GONDI, Guidobaldo, detto Antonio iunior
Nacque a Firenze il 2 genn. 1486, ultimo dei quindici figli di Maddalena Corbinelli e di Antonio di Leonardo (1443-86), affermato mercante fiorentino. Fu battezzato con il nome di Guidobaldo, cambiato in quello di Antonio alla morte del padre, avvenuta pochi giorni dopo la sua nascita.
La scomparsa del padre rappresentò un duro colpo per la situazione economica della famiglia, ma le iniziali difficoltà poterono essere superate grazie all'abilità di Alessandro (1464-1521), il maggiore tra i fratelli del Gondi. Poiché tutti i suoi fratelli erano ancora minorenni, Alessandro decise di non procedere alla divisione dell'eredità paterna finché tutti non avessero raggiunto la maggiore età e assunse la direzione dell'azienda tessile di famiglia, prima in collaborazione con lo zio Giuliano e poi autonomamente, associandovi progressivamente i fratelli minori. Nel 1506 si procedette alla divisione dell'eredità, che consisteva prevalentemente in beni mobili; il G. ottenne il palazzo di famiglia insieme con il fratello Alessandro.
Anche se già prima della divisione del patrimonio paterno gli eredi erano sostanzialmente liberi di amministrare la loro porzione personale e di tentare investimenti finanziari in proprio, essi continuarono a mantenere strettissimi rapporti commerciali. Così, il G. fu associato ancora bambino alle attività dei fratelli Alessandro e Bernardo, che si occupavano prevalentemente di produrre e commercializzare abiti di lana e di seta. Nel 1506 la compagnia, che aveva già raggiunto una notevole prosperità, decise di estendere il proprio raggio di azione al mercato francese e il G. si trasferì a Lione insieme con Giovanni di Bernardo Vecchietti, un vecchio collaboratore dei Gondi che partecipava alla gestione e ai profitti dell'impresa senza investirvi capitali propri. Quattro anni dopo, fu costituita una compagnia separata, sotto il nome di Antonio Gondi e Giovanni Vecchietti. Nuove modifiche dell'assetto societario si ebbero poi nel 1513, quando il Vecchietti fece ritorno a Firenze e il G. assunse da solo la direzione della branca lionese dell'azienda di famiglia, e di nuovo nel 1516, quando il G. fu raggiunto in Francia dal nipote Pierantonio (1497-1541).
La scelta di aprire una filiale lionese non fu un azzardo, ma un tentativo di adeguarsi alle mutate condizioni del sistema economico europeo. A causa della progressiva chiusura del mercato inglese ai capitali italiani e della forte concorrenza che incontravano in Fiandra, i commercianti fiorentini e toscani furono spinti a rinsaldare i loro antichi legami con Lione, incoraggiati dalla politica dei sovrani francesi, che avevano reagito alla crisi delle fiere di Champagne cercando di dirottare su Lione i capitali che affluivano alle fiere di Ginevra. Dopo l'interdetto reale che colpiva le fiere di Ginevra e il trasferimento dei loro privilegi a Lione (1464), i Medici aprirono filiali bancarie nella città, seguiti dagli Strozzi, dai Salviati, dagli Albizzi e da molti altri. Rispetto a queste grandi famiglie i Gondi giocarono un ruolo più defilato ma libero dai condizionamenti imposti dai mutevoli rapporti politici tra Firenze e la Francia. Non deve allora stupire lo straordinario successo ottenuto dalla compagnia Gondi di Lione. Stando ai libri di conti superstiti, tra il 1510 e il 1521 il suo capitale salì da 7000 a ben 21.000 scudi, anche grazie a un'ambiziosa politica di reinvestimento degli utili.
Già nel 1515 il G. era un rispettato esponente della comunità fiorentina di Lione e poteva permettersi di abitare in una sontuosa residenza. Il 20 genn. 1516 completò la sua ascesa sociale sposando Marie-Catherine de Pierrevive (Pietraviva), figlia di Nicolas, "maître d'hôtel du roy et général des finances de France en Lyon", di vecchia famiglia piemontese di Chieri, ma ormai naturalizzata francese, che gli diede dieci figli, alcuni dei quali raggiunsero i vertici della società francese. Poco dopo il matrimonio, il G. fece un viaggio a Firenze con la moglie allo scopo di farla registrare nei registri dei contratti pubblici, come era prescritto dalla legislazione fiorentina. In seguito, rimase prevalentemente a Lione, pur non mancando di tanto in tanto di recarsi a Firenze, dove mantenne sempre contatti e interessi finanziari.
All'inizio degli anni Venti il G. godeva di una notevole prosperità, testimoniata dall'acquisto della signoria di Perron a Oullins (1520), e cominciò a inserirsi vantaggiosamente nell'amministrazione finanziaria cittadina. Così, nel 1523 la municipalità di Lione prese a prestito dal G. e dai mercanti Roberto Albizzi e Michele de Moncilha 8000 lire tornesi per destinarle a un prestito forzoso di 20.000 lire richiesto dalla Corona francese. Alcuni anni dopo, nel 1532, Antonio risultava titolare della carica di "receveur ordinaire du domaine du roi" a Lione, impiego che tenne anche nei decenni successivi e che gli rendeva 2500 lire tornesi a semestre. Nel 1537-38 fu eletto scabino e consigliere della città, nel 1539 era tesoriere dell'arcivescovato di Lione.
Il suo ruolo nella vita municipale di Lione non impedì al G. di indirizzare i suoi investimenti anche in altre direzioni. Tra gli anni Venti e gli anni Quaranta del Cinquecento, la sua attività mercantile e finanziaria si irrobustiva e si allargava nelle direzioni più disparate. La compagnia del G. lavorava a stretto contatto con la casa madre fiorentina dell'azienda di famiglia e si occupava principalmente della commercializzazione dei tessuti di lusso provenienti da Firenze, ma realizzava profitti anche dalle commissioni e dalle transazioni commerciali, come il recupero di beni di fiorentini morti all'estero o le anticipazioni a importanti personaggi di corte, come il cardinale Ippolito d'Este. Non mancavano però imprese più rischiose e di più vasta portata, come il finanziamento di viaggi di esplorazione transoceanica e il commercio delle spezie.
Già nel 1503 la compagnia dei Gondi affidò a Giovanni Da Empoli una tratta di 2500 scudi d'oro da impiegare a Calcutta. Tuttavia, gli investimenti nel commercio transoceanico si infittirono a partire dagli anni Venti del Cinquecento. In questo settore particolarmente significativa fu la partecipazione del G. al finanziamento delle spedizioni navali di Giovanni da Verrazzano. I primi contatti tra i due risalgono probabilmente ai primi anni Venti e già nel 1523 il G. finanziò il primo viaggio in America dell'esploratore, costituendo una compagnia alla quale parteciparono numerosi altri mercanti italiani, tra cui Francesco e Leonardo Mannelli, Giovanni Battista Uguccioni e Bernardo Altoviti. Del resto, sembra che il Verrazzano mantenesse rapporti di stretta amicizia con i Gondi, tanto che dedicò a Marie-Catherine de Pierrevive una località da lui scoperta.
Una valutazione del giro d'affari del G. resta difficile. Tuttavia, il progressivo consolidamento della sua posizione economica è ampiamente testimoniato dai continui acquisti di proprietà terriere, come la signoria di Mirabel-de-la-Val-en-Clérieu, nel Delfinato, il castello di Thoissey e l'isola di Montmerle-en-Dombes, le signorie di Feurs-en-Forez e di Macherel. Vanno quindi rifiutate come insussistenti le voci, riportate da P. Brantôme e altri memorialisti francesi coevi, secondo cui il G. avrebbe incontrato serie difficoltà economiche o avrebbe addirittura subito una bancarotta.
Le ricchezze del G. favorirono l'ascesa sociale della famiglia, che si realizzò anche grazie all'azione della moglie, una donna colta e raffinata che diede un contributo non marginale alla vita intellettuale lionese.
Tra il 1532 e il 1536 si formò attorno a Marie-Catherine de Pierrevive un vero e proprio salotto letterario ante litteram, frequentato da importanti poeti e letterati, come Papire Masson, Clément Marot, Étienne Dolet, François Rabelais e Maurice Scève. Inoltre, la Pierrevive dimostrò un notevole gusto architettonico, sovrintendendo direttamente alla costruzione di due grandiose dimore, il Grand-Perron, un imponente complesso rinascimentale formato da diversi corpi di fabbrica, e il Petit-Perron, una villa in stile toscano. Nel 1533 Caterina de' Medici, giovane sposa del duca Enrico di Orléans, futuro Enrico II, soggiornò a Lione e strinse amicizia con la moglie del G., che fu nominato "maître d'hôtel" dello stesso Enrico. Negli anni successivi la sintonia tra le due donne si rafforzò, anche perché la Pierrevive seppe dare a Caterina alcuni consigli utili a vincere la sua sterilità, e all'inizio degli anni Quaranta la moglie del G. fu chiamata a corte, ricevendo l'incarico onorifico di governante di uno dei figli di Caterina, Carlo Massimiliano, duca d'Orléans, futuro Carlo IX. Inoltre, ella fu incaricata di una serie di compiti di confidenza, tra cui quello di sovrintendere alla costruzione del palazzo reale delle Tuileries. Così, la Pierrevive si trovò a dirigere l'attività di artisti del calibro di Bernard Palissy e Philibert de l'Orme.
Più ancora del marito, la Pierrevive - che morirà nel 1574 - contribuì ad avviare i propri figli verso un brillante avvenire. Già negli anni Quaranta del Cinquecento il secondogenito Alberto fu accolto a corte e nel giro di pochi decenni divenne uno dei più importanti consiglieri della Corona; Pietro (1533-1616) divenne confessore di Carlo IX e poi vescovo di Parigi e cardinale, Giovanni (morto nel 1574) fu abate di St-Hilaire, Carlo (1536-74) ottenne il titolo di marchese di La Tour. Tra le femmine, Maria sposò prima Nicolas de Grillet e poi Claudio di Savoia, signore di Pancalieri, e fu governante di Carlo Emanuele di Savoia; Meraude e Anna fecero dei rispettabili matrimoni, mentre una seconda Anna entrò in convento a Firenze.
Si creava in tal modo intorno al G. una ragnatela di rapporti, che gli consentì di cedere alcuni dei suoi incarichi a persone di fiducia, legate a lui da rapporti di consanguineità o di fedeltà. Nel 1547 il G. poté così trasferire il suo officio di "receveur" regio a François de Rousselet, un gentiluomo del Delfinato che nel 1533 aveva sposato sua figlia Meraude. Contemporaneamente, il G. cominciò a delegare molti affari al nipote Giovambattista di Girolamo, che, al contrario dei figli del G., non coltivò velleità di nobilitazione e continuò in grande stile le tradizionali attività mercantili della famiglia.
Dagli anni Quaranta del Cinquecento anche il G. cominciò a gravitare più su Parigi che su Lione. Nel 1556 il G. vendette così ad Albizzo Del Bene la proprietà di Perron per la notevole somma di 11.500 lire, ma ne conservò il titolo, e diede il nome di hôtel du Perron al palazzo che acquistò a Parigi nel faubourg St-Honoré. Alcuni anni dopo, la splendida dimora del G. passò a Caterina de' Medici e poi ai cappuccini, che la fecero demolire.
Gli ultimi anni di vita del G. restano oscuri. Sembra che egli abbia ceduto la maggior parte delle sue attività mercantili al nipote Giovambattista e si sia dedicato prevalentemente alla speculazione finanziaria. Inoltre, dovette svolgere qualche missione politica informale per conto della Corona francese, se si vuole prestare fede allo storico fiorentino B. Segni, secondo il quale nel 1550 il G. avrebbe contribuito a un patto di pacificazione tra Francia e Inghilterra grazie ai suoi contatti con Antonio Guidotti, mercante in Inghilterra.
Il G. morì, probabilmente a Parigi, il 10 sett. 1560.
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