goliardica, poesia
Difficile appare stabilire con certezza se e quale influsso la poesia g. abbia esercitato su Dante. Alla poesia g., oltre che a fonti classiche e filosofiche, è stato collegato (Marigo) il passo del De vulg. Eloq. sulla venus (II II 8-10): ... dicimus illud esse maxime delectabile quod per praetiosissimum obiectum appetitus delectat; hoc autem venus est.
Nel Fiore le derivazioni sono più evidenti, soprattutto se si volga l'attenzione ad alcune espressioni di Falsembiante, là dove afferma che di buon morselli i' si m'empio la pancia, / e, se si truova al mondo di buon vino, / e' convien ch'i' me ne empia lo bolino (Cv 1-3); mentre più oltre lo stesso Falsembiante, che presenta del resto, soprattutto nel sonetto CXX, tipici caratteri e discorsi da scansafatiche girovago, dichiara apertamente: tropp'è gran noia l'andar travagliando! / Megli'amo stare davante adorando / ched i' a lavorar m'affaticasse. / Ché 'l lavorar sì non mi può piacere, / ned a ciò consentir non mi poria, / ché molte volte fallarei in dolere. / Più amo il manto di Pappalardia / portar, perciò che gl'è maggior savere, / ché di lui cuopr'io mia gran rinaldia (CXX 6-14).
Più oltre ancora lo stesso Falsembiante dichiara che si può acquistare il suo amore donandogli animali che possan costituire cibi prelibati. E si vedano ancora nella stessa opera il personaggio di ‛ Venus ' e gli spunti antiecclesiastici. È anche possibile che D., come già precedentemente Pier della Vigna e Buoncompagno da Signa, inserendo negli scritti sicuramente a lui attribuibili spunti antiecclesiastici, abbia prestato orecchio anche ad analoghi spunti della poesia goliardica.