GOMMA ELASTICA (XVII, p. 503; App. I, p. 680)
ELASTICA La definizione che fino a qualche anno fa poteva essere data per la gomma elastica, allo stato attuale della tecnica e con applicazioni imponenti nei processi produttivi di diversi prodotti sintetici, richiede una generalizzazione. Gomma può essere definito il componente essenziale di corpi capaci di grandi e ripetute deformazioni anche locali con ritorno praticamente immediato e completo alla forma iniziale appena liberi. Inoltre in prima prima fase la gomma deve avere proprietà plastiche, che consentano l'introduzione e la dispersione in essa di ingredienti supplementari, in maggioranza allo stato di polveri fini e finissime, e che permettano di foggiare il miscuglio nella forma del prodotto definitivo; una successiva operazione, la vulcanizzazione, deve eliminare le proprietà plastiche, lasciando a quelle elastiche il libero gioco che l'uso richiede.
Queste condizioni erano soddisfatte soltanto dal prodotto naturale, di origine vegetale. Le gomme dalle diverse specie botaniche, tranne percentuali variabili di resine prive di proprietà elastiche, e influenti in modo diverso sulla conservazione e sulle qualità, hanno tutte un'identica composizione e struttura, derivando dall'idrocarburo polisoprene con struttura periodica di tipo cis rispetto al doppio legame:
Gli studî sulla gomma, da una prima fase quasi esclusivamente chimica, si sono sempre più andati spostando nel campo della chimica colloidale. La struttura lineare delle sue molecole è denunciata dalla costituzione chimica, e dall'analogo comportamento di sostanze sintetiche di cui è noto il modo di formazione; la grandezza molecolare è misurabile, o almeno valutabile. Si vede inoltre che sostanze, che hanno in comune con la gomma naturale la struttura lineare ed elevato peso molecolare, possono entro certi campi di temperatura, anche sensibilmente lontani da quell'ambiente, sviluppare proprietà elastiche più o meno spiccate e perfette. Il polistirolo ha certe proprietà elastiche alla temperatura dell'acqua bollente, mentre il polisobutilene le presenta in un vasto campo di temperatura, tanto più quanto più elevato è il suo peso molecolare, e sono elevate le viscosità delle sue soluzioni. Le proprietà elastiche mancano del tutto nel caso della cellulosa e dei suoi derivati, data la presenza di gruppi polari (ossidrili alcolici); vi sono in parte nel cloruro di polivinile quando, p. es., per introduzione di plastificanti si riesce ad allontanare i gruppi polari (atomi Cl).
Una sostanza ad alto peso molecolare a molecola filiforme, indipendentemente da una particolare struttura e configurazione specifica di atomi, può quindi presentare più o meno la proprietà della gomma. Ma ancora basta un'alterazione modestissima nella struttura per far scomparire, almeno in certi campi di temperatura, le proprietà elastiche. Così la guttaperca, che differisce solo dalla gomma per la configurazione di tipo trans rispetto al doppio legame:
possiede una più facile cristallizzazione, e una tendenza degli atomi a disporsi lungo un reticolo cristallino. La guttaperca rimane dunque dura e solida fino alla temperatura di 70° circa, oltre la quale ha proprietà elasto-plastiche affini a quelle della gomma. Le proprietà elastiche possono dunque attenuarsi in una sostanza ad alto peso molecolare a struttura filiforme per eccesso di cristallizzabilità, che è un altro modo di impedire i movimenti relativi delle molecole.
Si comprende facilmente come le proprietà elastiche siano più o meno complete e perfette a seconda delle configurazioni ottenibili e come laborioso e difficile sia cercare di ottenere le proprietà meccaniche che interessano, senza perder di vista la realizzazione industriale e la convenienza economica. Finché le molecole sono lineari, distinte le une dalle altre, capaci di staccarsi nel passaggio in soluzione, non possiamo non avere proprietà plastiche nella sostanza e l'applicazione di una forza in un punto, o lungo un piano, determina un scorrimento relativo delle molecole. Potranno nascere subito delle reazioni elastiche, ma esse tendono a scomparire col tempo, dando luogo a una deformazione stabile. Questa deformabilità permanente, o plasticità, sarà più facile quando la lunghezza delle molecole, delle catene, è meno elevata, ed effettivamente nei polisobutileni, passando dai pesi molecolari di 5000 a quelli di 200.000, si va da un liquido vischioso a un sistema sensibilmente elastico. Inoltre questi scorrimenti sono tanto più facili quanto più è elevata la temperatura e bassa la viscosità del mezzo; più facile è ancora la deformabilità e la deformazione permanente della sostanza. I materiali, se non molto plastici a temperatura ambiente, lo diventano a 50°, a 80°, ed oltre, ed è per questo che le sostanze ad alto peso molecolare a struttura filiforme sono tutte termoplastiche.
In un materiale cosiffatto, le proprietà elastiche possono se mai esistere al solo stato latente, o avere effetti fuggitivi o transitorî. Le cose cambiano se, ad un certo momento, dopo aver sfruttato utilmente le proprietà plastiche, si "stringono" dei legami tra le molecole adiacenti, si formano dei "nodi" a intervalli più o meno lontani, mediante reazioni chimiche opportunamente dosate, così che le singole molecole si colleghino in un'unica grande macromolecola. Non è più possibile "sfilare" una molecola dalle altre, in quanto non si farà altro che deformare, attraverso i successivi legami, volumi sempre più grandi di sostanza. Allo sparire delle forze deformanti le reazioni elastiche reagiscono le une sulle altre attraverso i legami continui fino a riportare il sistema alla forma e disposizione primitiva. Il passaggio in soluzione della sostanza, cioè l'allontanamento potenzialmente indefinito di una molecola dall'altra in mezzo ad altre molecole del solvente, viene inibito dallo stabilirsi dei legami reciproci; al più si ha un limitato ringonfiamento.
Lo stabilirsi dei legami prende il nome di vulcanizzazione. Per la gomma naturale essa viene effettuata generalmente mediante un trattamento termico in presenza di zolfo, distribuito in precedenza nella massa. A rendere possibile questa reazione chimica è necessaria una certa reattività da parte della molecola iniziale, che si riscontra appunto nella presenza del doppio legame che si ripete ad ogni unità (C5H8). Il polistirolo, il poliisobutilene, non contenendo doppî legami, non sono ugualmente vulcanizzabili e continuano a rimanere termoplastici, con proprietà elastiche, se mai, decisamente imperfette. Ma se il poliisobutilene è ottenuto legando di tanto in tanto in catena una unità isoprenica, come nella gomma butile, per il doppio legame che allora compare si può effettuare la vulcanizzazione.
Il numero dei legami che si formano ha importanza notevole agli effetti delle proprietà che ne risultano. Se i legami sono pochi, e troppo radi, possono essere insufficienti a collegare tutte le molecole e quindi le proprietà plastiche non sono del tutto scomparse. Se sono estremamente fitti invece, approfittando della grande abbondanza di doppî legami nella gomma naturale, ci si avvicina ad un composto scarsamente deformabile, rigido a temperatura ambiente e cioè all'ebanite. Esistono concentrazioni intermedie di legami per cui si ottengono le migliori proprietà elastiche.
Il concetto di vulcanizzazione, come lo stabilirsi di legami tra macromolecole lineari adiacenti, in numero opportuno, comprende solo come caso particolare la vulcanizzazione della gomma naturale con lo zolfo. In diversi tipi di gomme sintetiche la vulcanizzazione, anche da un punto di vista tecnico, si effettua indipendentemente dalla presenza dello zolfo. E in qualche altro caso di polimeri lineari è possibile ottenere una vulcanizzazione anche senza l'intervento di doppî legami. Ciò non infirma naturalmente la conservata preponderante importanza della vulcanizzazione con zolfo della gomma naturale, e dei più correnti polimeri sintetici.
Esaminiamo ora le proprietà fisiche essenziali del comporamento elastico della gomma vulcanizzata. Il diagramma di trazione carico-allungamento, ottenuto misurando successivamente i diversi allungamenti assunti da un provino cilindrico caricato con pesi crescenti, se dà parametri importanti quali il carico di rottura del materiale, l'allungamento a rottura, e il carico a particolari allungamenti, non ci dice nulla sulle proprietà elastiche vere e proprie. In servizio, il materiale non è sollecitato a rottura; e ancora a forti sollecitazioni il carico corrispondente a una determinata sollecitazione dipende dalla storia delle deformazioni precedenti. Si preferisce sollecitare dinamicamente il materiale in prova in un campo di sollecitazioni quali quelle che si riscontrano in pratica.
Uno dei parametri fondamentali assumibili è il modulo di rigidità, o modulo di scorrimento. Nella sollecitazione di scorrimento un cubetto unitario del materiale viene deformato in modo che i piani paralleli alla base ABCD scorrono su sé stessi di una quantità proporzionale alla distanza della base stessa. Lo scorrimento di un punto è dato da Z. tg γ dove γ è l'angolo di scorrimento e Z la distanza dalla base.
La forza F da applicare sulla faccia unitaria per realizzare lo scorrimento, è data sensibilmente da
dove G è il modulo di rigidità. Per angoli piccoli si può scrivere anche F - Gγ. In pratica γ non è mai molto rilevante e difficilmente supera i 0,5-0,7 radianti, molte volte rimanendo sensibilmente sotto questo valore. Il valore di G per un vulcanizzato è, per una gomma facilmente deformabile, compreso tra 2,5 e 4,5 kg/cm2. La tecnica richiede però spesso gomme più dure, meno deformabili, con valori di G verso i 7, 10, 15 e più kg/cm2. Mentre tali valori si potrebbero ottenere anche aumentando il numero dei legami ottenibili con la vulcanizzazione, aumentando la percentuale di zolfo, tale procedimento condurrebbe, con la gomma naturale almeno, ad una riduzione di carico di rottura, e di proprietà meccaniche in generale. È preferibile invece ridurre la percentuale di gomma nel vulcanizzato, introducendovi cariche finemente suddivise, e, ben disperse. Con l'introduzione di ossido di zinco, di caolino, di carbonato di magnesio, di solfato di bario precipitato, di nerofumo di diverse qualità, nella proporzione di 10-20-30 e più volumi di carica per 100 volumi di vulcanizzato, si raggiungono valori più elevati di G. Una mescolanza tipica è per es.: gomma naturale 100, ossido di zinco 20, nerofumo semiattivo 70, zolfo 3, accelerante 1, acido stearico 2; una mescola del genere, trattata termicamente per 60′ a 135°, allo scopo di combinare chimicamente lo zolfo alla gomma, può avere un G di 11 kg/cm2.
Quando mancano, o sono in proporzione ridotta, le cariche, il valore di G è praticamente costante al variare della entità della sollecitazione, e non dipende dalla velocità della deformazione. Queste condizioni ideali non sono soddisfatte che approssimativamente quando si hanno valori di G elevati, oltre a 7 kg/cm2 per esempio, per effetto di carica; in tal caso la rigidità diminuisce con il crescere della deformazione, e cresce alquanto per le sollecitazioni più rapide.
Ciò che meglio caratterizza il comportamento elastico del materiale è però un altro parametro, l'isteresi di esso. Si supponga che il cubetto già per la determinazione di G sia stato deformato f volte al secondo, da una parte e dall'altra della sua posizione di riposo, con un γ variabile armonicamente tra −0,2 e +0,2 radianti; se si lasciasse il cubetto sollecitato a sé stesso lo si vedrebbe vibrare per poche oscillazioni, riducendone rapidamente l'ampiezza. L'energia di sollecitazione elastica si trasforma quindi gradualmente in calore. Se si vuol mantenere costante nel tempo l'ampiezza di sollecitazione occorre fornire una certa quantità di energia ad ogni ciclo. Per piccole sollecitazioni, intorno alla posizione di riposo, la quantità di energia che occorre fornire, per ciclo, e che quindi si degrada in calore, per ciclo, nel cubetto di spigolo unitario, è W = K γ2.
Tanto più è piccolo K tanto più elastico è il materiale. Se K è invece grande il vulcanizzato è relativamente inerte e poco "scattoso". Supponendo una deformazione, assolutamente esagerata in pratica, di 1 radiante di ampiezza, il disperdimento di energia di 0,050 joule/cm3 per ciclo corrisponde ad un comportamento altamente elastico, quale si riscontra in vulcanizzati ad alta percentuale di gomma, con un G di 405 kg/cm2. Un disperdimento di energia di 1 joule/cm3 per ciclo, per la stessa ampiezza di sollecitazione, quale si trova spesso in vulcanizzati a notevole percentuale di carica, con un G di 10 kg/cm2, corrisponde invece ad una isteresi elevata. Questa energia dispersa in calore innalza la temperatura della stessa gomma, e appunto per questo gomme sottoposte a sollecitazioni elastiche troppo ampie o troppo numerose possono assumere temperature elevatissime che giungono a renderle utilizzabili.
Un'esperienza più semplice, ma che rispecchia lo stesso comportamento, consisterebbe nell'esaminare il rimbalzo di una palla piena del vulcanizzato. Se, lasciata cadere da un metro, rimbalza a 92 centimetri si può ritenere esservi una isteresi relativamente ridotta, mentre se invece il rimbalzo si limita a 50 centimetri le proprietà elastiche sono solamente parziali. Nel caso dei prodotti sintetici le composizioni e le strutture delle gomme in esame determinano in ultima analisi quelle gomme che daranno il rimbalzo più elevato, quanto più vicino possibile a quello della gomma naturale che per ora detiene il massimo. L'esperienza del rimbalzo è più intuitiva ma è meno definita, perché la sollecitazione e la deformazione non sono uniformi nel volume della palla e non sono facilmente misurabili. Determinazioni dirette alla velocità di ritorno di un provino di gomma stirato al 450% sono pure state eflettuate, ottenendo per la gomma naturale valori di 350 km/h, visibilmente inferiori per la gomma al butile.
Sia il modulo G, sia l'isteresi K sono variabili con la temperatura; se il vulcanizzato è destinato a lavorare sia a temperature invernali basse, sia a temperature estive elevate, aumentate per di più dal calore prodotto per isteresi nell'interno della gomma stessa, si devono conoscere i valori di G e di K per tutto il campo di temperature considerato, per esempio tra −25° e +80°. L'isteresi K diminuisce alle temperature più elevate; il modulo G invece mentre cresce rapidamente da una certa temperatura in giù, sotto i −40° ad esempio, cresce del pari ma lentamente con l'aumentare della temperatura, da quella ambiente fin verso i 100°. Questo fatto si verifica nettamente per le mescole poco cariche, con G sui 4-9 kg/cm3; è meno avvertibile nei vulcanizzati carichi, con G oltre i 10 kg/cm2.
L'indurimento che si verifica alle basse temperature, quando pure l'isteresi aumenta fortemente, deriva dall'immobilizzarsi generale delle molecole e dal maggior sforzo che è allora necessario per conseguire una deformazione in queste condizioni. L'aumento di modulo che si osserva invece con l'aumentare della temperatura è previsto dalle recenti teorie cinetiche dell'elasticità della gomma, la cui origine però può essere fatta risalire allo stesso Joule (1859), ed è grosso modo da paragonarsi all'aumento di pressione di una massa gassosa contenuta in un volume invariabile al crescere della temperatura. L'aumento del modulo G sarebbe infatti proporzionale proprio alla temperatura assoluta. Queste teorie, impostate da Guth, Mark, Kuhn, e sviluppate recentemente da Treloar e altri, hanno ottenuto verifiche sperimentali abbastanza soddisfacenti. L'elasticità della gomma dipenderebbe sostanzialmente dalla mobilità dei tratti molecolari compresi tra i diversi legami di vulcanizzazione, tratti animati da moti microbrowniani e disposti quindi in forme probabilistiche disordinate, che si oppongono alle rettificazioni e orientazioni che una deformazione provoca. È evidente, da questo accenno, l'importanza che ha agli effetti del comportamento elastico la libera mobilità delle molecole.
Secondo Tuckett, nella gomma si possono riscontrare tre specie di deformazioni che prendono origine all'atto dell'applicazione di un carico: una prima piccola istantanea deformazione elastica, ad altissimo modulo, analoga a quella che si avrebbe in un solido, indipendente dal tempo praticamente trascurabile come ampiezza; una seconda deformazione elastica a basso modulo, di grande ampiezza, del tipo
dove D∞ è il valore che assumerebbe in un tempo infinitamente lungo, t il tempo e τ il tempo di rilassamento piuttosto piccolo; ed infine una deformazione plastica assai piccola, crescente linearmente col tempo, del tipo
dove A è una costante, t ancora il tempo, E l'energia di attivazione per lo scorrimento viscoso, R la costante dei gas, e T la temperatura assoluta.
Al crescere della temperatura la deformazione plastica è più facile e si fanno più evidenti i fenomeni di deformazione permanente. Il secondo termine fornisce la legge delle deformazioni elastiche che si utilizzano correntemente ma in forma piuttosto schematica, che si è tentato molte volte di generalizzare; l'influenza della temperatura compare indirettamente attraverso il tempo di rilassamento. È alla dipendenza dal tempo di questo termine che sono dovuti i fenomeni di isteresi. Secondo Mark e Kuhn, per unità di carico,
dove M è il peso molecolare del tratto limitato da due nodi di vulcanizzazione, R la costante dei gas, T la temperatura assoluta, σ la densità. Così D∞ diminuisce al crescere della temperatura assoluta come è stato accennato. Anche A può essere ricondotto alla struttura e al peso molecolare del polimero. Il complesso di queste ultime formule indica schematicamente come possa essere inquadrato lo studio delle deformazioni di una gomma, e l'influenza su di esse della temperatura.
Il comportamento delle gomme alle basse temperature fu studiato con grande attenzione in questi ultimi anni per le numerose applicazioni in aeroplani volanti a quota elevata, e per il fatto che, mentre alcune gomme sintetiche sono sensibilmente inferiori alla gomma naturale sotto questo riguardo, altre appaiono invece superiori alla gomma naturale per servizio a temperatura elevata, presentando una minore ossidabilità e un minor decadimento nel tempo dei parametri meccanici. Anche il sensibile deterioramento provocato alla superficie dei vulcanizzati in gomma naturale dall'irradiazione solare e dall'ozono atmosferico può essere ridotto in qualche tipo di gomma sintetica, quale la gomma butile.
Il servizio presumibile di un vulcanizzato è frequentemente studiato in prove di vita dinamica, assoggettando un provino a sollecitazioni ripetute a trazione e a scorrimento. L'allargarsi di incisioni o di tagli in seguito a sollecitazioni ripetute è stato particolarmente seguito nei confronti della gomma stirolica di produzione americana, quale suo punto debole iniziale rispetto alla gomma naturale.
Un metodo di esame della struttura delle diverse gomme, e delle alterazioni apportate dalla vulcanizzazione e dall'invecchiamento, eseguito rilevando gli spettri di assorbimento nell'infrarosso, anche di materiale stirato e con radiazioni polarizzate, ha dato finora risultati incoraggianti.
L'impiego del microscopio elettronico si è rivelato utile non tanto per la gomma in sé quanto per la valutazione dei vari tipi di nerofumo a maggiore grado di finezza in essa impiegati, specie in varie qualità di gomme sintetiche per le quali essi sono quasi indispensabili. I neri cosiddetti attivi sono stati misurati al microscopio elettronico quali particelle del diametro medio di 30 milionesimi di millimetro; sono questi granuli che, regolarmente dispersi nella gomma del battistrada dei pneumatici, permettono di ridurne al minimo l'abrasione su strada. L'estrema finezza di questi e altri ingredienti normali della gomma accentua il carattere colloidale della sua natura, anche nelle condizioni di impiego.
Gomma sintetica. - È ottenuta partendo da determinate sostanze a basso peso molecolare con processi di polimerizzazione, o anche, in qualche caso di minor interesse tecnico ed economico, di condensazione. Nella polimerizzazione (v. anche plastiche, materie, in questa App.) la sostanza di partenza, il monomero M, si trasforma in un polimero ad alto pesomolecolare: A−M−M−M ...... M−M−M−B od anche A (−M−)n B, dove A e B sono gruppi terminali generalmente poco conosciuti e di scarso interesse, mentre importante è il valore del grado di polimerizzazione, n, il cui ordine di grandezza è il migliaio.
Il butadiene ad esempio, CH2=CH−CH2, darebbe origine al polibutadiene A (−CH2−CH=CH−CH2−)n B; ma esso può pure polimerizzarsi in altro modo:
In pratica, a seconda delle condizioni di polimerizzazione, si ha contemporaneamente la formazione dell'una e dell'altra struttura, con diverse prevalenze relative. I polimeri del butadiene a elevato grado di polimerizzazione, o alto polimeri, e di molti altri derivati del butadiene (metilbutadiene, dimetilbutadiene, 2-clorobutadiene, ecc.) hanno, per molti aspetti, proprietà simili a quelle della gomma. Con ciò non si vuol dire che le proprietà di alta elasticità da essi possedute dopo un appropriato processo di vulcanizzazione, siano senz'altro equivalenti a quelle della gomma naturale.
La polimerizzazione può avvenire partendo, anziché da uno solo, da due diversi monomeri M e N, ed eventualmente e teoricamente anche da più di due. Il copolimero, come vien detto, ha allora una struttura del tipo
nella quale M e N si susseguono in modo casuale, e con una frequenza dipendente soprattutto dalla relativa concentrazione iniziale. Si hanno così copolimeri a partire dalle coppie butadiene e stirolo (C6H6−CH=CH2), butadiene e nitrile acrilico (CH2=CH−CN), clorobutadiene e butadiene, e da altre numerosissime.
Per permettere la polimerizzazione i mnnomeri devono possedere almeno un doppio legame; ed ancora uno dei monomenti deve avere più di un doppio legame allo scopo di consentire il verificarsi della vulcanizzazione, almeno secondo le tecniche odierne di maggiore importanza economica e pratica.
Le indicazioni schematiche date per gli altopolimeri corrispondono a una struttura rigorosamente lineare; ciò in pratica è difficilmente ottenibile e la struttura è quindi in parte ramificata:
Si distinguono diversi tipi di polimerizzazione a seconda delle condizioni nelle quali si pone a reagire il monomero, o i monomeri: in massa (o in blocco), in soluzione o in emulsione (v. plastiche, materie, in questa App.). Dalla polimerizzazione in emulsione si ottiene una sospensione finissima del polimero in granuli piccolissimi del tutto simile a quella della gomma naturale nei lattici.
Dal lattice di gomma sintetica la gomma viene ottenuta per coagulazione ed essiccamento, non però prima d'aver introdotto in esso degli antiossidanti, per rallentare fortemente i processi di ossidazione e di degradazione a cui il prodotto puro, a contatto dell'aria, dovrebbe soggiacere.
La polimerizzazione dei monomeri è innescata da catalizzatori, sostanze che in piccole percentuali (0,1-2%) la rendono sufficientemente sollecita al momento e nelle condizioni desiderate. Nel caso della polimerizzazione in massa del butadiene è stato impiegato quale catalizzatore il sodio metallico, depositato su aste o pettini in ferro; per la polimerizzazione in emulsione di butadiene e stirolo agiscono quali catalizzatori il perossido di benzoile, disciolto negli stessi monomeri, o un persolfato alcalino, disciolto in acqua. La temperatura è di grande importanza nella polimerizzazione; a temperature più elevate non solo la velocità della reazione è maggiore, ma è influenzato anche il grado di polimerizzazione, da cui dipendono in buona parte le proprietà fisiche, meccaniche, del prodotto finale. Essendo la polimerizzazione una reazione esotermica, il calore liberato conduce ad un innalzamento di temperatura della massa che occorre controllare e contrastare con refrigerazioni opportune; ciò è assai difficile nella polimerizzazione in massa, in autoclavi di grande capacità, dove tutto il calore deve propagarsi per conduzione, mentre è assai facile nella polimerizzazione in emulsione, rimanendo quest'ultima fluida e facilmente agitabile; e anche per questo la polimerizzazione in emulsione è industrialmente preferita. Le temperature di polimerizzazione per le gomme sintetiche sono contenute di massima nell'intervallo da 0° a 50°.
In molti casi la polimerizzazione delle gomme sintetiche non è condotta a fondo; quando infatti la trasformazione ha già raggiunto il 60-70% vi è il rischio di aumentare le ramificazioni delle catene, o di legare occasionalmente le une alle altre, anziché di produrre nuove strutture lineari. Ora la struttura ramificata influisce sulle proprietà plastiche, che la gomma deve avere anteriormente alla vulcanizzazione, in modo decisamente sfavorevole. A contrastare la comparsa di ramificazioni, e a controllare lo stesso grado di polimerizzazione, s'impiegano anche piccole quantità di altre sostanze, dette regolatori.
La polimerizzazione dell'isobutilene [(CH3)2 C=CH2] con piccole percentuali di isoprene si differenzia sensibilmente dagli schemi esposti e si effettua a bassissima temperatura, di −100° circa; come catalizzatore viene impiegato fluoruro di boro, o sostanze ad azione analoga. Tale polimerizzazione può considerarsi anche come polimerizzazione in soluzione, in quanto i monomeri sono fatti reagire sciolti in etilene liquido, che anzi evaporandosi in parte assorbe il calore di reazione.
Tra le gomme ottenute per condensazione, anziché per polimerizzazione, non contando tipi recenti di cui manca il collaudo della pratica, una classe, conosciuta da tempo, s'è imposta non tanto per buone caratteristiche elastiche, quanto per il soddisfacente comportamento in condizioni di servizio nelle quali altri tipi di gomme, a partire dalla gomma naturale, non risultano adatti.
Il più semplice membro di tale classe è ottenuto facendo reagire il dicloroetilene (Cl CH2−CH2Cl) col polisolfuro Na2 S4. Mediante l'eliminazione del cloruro sodico si forma una struttura del tipo
In luogo del dicloroetilene può impiegarsi dicloropropilene; etere cloroetilico, ecc. Si raggiunge in ogni caso una struttura lineare, assai lontana dalla struttura della gomma naturale, e priva di doppî legami tra atomi di carbonio. Tuttavia in gomme di questo genere un processo di vulcanizzazione ha ancora luogo.
Le gomme sintetiche di maggior interesse pratico sono:
Polibutadiene. - La polimerizzazione in massa del butadiene è stata perseguita essenzialmente dalla Russia dal 1933, usando sodio come catalizzatore. La gomma prende il nome di SKA o SKB, a seconda che il butadiene viene derivato dal petrolio o dall'alcool. Più tardi venne anche introdotta una polimerizzazione in fase vapore nella quale il butadiene, allo stato gassoso, circola attorno a trafilati di gomma in cui il sodio è stato minutamente disperso. Anche in Germania in un primo tempo (1935) fu adottata la polimerizzazione del solo butadiene con catalizzatore sodio (Buna). Le cifre seguenti al nome Buna, 85 e 115, indicarono genericamente in unità di migliaia, il peso molecolare medio del prodotto.
Il polibutadiene ottenuto per polimerizzazione in massa, come molte altre gomme sintetiche, non sviluppa buone proprietà meccaniche se non quando viene rinforzato con cariche attive: sostanzialmente nero fumo. La percentuale di tali cariche deve essere anzi alquanto più alta in questo polimero. Mantiene buone proprietà elastiche anche a temperature assai basse. L'isteresi è piuttosto elevata nelle mescole tecniche. Serve assai bene per l'utilizzazione a ebanite.
I tentativi di ottenere un polibutadiene polimerizzato in emulsione non diedero un prodotto soddisfacente, mentre invece si scoprirono le ottime possibilità offerte dalla polimerizzazione in emulsione del butadiene associato ad altri composti vinilici.
Preparazione del butadiene. - Può avvenire secondo tre vie: dall'alcool etilico, per contemporanea disidratazione e deidrogenazione, o attraverso parziale conversione in aldeide; dall'acetilene, attraverso una laboriosa trasformazione in aldeide, aldolo, glicole butilenico e finale disidratazione di questo; dal petrolio, specialmente per deidrogenazione del butilene che compare come frazione leggera nella piroscissione del grezzo. La prima e l'ultima via sono state seguite dalla Russia e dagli Stati Uniti; la seconda dalla tecnica tedesca. Allo stato attuale la derivazione dal butilene appare il processo più economico. La complessità degl'impianti per la produzione del butadiene è in ogni caso notevole; specialmente a causa dell'elevata purezza che è indispensabile alla sintesi della gomma.
Il butadiene, gas nelle condizioni normali, si liquefa a −5° a press. atm., è infiammabile e forma con l'aria miscele esplosive.
Copolimeri butadiene-stirolo. - Dal doppio punto di vista economico e tecnico, come proprietà finali del prodotto, lo stirolo è da considerarsi il migliore monomero aggiunto. La produzione della Buna S, dove il nome Buna è stato conservato impropriamente in quanto sono impiegati catalizzatori assai diversi dal sodio, iniziò in Germania nel 1939 sulla base iniziale di 20.000 t. all'anno. Il rapporto tra butadiene e stirolo nella Buna S è 75:25 circa (in peso). Altro rapporto, 50:50, è stato impiegato per la produzione della Buna SS che ha, rispetto a quella S, carichi di rottura un po' più elevati, ma che non è adatta all'impiego a basse temperature (per esempio −20°) e che deriva dal maggior contenuto in stirolo una maggiore dipendenza dei suoi parametri dalla temperatura. La Buna s è la gomma sintetica destinata all'uso più generale, ed in modo particolare all'impiego di pneumatici. Rispetto alla gomma naturale presenta lo svantaggio di una maggior isteresi e di una più difficile lavorazione.
Lo stesso tipo di gomma, con circa lo stesso rapporto tra butadiene e stirolo, fu adottata dagli Stati Uniti nella guerra, prendendo il nome di GRS. Rispetto alla Buna S, la GRS è polimerizzata in modo da ottenere una gomma più plastica, assai più facilmente lavorabile.
Una grandissima varietà di tipi di copolimeri butadiene-stirolo furono realizzati anche industrialmente, negli Stati Uniti, sia in impianti statali sia, su scala assai ridotta, in impianti privati. Oltre alla variazione del contenuto in stirolo, intervengono tra tipo e tipo differenze di minor grado, quali antiossidazione, plasticità, qualità di sapone usato come disperdente, modo di coagulazione. Tipi di copolimero con percentuali di stirolo superiori all'80% non sono più gomme, ma servono ottimamente quali aggiunte indurenti a gomme sintetiche stiroliche normali.
Copolimero butadiene-nitrile acrilico. - Quasi contemporaneamente all'adozione dello stirolo come monomero aggiunto al butadiene fu trovato assai soddisfacente l'impiego analogo del nitrile acrilico. La gomma risultante ha migliore carico di rottura, s'indurisce maggiormente alle temperature basse, ma soprattutto si rigonfia assai meno, anche della gomma naturale, a contatto di idrocarburi della serie alifatica, di olî, grassi e diversi solventi organici. Per quest'ultima ragione, malgrado il maggior costo, questo copolimero trova ottime applicazioni negli articoli tecnici.
Diversi rapporti tra butadiene e nitrile sono stati adottati, da 4:1 fino a 3:2, dai quali dipendono e la resistenza ai solventi ed il comportamento alle basse temperature. I prodotti tedeschi prendevano il nome di Buna N e Perbunam Extra; parecchi sono i nomi delle diverse produzioni americane. La gomma al nitrile non è compatibile con la gomma naturale, e aderisce male ad essa; si presta anch'essa all'ottenimento di buone qualità di ebanite.
Copolimero isobutilene-isoprene. - Realizzato in un primo tempo (1930) in Germania il polimero del solo isobutilene, non vulcanizzabile, sotto il nome di Oppanol (v. anche plastiche, materie, in questa App.), e riprodotto negli Stati Uniti col nome di Vistanex, in quest'ultimo paese si pensò di copolimerizzarlo con una piccola quantità, dal 2 al 5%, di una diolefina che fornisce al prodotto un quantitativo soddisfacente di doppî legami capaci di permettere la vulcanizzazione. La gomma risultante, gomma butile, per la quasi mancanza di doppî legami rispetto alla qomma naturale e alle precedenti gomme sintetiche, ha una maggior stabilità chimica e resiste assai meglio all'azione ossidante dell'aria ed agli agenti atmosferici, compresi la luce e l'ozono. Inoltre possiede una permeabilità ai gas sensibilmente inferiore a quella della gomma naturale, nel rapporto da 1 a 7 circa. Negli Stati Uniti, il suo uso principale è quello in camere d'aria per pneumatici. Sono state fatte anche varie applicazioni in cui sono utilizzati il buon invecchiamento, la buona resistenza agli agenti atmosferici, ed il buon comportamento verso certi liquidi organici.
A differenza delle gomme sintetiche precedenti, la gomma al butile ha buoni carichi di rottura anche in assenza di cariche attive; tuttavia per conseguire una soddisfacente lavorazione è adottato l'impiego di normali percentuali di nerofumi. Come per le gomme precedenti, anche per la gomma butile s'impiegano per la vulcanizzazione sostanzialmente gli stessi prodotti, a percentuali poco diverse, già adoperati per la gomma naturale. La vulcanizzazione della gomma butile è tuttavia alquanto più lenta in confronto, ed è generalmente effettuata a più alta temperatura.
Policloropreni. - Questi tipi di gomma sono stati sviluppati negli Stati Uniti, e costituiscono un ramo originale della chimica dell'acetilene. La polimerizzazione del cloroprene avveniva in un primo tempo in massa, ma è poi stata convertita in emulsione. Una polimerizzazione troppo spinta conduce a prodotti non più plastici e non lavorabili.
I policloropreni, di cui esistono numerosi tipi, in parte copolimeri, hanno come le gomme al nitrile un buon comportamento se usati in presenza di idrocarburi alifatici e di diversi solventi organici; si comportano assai bene alla luce ed agli agenti atmosferici, meglio della gomma naturale. Posseggono buone proprietà meccaniche anche in assenza di cariche attive, ed anzi queste non esercitano in questa gomma i miglioramenti di tenacità a cui generalmente danno luogo in gomma naturale e nei polimeri del butadiene. La vulcanizzazione nei policloropleni si effettua con un meccanismo del tutto diverso da quello delle gomme naturali e sintetiche precedenti. Lo zolfo non è affatto necessario; un semplice riscaldamento permette di allontanare le proprietà plastiche, quasi come una continuazione della polimerizzazione, contrastata durante l'immagazzinamento da apposite aggiunte. Tuttavia in genere sono aggiunti, a favorire la vulcanizzazione ed a migliorarne gli effetti, ossidi metallici, tra cui particolarmente usati l'ossido di zinco e l'ossido di magnesio, contemporaneamente.
Come nel caso di molte gomme sintetiche già esaminate, il comportamento alle basse temperature dei policloropreni è meno soddisfacente, in diversa misura, a seconda dei tipi.
Anche in Russia vi è una produzione di policloroprene: il Sovprene.
Prodotti di condensazione di dicloro-derivati alifatici e polisolfuro di sodio (v. anche plastiche, materie, in questa App.). Le gomme al nitrile ed i policloropreni che presentano buona resistenza agl'idrocarburi alifatici, nei riguardi dei solventi aromatici danno risultati inferiori. Le gomme ottenute per condensazione dei dicloro-derivati alifatici con polisolfuri alcalini, di cui esistono numerosissimi tipi, hanno una particolare resistenza ai solventi, anche a quelli aromatici, e sono allora usate per queste particolari applicazioni. Per cohtro le proprietà meccaniche ed elastiche sono modeste. La vulcanizzazione avviene per queste gomme secondo un meccanismo del tutto diverso che per la gomma naturale e per le gomme sintetiche butadieniche. In genere viene impiegato come agente vulcanizzante l'ossido di zinco. Anche la loro resistenza agli agenti atmosferici è particolarmente elevata; è pure bassa la permeabilità ai gas.
Accanto a queste gomme sintetiche di uso industriale ve ne sono centinaia di tipi che non hanno sorpassato la scala di laboratorio o di produzione di impianti piloti. Molti monomeri, come clorostiroli, vinil piridina, metacrilato di metile, aggiunti al butadiene, hanno condotto a gomme sotto molti aspetti non inferiori, od anche superiori a quelle descritte; ma per essi manca spesso la convenienza economica. Polimeri del tutto diversi come struttura e composizione, come il silastic, od i prodotti di condensazione di acidi dibasici e glicoli, godono di discrete proprietà elastiche sfruttabili in particolari condizioni d'uso.
Il mercato mondiale della gomma.
Nel 1939, la capacità annua mondiale di produzione nel settore della gomma greggia, esclusa quella rigenerata e compresa la gomma sintetica, aveva raggiunto 1,7 milioni di t., mentre il consumo non superava 900.000 t. annue. La produzione di gomma naturale si adeguava al consumo e non temeva allora la concorrenza della gomma sintetica, che costava molto di più. Soltanto la Germania e l'URSS, spinte da finalità strategiche, avevano sviluppato negli anni precedenti le esperienze in questo nuovo campo, passando quindi alla produzione su scala industriale. In Germania, agli stabilimenti di Leverkusen e di Leuna, seguirouo quelli di Skoppau, Ludwigshafen, Huls ed altri. Nell'URSS era sorta una catena di impianti a Jaroslavl′, Voronež, Jefremov, Tambov, Sungait ed Erivan, che producevauo nel 1939 poco meno di 60.000 t. annue di gomma sintetica. Alla vigilia della guerra, la produzione complessiva di questi due paesi si aggirava intorno a 130.000 t. annue.
Nello stesso anno, le spedizioni di gomma naturale dai paesi dell'Estremo Oriente avevano superato 1 milione di t., mentre la produttività massima delle sole piantagioni della Malesia britannica era valutata pari ad almeno 1,4 milioni di t. annue. L'inizio delle ostilità e il timore di complicazioni in Estremo Oriente fecero aumentare rapidamente la domanda mondiale di gomma naturale, tanto che le spedizioni dall'Estremo Oriente superarono nel periodo gennaio-novembre 1941 1,5 milioni di t., rendendo possibile la costituzione di notevoli scorte, particolarmente negli Stati Uniti e in Inghilterra.
La seconda Guerra mondiale, divampando rapidamente in Estremo Oriente, privò nel 1942 l'America e l'Europa delle normali fonti di approvvigionamento di gomma naturale. Le conseguenze di tale evento non pregiudicarono gran che i rifornimenti della Germania, che, in quell'epoca, produceva già nei suoi impianti più di 100.000 t. annue di gomma sintetica (Buna), e anche l'URSS, intensificando la propria produzione di gomma sintetica (superiore a 60 mila t. annue), riuscì a fronteggiare la nuova situazione, ma furono particolarmente gravi per gli S. U., che attingevano per il 90% del proprio fabbisogno alla gomma dell'Estremo Oriente.
Questi sviluppi della seconda Guerra mondiale hanno segnato una svolta forse decisiva nella storia della gomma naturale, perché hanno spinto l'America del Nord a creare una nuova attrezzatura capace di produrre poco meno di un milione di t. annue di gomma sintetica, cifra quasi corrispondente alla norrnale produzione mondiale di gomma naturale. Tale attrezzatura, oltre a costituire una preziosa riserva strategica, esercita oggi una importante funzione moderatrice nei confronti delle quotazioni della gomma naturale. L'industria della gomma naturale ha scarsi legami con quelle trasformatrici ed è controllata in prevalenza da aziende specializzate inglesi, in minor misura da coltivatori olandesi e francesi.
Nel 1941, il consumo annuo di gomma naturale degli S. U. oscillava intorno a 800.000 t., mentre la produzione di gomma sintetica non superava in questo paese 12.000 t. annue.
Nel maggio 1942 il governo degli S. U. decise di aumentare la potenzialità degl'impianti dalle 40.000 t. annue originariamente preventivate, a 850.000. Le materie prime per una così elevata produzione non mancavano e l'investimento di circa 750 milioni di dollari, prelevati dalle entrate statali, rese possibile la sollecita costruzione negli S. U. di capaci impianti, che nel 1945 fornirono al paese 820.000 t. di gomma sintetica, mentre, nello stesso anno, il Canada, che d'accordo con gli S. U. aveva anche potenziato la sua produzione, raggiungeva 45 mila t. La percentuale del consumo di gomma sintetica è passata nello stesso anno, negli S. U., dal 0,3% del 1939 all'85%.
Il grande sviluppo dell'industria della gomma sintetica negli S. U. ha indotto nel dopoguerra i produttori anglo-olandesi di gomma naturale a iniziare trattative con gli S. U. per raggiungere un accordo, ma i passi relativi non hanno avuto esito positivo. Negli S. U. è rimasta in vigore un'ordinanza di guerra che obbliga iproduttori di pneumatici a impiegare un'elevata percentuale di gomma sintetica nei tipi correnti destinati alle autovetture. Sebbene le esportazioni dei maggiori produttori di gomma naturale abbiano superato nel 1947 ogni precedente primato, durante lo stesso anno sono state prodotte e vendute negli S. U. 508.000 t. di gomma sintetica (per i 3/4 circa gomma stirolica). Successivi perfezionamenti dei processi di produzione e il più alto rendimento degl'impianti hanno permesso di ridurre notevolmente il costo della gomma sintetica americana che da un massimo iniziale di 30 cents la libbra è sceso nel 1947 a 18,5 cioè al disotto dei prezzi della gomma naturale (22 cents), mentre considerevoli quantitativi di GRS venivano a costare 14 cents, senza tener conto della quota di ammortamento degli impianti (2 cents per libbra). L'elemento costo è, almerio per ora, favorevole alla gomma sintetica e il governo degli S. U. non ha mostrato alcuna intenzione di voler rinunziare ai vantaggi derivauti dal possesso di questa industria. Anzi nel marzo 1948 è stata approvata dal Congresso una legge che proroga fino al 30 giugno 1950 il controllo statale della produzione di gomma sintetica e stabilisce di mantenere in esercizio, o comunque in piena efficienza, impianti per una capacità annua complessiva di 665.000 t., mentre gli stabilimenti eccedenti potranno essere ceduti in affitto a privati imprenditori. Le industrie che sono tenute a consumare determinate aliquote di gomma sintetica, dovranno ritirarle esclusivamente dagli stabilimenti statali.
Nell'URSS è stato annunziato da fonte ufficiale che numerosi impianti danneggiati durante la guerra, fra i quali l'importante fabbrica di Voronež, sono stati riattivati nel 1947. È probabile tuttavia che l'URSS si giovi degl'impianti e di tecnici tedeschi per potenziare la sua attrezzatura produttiva. In Germania la produzione di gomma sintetica è scesa da 115.000 t., nel 1943, a 8000 t., nel 1947.
In Italia, l'IRI e la Pirelli hanno costruito a Ferrara, alla vigilia della guerra, un primo impianto per la produzione di gomma sintetica, che è entrato in esercizio nel 1942 e ha fornito alle fabbriche di pneumatici e di altri manufatti di gomma materie prime di buone caratteristiche. Un secondo impianto, con una potenzialità prevista di 18.000 t. annue, era in allestimento a Terni, ma prima che fosse ultimato i Tedeschi ne asportarono completamente il macchinario.
Durante il 1947, la produzione mondiale di gomma naturale ha superato 1,2 milioni di t. smentendo tutte le previsioni fatte al termine della guerra, secondo le quali sarebbero occorsi parecchi anni prima che le piantagioni orientali, danneggiate e disorganizzate, tornassero alla normale produttività. La più alta produzione era stata ottenuta nel 1937, con1.158.000 t., ma è noto che i coltivatori anglo-olandesi, allo scopo di mantenere i prezzi a un livello di maggiore convenienza e di non provocare crisi di sovraproduzione, non sfruttavano pienamente le piantagioni.
Il merito della elevata produzione del 1947 spetta soprattutto alla Malesia britannica, che ha fornito 640.000 t. di gomma naturale, seguita nell'ordine dalle Indie Olandesi, dall'Indocina, dalle Isole di Ceylon e di Borneo, dal Brasile e altri minori produttori. La Malesia ha raggiunto anche un nuovo primato nelle esportazioni che, con la vendita di una parte delle scorte, sono salite a 956.000 t. Circa 456.000 t. sono state esportate negli S. U. e 162.000 in Inghilterra. Nel 1946 erano state esportate dalla Malesia 558.000 t., di cui 271.000 negli S. U. e 217.000 nel Regno Unito.
La ripresa delle piantagioni malesi è stata più rapida nelle piccole aziende, piuttosto che nelle grandi a coltura intensiva e razionale: e il contributo delle piccole aziende è passato, dal 35% del totale nel periodo 1936-39, al 57% nel 1946. Meno rapida e regolare, in relazione anche alla situazione politica interna, è apparsa la ripresa delle piantagioni nell'Indocina, nel Siam e nelle stesse Indie Olandesi.
L'avvenire dell'industria della gomma naturale è oggi, più che mai, legato all'andamento dei suoi costi di produzione. Infatti, se il prezzo della gomma greggia resterà a un livello superiore ad uno scellino per libbra, sarà difficile riconquistare interamente un mercato di consumo così importante come quello degli S. U. D'altra parte, se si tiene conto che il prezzo della gomma greggia oscillava nel 1939 intorno a 8 pence per libbra, coprendo appena i costi, risulta evidente che l'attuale quotazione di uno scellino e un penny è inferiore a quella che dovrebbe essere praticata se si volesse allineare il prezzo della gomma al valore attuale della sterlina svdlutata del 55% circa. I produttori non dispongono quindi di margini atti a consentire sensibili ribassi senza incorrere in perdite.
Soprattutto i coltivatori inglesi intendono riorganizzare le piantagioni con criterî più razionali, eliminando tutti i fattori che influiscono sfavorevolmente sui costi. Tuttavia una stabile riduzione delle quotazioni della gomma malese appare poco probabile. Nella Malesia, circa il 70% delle piantagioni ha superato da tempo il periodo di massima produttività e darà un reddito sempre minore. La sostituzione delle piante più vecchie, impedita dagli eventi bellici, è un'operazione che graverà per parecchi anni sui costi.
Nel 1947, gli S. U. hanno consumato1.121.000 t. di gomma, di cui 562.000 di gomma naturale e 559.000 di gomma sintetica. Il più alto consumo di pace, 592.000 t. nel 1939, è stato quindi superato largamente. Il consumo del Regno Unito è passato, da 126.770 t. del 1946, a 156.173, sfiorando il massimo raggiunto nel 1941 (156.549 t.). Durante i primi sei mesi del 1948, questo paese ha consumato 100.000 t. di gomma, quasi tutta naturale ed è previsto un consumo annuo di oltre t. 200.000. Nel luglio 1948, il Regno Unito possedeva stocks per t. 88.000. Francia e Canada, con 72.914 e 61.452 t., hanno raggiunto nel 1947 il più alto consumo finora registrato.
All'inizio del 1948 gli S. U. disponevano di scorte esigue. Per accelerare la ricostituzione delle scorte, hanno acquistato dal Regno Unito 25.000 t. di gomma naturale. Le scorte dell'Inghilterra, della Francia e di altri paesi europei risultavano sufficienti per diversi mesi. Anche l'URSS ha ripreso nel 1948 i suoi approvvigionamenti di gomma naturale, acquistandone circa 70.000 tonnellate.
Secondo le previsioni formulate nel corso della quinta Conferenza internazionale della gomma, tenutasi a Washington nell'aprile del 1948, la produzione mondiale di gomma sintetica e naturale dovrebbe raggiungere 1.412.240 t. nel 1948, contro una domanda di 1.330.960 t., mentre il consumo, attingendo anche alle scorte, toccherebbe 1.773.000 t. Tali previsioni sono state confermate dall'andamento della produzione durante i primi otto mesi dell'anno.
Gli esperti hanno tracciato nel corso della Conferenza un quadro piuttosto ottimistico sul futuro sviluppo dei consumi di gomma naturale ritenendo che nuovi importanti impieghi, quali l'adozione di pneumatici su alcuni treni ultrarapidi (allo studio in Francia e in Svizzera), l'uso della gomma nella pavimentazione stradale, la fabbricazione di cuscini e materassi di gomma, la sostituzione delle attuali ruote con altre di gomma nelle macchine e carri agricoli, ecc., schiuderanno fra breve nuove vie al consumo della gomma naturale.
Circa l'orientamento del governo degli S. U. nei riguardi della produzione di gomma sintetica, è stato precisato che esso è ispirato dalle esigenze della difesa nazionale.