio accompagnò da Napoli ad Aversa Roberto di Taranto, Carlo di Durazzo e suo fratello Roberto, a salutare re Luigi d’Ungheria: gesto per il quale Luigi d’Angiò-Taranto, nuovo marito della regina, lo privò della carica di ammiraglio. Entrato a Napoli il 23 gennaio, Luigi d’Ungheria mantenne i giustizieri nominati da Giovanna I, tra cui il M., nelle province meridionali del Regno di Napoli, Terra d’Otranto, Basilicata, Calabria.
La vendetta per la morte del fratello Andrea non tardò: fatto decapitare Carlo di Durazzo, Luigi d’Ungheria condannò a morte il suocero del M., Ruffo conte di Catanzaro, la contessa Cancia di Morcone e lo stesso M., sospettato di complicità. Il M. si sottrasse alla condanna barattando la vita del cugino Corrado di Catanzaro, che Luigi «nisi tractante ammirato» non avrebbe potuto catturare (Domenico di Gravina, p. 41).
Con lettere dell’11 giugno 1348, dopo la vendita di Avignone, la regina delegò al M. le funzioni di vicario generale e dell’amministrazione del Regno e poco dopo gli affidò la vicereggenza delle province di Terra di Lavoro e Molise, dandogli facoltà di creare giustizieri, capitani, giudici, castellani e altri ufficiali. Su istigazione del M., che assunse al servizio della regina le bande di Werner di Urslingen e dei fratelli Pipino, il Regno insorse: tornato a Napoli, il M. sollevò il popolo contro Ulrico Wolff di Wolfurt, generale e vicario del re d’Ungheria, e il 18 giugno occupò Aversa. Il 13 luglio il M. entrò a Napoli sotto le insegne di Giovanna I e Luigi d’Angiò il cui rientro da Avignone era pronto: il 17 agosto Giovanna I e il marito giunsero davanti alla capitale e i nobili si fecero loro incontro, il M. in testa.
Nella primavera 1349 arrivò la seconda ondata ungherese. La situazione napoletana, tesa per i contrasti tra Giovanna I e il marito, era grave. Il 6 giugno a Melito, tra Aversa e Napoli, gli Ungheresi ebbero la meglio; dopo la disfatta, Luigi d’Angiò perse il consenso di parte dei baroni napoletani: tranne il M., l’arcivescovo di Napoli e Raimondo Del Balzo, pochi rimasero dalla sua parte.
Il 15 genn. 1350, a Castelnuovo, testimone anche il M., Giovanna I rinnegò la procura data a Ugo Del Balzo riguardante le alienazioni del Demanio reale nel Regno e in Provenza. Nell’aprile, prossimi i preparativi per un ritorno a Napoli del re d’Ungheria, il M. era pronto a fare vela verso il golfo di Napoli con 7 galee ai suoi ordini. Anche questa volta riuscì a contenere il pericolo: dopo che Luigi di Ungheria dovette lasciare il Regno, il M. – entrato in possesso di Sessa con un privilegio del 31 dic. 1350 che faceva seguito alla vittoria di Luigi d’Angiò – ricevette le felicitazioni del papa, con lettera del 24 ag. 1350. Pattuito nel settembre un armistizio tra Ungheresi e Napoletani con scadenza nell’aprile 1351, fu istituita una commissione di cui il M. era membro per la parte napoletana: avrebbe esaminato eventuali violazioni dell’armistizio, con potere di liberare i prigionieri. Il 23 marzo 1352, stipulato a Napoli un trattato dopo vari tentennamenti del re d’Ungheria, il M. fu inviato da Giovanna I per firmare la tregua.
Sin dall’inizio, e per la durata del suo pontificato, Clemente VI scrisse da Avignone al M. per questioni riguardanti l’amministrazione e il buon funzionamento di Regno e diocesi. Con Niccolò Acciaiuoli e il vescovo di Napoli Giovanni Orsini, il M. era parte di quella sorta di triumvirato dal quale Luigi d’Angiò sarebbe stato guidato.
Nel 1353 il successore di Clemente VI, papa Innocenzo VI, chiese alla corte di Napoli la liberazione dei figli di Ugo Del Balzo, invocata già da Clemente VI che nel 1351 aveva scritto al M., sollecitandolo. Il 26 apr. 1353, intenzionato a riacquistare beni e diritti che la Chiesa possedeva nel Regno, il papa chiese al M. la restituzione del castello di Tina che deteneva da quattro anni, da quando il vescovo di Aversa aveva sostenuto il re d’Ungheria. Al M. il papa scrisse in occasione delle vicende di Maria di Durazzo e dei suoi figli e di Raimondo Del Balzo, prigioniero.
La fine della guerra contro l’Ungheria aveva lasciato allo sbando le compagnie mercenarie: nel febbraio 1355 la Gran compagnia del conte Lando (Corrado Wirtinger) varcò la frontiera abruzzese e si diresse verso la Puglia. I Napoletani si affidarono a uomini di sperimentata abilità, tra cui il M. e il conte di Sanseverino, i quali non riuscirono ad allontanare il pericolo e si attirarono l’irata reazione napoletana.
Le ultime notizie del M. risalgono al 1361: in previsione di un’invasione della compagnia di Johannes Baumgarthen (Anichino), nel febbraio Innocenzo VI scrisse al M. e ai principali baroni, invitandoli a difendere il potere regio. Il 9 maggio 1361 il papa raccomandò il nuovo arcivescovo di Benevento ai sovrani, al M., all’Acciaiuoli. Secondo una cronaca, tra giugno e luglio 1362 Luigi di Durazzo avrebbe trovato la morte a causa di una «macchinazione» dei principi di Taranto, Roberto e Filippo, timorosi di un nuovo matrimonio della regina Giovanna (Léonard, 1967, p. 507); se «di assassinio veramente si trattò», responsabili furono, con i principi di Taranto, i loro fautori, tra cui il M. (Galasso, p. 199).
È probabile che il M. sia morto poco dopo.
Fonti e Bibl.: Arch. segr. Vaticano, Reg. Vat., 142, cc. 4, 5v, 7v, 23v, 25r, 32v, 43r, 106r, 110v; 144, cc. 90, 218; 145, c. 158v; Domenico di Gravina, Chronicon de rebus in Apulia gestis, a cura di A. Sorbelli, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., XII, 3, pp. 9, 41, 43-45; Chronicon Estense…, a cura di G. Bertoni - E.P. Vicini, ibid., XV, 3, p. 159; Historia Sicula, in R. Gregorio, Bibliotheca scriptorum qui res in Sicilia gestas… retulere, II, Panormi 1792, pp. 277 s., 281; Clement VI (1342-1352). Lettres closes, patentes et curiales se rapportant à la France…, I-III, a cura di E. Déprez - J. Glénisson - G. Mollat, Paris 1958-61, nn. 239, 343, 1449, 2574, 3392, 3596, 3932, 4031, 4487, 4523, 4670, 4868, 4870, 4889, 4896, 4941, 5207; G. Boccaccio, De mulieribus claris, a cura di V. Zaccaria, Milano 1970, pp. 432, 434; J. Zurita, Anales de la Corona de Aragón, a cura di A. Canellas López, III, Zaragoza 1978, pp. 479 s.; G. Villani, Nuova cronica, a cura di G. Porta, Parma 1991, II, ad ind.; M. Villani, Cronica con la continuazione di Filippo Villani, a cura di G. Porta, Parma 1995, ad ind.; S. Ammirato, Delle famiglie nobili napoletane, Fiorenza 1580, I, p. 188; F. Campanile, Dell’armi, overo Insegne dei nobili…, Napoli 1618, pp. 137 s.; F. Della Marra, Discorsi delle famiglie estinte, Napoli 1641, p. 249; G.A. Summonte, Dell’historia della città e Regno di Napoli, II, Napoli 1675, pp. 400, 406, 415, 470; F. Granata, Storia civile della fedelissima città di Capua, III, Napoli 1756, p. 64; A. Di Costanzo, Storia del Regno di Napoli, Napoli 1839, pp. 133-135; M. Camera, Annali delle Due Sicilie…, II, Napoli 1860, pp. 418, 452 s., 499; G.B. Marzano, Memorie storiche intorno alla famiglia Marzano, Pisa 1874, pp. 6 s.; C. Minieri Riccio, Genealogia di Carlo II d’Angiò re di Napoli, in Arch. stor. per le provincie napoletane, VIII (1883), 1, pp. 8, 21, 27, 217 s., 388, 392 s.; M. Camera, Elucubrazioni storico-diplomatiche su Giovanna I…, Salerno 1889, pp. 74, 93, 122; G.B. Siragusa, Le imprese angioine in Sicilia negli anni 1338-1341, in Arch. stor. siciliano, n.s., XV (1890), pp. 294, 296, 313 s.; B. Capasso - S. De Crescenzo, Notizie storiche tratte dai documenti angioini…, in Arch. stor. per le provincie napoletane, XXI (1896), p. 396; F. Torraca, Giovanni Boccaccio a Napoli, ibid., XXXIX (1914), 4, pp. 653 s.; R. Caggese, Roberto d’Angiò e i suoi tempi, II, Firenze 1930, pp. 246, 249; É.-G. Léonard, Histoire de Jeanne Ière…, Monaco-Paris 1932-36, ad ind.; F. Giunta, Aragonesi e Catalani nel Mediterraneo, I, Palermo 1953, pp. 28, 38; É.-G. Léonard, Gli Angioini di Napoli, Varese 1967, pp. 348, 420, 449 s.; Storia di Napoli, Firenze 1969, III, pp. 220, 223, 254, 256, 541; I. La Lumia, Storie siciliane, II, Palermo 1969, pp. 31 s.; S. Tramontana, Gli anni del Vespro, Bari 1989, p. 279; G. Galasso, Il Regno di Napoli…, in Storia d’Italia (UTET), XV, 1, Torino 1992, pp. 148, 161, 163, 187, 199; F.P. Tocco, Niccolò Acciaiuoli, Roma 2001, p. 104; Dall’impero di Carlo Magno al Trecento, Milano 2007, p. 554; Enc. biografica e bibliogr. «Italiana», C. Argegni, Condottieri, capitani, tribuni, II, p. 233.