gomito
Regione dell’arto superiore in cui si compie l’articolazione tra braccio e avambraccio. La forma del g. è appiattita e si modella sull’articolazione sottostante; la sua superficie anteriore presenta la caratteristica piega cutanea di flessione; il rilievo del tendine del bicipite brachiale e quello delle vene superficiali sono più evidenti negli individui magri. In profondità si trovano la biforcazione dell’arteria omerale, il nervo mediano, il nervo radiale. La regione posteriore mostra il rilievo centrale dell’olecrano, sul quale s’inserisce il tendine del muscolo tricipite omerale, e quelli laterali del condilo e della troclea. L’articolazione del g. è costituita dall’estremo inferiore dell’omero e dall’estremo prossimale del radio e dell’ulna; dai legamenti anteriore, posteriore, collaterale mediale e laterale; dalla capsula sinoviale. Sono piuttosto frequenti le fratture, e importanti per le possibili lesioni conseguenti, tra le quali, caratteristica, la paralisi ischemica di Volkmann.
Patologia caratterizzata da una degenerazione dell’inserzione dei muscoli epicondiloidei. Il dolore si manifesta soprattutto alla pressione dell’epicondilo (porzione esterna del g.), durante l’estensione del polso e delle dita e in particolare durante l’estensione del polso e delle dita sollevando un peso. Le cause di questa malattia derivano da un’eccessiva tensione da sovraccarico sui tendini, con coinvolgimento dell’inserzione dei muscoli epicondiloidei (questo tipo di sovraccarico si manifesta durante una partita di tennis quando il giocatore fa il rovescio nel rilancio della palla). La terapia dipende dal quadro clinico: può essere sufficiente un trattamento medico con antinfiammatori assunti per via sistemica e locali, l’immobilizzazione del g., l’applicazione di un tutore; utile la terapia infiltrativa che mira a stimolare la ristrutturazione delle fibre tendinee. La terapia chirurgica utilizza il distacco dei muscoli epicondiloidei dall’inserzione, eliminando la sintomatologia dolorosa talora immobilizzante.